Incontri
Il Principe di Bosco
Atro
arrivò a Gran Burrone il 24 ottobre 3018, anno della Terza
Era.
Aveva già visitato spesso il Reame di Sire Elrond, solo come
amico di passaggio.
Quando arrivò a destinazione,
la bella città elfica gli sembrò molto diversa;
quel
giorno il Principe non si presentava al Re come viaggiatore,
bensì come messaggero di Thranduil, signore di Bosco Atro,
nonchè suo padre. Doveva portare al Consiglio importanti
notizie
sulla creatura chiamata Gollum, ma sentiva che il suo compito non si
sarebbe fermato lì; era una sensazione che lo perseguitava
da molti
giorni.
Smontò dal suo cavallo guardandosi attorno estasiato;
nonostante
avesse più di duemila anni d'età, rimaneva sempre
a bocca
aperta davanti alla bellezza sublime e perfetta di Gran Burrone. Uno
scudiero prese le redini del suo cavallo e lo portò nelle
grandi
stalle reali. Un Elfo di poco più giovane si
avvicinò al
Principe, e s'inchinò profondamente.
''Benvenuto Legolas, Principe di Bosco Atro, permettetemi di farvi
strada.''
Lagolas annuì al giovane e iniziò a seguirlo per
le vie
di Gran Burrone. Mai quel regno aveva permesso a tanti individui di
razze
diverse e, talvolta, nemiche di incontrarsi pacificamente al suo
interno. Si fermò quando due personaggi attirarono la sua
attenzione.
Uno era un Uomo appena
giunto a cavallo da uno degli ingressi laterali.
Si guardava attorno con diffidenza e stupore. Dai suoi movimenti e dal
portamente sicuro Legolas capì che era un nobile.
Era di bell'aspetto; aveva lunghi capelli castani che gli scendevano
fino alle spalle. Un grande scudo circolare giganteggiava sulla sua
schiena.
''Chi è quell'Uomo?'' chiese l'elfo al suo accompagnatore.
''E'
Boromir, figlio del Sovrintendente di Gondor. E' qui in missione per
conto di suo padre Denethor.''
Legolas osservò ancora il cortile, e vide che era appena
giunta
anche una compagnia di Nani. Essa passò sotto l'arco
d'entrata e si
guardò attorno spaesata, e anche leggermente disgustata. Tra
di
loro vi era un Nano che sembrava più giovane degli altri, a
giudicare dal fatto che i suoi capelli e la sua barba non erano grigi
ma sul rosso.
Legolas lo indicò all'elfo che aveva accanto. ''Quello
più giovane è Gimli, e il Nano più
vicino a lui
è suo padre Gloin.'' gli rispose. ''Si dice che quest'ultimo
sia
un amico di Mithrandir. Vogliamo andare, adesso?''
Legolas riprese a seguirlo, ed egli lo condusse in un grande salone in
cui poteva rinfrescarsi e darsi una sistemata. C'era ancora un giorno
prima del Consiglio, e aveva saputo che il giovane Hobbit che aveva
portato l'Anello fin lì si era appena ripreso dall'attacco
di un
Nazgul. Si tolse il mantello e le protezioni di cuoio, restando con la
veste e i pantaloni. Era contento, in un certo senso, che l'Anello
fosse in mano a un
Hobbit. Sempre meglio di un Nano, e se fosse caduto nelle mani
dell'Uomo sbagliato non avrebbero avuto alcuna speranza di sconfiggere
Sauron.
Legolas aveva sempre pensato che un Elfo sarebbe stato il Portatore
ideale, ma il suo popolo era sempre più debole. Il loro
tempo
stava per arrivare, lo sapeva, e forse questa sarebbe stata l'ultima
missione in cui avrebbero partecipato.
''E così sei arrivato, alla fine. Speravo che tuo padre
mandasse te come suo araldo.''
Una voce, molto familiare, lo fece voltare di scatto. Un sorriso
radioso si dipinse sul viso dell'elfo. ''Aragorn!'' L'uomo
allargò le braccia e l'elfo non esitò ad andargli
incontro, buttandosi in un abbraccio fraterno. Restarono abbracciati
per
qualche istante, poi lui si allontanò. ''Legolas, amico
mio...
E' una gioia rivederti! Non sei cambiato per niente.'' disse l'uomo.
L'elfo gli
sorrise.
''Tu invece sei cambiato, Estel... sei più maturo,
più
robusto. Gli anni passati tra i Raminghi ti hanno reso più
forte, a quanto pare.'' gli fece notare Legolas. ''E tu invece sei
diventato troppo gentile.'' ribattè
Aragorn
strappando una risata all'amico. ''Sono passati anni.''
sospirò.
''Tanti Estel, sono passati tanti anni.''
''Per i Valar, quanto tempo... ma dimmi, come stai? E come sta tuo
padre?'' chiese poi Aragorn avvicinandosi al balcone del salone. ''Sta
bene, e ti porge i suoi saluti. Quanto a me... ci sono stati
tempi peggiori.'' gli rispose il Principe affiaccandosi a lui con le
mani dietro la schiena.
Aragorn sembrò guardarlo con fare interrogativo.
''Problemi?'' domandò.
''No, solo presagi... sento il pericolo aleggiare nell'aria, in ogni
albero, in ogni goccia d'acqua del fiume...'' disse
l'elfo con tono grave. ''Quest'ombra che viene dall'Est mi ha lasciato
confuso e disorientato.'' Aragorn sospirò; anche lui
avvertiva la minaccia di Sauron, era
impossibile non percepirla. Sorrise poggiando una mano sulla spalla
dell'amico.
''Non preoccupiamoci di questo, almeno non stasera,'' gli disse:
''Teniamo gli affanni lontani dai nostri cuori ancora fino a domani.
Riposati, vedo dai tuoi occhi che sei stanco, anche se so che non lo
ammetterai mai.'' concluse con fare ironico. ''No, infatti.''
ribattè l'elfo con lo stesso tono. L'altro sorrise. ''Ci
rivedremo domani mattina al Consiglio.''
''Buonanotte, Estel.'' disse, e lo vide allontanarsi.
Non avrebbe voluto che se ne andasse, ma dopotutto aveva ragione: il
viaggio da Bosco Atro a Gran Burrone non era cosa da poco, e l'elfo era
affaticato. Chiamò qualcuno perché lo conducesse
nella
camera preparata per lui, si infilò nel grande letto a
baldacchino e si addormentò.
Quando si svegliò il sole era appena sorto: il Consiglio si
sarebbe tenuto a breve. Si alzò mettendosi una lunga veste e
i
pantaloni, e scese per la colazione.
Subito dopo raggiunse il luogo in cui si sarebbe svolto il Consiglio.
Era uno dei primi, c'erano solo gli Elfi che insieme a lui
rappresentavano il suo popolo e gli Uomini di Gondor, Boromir compreso.
Le creature eterne si alzarono e si inchinarono al suo passaggio,
mentre gli
Uomini lo squadrarono da capo a piedi. Legolas non capì se
con
ammirazione o disprezzo.
Rivolse a loro un saluto veloce e si sedette sulla sedia che gli era
stata riservata, esattamente in mezzo ai suoi compagni. Poco dopo
arrivarono anche gli altri convocati; la compagnia dei Nani e, infine,
re Elrond insieme a Mithrandir, al giovane Hobbit di nome Frodo e ad
Aragorn.
Il Consiglio stava per cominciare:
''Stranieri di remoti paesi e amici di vecchia data...''
esordì
Elrond, al che ogni mormorio cessò e l'attenzione di tutti
si
catalizzò sul sovrano di Gran Burrone. ''Siete stati
convocati
per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è
sull'orlo della distruzione, nessuno può sfuggire.'' Legolas
si
voltò verso Aragorn e incrociò il suo sguardo:
non
riusciva a capire cosa ci fosse nei suoi occhi. Malinconia, rabbia,
timore... non riusciva a leggere nei suoi pensieri, questo lo fece
preoccupare.
''O vi unirete, o crollerete.'' la voce di Sire Elrond lo
riportò alla realtà. ''Ogni razza è
obbligata a
questo fato, a questa sorte drammatica.'' Il Re si voltò
verso
l'Hobbit e, con gesto conciliante, gli chiese di portare l'Anello su
piedistallo di pietra posto al centro del cerchio di sedie. Frodo si
alzò
e obbedì. Gli invitati non poterono
trattenere commenti a mezza voce. Nessuno di loro aveva mai creduto che
quell'Hobbit avesse davvero l'Unico Anello in suo possesso. Legolas non
capì quello che veniva detto, le voci si sovrapponevano, ma
udì Boromir sussurrare quasi a se stesso, ''Allora
è
vero...''
Quando il momento di stupore passò, il figlio di Denethor si
alzò in piedi. Legolas vedeva nei suoi occhi che se l'Anello
fosse finito in mano sua, il mondo sarebbe caduto. Non avvertiva
malvagità nel suo cuore, ma i suoi pensieri lo inquietavano:
pensieri di guerra, di sangue e di morte.
''Questo è un dono...'' sibilò, attirando
l'attenzione di
tutti. ''Un dono ai nemici di Mordor. Perché non usare
l'Anello?
A lungo mio padre, Sovritendente di Gondor, ha tenuto le forze di
Mordor a bada! Grazie al sangue del nostro popolo, tutte le vostre
terre sono rimaste al sicuro! Date a Gondor l'arma del Nemico! Usiamola
contro di lui!''
Mentre Boromir era impegnato nel suo monologo, l'elfo fissava Aragorn,
curioso di vedere le sue reazioni al discorso dell'Uomo. Sembrava
spazientito, sospirò diverse volte, non riuscendo a
capire come
Boromir potesse anche solo pensare di poter usare l'Anello per i suoi
scopi. Poi il ramingo prese la parola; ''Non potete servirvene. Nessuno
di noi può. L'Unico Anello
risponde soltanto a Sauron: non ha altri padroni.'' scandì
bene
l'ultima frase per essere sicuro che tutti avessero capito. Boromir
ribatté con rabbia. ''E cosa ne sa un Ramingo di questa
faccenda?''
Legolas non pote' sopportarlo; era un assoluta mancanza di rispetto.
Aragorn era pur sempre l'erede al trono, Boromir avrebbe
dovuto
essere suo suddito. Come poteva Aragorn sopportare questo trattamento?
Balzò in piedi, pronto a difendere il suo amico. ''Non
è
un semplice ramingo!'' esclamò, e
percepì lo
sguardo dell'amico. Voleva che l'elfo si fermasse, che non rivelasse la
sua vera identità, ma Legolas non poteva permettere che
Boromir
lo trattasse come un'infima creatura. Era pur sempre un re, anche se
senza corona. ''Lui è Aragorn, figlio di Arathorn: si deve a
lui
la vostra alleanza!''
Molti degli invitati lo squadrarono come se avesse appena detto una
terribile eresia. Frodo fissò lo sguardo sorpreso
su Aragorn, e
lo stesso fece Boromir. ''Aragorn?'' nella sua voce erano evidenti il
disprezzo e l'incredulità. ''Questo è l'erede di
Isildur?''
''Ed erede al trono di Gondor.'' aggiunse l'elfo, voleva che fossero
chiari i ruoli: era Aragorn il legittimo re, non Boromir. Quest'ultimo
gli doveva rispetto. ''Havo
dad,
(Siediti) Legolas.'' gli disse Aragorn, fissandolo intensamente. Stava
per obbedire, quando sentì le ultime parole di Boromir;
parole
pronunciate con rabbia. Fissò prima l'elfo come se volesse
incenerirlo, poi postò lo sguardo su Aragorn.
''Gondor non ha un re... a Gondor non serve un re.'' Con questo
chiarì quali erano i suoi sentimenti verso il ramingo. ''Ha
ragione Aragorn; non possiamo servircene.'' Intervenne Gandalf, e
Legolas ne fu molto grato. Elrond riprese il controllo del Consiglio.
''Non esiste altra scelta: l'Anello deve essere distrutto!''
''Allora cos'aspettiamo?!'' l'attenzione di tutti fu attirata da uno
dei Nani, Gimli. Balzò in piedi, impugnando l'ascia che ogni
Nano teneva sempre a portata di mano. Si avvicinò all'Anello
e
lo colpì con forza.
Nel momento in cui l'ascia tocco il gioiello, un dolore lancinante
attraversò la testa dell'elfo, che dovette fare uno sforzo
sovrumano per non crollare in ginocchio urlando. C'era una
voce che dall'Anello si disperdeva nell'aria, e Legolas non era l'unico
a sentirla. Frodo era nelle sue stesse condizioni, forse stava anche
peggio. Uno degli elfi accanto a Legolas incrociò il suo
sguardo
e gli rivolse una muta domanda. Scosse la testa e riportò
l'attenzione sul Nano. L'ascia era andata in mille pezzi e Gimli era
stato sbalzato indietro da una forza misteriosa, ma l'Anello... era
ancora intatto.
Re Elrond non sembrava però sorpreso. ''L'Anello non
può essere distrutto qui, Gimli figlio di Gloin,
qualcunque sia l'Arte che noi possediamo. L'Anello fu forgiato tra le
fiamme del Monte Fato: solo lì può essere
annientato.''
disse. La voce dell'Anello era sempre più nitida nella mente
di
Legolas. Non si accorse nemmeno che le mani gli tremavano, e i
suoi occhi non riuscivano a staccarsi da
quell'oggetto.
''Deve essere condotto nel paese di Mordor e va ributtato nel baratro
infuocato da cui è venuto. Uno di voi deve farlo.''
Il silenzio calò sull'assemblea, finché Boromir,
sospirando, non prese nuovamente la parola. ''Non si entra con
facilità a Mordor. I suoi cancelli neri sono sorvegliati da
più che meri Orchi. Lì c'è il male che
non dorme
mai, e il Grande Occhio è sempre all'erta. E' una landa
desolata,
squassata da fiamme, cenere e polvere. L'aria stessa che si respira
è un'esalazione velenosa. Neanche con diecimila uomini
sarebbe
possibile, è una follia.''
Legolas balzò di nuovo in piedi. Sentì che le
parole
dell'Uomo avevano fatto breccia nel cuore dei presenti, ma sapeva che
qualcuno doveva prendersi quella responsabilità. ''Non avete
sentito ciò che ha detto Re Elrond?'' sbottò;
sembrava arrabbiato con
Boromir, ma in realtà ce l'aveva con l'apatia dei convocati,
con
la loro volontà di restarsene al sicuro nelle proprie terre,
aspettando che giungesse un salvatore chissà dove.
''L'Anello
deve essere distrutto!'' esclamò. Gli Elfi lo fissarono con
orgoglio. Aragorn cercava di incrociare il suo sguardo, ma Legolas lo
sfuggiva: sapeva che voleva farlo desistere dal suo proposito.
''E scommetto che pensi che sarai tu a farlo!'' esclamò
Gimli,
rivolto all'elfo. Quest'ultimo lo gelò con lo sguardo. ''Se
nessuno dei presenti avrà il coraggio di prendersi questa
responsabilità, ebbene sì, lo farò io.
Non posso
permettere che la Terra di Mezzo venga distrutta per la codardia di
alcuni uomini!'' disse, e alle orecchie dei convocati dovevano essere
sembrate dei pesanti insulti. ''E se falliamo cosa
accadrà?''
Boromir balzò in piedi, fronteggiando l'elfo. ''Cosa
accadrà quando Sauron si riprenderà
ciò che
è suo?'' gridò.
Anche Gimli si alzò in piedi. L'atmosfera si stava
scaldando.
''Sarò morto prima di vedere l'Anello nelle mani di un
Elfo!'' I
compatrioti dell'elfo persero la pazienza e aggredirono la compagnia
dei Nani con insulti e provocazioni. Legolas cercò di
fermali
mettendosi in mezzo, ma presto anche gli Uomini si unirono alla zuffa.
Gandalf lì raggiunse subito dopo, affermando che mentre loro
erano
impegnati a litigare, il potere di Sauron si accresceva. Elrond e
Aragorn osservarono la scena a debita distanza. Era prevedibile una
reazione del genere; i tre popoli della Terra di Mezzo non erano mai
stati particolari amici, specialmente Nani e Elfi.
La voce dell'Anello si fece nuovamente strada nella testa di Legolas.
Capì che l'Unico si stava beando di quella scena, amava
tutto
ciò che era odio e rancore, esattamente come il suo Signore.
Si
portò le mani alla testa... sentiva dei versi girare a
circolo
chiuso nel suo cervello, e sembravano tanti spilli arroventati...
'' Ash nazg durbatuluk, ash nazg
gimbatul, ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul ''
No. Nessuno sembrava notare il dolore dell'elfo, nè quello
di Frodo.
Legolas posò di nuovo gli occhi sull'Anello, mentre quelle
parole si fecero più nitide, così forti da
sovrastare
quelle dei presenti. Serrò con forza le palpebre e nel
momento
in cui lo fece... gli apparve l'immagine di un grande Occhio, senza
palpebre, avvolto nelle fiamme. A stento riuscì a trattenere
un
sussulto. Sentì le gambe deboli, come se qualcosa gli stesse
succhiando via tutta la linfa vitale.
Elrond posò lo sguardo su Legolas, che sentì la
sua voce
dire qualcosa a qualcuno seduto accanto a lui. Un minuto dopo due
braccia robuste sorreggevano il corpo dell'elfo, e una voce
sussurrargli all'orecchio. ''Legolas! Coraggio, torna in te!''
Nell'udire quella voce Legolas sembrò ritrovare la pace. Si
aggrappò a lui con tutte le sue forze, e ben presto la voce
di
Aragorn prese il posto di quella dell'Anello. Sollevò piano
le
palpebre, trovandosi davanti il volto preoccupato di Estel. ''Come ti
senti?'' chiese quest'ultimo, guardandolo negli occhi.
L'elfo ci mise qualche secondo a ritrovare la voce. ''Sono stato
meglio...'' gli sussurrò, poi Aragorn lo aiutò ad
alzarsi.
Nessuno si era accorto di quello che era successo, solo Sire Elrond,
che fissava l'elfo preoccupato. Legolas annuì nella sua
direzione, e il re sembrò più sollevato.
''Cos'è successo?'' chiese Aragorn.
''L'Anello...'' bisbigliò Legolas, ancora scosso per quello
che
era appena successo. ''Ho sentito la sua voce nella mia testa...''
concluse guardando preoccupato gli occhi dell'amico. Aragorn sembrava
stupito. ''Che cosa ti ha detto...?'' domandò, cauto. ''Non
lo so, e... non voglio saperlo.'' disse Legolas abbassando lo sguardo
verso il pavimento. ''Comunque... sto bene, Estel.'' lo
rassicurò con un sorriso sforzato, cercando di fermare i
tremiti che aveva in corpo. Non gli disse niente dell'Occhio, non
volendo
farlo preoccupare ancora di più.
''Lo porterò io.''
Quella flebile voce... nessuno a parte Legolas sembrava averla udita.
''Lo porterò io!''
Adesso sì che l'avevano sentita. Era Frodo, lo sguardo
determinato e le mani strette a pugno. L'attenzione di tutti si
spostò su di
lui, e l'hobbit perse parte della sua baldanza.
''Porterò io l'Anello a Mordor.'' sembrava che lo ripetesse
per
se stesso, non per gli altri. ''Solo... non conosco la strada.''
ammise, quasi imbarazzato.
Gandalf sospirò: non avrebbe mai voluto che fosse il giovane
Baggins ad accollarsi quella responsabilità, ma ormai quel
che
era fatto era fatto. ''Ti aiuterò a portare questo fardello,
Frodo Baggins, finché dovrai portarlo.'' gli si
avvicinò
e gli mise le mani sulle spalle con fare protettivo, e l'hobbit gli
sorrise. Aragorn si voltò verso di lui, e parlò.
''Se con la mia vita o la mia
morte riuscirò a
proteggerti, io lo farò.'' Si inginocchiò davanti
a
Frodo, arrivando così alla sua altezza.
''Hai la mia spada.'' disse.
''E hai il mio arco.'' sarebbe partito anche Legolas.
''E la mia ascia!'' Gimli si affiancò all'elfo, anche se
controvoglia.
Boromir si fece strada tra gli invitati che li guardavano sbalorditi.
''Reggi il destino di tutti noi, piccoletto...'' disse rivolto a Frodo,
poi parlò a beneficio di tutti i presenti. ''Se questa
è
la volontà del Consiglio, allora Gondor la
seguirà.''
concluse con voce chiara. Elrond accennò a un leggero
sorriso.
''EHI!'' Una voce proveniente da dietro un cespuglio attirò
l'attenzione di tutti. ''Padron Frodo non si muoverà senza
di
me!'' Sam si affiancò a Frodo, impuntandosi sulla sua
decisione
di partire con lui. Elrond lo riprese amichevolmente. ''No, certo,
è quasi impossibile separarvi, anche quando lui viene
convocato
ad un Consiglio segreto e tu non lo sei.'' il povero giardiniere
abbassò lo sguardo imbarazzato.
''Ehi! Veniamo anche noi!'' udirono altre due voci; erano Merry e
Pipino.
Re Elrond non credeva ai suoi occhi, e si poteva immaginare cosa si
stesse ripetendo nella sua testa.
Fissò Legolas che sembrava divertito da quella scena.
''Dovete
mandarci a casa legati in un sacco per fermarci!'' esclamò
Merry deciso.
''Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questo genere di...
missione!'' il termine a quanto pare non soddisfaceva Pipino.
''ricerca...'' ancora non gli piaceva. ''cosa!''
Merry lo guardò con un mezzo sorriso. ''Ma così
ti autoescludi, Pipino!''
Elrond ignorò il battibecco tra i due e li
squadrò uno per
uno. Era visibilmente soddisfatto; neanche nelle sue più
rosee
aspettative aveva immaginato tanti volontari per una missione che
appariva suicida. ''Nove compagni... E sia! Voi sarete la Compagnia
dell'Anello!'' dichiarò.
''Grandioso!'' esclamò Pipino agitandosi sul posto.
''Dov'è che
andiamo?'' chiese poi, lasciando alibito Merry. Qualcuno
scoppiò a ridere, e si udì la flebile
voce di Frodo dire qualcosa tipo ''Ma cos'ho fatto male?''
Il giorno dopo, la
Compagnia partì...