Unconditionally (prima parte)
Unconditional,
unconditionally
I will love you unconditionally
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally.
(“Unconditionally”
– Katy Perry)
Erano
trascorse due settimane e Bucky era perfettamente guarito grazie alle cure
prescrittegli dal dottor Banner. Era giunto il momento che Steve attendeva da
tanto tempo: lui e Bucky sarebbero finalmente andati allo Smithsonian di
Washington, Steve avrebbe parlato con il direttore del museo e avrebbe fatto
modificare i pannelli che riguardavano il sergente Barnes. Finalmente tutti
avrebbero potuto sapere che James Buchanan Barnes era vivo e che, dopo la
dolorosa esperienza come Soldato d’Inverno, era pronto a combattere al fianco
degli Avengers.
Quella
mattina Steve si era alzato molto presto e aveva preparato un’abbondante
colazione per festeggiare il giorno che aveva sognato per anni. Mentre
attendeva che Bucky finisse di fare la doccia e vestirsi, chiamò Stark per
informarlo dei suoi progetti.
La reazione
di Stark, però, non fu quella che Rogers si aspettava.
“Tu e
Barnes pensate di andare a Washington da soli? Ti sei bevuto il cervello,
Capitano? Ti sembra una cosa intelligente da fare dopo quello che abbiamo
saputo?” esclamò.
“A che
cosa ti riferisci?”
“Al
fatto che Von Strucker è vivo, è tuttora a capo dell’Hydra e sta con ogni
probabilità cercando Barnes per ogni dove. Hai già dimenticato l’attentato al
Dulles? E tu vuoi offrirgli il tuo Bucky
su un piatto d’argento!” spiegò Stark.
“Lo so
che è un rischio, ma io voglio che tutti sappiano che Bucky è vivo e che adesso
lotta dalla parte giusta…”
“Non
farmi piangere di mattina presto” ribatté ironicamente l’uomo. “Senti, facciamo
così: io vi accompagnerò al Quartier Generale degli Avengers e prenderemo in
prestito un quinjet, verrò a Washington con voi e vi terrò d’occhio. Chissà,
magari verrà con noi anche Banner, così tu potrai assicurarti che Barnes si sia
perfettamente ristabilito.”
“E’
un’idea magnifica, grazie, Tony!” esclamò felice Steve. “Tra quanto intendi
partire? Un’ora? D’accordo, per me va benissimo. Ti ringrazio ancora tanto, non
sai cosa significhi per me poter… Tony? Tony? Dev’essere caduta la linea…”
Ovviamente
era stato Tony Stark a chiudere la comunicazione, prima di sentire ancora altre
appassionate dichiarazioni sul ritorno di Bucky e sull’importanza mondiale di
questo avvenimento! Rogers era un bravo ragazzo, ma, da quando aveva ritrovato
Barnes, si comportava spesso come un adolescente al primo amore…
“Che
cosa sarebbe magnifico?” domandò Bucky in tono poco convinto. Era giunto in
cucina mentre Steve parlava con Stark e aveva sentito le ultime parole
entusiastiche dell’amico.
“Oggi
andremo allo Smithsonian!” annunciò con un gran sorriso il Capitano. “Stark ci
accompagnerà al Quartier Generale degli Avengers per prendere un quinjet e poi
verrà con noi… Buck, non vedo l’ora!”
“Sei
proprio fissato con l’idea dello Smithsonian, eh?”
“Non è
solo un’idea, Buck” rispose con dolcezza Steve, avvicinandosi al giovane e
baciandolo leggermente. “Tra poche ore sarà realtà e tutti sapranno finalmente
la verità su di te. Ho tanto sognato questo giorno! Beh, adesso facciamo
colazione, tra un’ora Stark passerà a prenderci. Ho preparato i pancake, visto?
Bisogna festeggiare.”
Steve
passò un braccio attorno alla vita di Bucky e lo condusse al tavolo della
colazione, felice di ogni piccolo momento che poteva condividere con il suo
compagno.
Un’ora dopo, Stark li accompagnò
in macchina al Quartier Generale degli Avengers. In un altro momento Steve
avrebbe mostrato a Bucky tutto l’edificio, ansioso di potersi recare lì insieme
a lui per addestrarsi e combattere nuovamente al suo
fianco, come negli anni Quaranta… Quel giorno, però, la prospettiva dello
Smithsonian occupava tutta la sua mente e così i tre si recarono subito sulla
pista di decollo dove un quinjet era già pronto per la partenza. Era stato
Bruce Banner, avvertito per telefono da Stark, a far preparare il velivolo e
aveva deciso che sarebbe andato anche lui a Washington con loro.
Steve e Bucky salirono subito sul
quinjet. Stark e Banner, invece, rimasti un po’ indietro, furono
inaspettatamente raggiunti da Pietro Maximoff.
“Dove stai andando, Doc?” domandò
il ragazzo. Aveva tutta l’aria di essersi risentito per non essere stato
avvertito di quella novità.
“Io e Stark accompagneremo Rogers
e Barnes a Washington” rispose il dottore, sorpreso. “Dovremmo essere di
ritorno in serata.”
“Perché non mi hai detto niente?
Anch’io voglio venire con voi!” dichiarò Pietro.
“Non te l’ho detto perché non è
una missione e non pensavo che potesse interessarti” replicò Banner, senza
capire bene perché dovesse giustificarsi con Maximoff. “In realtà è una cosa
che riguarda Rogers e Barnes, noi li accompagniamo e basta.”
“Non hai capito. Io voglio venire
con te, non m’importa cosa andiamo a
fare” precisò il ragazzo. “Quando inizierai a metterti in testa che io voglio
che stiamo insieme?”
Bruce trasalì e divenne tutto
rosso, ma cercò di dominarsi in qualche modo.
“Non dovresti parlare così e lo
sai” obiettò. “Tu sei solo confuso, ti sei affezionato a me perché mi vedi come
una figura adulta di riferimento, so che hai perso i tuoi genitori e…”
“Ho perso i miei genitori quando
avevo dieci anni e non sto cercando
una figura paterna!” protestò Pietro, innervosito. “Io mi sto innamorando di
te, lo vuoi capire?”
“Ti senti solo e ti sei legato a
me perché ti ho salvato la vita, finora hai avuto soltanto l’affetto di tua
sorella e adesso…”
“Non provare a psicanalizzarmi!” Io so benissimo cosa
voglio” lo interruppe Maximoff.
“Sono un medico, non uno
psichiatra” tentò di sdrammatizzare Banner. Ma la battuta non ebbe l’effetto
sperato: il ragazzo era veramente furioso e non si lasciò ammansire in alcun
modo.
“Smettila di trattarmi come se
fossi un ragazzino! Ho ventidue anni, è vero, ma questo non ti dà il diritto di
fare il grand’uomo con me. Le esperienze tremende che ho vissuto mi hanno fatto
crescere anche troppo in fretta” replicò Pietro con rabbia.
“Non volevo dire questo…”
Il ragazzo non lo ascoltava
nemmeno. Gli si piantò davanti e riprese a parlargli a brutto muso.
“Credi di essere l’unico al mondo
ad aver sofferto? Pensi di avere l’esclusiva del dolore? Io ho visto morire i
miei genitori, ho vissuto per anni per strada con mia sorella, proteggendoci
l’un l’altra, poi siamo finiti nelle mani dell’Hydra… e tu pensi che sia solo
un ragazzino che non sa quel che vuole? Sei tu che non sai niente, dottor Bruce
Banner! E allora sai che ti dico? Vattene all’inferno!”
Con queste ultime parole cariche
di rabbia e amarezza, Pietro voltò le spalle all’attonito dottore e se ne andò
in un battibaleno.
Banner restò a guardare nel
vuoto, sentendo crescere dentro di sé un terribile senso di dolore e
solitudine. Gli sembrava che qualcuno gli stesse lacerando l’anima.
“Bruce, dovevi proprio rovinare
tutto anche stavolta?” gli chiese Tony, avvicinandosi. “Il ragazzo si è sentito
respinto e la cosa l’ha fatto infuriare. Ma perché tu cerchi sempre di
allontanare chi ti vuole bene?”
Il dottore scosse il capo, poi
guardò l’amico con gli occhi scuri colmi di una disperazione senza fine.
“E’ meglio così…” mormorò, con lo
strazio nella voce.
“Meglio così, dici? Meglio così
per chi?” obiettò Stark, per metà dispiaciuto per lui e per metà seccato dal
suo comportamento autolesionista. “Per te, forse? Non ti avevo mai visto sereno
come sei stato da quando hai conosciuto Maximoff, quel ragazzo ti ha illuminato
la vita e tu hai voluto allontanarlo… Oppure meglio per lui? Ma che ne sai, tu,
di che cosa sia meglio per Maximoff? Ha ragione lui, sai? Sa quello che vuole
molto meglio di te, però tu sei riuscito a rovinare quello che stava nascendo
tra voi. Sarai contento!”
Stark salì sul quinjet con uno
sbuffo spazientito, pensando che, una volta tornato, avrebbe dovuto parlare lui
con Pietro per cercare di rimettere a posto le cose. Bruce era proprio
esasperante, certe volte…
Lentamente, Banner seguì l’amico.
Rivolse un ultimo sguardo affranto verso il Quartier Generale degli Avengers,
cercando di dominare la sensazione di vuoto e gelo che lo colmava e di convincersi
che aveva fatto la cosa giusta, che era veramente meglio così per Pietro.
E’ vero che mi hai illuminato la vita con la tua vivacità e la tua
allegria, finché è durato, pensò, ma
hai tutta la vita davanti, Pietro, ti ho salvato una volta e adesso non posso
incatenarti a una persona come me, a un mostro che non ha nulla da offrirti…
Quando il portellone del quinjet
si chiuse, Bruce Banner guardava ancora malinconicamente verso il punto in cui
Pietro era sparito.
Fine prima parte