Capitolo
3
Riunione
Alastor venne medicato da un misto di medicina
tradizione che sapeva riconoscere e magia, quest'ultima dovuta alle
abilità della stessa Twilight.
Un brutto pensiero lo assalì in quei momenti:
sapeva come comportarsi con dei farabutti armati di pistole e
coltelli, ma cosa fare con qualcuno che può sollevarti come
una piuma con un pensiero?
Se non altro dovevano volerlo vivo, per farlo rimettere
in sesto così in fretta.
Gli chiesero anche cosa avesse incontrato nella foresta,
ma a parte il fatto che somigliassero a dei pony-insetto lui non
seppe, né volle, dire altro. Con così pochi elementi a
disposizione, nessuno seppe spiegargli cosa potessero essere e così
l'intera aggressione venne liquidata come quella di una delle tante
bestie feroci che vivevano in quel luogo, la Everfree Forest.
«Volete
dire che esistono più
bestie
feroci intorno a voi?» domandò Alastor, quasi
involontariamente, non appena venne a saperlo
«Oh, sì. Lupi del legno, Cockatrici,
Manticore... a iosa!» gli spiegò con molta cura
Fluttershy
«E voi riuscite a tirare a campare in mezzo a
tutto questo?»
«Tsk!» sbuffò un secondo pegaso,
azzurro dalla criniera arcobaleno «Per noi è solo
ordinaria amministrazione. Sarai tu, semmai, quello deboluccio!
Guarda come ti hanno ridotto!»
Alastor incassò l'offesa con un sorriso nervoso.
La tentazione di ricambiare la cortesia del pegaso facendogli
mangiare la sua stessa coda era tanta, ma fino a quando la sua
situazione non sarebbe stata più chiara era meglio andare con
i piedi di piombo.
«Perché
te ne vuoi andare, in ogni caso?» domandò un pony rosa
-sì, rosa-
saltellando davanti a lui «Non ti piace qui?»
Mentalmente, Alastor credette che quel pony fosse un
parente vicino di quello che lo aveva avvisato di essere spiato, ma
preferì non pronunciare questo pensiero a voce alta.
«Come ho già detto, sto cercando Aria
Blaze. Sono venuto con lei e, ovunque sia, la troverò.»
A queste parole una nuova veloce, impercettibile, ombra
passò sul volto di Twilight, ma la principessa fu abbastanza
lesta da cambiare espressione prima di quel minuto che Alastor
avrebbe richiesto per accorgersene.
«E da cosa dovresti proteggerla, se posso
domandare?» chiese un unicorno bianco dalla criniera blu,
presentatasi come Rarity
«Come sai che la devo proteggere?» ribatté
Alastor, sorpreso del suo acume
«Hai detto che siete venuti assieme e adesso che
non è con te la stai cercando ad ogni costo. Non ci vuole
certo Twilight per capire che sei legato a lei!» rispose,
ammiccando, il pony con il cappello da cowboy, Applejack
«E visto che non porti anelli o altri segni di
fidanzamento o addirittura matrimonio, devi averla in cura.»
concluse Rarity, osservando le dita tozze dell'umano. Doveva essere
una giumenta molto attenta ai dettagli.
Il
pegaso azzurro, Rainbow Dash rise sotto ai baffi «Eh, chissà,
magari non sono ancora
fidanzati!»
A quello sfottò seguì un proiettile
bianco, sotto forma di cuscino, che sfrecciò a tutta velocità
verso di lei, prendendola in pieno. Oltre ad arretrare di un paio di
centimetri, tuttavia, Rainbow Dash avvertì nessun danno.
Tutte fissarono Alastor che lentamente si alzava,
sibilando «Non dire mai più una cosa simile!»
Una volta in piedi in mezzo a quei pony colorati, fece
per uscire dicendo «E ora, devo tornare a cercarla.»
Tuttavia venne fermato da Twilight, la quale lo avvolse
in una bolla viola e lo ributtò a letto «Sei ferito e
delirante. Tu resta qui: Rarity penserà a portarti un cambio.
Ad Aria Blaze penseremo noi.»
Era vero, per le condizioni dei suoi vestiti era bastato
un incantesimo da parte dell'unicorno, ma i lividi sembravano più
difficili da far passare. Tuttavia, Alastor era decisamente troppo
testardo per dare retta a qualcuno.
«Non se ne parla!» si difese, facendo per
rialzarsi ancora «Io voglio trovarla.»
Con
un tono sibilante, carico di minaccia, Twilight fissò Alastor
negli occhi dicendo «Sono io
che
non voglio.»
«Da quando sei così dura?» domandò
Rainbow Dash a Twilight, non appena uscirono dalla stanza dove si
trovava Alastor
«La
situazione è molto
più
complicata di quanto si possa pensare. Non possiamo fidarci di lui
fino a quando non ho delle certezze.» si giustificò la
principessa, guardando tutte insieme le sue migliori amiche e
compagne di tante avventure.
Nessuna
commentò le sue parole, benché dai loro sguardi fosse
ovvio
cosa
stessero pensando.
Così, l'alicorno rincarò la dose
«Ascoltatemi: voi non c'eravate, non sapete cosa siano in grado
di fare le Dazzling. Semplicemente, non voglio che si ripeta qui a
Ponyville quello che ho visto succedere nel liceo di Canterlot!»
Twilight non aveva mai spiegato chiaramente cosa avesse
visto quando affrontò le Dazzling l'ultima volta, ma la sua
preoccupazione era evidente. Anche Rainbow Dash, generalmente
diffidente dalle preoccupazioni che invece la sua amica dimostrava
ogni volta, in quelle occasioni non osava spronarla ad approfondire.
«E come se non bastasse, quello che ha affrontato
Alastor Sullivan nella Everfree Forest può essere soltanto una
cosa!» aggiunse la principessa, agitando gli zoccoli al cielo
«E cosa, di grazia?» chiese Applejack,
confusa
Twilight gelò «Oh, andiamo, volete
scherzare? Quante creature esistono delle dimensioni di noi pony, ma
con il carapace al posto del manto?»
Tra
le cinque amiche avvenne uno scambio di sguardi confusi che non
piacque alla principessa «Argh! Non abbiamo tempo! Passiamo
alla fase due!»
Se non altro,
quell'ordine arrivò più chiaramente alle orecchie dei
pony con lei e presto cominciarono tutte a muoversi verso una certa
ala del castello.
Prima
che Twilight muovesse un passo, tuttavia, venne raggiunta da un
agitato Spike che sventolava sopra la testa una fotografia
chiamandola a gran voce «Twilight,
lo abbiamo trovato! Twilight, lo abbiamo trovato!»
Capendo
di cosa il suo assistente stesse parlando, la principessa lo guardò
con un sorriso a trentadue denti stampato sulle labbra «Presto,
aggiornami!»
Spike
allungò la foto verso l'alicorno. Nel ritratto era
rappresentato un mostro marino, simile a quello ben noto a Ponyville,
Stephen Magnet. Benché condividessero la razza, tuttavia,
erano presenti numerose differenze: nel mostro in foto mancavano i
baffi e inoltre i capelli cadevano a cascata dietro la testa, come
quelli di Alastor, ed erano anche di colore nero invece che biondi.
Inoltre, si trattava di un mostro marino dalla muscolatura molto più
sviluppata rispetto a Stephen e sul corpo erano presenti segni di
numerose abrasioni che lo avevano privato di qualche scaglia.
«Alastor
Sullivan. Si aggira in terre inesplorate, piene di pericoli e sembra
che passi la maggior parte del tempo litigando, e spesso
picchiandosi, con altre creature mostruose. Solo grazie a questo suo
vizio sono riusciti a censirlo: pare che sia anche molto scontroso.»
Twilight
ascoltò quella spiegazione interessata «Una sirena e un
mostro marino... sarà perfetto!»
esclamò infine, sfregandosi gli zoccoli mentre già
preparava mentalmente quello che le varie fasi per il suo piano.
Alastor sbuffò seccato, comprendendo che era
tornato punto e a capo: solo, chiuso in una stanza, con il dubbio di
che fine potesse aver fatto Aria.
Tuttavia
il vantaggio, se si vuole essere abbastanza generosi da chiamarlo
così, di essere “più bestia che uomo” è
che difficilmente si realizzano i momenti in cui sarebbe meglio
starsene buoni e così Alastor, volendo a tutti i costi
scoprire la sorte di Aria, si rialzò dal letto decidendo che
sarebbe scappato. Di
nuovo.
Non potevano riprenderlo tutte le volte, no?
Si rivestì e, avvicinando l'orecchio alla porta,
cercò di sentire qualsiasi rumore che potesse indicargli la
presenza di qualcuno.
Si trovava nuovamente nel castello di Twilight, il che
gli dava il non indifferente svantaggio di non avere idea di come
muoversi per uscire, ma questo non lo avrebbe fermato di certo.
In ogni caso, origliando, sentì che proprio
davanti alla porta due pony stavano confabulando tra di loro.
Scartando così la possibilità di fuggire attraverso la
porta principale, Alastor si spostò dalla finestra.
Era, ad occhio e croce, al secondo piano del castello.
Una caduta del genere non poteva certamente ucciderlo, ma non era
nemmeno il caso di rompersi una gamba per poi scappare!
Usare la coperta del letto su cui era medicato per
scendere alcuni metri era un'idea da scartare, anche legandola non
avrebbe superato neppure un piano. E poi gli mancavano appigli a cui
legarla.
Appigli...
Alastor si affacciò ancora. Sotto di lui c'era
un'altra fila di finestre, prima di una caduta libera di alcuni metri
verso la vegetazione.
Forse, se avesse diminuito l'altezza della caduta
aggrappandosi ai bordi delle finestre, prima di lasciarsi andare,
sarebbe potuto correre con al massimo una storta!
O almeno, questo è quello che gli suggeriva quel
neurone nel cervello. Difficile fare calcoli fisici, quando non si
conoscono!
Decidendo che valeva comunque la pena provare, aprì
la finestra e, facendo attenzione, si calò per lasciarsi
cadere verso la finestra sotto di lui.
Il contraccolpo, quando afferrò con le mani il
cornicione della finestra ad arco, non fu indifferente e solo grazie
alla sua forza erculea non scivolò e cadde.
Stringendo i denti per sopportare il dolore alle spalle
si fece forza e, aiutandosi poggiando saldamente i piedi alla parete,
si alzò a guardare attraverso la finestra per assicurarsi che
nessuno lo avesse visto.
Quel che vide, invece, fu ben diverso da quello che si
aspettava, ma non meno terribile.
Avvolta in una bolla lilla, vide Aria priva di sensi
venire spostata fuori dalla stanza.
Lei stava rannicchiata in posizione fetale dentro la
bolla, con gli occhi chiusi: impossibile dire se era stata stordita
oppure era rimasta in quello stato da quando erano arrivati a
Ponyville.
Tuttavia, Alastor avvertì il cuore saltargli un
battito quando la vide. Fu solo per pochi secondi, prima che
superasse la porta e questa venisse chiusa alle sue spalle, ma fu più
che sufficiente per lui perché lo rinvigorisse come una scossa
elettrica.
Allora era lì che tenevano Aria. E perché
Alastor non era mai stato lasciato al castello troppo a lungo!
Improvvisamente, i brividi mutarono in un furore che dalla bocca
dello stomaco si espanse nel resto del corpo: la sola idea di venire
buggerato in quel modo da dei pony colorati non gli piaceva affatto.
«Ci
vediamo dopo,
Twilight Sparkle...» ringhiò, come se stesse
pronunciando la più potente delle minacce.
Sforzandosi ancora, Alastor si arrampicò sulla
sporgenza della finestra e ruppe il vetro tuffandosi attraverso. Non
mancarono certo i graffi e le schegge di vetro conficcate sulla pelle
scoperta, ma in quel momento non lo avrebbe potuto fermare nemmeno
una cannonata.
Ritornato dentro al castello, incurante dei tagli sulla
faccia e sulle braccia, uscì dalla stanza per affacciarsi nel
corridoio. Di Aria, tuttavia, non c'era già più alcuna
traccia, quasi fosse sparita nel nulla come per magia.
Già, magia... in quel mondo avevano già
reso palese che la usavano spesso, non era da escludere che dopo la
bolla magica avessero usato qualcosa di simile anche per farla
sparire chissà dove.
Nonostante questo, Alastor cominciò a correre
lungo i corridoi del castello tenendo le orecchie aperte e lo sguardo
attento, alla ricerca di un'ombra o il più impercettibile dei
rumori che potessero indicargli che aveva trovato dove tenevano
quella benedetta ragazza.
Corse a perdifiato per un periodo di tempo che non seppe
contare e il fiatone cominciava a rendergli difficile ascoltare tutto
quello che succedeva intorno a lui. Inoltre, era abbastanza certo di
aver già controllato almeno due volte lo stesso corridoio.
Interruppe la sua ricerca Applejack, il pony con il
cappello, il quale si avvicinò alle sue spalle senza fare
rumore in un momento in cui si fermò a riprendere fiato.
Semplicemente, domandò «E tu cosa ci fai fuori dalla
stanza?»
Alastor si voltò a guardarla. Nel volto di lei
non c'era preoccupazione o aggressività, ma pura e semplice
curiosità
«Dov'è?» riuscì a chiedere con
fatica
«Chi?» ribatté la giumenta,
grattandosi una tempia con lo zoccolo
«Aria. Aria Blaze. L'ho vista mentre la portavano
via. In questo castello!» rispose Alastor, duro nel tono,
mentre ricominciava a guardarsi intorno
Applejack
si prese una piccola pausa, prima di rispondere con tono calmo e
gentile «Ascoltami, zuccherino... io non
so
dove possiamo trovare questa Aria. E sei agitato, lo capisco: la
lotta nella Evefree Forest, il trovarsi in un mondo completamente
diverso dal tuo... e a giudicare dai tagli che hai sulla faccia devi
aver cercato di scappare gettandoti dalla finestra. Non potresti
essertela semplicemente immaginata?»
«L'ho
vista con
i miei occhi!»
gridò Alastor, digrignando i denti e tornando a guardare
Applejack con aria di sfida. Non era pazzo e non aveva le
allucinazioni: avrebbe messo volentieri non la mano, ma tutto il
corpo sul fuoco pur di garantire quello che aveva visto.
«Ti manca molto, vero?» chiese Applejack, a
sorpresa.
Quella domanda spiazzò Alastor, il quale rimase
intontito a guardarla, fermo, in piedi e con le mani a penzoloni
lungo i fianchi.
«Sì.
Deve
essere così, se sei così preoccupato per lei...»
analizzò a voce alta la giumenta, guardando l'umano dall'alto
in basso
Alastor rimase imbambolato ancora qualche istante, prima
di riaversi e uscire, senza nemmeno salutare. Applejack lo seguì
con lo sguardo, ma non commentò né cercò di
fermarlo.
Semplicemente lo seguì con i suoi enormi occhi
verdi mentre scendeva le scale fino a sparire dal suo piano visivo.
Per tutto quel tempo mantenne un'espressione indecifrabile, ma non
appena rimase sola un ghigno predatorio si dipinse sul suo muso.
Alastor tornò
all'aperto, fuori Ponyville, con sorprendente facilità.
Nessuno, oltre Applejack, capitò sul suo cammino e quando uscì
dal castello ebbe come l'impressione che anche le vie del centro
fossero stranamente deserte.
Ignorando questa
percezione, cominciò a vagare intontito lungo la strada
sterrata.
“Intontito”
era la parola ideale per descrivere il suo stato d'animo: lo scarico
di andrenalina dovuto alla facilità della fuga lo aveva
lasciato solo con il suo fiatone e la mancanza di energie mista ai
tagli e le ferite guadagnate in una sola giornata lo faceva
zoppicare. Poco ci mancava che gli si annebbiasse la vista.
Quei pochi pony che incontrava lo guardavano
preoccupati, non doveva affatto avere un bell'aspetto e lui stesso
non sapeva come immaginare diversamente: in un paio di giorni che si
trovava lì aveva litigato con una principessa, era stato
picchiato come un chiodo da alcune creature della Everfree Forest e
ormai persino la sua percezione del reale era messa in forte
discussione.
Fu fermato lungo la strada da un pony avvolto in un
mantello con il cappuccio, il quale si rivolse a lui con uno strano
accento «Per la tua bella troppo non ti crucciare | Perché
qui è il sorriso l'unica emozione che puoi mostrare.»
Alastor fissò la creatura, la quale si levò
il cappuccio rivelando una cresta a strisce così come il suo
manto. Al collo e intorno ad una zampa una lunga fila di anelli la
decorava, dandole assieme ad un orecchino un'aria molto esotica.
«Cosa?» domandò lui, fissandola nei
suoi occhi azzurri
«Non affannarti a cercare la tua ragazza |
Scoprirai che siamo molto pacifica come razza.»
La zebra parlava davvero solo in rima?
Colto da questo pensiero, Alastor piegò
involontariamente le labbra in un sorriso molto tirato, che la zebra
mal interpretò «È il riflesso a qualche tua
ferita | O questa Aria Blaze è da te così ambita?»
Il sorriso si spezzò subito. Quei pony lo
conoscevano da poco tempo, eppure sembrava che potessero già
leggerlo come un libro aperto, dalla sua incapacità a
sorridere come si deve ad Aria.
Imprecando, Alastor poggiò i pugni sui fianchi e
squadrò la zebra «E tu come fai a sapere di Aria? Io non
ti conosco neppure!»
«Il mio nome è Zecora. | Vuoi seguirmi
Alastor, ora?» rispose la zebra, indifferente alle minacce
dell'umano prima di indossare ancora il cappuccio e cominciare a
spostarsi tra la folla.
«Come accidenti sai il mio nome?» domandò
ancora lui, seguendo Zecora, pur senza mai ottenere una risposta.
Tuttavia
lo colpì molto di cosa avevano parlato: quella era una terra
pacifica, dove si potevano mostrare solo
sorrisi.
Voleva dire che erano tutti costretti, in qualche modo,
a comportarsi in quel determinato modo?
Forse Twilight, o chi per lei, forzava tutti a seguire
un rigido schema di comportamento? E lui era tenuto sotto
osservazione proprio perché diventasse come tutti gli altri?
Questo avrebbe sicuramente spiegato perché non poteva
andarsene da Ponyville!
I suoi pensieri vennero interrotti solo quando la voce
di Zecora tornò a farsi sentire «Siamo arrivati.»
Era la prima volta che evitava di fare una rima, ma quel
che colpì di più Alastor fu il fatto che si trovassero
entrambi davanti ad una casa!
«Arrivati...
dove?»
domandò ancora, osservando la zebra mentre apriva la porta con
lo zoccolo, prima di farsi da parte per lasciarlo entrare.
«A Ponyville non sarete di certo abbandonati |
Perciò entra e non sarete più separati.»
«Hai fatto la rima con quello che stavi dicendo un
attimo fa?» chiese Alastor, quasi involontariamente, entrando
nella casa pur senza togliere lo sguardo dalla zebra «E perché
adesso parli al plurale?»
«Quando
hai promesso di proteggermi... intendevi sistemarmi in un'altra
dimensione? Perché io l'anello al dito non te lo metto, questo
è certo!»
Quella voce, bassa e scura con la tendenza ad allungare
le parole, interruppe le domande di Alastor facendolo trasalire.
Con gli occhi fuori dalle orbite si voltò
rapidamente verso la fonte, riconoscendo Aria Blaze, in piedi in
mezzo al corridoio con le mani appoggiate sui fianchi, mentre lo
guardava con accondiscendenza.
«Aria...» la chiamò, quasi
involontariamente
«Bravo, ricordi il mio nome!» lo canzonò
lei, prima di indicare dietro di se con il pollice «Hai fatto
la spesa, per caso? Come facevi a sapere cosa...»
Aria non proseguì, perché Alastor la
abbracciò, gelando entrambi.
Dopo qualche secondo di imbarazzato silenzio, la ragazza
domandò «E questo è per...»
Stringendo i denti, lui confessò mentre sudava
freddo «Non... non lo so.»
Avrebbe giurato di sentire Zecora ridere sotto ai baffi.
Aria
gli diede una leggera pacca sulla spalla, colpendo involontariamente
proprio uno dei lividi che si era fatto nella Everfree Forest,
dicendogli con tono di sufficienza «Be', bimbo,
adesso facciamo che mi lasci, okay?»
I due ragazzi si separarono e Alastor tornò a
guardare la porta.
Nessuna traccia di Zecora. In compenso, alcuni dei
passanti guardarono dentro casa divertiti.
Velocemente, Alastor andò a chiudere la porta.
«Ti comporti in maniera piuttosto strana,
lasciatelo dire.» confessò Aria, guardando Alastor
agitarsi ma senza intervenire per calmarlo o fermarlo «E sei
ridotto ad uno straccio! Cosa è successo mentre eri fuori?»
Alastor non rispose
subito, si limitò a chiudere porte e finestre muovendosi
freneticamente da un capo all'altro della casa. Solo quando si
assicurò di essere lontani da occhi ed orecchie indiscrete si
concentrò sulla sirena.
Si
avvicinò a lei e le mise entrambe le mani sulle spalle,
guardandola negli occhi e spiegandole «Ascoltami bene, ho
bisogno di sapere tutto, ogni
cosa che
ricordi da quando abbiamo attraversato il portale!»
Aria
prese i polsi di Alastor, come per liberarsi dalla sua presa, ma non
fece alcuna pressione. Piuttosto, ricambiò lo sguardo
dell'umano e rispose «Perché non me lo dici tu?»
«Che vuoi
dire?»
Assicurandosi di
usare meno parole possibile, Aria spiegò alla sua guardia che
lei era di fatto rimasta incosciente esattamente dal momento in cui
erano stati colpiti. Non sapeva dire nemmeno per quanto tempo doveva
essere rimasta priva di sensi; il suo primo ricordo è quando
si era svegliata, pochi minuti fa, in quella casa con Pinkie Pie al
suo fianco.
Il pony in
questione, in mezzo ad un fiume di frasi prive di significato, le
aveva spiegato che quella dove si trovavano era la casa di Alastor e,
pertanto, anche la sua; inoltre le aveva anticipato che lui stesso
sarebbe tornato a breve.
Alastor
liberò Aria dalla sua presa per andare a grattarsi la testa
«Quindi ricordi assolutamente nulla, dal momento in cui siamo
arrivati qui?»
Aria
aprì le mani «Non so nemmeno dove sia qui.
Deve essere stato costruito di recente. Perché non mi spieghi
tu qualcosa?»
Dopo
una breve pausa che aumentò la gravità della
situazione, Alastor propose «Forse è meglio farlo da
seduti...»
Così,
una volta accomodati nel salotto, Alastor raccontò la sua
giornata. Al contrario della sirena, tuttavia, cercò di essere
il più dettagliato possibile e questo costò ad entrambi
una lunga ora di parole.
Solo
quando Alastor terminò il suo racconto Aria ricominciò
a parlare.
«Ponyville,
eh? No, non ricordo città con questo nome prima dell'esilio.»
fu il suo primo commento, pronunciato mentre si rialzava dal divano
per cominciare a camminare intorno alla stanza.
Alastor
non rispose, e nemmeno imitò la sirena. Rimase seduto, con le
braccia appoggiate sulle ginocchia e gli occhi scuri fissi su di lei
mentre camminava in lunghi cerchi massaggiandosi nervosamente il
mento. Solo dopo qualche secondo lei si fermò avanti a lui,
incrociò le braccia al petto e domandò «E quindi,
quando non mi hai trovata, hai fatto tutta quella confusione? Hai
anche minacciato una principessa?»
L'umano
rimase sorpreso per qualche secondo, poi rispose mettendo ancora in
bella mostra la sua ingenuità «Perché, è
qualcosa che non si fa?»
Una
piccola risata scappò alla sirena, veloce e irrefrenabile come
uno starnuto, prima di ricominciare a camminare in cerchio
rispondendo «No. È preferibile evitare.»
Alastor
si grattò la testa con una mano, avvertendo una sempre
maggiore confusione nel suo piccolo cervello. Era finito in un altro
mondo con un sistema politico a lui completamente sconosciuto e dove
una forza che lui aveva solo letto in qualche fiaba o visto in
qualche film era invece diffusa ancora più dell'energia
elettrica.
Tuttavia,
Alastor notò l'espressione assorta, concentrata su altro, che
Aria aveva assunto. Non sapendo di cosa poteva trattarsi cercò
di alleggerire la situazione ironizzando «Certo che... per
aiutarci almeno a mimetizzarsi tra questi pony lo specchio avrebbe
potuto renderci almeno qualche altra creatura! Così è
un po' come se fossimo degli animali in gabbia!»
L'espressione
sul volto di Aria mutò in un lampo. Come un vetro che si
rompe, la concentrazione che dimostrava fino a pochi istanti prima
crollò, gelandola sul posto mentre dei brividi la scuotevano.
«Lo
specchio... è progettato e incantato perché creature da
Equestria
partano per altri mondi. Non il contrario. Non c'è mutamento
negli esseri umani... e tu, Alastor, ne sei la prova.» spiegò
Aria, con voce tremante, dando le spalle al compagno.
Alastor,
ingenuamente, ascoltò quelle parole e sollevò una mano
verso la ragazza pensando a voce alta «Questo significa che
tu...»
«Non
lo dire!» esclamò Aria, voltandosi verso di lui
puntandogli contro un dito. Era diventata paonazza, con gli occhi
fuori dalle orbite e la mascella serrata; Alastor avrebbe preferito
che al posto di quel dito ci fosse una pistola, si sarebbe sentito
meno minacciato.
«Io
non sono un essere umano, hai capito? Non
lo sono!»
cominciò a gridare lei, incapace di trattenersi di fronte al
pensiero che fino ad allora aveva cercato invece di ignorare.
Tornare
ad Equestria non solo poteva voler dire riunirsi con le sue compagne
di una vita, ma avere la concreta possibilità di recuperare i
loro poteri. Dopo il loro esilio ne avevano perso la maggior parte,
rimanendo solo con una frazione ridicola
di
quello che possedevano, ma il fatto di trovarsi ancora nel corpo di
una ragazza di nemmeno trent'anni una volta attraversato il portale
poteva voler dire solo una cosa.
E
cioè che i suoi poteri naturali erano andati perduti,
probabilmente per sempre.
Si
portò i capelli sulla testa, cominciando a vagare senza meta
per la sala ripetendo che lei era una sirena, non un'umana. Nessuna
di loro, riferendosi alle altre Dazzling, lo era.
Alastor,
spaventato da quel crollo, si alzò la fermò
stringendola al suo largo petto in un altro abbraccio. Non si sarebbe
potuta liberare nemmeno se lo avesse voluto.
Comunque,
Aria non ci provò nemmeno. Si limitò a restare lì,
in quella posizione, cercando di smettere di nascondere il rumore dei
suoi singhiozzi pestando i piedi per terra e i pugni sul corpo del
ragazzo.
«Dio,
quanto mi mancano!» sospirò lei, quando riuscì a
calmarsi leggermente.
«Lo
capisco.» commentò, semplicemente, lui.
Restarono
in quella posizione per alcuni minuti. Alastor attese, pazientemente,
senza forzare quel silenzio con inutili parole. E in quel silenzio un
pensiero balenò nella mente di Aria.
Comprese
che lui non si sarebbe mai fermato, non l'avrebbe mai abbandonata o
permesso a qualcuno di farle del male; le sarebbe sempre stato vicino
senza trovare scuse per allontanarsi. Gli sarebbe sempre rimasto
accanto e avrebbe anche potuto morire, pur di proteggerla. Di tutti
gli aiutanti che poteva trovare per quella situazione così
folle, Alastor Sullivan era decisamente quanto di meglio poteva
volere.
In
quella folle situazione in cui si era cacciata, quell'umano
rappresentava il compagno migliore che potesse mai desiderare.
E
questo suo impegno, questa sua fedeltà, erano soltanto perché
lui voleva assolutamente rimediare a quel fallimento che ancora lo
tormentava a distanza di tanti anni?
Prima
che ci potesse riflettere troppo a lungo, lei si separò
appoggiando le mani sulle spalle larghe dell'umano e spingendolo
lontano. Comprendendo il messaggio, Alastor lasciò la presa e
le permise di allontanarsi di un paio di passi.
«Alastor...»
lo chiamò lei, con un filo di voce come se fosse imbarazzata
«Sto per dirti una cosa che non sono abituata a dire.»
Il
ragazzo aprì le mani «Be'... provaci.»
«Io
e le altre... noi Dazzling... siamo legate da un rapporto molto
speciale
per via della nostra magia. Siamo oltre qualunque rapporto tu possa
conoscere ed è per
questo che
non sono molto abituata ad altre persone che mi vogliono aiutare,
perciò... grazie.»
Alastor
sorrise a quelle parole e propose «Be', se vuoi sdebitarti,
perché non canti qualcosa per me?»
«Prego?»
Si
scoprì che Alastor era un appassionato di musica, non
ricordava i nomi dei cantanti o dei gruppi, e a volte nemmeno i
titoli, ma ascoltava diversi generi. Sfortunatamente, tra i suoi
amici al Black Canary, nessuno sembrava poterlo aiutare: Susy, a suo
dire, era intonata come un gallo, Bulldog diceva che la musica è
roba da comunisti mentre El Bastardo faceva solo lo swing.
Non
nascondendo il suo divertimento per quella scoperta, Aria decise di
accontentarlo.
Improvvisando,
Aria cantò “Summertime
Sadness”
mentre Alastor l'accompagnava fischiettando e battendo le mani sulle
ginocchia per dare almeno l'impressione della musica.
I'm feelin'
eletric tonight
Cruising down
the coast gain' 'bout 99
Got my bad baby
by my heavenly side
I know if I go,
I'll die happy tonight
Oh, my God, I
feel it in the air
Telephone wires
abobe are sizzling like a snare
Honey I'm on
fire, I feel it everywhere
Nothing scares
me anymore
Kiss me hard
before you go
Summertime
Sadness
I just want you
to know
Thay baby,
you're the best.
Simile gioco
aiutò molto la coppia, poiché i toni calmi della
canzone e il ritmo avvolgente riuscirono a calmare gli animi,
permettendo ad entrambi di andare a riposare una volta che
entrambi finirono.
Fuori dalla casa della coppia, appoggiate ad uno dei
tetti, un trio di pony composto da Twilight, Applejack e Rarity
osservava la scena attraverso una finestra.
La principessa sembrava abbastanza delusa da quello che
vedeva: per quanto l'affetto tra i due umani fosse palpabile,
sembrava che nessuno stesse per andare oltre.
«Tsk! Grandi e grossi ed emotivi come
quattordicenni!» commentò aspramente, agitando il capo
scontenta
Rarity si rivolse all'amica in maniera scettica «Sono
sorpresa che siano subito così vicini. Hai dato loro una
spinta?»
«Se avessi voluto aiutarli con la magia, a
quest'ora starebbero discutendo le date del matrimonio!» si
difese Twilight, alzando il capo e scherzando «Ricordati chi è
mia cognata!»
Applejack, divertita dalla battuta, rise in maniera
sommessa prima di domandare anche lei «Comunque non ho ancora
ben chiaro dove tu voglia arrivare, con la sirena e l'umano.»
Twilight attese qualche secondo, prima di rispondere con
un sorriso sornione rivolto alle due amiche.
Le sue parole furono «Diciamo solo che... se
Cadance mi potesse vedermi adesso, sarebbe così orgogliosa!»
Dopo una breve
pausa, aggiunse «Ma l'Impero di Cristallo è troppo
lontano da qui!»
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