BETWEEN DARKNESS AND LIGHT
Emma
camminava per il salotto della sua cucina nel cuore della notte, con
gli alti tacchi che risuonavano creando una buffa e fastidiosa eco. Si
guardò intorno, con la continua e sgradevole sensazione di
essere osservata, e in un certo senso era proprio così.
Tremotino era seduto al
tavolo della donna, con le mani unite, congiunte in petto, ed un
sorriso baldanzoso in volto; una risata acuta gli uscì di
bocca come un insieme di fischi.
<< Sei nervosa, dearie?
>> la pelle squamosa, da coccodrillo, di quello che un
tempo era stato l'Oscuro, riluceva nel buio, ma Emma non lo temeva;
egli non era reale. Si era semplicemente annidato nella sua mente, e
non sembrava avere nessuna intenzione di andar via.
<< Gold non è
molto collaborativo. >> mormorò la donna, la
cui voce, non usata da tempo, era più rauca di quanto si
aspettasse.
<< Sai, dearie, a volte
c'è bisogno di tempo. E di pazienza. >>
Emma si aggrappò alla
superficie della sedia accatastata di fronte a Tremotino. La strinse
talmente forte che le nocche le diventarono bianche, fino a dolerle
quasi. In un impeto di rabbia, vorace, spinse via la sedia fino a farla
rotolare da una parte all'altra della stanza.
<< Non ne ho...nè
l'uno nè l'altra. >> sussurrò,
strabuzzando gli occhi.
Si girò da tutt'altra parte,
dando le spalle a quella figura più concreta di un fantasma
ma più astratta di una persona. Era stanca di lui, dei suoi
continui giudizi, dei suoi commenti sarcastici. Voleva sbarazzarsene,
perché con la sua continua presenza si sentiva come se
stesse di colpo impazzendo.
Egli la faceva oscillare sempre di
più verso un punto di non ritorno, ma vi erano dei momenti
in cui Emma si chiedeva se stesse facendo la cosa giusta, se ne valesse
la pena. Poi, però, il ricordo improvviso di quelle sei
settimane trascorse a Camelot si faceva più vivido, ed il
rancore che la sua parte di luce cercava di spingere lontano, tornava
ad inondarla.
Una mano calda, forte, le si
poggiò su una spalla, facendo una leggera pressione con le
dita.
Ella sussultò, girandosi di
scatto; tremò nel vedere, in penombra, un'alta figura.
<< Tu... >>
mormorò, quando riconobbe l'uomo che albergava su di lei.
Non dissero neinte, rimasero semplicemente così, in
silenzio, a scorgersi come se si vedessero per la prima volta.
E per Neal, in un certo senso, era proprio
così: la squadrò dall'alto in basso, quasi
giudicandola nel vedere il suo abbigliamento interamente di pelle, ed i
tacchi vertiginosi che le fasciavano i suoi piedi piccoli e perfetti.
Aggrottò la fronte, pensieroso. I lunghi capelli di Emma, un
tempo sempre ribelli, freschi, liberi, erano ora appuntati in uno
chignon ordinato sul capo, ed anche nel buio di quella casa, si notava
quanto fossero più chiari del dovuto, argentei.
L'uomo, ripresosi dallo shock
iniziale, le passò un dito sulle labbra, tinte da un
rossetto color sangue. Quello almeno era rimasto quasi uguale a quando
l'aveva conosciuta tredici anni prima, quando ella era ancora
circondata da un'aureola di innocenza ma anche di forza.
Emma, spaventata da tale contatto,
indietreggiò fino ad andare a sbattere contro una qualche
parete, (quella vicino alle scale forse? non poteva dirlo con
esattezza). Il cuore cominciò a battere all'impazzata, tanto
da farla sentire umiliata: lei era il nuovo Oscuro! Non poteva piegarsi
dinanzi a nessuno, nemmeno di fronte all'uomo che un tempo aveva amato.
<< Tu non sei
reale... >> mormorò, guardando da dietro le
spalle di Neal per poter aver conferma di ciò da Tremotino,
il quale però per la prima volta era scomparso, lasciandola
sola. Bé, con Neal in realtà.
<< Certo che lo sono...sono
reale almeno quanto te. >> rispose, fingendosi indignato.
Le sorrise, di quel sorriso timido ma
dolce, quasi infantile.
Emma sapeva, o per meglio
dire credeva, che anch'egli, come il padre, fosse soltato
un'allucinazione provocata dalla sua mente.
Eppure sentiva il fiato caldo di lui
aleggiarle sul collo scoperto; provò a sfiorargli una mano,
la quale però attraversò la sua da parte a parte,
come se toccasse una cascata d'acqua.
Ciò bastò per
ridestarla da quella confusione mista a torpore che aveva provato negli
ultimi minuti.
Lui non era reale. Non era
reale. Non era reale.
Sgusciò via dal
corpo del padre di suo figlio, si allontanò come
improvvisamente spaventata. E arrabbiata. Terribilmente arrabbiata.
Il dolore provato quando lui
inalò l'ultimo respiro, tra le sue braccia, tornò
di nuovo ad investirla, facendole rivivere quel giorno come se fosse
ieri.
<< Sei un
bastardo! >> urlò, a pieni polmoni.
<< Io ti odio. Ti odio! Mi hai lasciata! Mi hai
abbandonata di nuovo! Io avevo bisogno di te! >>
Tutto il corpo di Emma tremò
visibilmente. Lo sguardo era severo, perso nel vuoto.
Si morse il labbro inferiore con ferocia,
sentendo quasi subito il sapore di sangue, di ferro e ruggine. Neal le
lanciò uno sguardo dispiaciuto, senza però
lasciare che il sorriso gli scomparisse del tutto dal viso.
Si avvicinò con passi delicati,
come temendo che ella potesse scappare, o peggio dare ancora in
escandescenza. La ragazza posata, tranquilla, che aveva paura di
perdere il controllo o lasciarsi andare, ormai era temporaneamente
sparita; tuttavia lui si sentiva in obbligo verso la madre di suo
figlio. Doveva aiutarla.
Glielo aveva promesso,
proprio quel giorno in cui Dio aveva deciso di chiamarlo a
sè.
"Veglierò su di voi".
E lo aveva fatto, costantemente. Con tutte
le persone che amava.
Aveva visto suo padre uccidere Zelena,
accecato dal dolore e dalla vendetta, e lo aveva perdonato per questo.
Aveva visto Killian farsi breccia nel cuore di Emma, giorno dopo
giorno, ma lo aveva accettato, se pur con una nota amara; era giusto
che ella si rifacesse una vita, tanto sapeva che non avrebbe amato mai
nessuno come aveva amato lui, e questo lo rincuorava ogni giorno.
Aveva visto suo figlio, Henry, essere
fiero di lui, e adagiare timido e arrendevole una rosa rossa sulla sua
tomba, perché era giusto che anche lui potesse dirgli addio.
Li aveva seguiti, ognuno di loro.
Aveva visto David e
Biancaneve dare il suo nome al loro bambino, e se n'era sentito
lusingato.
Aveva visto, con nausea e dolore, Emma
cedere sempre di più all'oscurità, dopo che quasi
tutti per l'ennesima volta l'avevano delusa.
Ma adesso Neal doveva provare a farla
tornare in sè. Doveva ricordarle chi era. E le cose stupende
e meravigiose che aveva fatto per quella città sin dal suo
arrivo.
Cercò di avvicinarsi
alla figura rigida della donna, la quale non sembrava molto entusiasta.
Rabbrividì quando lui le sfiorò delicatamente una
guancia rosea.
Non percepì un
vero e proprio tocco, ma solo freddo. Un gelo innaturale proveniente
dal punto preciso da lui sfiorato.
Non si scosse a quel tocco,
rimase ferma ed immobile a fissarlo negli occhi, mentre sentiva i suoi
riempirsi di lacrime.
Non le avrebbe fatte cadere,
non poteva. Era il nuovo Oscuro, aveva una dignità da
difendere. Eppure, nonostante i suoi nuovi poteri, le emozioni erano
incontrollabili, e fu impossibile per lei evitare che gocce enormi come
chicchi di caffè iniziassero a scivolarle giù
dalle guance.
<< Mi dispiace Emma...
>> mormorò Neal, spaventato da quelle lacrime.
Si sentiva in colpa? Forse.
Nel suo cuore egli sapeva che avrebbe
dovuto essere al suo fianco, per impedirle di fare gesti avventati, per
ricordarle che nonostante la sua vita di merda, qualcuno l'aveva amata.
Lui, Ingrid, August, e anche Lily, per quanto le fosse possibile.
Lei, in risposta, chiuse gli
occhi, sussurrando una cantilena indecifrabile che somigliava a
qualcosa come << Tu non sei reale. Non sei reale. Non sei
reale >>. Probabilmente era oramai molto vicina alla
follia, ad uno squilibrio interiore difficile da spiegare. Al centro
del petto sentiva espandersi un calore improvviso, e fu quasi sicura
che la sua parte buona stesse per riemergere. Non doveva permetterlo.
Perché no? La sua vita come
Salvatrice, nonostante i rischi e le responsabilità, era
stata bella: aveva Henry, ed i suoi genitori, e Killian...e Regina, in
un circolo vizioso di rapporti ancora non del tutto definiti.
La porta chiusa, poco distante da loro, si aprì piano,
mostrando un leggero spiraglio di luce. Ne sgusciò fuori un
uomo ben diverso da quello che Neal ricordava. Suo padre, Tremotino, si
reggeva faticosamente alla maniglia, per paura di cadere, zoppicante e
spoglio di ogni dignità umanamente possibile.
I capelli umidicci di sudore gli
incorniaciavano il viso dandogli un aspetto disordinato e scomposto. Il
vestito rigorosamente nero era sgualcito, con l'assenza di cravatta.
Gold strabuzzò gli occhi,
fissando la figura radiosa del figlio, ed Emma lì accanto,
che sembrava un fascio di nervi.
<< Emma...guarda... >> le ordinò
Neal, gentilmente.
Ella ubbidì, fissando l'uomo
che aveva amato, e che tutt'ora amava, entrare piano piano nel corpo
del padre; un corpo che ora condivideva due spiriti. L'anziano signore
fu investito da una luce di un bianco accesso. Sussultò un
paio di volte, e poi i suoi occhi, color nocciola, cambiarono
espressione.
Si avvicinò alla donna,
sorridendole. Ed Emma dimenticò tutto: dimenticò
di avere in corso una vendetta contro la sua famiglia e contro
Artù; si dimenticò di Merlino e di Excalibur.
Rimosse dalla sua mente ogni pensiero malvagio, cattivo o anche solo
introspettivo, perché in quel momento, nelle labbra sottili,
incurvate all'in sù del Signor Gold, ella rivide solo Neal;
quel sorriso sicuramente lo avrebbe riconosciuto anche su milioni di
volti.
Si avvicinò titubante, sorridendo a sua volta, ed i loro
occhi si fusero in un mix di colori e sensazioni che li avrebbero
tenuti avvinghiati per sempre: il nocciola di Gold era striato di
verde, il verde Neal, impiantato nel celeste-verde di Emma.
Quest'ultima, inorridita e senza parole, gli toccò il viso.
Era Gold, ma l'anima era di Neal. Quel sorriso, quelle espressioni, il
modo di muovere le mani o di camminare con il passo di un soldato
incerto...tutto ciò era solo ed esclusivamente di Neal.
<< Sei proprio tu... >> sussurrò
Emma, sentendo il proprio cuore galoppare di gioia.
Neal le circondò la vita con fare sensuale, come aveva fatto
tante altre volte anni addietro, quando avevano condiviso piccoli
barlumi di intimità tra una corsa da fuorilegge e l'altra.
La donna, spinta da una sensazione più forte del normale,
impossibile da mettere a tacere, annullò ogni distanza,
baciando la bocca di quello che era stato suo suocero, lasciando che le
loro lingue si rincorressero in una danza armoniosa; erano stati
separati troppo a lungo. Avevano perso troppo nelle loro vite, ma
finalmente avevano anche avuto l'opportunità di poter
condivdere qualcosa di speciale, di unico, da portare per sempre con
loro ovunque andassero.
Quello non era un'addio, bensì un arrivederci.
<< Fa che ci rivedremo... >>
sussurrò Emma contro le sue labbra.
Neal le accarezzò la schiena,
facendola rabbrividire di piacere. Soffocò una risata,
arrossendo appena. << Ehi, spero il più tardi
possibile. Per il tuo bene! >>
Emma, a sua volta, annuì poco
convinta, senza smettere di sorridere.
L'uomo la fissò intensamente per un lungo istante,
carezzandole una guancia morbida, e inspirando il suo profumo che
ricordava rose e lillà. Mischiate a camelie.
Storse il naso, ricordando improvvisamente che adesso doveva dividerla
con Killian, anche se la cosa non gli andava molto a genio. Lei
percepì i suoi pensieri, e notò le rughe sopra la
fronte, le stesse rughe che gli solcavano sempre lo stesso punto da
tredici anni, nei momenti di gelosia o di confusione. Per lei, Neal era
come un libro aperto. Era il suo libro, il suo "Once Upon A Time".
<< Tu non sei lui. >>
<< No...per fortuna. >> borbottò
contrariato.
Si chinò su di lei per l'ultima volta, mentre sentiva forte
dentro quel corpo una specie di richiamo; doveva andare, doveva tornare
in Paradiso, perché quelle mani, quelle gambe, quel viso,
non gli appartenevano.
Non ci fu bisogno di parole, di nuovo,
Emma capì, e lasciò l'uomo che amava andare via,
per dare la possibilità a Tremotino di tornare in possesso
del suo corpo, ancora avvinghiato a quello della donna.
Le sorrise.
Non la lasciò.
Le permise di poggiare il capo sulla sua spalla e di piangere il lutto,
di nuovo.
Mentre qualcun altro, dall'alto, sorrideva.
Dopotutto erano una famiglia.
Angolo Autrice:
Lo so, è
una ff demenziale che ricorda un po' Ghost...ma la Swanfire che
è dentro di me ogni tanto deve uscire fuori, ma visto come
è andata a finire...ho trovato un modo "alternativo" per far
tornare Neal, se pur per poco. Spero abbiate apprezzato, lasciate pure
un commento se vi va!
Oh, a
proposito...Buon Compleanno Oncers! 4 anni fa, di fatti, in questo
stesso giorno, è andato in onda il pilot <3
A presto ^^
Angels4ever
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