La Guerra Della Trinità

di Jakrat
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Capitolo 4

Passato


Un nuovo giorno sorse su Ponyville e la vita nelle strade, puntuale come un orologio, tornò a scorrere con un largo sorriso scolpito nelle facce dei suoi abitanti. Senza disordini, senza rumori, caratterizzati unicamente da una tempesta di colori, tutti i pony della città si gettarono nelle strade obbedienti alle loro mansioni.

Sebbene fossero molto diligenti e la loro fedeltà al lavoro fosse indiscutibile, tutti quelli che passavano non potevano fare a meno di gettare un'occhiata incuriosita alla casa dove viveva la coppia di umani provenienti da un altro mondo. O almeno, questo era quello che più si diceva sui nuovi, strani, inquilini.

Princess Twilight Sparkle aveva dato precise istruzioni e, guardando attentamente nei cieli, si potevano vedere alcune guardie reali, prive di armatura ma sempre riconoscibili dal cipiglio severo e distaccato, nascosti tra le nuvole che non perdevano d'occhio ogni entrata, finestra o possibile via di fuga.

Se invece del cielo si studiavano le finestre, non era rado vedere Aria Blaze o Alastor Sullivan -nomi e aspetto erano stati dettagliatamente descritti ad ogni singolo abitante di Ponyville- tirare le tende per curiosare all'esterno prima di ritirarle frettolosamente e sparire nuovamente.


Dentro la casa, Aria Blaze imprecò mentre tirava con rabbia malamente repressa le tende avanti a se, mascherando la strada sterrata davanti alla loro casa prima di spostarsi in un'altra sala.

«Stramaledetti pony!» esclamò, cambiando sala ed entrando nella stanza dove c'era una cucina. Al suo interno, Alastor rovistava la dispensa.

«Muffin, biscotti e... cos'è questo, lecca lecca di sale? Fieno fritto

«Pare che dovrai abituarti presto ad una dieta molto vegetariana.» ironizzò la sirena, prendendo con decisione un frullato passando di fianco a lui prima di sedersi altrove. Sebbene odiasse il fatto di essere bloccata in quattro mura, non poteva negare che l'ingenuità di Alastor le offrisse un divertente svago.

Il ragazzo, ignorando lo sfottò, chiuse le ante della dispensa e sospirò profondamente riflettendo a voce alta mentre si avvicinava alla sirena «Non mi è mai mancato così tanto il Black Canary!»

Aria bevve un lungo sorso, prima di chiedere «Vuoi dirmi che hai intenzione di accettare questa prigione dorata della principessina?»

Alastor sobbalzò, guadando Aria dritta negli occhi viola «Diavolo, certo che no!»

La sirena si allungò verso il ragazzo, appoggiando la confezione del frullato sul tavolo, prima di aggiungere «Sai, mentre pensavo a cosa potremmo fare... mi sono accorta di sapere proprio poco su di te.»

Il ragazzo incrociò le braccia, inarcò un sopracciglio e si appoggiò con la schiena ad un mobile, commentando quelle parole «Be', se per questo anche io so molto poco su di te.»

«Ed è proprio questo il punto!» esclamò Aria, scattando in piedi e puntando una mano verso Alastor «Tu non mi conosci. Sai quasi niente di me, eppure hai deciso di aiutarmi quasi senza battere ciglio. Non solo, hai rischiato anche la tua pelle e hai minacciato di mettere le mani addosso a chiunque ti capitasse a tiro, quando mi credevi scomparsa!»

Alastor sembrò anticipare dove voleva andare a parare e spostò lo sguardo, difendendosi debolmente «Te l'ho detto, aiutarti è la mia occasione per fare qualcosa di...»

«Che rapporti avevi con la mia controparte del tuo mondo?» domandò, quasi a tradimento, la sirena, prendendo il viso di Alastor con una mano per portarlo a guardarla di nuovo negli occhi.

Alastor si liberò dalla presa, diede le spalle ad Aria e allungò le mani verso i fianchi «Non mi va di parlarne. Io non ti ho chiesto come sei nata.»

Seguì un silenzio piuttosto teso, che Aria interruppe dopo un paio di minuti «Ho più di duemila anni.»

Alastor sembrò sorprendersi di questa rivelazione e tornò a guardare Aria sorpreso «Li porti piuttosto bene!»

Lei si sedette, invitando il ragazzo a fare altrettanto. Una volta che furono uno di fronte all'altra, Aria raccontò tutta la sua storia.

Non sapeva spiegarsi il perché, forse voleva semplicemente conoscere meglio chi voleva proteggerla e pensava di usare quella confidenza a suo vantaggio, oppure aveva semplicemente bisogno di sfogarsi. O, ancora più semplicemente, si fidava di Alastor.

Qualunque fosse la verità, raccontò tutto senza alcun timore.


In un tempo lontano, prima che i regni venissero segnati sulle mappe e le varie culture del mondo si conoscessero, il mondo era preda di quelle energie primordiali che in futuro sarebbero state raccolte semplicemente con il nome di “Caos”.

Esseri onnipotenti trascorrevano le loro giornate combattendo il tedio della routine quotidiana seminando il panico e la confusione sulle altre specie inferiori alla loro. Uomini, donne e bambini, di qualunque etnia e classe sociale, la loro vita quotidiana era resa estrema e difficile dai capricci di queste divinità che si raccoglievano sotto il nome di Draconequus.

In uno degli ultimi giorni di quel triste e oscuro periodo, passato alla storia come l'Era del Caos, un gruppo composto da soli due Draconequus avevano pensato che sarebbe stato divertente organizzare un ballo in una delle città costruite poco lontane dal loro rifugio; un monte che si alzava fino al cielo, nascondendo la vetta tra le nuvole.

Nessuno di loro sapeva quali fossero le ragioni che avessero portato i pony che si erano spostati in quelle terre a costruire una casa proprio lì vicino e nemmeno li importava. Ogni posto in tutto il pianeta, vicino o lontano che fosse, aveva esattamente le stesse possibilità di trovarsi come bersaglio per gli esseri divini che flagellavano quelle terre.

Così, assumendo le dimensioni di una montagna, i due Draconequus si scatenarono sugli abitanti della città, cantando, ridendo e danzando sulle rovine e la devastazione che seminavano con i loro goffi passi, mentre le grida terrorizzate degli abitanti sotto di loro venivano a volte schiacciate dalle enormi zampe degli dei oppure finivano con il fare da sottofondo alla loro danza, mentre tutto intorno a loro crollava.

Alla fine della giornata, più della metà della popolazione originale della città era perduta e la maggior parte dei superstiti non avrebbe superato la notte a causa delle ferite e delle esalazioni. Chi invece era stato più sfortunato ed era sopravvissuto si trovava costretto a ricominciare da capo, senza una casa, cibo o mezzo per sopravvivere in quelle terre così difficili.

Ma tra i superstiti più sani c'erano tre giumente, tre pony di diverse etnie provenienti da una terra lontana, che erano miracolosamente uscite quasi indenni dalla distruzione della loro casa. Esse odiavano con tutta l'anima quegli dei che godevano nella loro sofferenza.

«Creature maledette!» berciò una di loro, Adagio Dazzle, osservando con una rabbia che non poteva più a contenere lo scenario dell'ultima devastazione seminata dai Draconequus.

Dietro di lei, Sonata usava i denti per levare alcune schegge che si erano infilate nelle ali di Aria. Sul loro volto c'era una grande preoccupazione, eppure non parlavano.

«Non dire blasfemie!» osservò un altro pony, avvicinandosi al trio «È solo grazie alle nostre preghiere che siamo vivi! Dobbiamo rendere gr...»

Incapace di resistere, Aria tirò una grossa pietra alla testa del pony. Questi, colpito, barcollò mentre una non troppo piccola ferita si apriva sulla sua fronte.

Prima che potesse dire qualunque cosa, Adagio giustificò le azioni della compagna, allontanandosi assieme a loro dallo stallone «Se i draconequss avessero udito le tue preghiere ti avrebbero già schiacciato, solo per divertimento.»

«Tsk. E non li biasimerei!» aggiunse Aria, dietro Adagio.

Sonata rimase in silenzio, attendendo il momento in cui sarebbero state fuori dalla portata delle orecchie dello stallone che avevano appena attaccato e offeso. Comprendeva i sentimenti delle sue due compagne, alla fine vivevano insieme da molti anni.

Erano cresciute insieme e sempre insieme avevano affrontato le difficoltà di un mondo privo di una guida solida, dove città e popoli venivano bruciati da creature onnipotenti per capriccio, ma una parte di lei si rifiutava di accogliere quelle brutte sensazioni come invece Aria e Adagio avevano fatto da tempo.

Anche con le difficoltà, loro erano rimaste unite, assieme erano quello che più si avvicinava al concetto di famiglia, perciò non era convinta che quei tempi fossero oscuri come invece loro credevano.

«Non pensate di esagerare, almeno un poco?» domandò lei, non appena furono abbastanza lontane da occhi e orecchie indiscrete «Se continuate a sbraitare così contro i Draconequus, attirerete su di noi qualche catastrofe!»

Seguì il silenzio. Se Sonata rifiutava la cupezza di quegli anni, Aria e Adagio l'avevano invece accettata con modi differenti: Aria si era incupita, diventando un pegaso taciturno ma al tempo stesso acido, che sfogava il suo malumore offendendo e attaccando indistintamente chi le stava intorno, un po' come uno Yak. Adagio, invece, aveva trovato sfogo alle sue malinconie nella conoscenza, sviluppando una mente sopraffina. E quelle parole di Sonata, prese in malo modo da Aria, accesero in lei qualcosa.

Mentre Aria non si faceva problemi a far notare a Sonata quanto la ritenesse stupida, Adagio rimase ad osservare la montagna sopra il quale i Draconequus avevano stabilito la loro dimora.

Il sole calava e si stava avvicinando l'imbrunire, poteva vedere le sagome serpentine di quei mostri avvicinarsi alla cima del monte come sciami di calabroni che tornano al nido.

«Forse non è un'idea tanto malvagia.» fu il suo commento, pronunciato con tono basso e assente, come se stesse parlando senza alcun controllo, che riuscì comunque a zittire Aria e Sonata.


E così, quella sera, le impavide e perfide compagne si arrampicarono sulla montagna che nessun'altra creatura mortale prima di loro aveva osato attraversare e una volta arrivate in cima poterono ammirare i creatori e i distruttori di tutto quello che conoscevano.

I Draconequus, folli miscugli di animali all'apparenza ma dotati di poteri divini, capaci di alterare la realtà che li circondava secondo i loro capricci. Nessuno sapeva quale fosse la reale origine dei loro poteri, di quale peccato dovessero essersi macchiati per ricevere un dono simile. E, in quel momento, nemmeno importava.

Quando gli dei dormono, la natura a volte da vita ad una... “anomalia”. Il serpente, la bestia, l'ingannatore...

Sussurrando nelle enormi orecchie degli dei che avevano giocato con il loro mondo fino a quel giorno, le tre giumente instillarono nelle loro menti, rese deboli e vulnerabili dal sonno, il dubbio e la paura dei loro stessi compagni.

Nessuno sa quali parole le tre sirene avessero usato quella notte per raggiungere il loro scopo: forse le loro capacità di seminare odio e zizzania risalivano da ancora prima della loro magia, o forse i rapporti tra i Draconequus non sono mai stati rosei come si poteva immaginare, fatto sta che presto cominciò una guerra tra loro.

E quando gli dei combattono tra loro, l'unico risultato che si può ottenere è la distruzione.

I Draconequus che un tempo dominavano incontrastati cominciarono a scontrarsi tra loro ai quattro angoli del mondo, dando vita a duelli sempre più cruenti, che squarciavano il tessuto stesso della realtà e lasciavano dietro di se solo distruzione.

E i mortali piansero, vedendo il loro mondo esplodere in quella guerra e i loro cari perire per colpa degli attacchi privi di controllo dei duellanti.

E mentre questi esseri, capaci di invertire la gravità, modificare l'intera realtà e cancellare città con un solo pensiero, giacevano a terra, indeboliti e a malapena in grado di parlare, una nuova oscurità si avvicinò.

Con un sorriso sornione, le tre compagne che avevano dato origine a tutto questo osservavano i corpi ancora fumanti dei vinti, i quali in cambio di aiuto offrivano loro tutto quello che avrebbero potuto desiderare.

«Chiedo perdono, ma credo che lo prenderemo da sole.» fu sempre la loro lapidaria risposta, prima di affondare il loro colpo fatale sulla nuova vittima, eliminando definitivamente la creatura più vicina ad un dio che si potesse immaginare.

Ma nessuno uccide un dio e la passa liscia. Cosa succede, però, se uccidi due dei? O dieci? O tutti?

Le tre compagne affondarono in profondità le loro zanne nelle carcasse dei loro antichi padroni, prosciugandoli di tutti i loro poteri.

Addio, tre piccoli pony, e benvenute... Sirene.

Grazie ai poteri rubati ai Draconequus le tre Dazzling, appena evolute in qualcosa di unico e al tempo stesso terribile, acquisirono nuovi e sorprendenti poteri.

Innanzitutto divennero eterne, incapaci di invecchiare e in grado di passare le ere senza mai risentire gli anni. Poi, grazie all'influenza dei Draconequus, acquisirono poteri virtualmente infiniti. Per sfruttarli, tuttavia, avevano bisogno di alimentarsi con le energie derivate dalle emozioni delle creature inferiori: i precedenti proprietari di quei poteri erano manifestazioni incarnate delle energie del caos, loro erano solo dei gusci in cui queste erano convogliate, prive del contatto naturale alla loro sorgente.

Consce di questo decisero di usare le loro doti per seminare zizzania e di nutrirsi con le energie negative che si sarebbero create.

Come la loro voce aveva portato alla guerra i Draconequus e dato loro quei poteri, così la loro voce avrebbe generato nuovi scontri e garantito loro l'eternità.

Paradossalmente, la scomparsa dei Draconequus e l'arrivo delle sirene fu una ottima occasione per i popoli della terra: tre creature dotate di quei poteri, invece delle decine che prima infestavano il globo, lasciavano zone d'ombra dove sviluppare le civiltà molto più ampie e durature. Così, la nascita di queste creature subdole coincise anche con una nuova era per i mortali.

Un solo Draconequus era riuscito a salvarsi, Discord, ma questo sembrava non provare rancore verso le sirene: vedendosi come unico vincitore della guerra tra i suoi simili, passò molti anni divertendosi combinando ogni sorta di scherzo infantile che potesse passargli per la mente. E, dall'altra parte, le sirene si sentivano già abbastanza soddisfatte con i loro attuali poteri, per desiderarne altri.

Così, con l'ultimo dei Draconequus da una parte e tre sirene in grado di seminare il caos con la musica dall'altra, la vita sulla terra continuò, nuovi regni nacquero e nuove società presero il posto che spettava loro di diritto nei libri di storia.

Per gli esseri più potenti del mondo non poteva esserci condizione migliore: sconvolgere intere civiltà con infinite marachelle quando queste credono di aver trovato l'ordine, o mettere gli uni contro gli altri quando l'unità è il valore più lodato di una nazione, erano scenari ideali per mettere alla prova i loro poteri.

Poi venne una nuova era ancora, che segnò un nuovo cambio verso un mondo definitivamente migliore: l'Era degli Alicorni.

Nessuno sapeva da dove fossero uscite, ma come le tre tribù di pony si riunirono in un'unica nazione, la neonata Equestria, e scelsero loro due come guida subito si scatenò una rapidissima serie di eventi destinata a cambiare una volta per tutte l'ordine del mondo.

Discord venne sconfitto dalle principesse Celestia e Luna, le regnanti di Equestria che nel frattempo avevano guadagnato una fama senza pari risolvendo rapidamente molte altre minacce di stampo minore, e Starswirl il Barbuto, fidato compagno delle governanti di Equestria, bandì le sirene in un altro mondo, una volta compreso che non avrebbe mai potuto superare il loro potere.

Nel nuovo mondo dove si trovavano non esisteva la magia; i loro medaglioni erano tutto quello che le legava al mondo mistico a cui appartenevano, perciò anche i loro poteri erano sensibilmente diminuiti: il massimo che potevano fare era accumulare potere e sperare che, un giorno, questo sarebbe stato sufficiente per farle tornare a casa.

Ovviamente questo potere non sarebbe mai arrivato, se non fosse stato per una opportunità che si presentò loro all'interno della Scuola Superiore di Canterlot: un artefatto di Equestria era stato portato in quel luogo, lasciandogli un'impronta magica che loro potevano sfruttare per riottenere i loro pieni poteri.

Ma Twilight Sparkle e le sue alleate in quella scuola riuscirono a stravolgere i loro piani, sconfiggendole e privandole definitivamente della loro unica fonte di potere; i medaglioni.

Abbandonate e senza più poteri, le sirene tentarono in ogni modo a loro disposizione per riavere anche quel poco potere che possedevano inizialmente: tentarono di ricostruire i medaglioni, di cantare... arrivarono persino a ingoiare le schegge, ma ogni tentativo si rivelò vano.

Così, le energie del caos, padroneggiate da queste quattro creature semidivine, sembravano essere definitivamente scomparse, consegnando tacitamente l'eco delle loro imprese ai libri di storia.


Alastor terminò di ascoltare la storia come rapito. Trovava sorprendenti le origini di quella graziosa ragazza che voleva aiutare.

«Avete davvero ingoiato le schegge dei vostri medaglioni?» chiese subito «Non era pericoloso?»

«Te l'ho detto, Alastor: ho più di duemila anni.»

«E questo che c'entra?»

Sebbene seccata che il ragazzo non lo capisse da solo, Aria spiegò meglio «La magia del caos, il fatto stesso di essere una sirena, mi ha sospeso l'invecchiamento. Per quanto poca magia possedessimo, bastava a farci restare per sempre giovani. Ora, senza magia, noi Dazzling siamo solo esseri umani. Di più di duemila anni.»

Alastor, finalmente, capì l'antifona «Vuoi dire che...»

«Anche se in maniera irregolare, e in qualche modo la magia di Equestria ha fermato il processo, oggi ho trenta due anni. Quando Trillyt ci sconfisse, poco più di un mese fa, ne avevo quindici

Alastor immaginò quanto dovesse essere stato terribile scoprire qualcosa di simile e tra i due calò il silenzio per alcuni istanti: lui non sapeva cosa dirle e lei aveva bisogno di qualche secondo per dimenticare lo shock di quei momenti.

Quando ci riuscì, Aria passò il testimone al suo coinquilino «Ora tocca a te. Chi sei, veramente?»

Alastor sospirò, passandosi le mani sui capelli per qualche secondo. Alla fine scelse di svuotare il sacco, visto che Aria aveva fatto lo stesso con lui.

«Devi sapere che sono nato in un posto molto lontano, rispetto a dove ci siamo conosciuti. È per questo che ho un nome molto diverso dagli altri abitanti.»

«E come ci sei arrivato?»

«Non come accadde di preciso, ero troppo giovane. Non ricordo nemmeno chi fossero i miei genitori, a dirla tutta.»

Aria inarcò un sopracciglio «So che sei molto affezionato a tua madre... com'è possibile?»

«Lei è uno dei motivi per cui non mi piace parlare di questa storia. Ma se lo vuoi tu, farò uno sforzo.»


Così come Aria aveva fatto prima di lui, anche Alastor svuotò il sacco e le raccontò tutta la sua storia.

Veniva da un'altra nazione, non volle specificarne il nome e fin dalla nascita la sua vita era caratterizzata dalla solitudine. Non era molto intelligente e aveva palesi difficoltà a capire cosa dicevano le persone intorno a lui e inoltre la sua statura molto elevata e il fisico massiccio lo rendevano un soggetto abbastanza temuto tra i coetanei.

Tutto quello che Alastor ricorda della sua infanzia è che stava in un orfanotrofio e c'è stato fino all'adolescenza, quando si fece conoscere da Lucius Sullivan.

Lui stava nel cortile della struttura, quando qualcuno cercò di fare il bullo con un altra ragazzo più piccolo. Alastor, senza fare troppi complimenti, lo aveva sollevato di peso e lanciato lontano come un sacco di patate.

Casualmente, in quel momento, passava proprio il potente capofamiglia. Vide nel ragazzo del potenziale e, spacciandosi per un improbabile zio, lo prese con se. Grazie ai suoi agganci l'affido durò non più di dieci minuti.

Così, Alastor venne adottato, ma Lucius Sullivan aveva un impero da gestire, non poteva di certo perdere troppo tempo dietro “la creatura”, come lo chiamava lui!

Così, anche se sulla carta ne aveva una, in realtà Alastor non aveva una vera famiglia su cui fare affidamento. E poi il suo carattere, scostante e generalmente di poche parole, non gli lasciavano molto tempo per le amicizie.

La prima persona a cui legò fu una delle donne dell'organizzazione dello zio, alla quale venne affidato poco dopo essere stato adottato: Aria Blaze.

Alastor non ricordava con esattezza quale fosse il ruolo della donna, ma sapeva con estrema precisione che tutto quello che sapeva lo doveva a lei: come muoversi nei loro ambienti, riconoscere le occhiate, tutti i trucchi delle risse da bar... persino il Black Canary, quello squallido locale, venne frequentato da Alastor solo grazie ad Aria.

Sebbene non sapesse il suo ruolo principale, il ragazzo ricordava come la sua mentore fosse la vecchia proprietaria del locale. Ma sembrava che con il cambio di gestione, alcuni anni dopo, non ci furono grandi cambiamenti.

Insomma, Alastor e Aria legarono molto. Lei era stata incaricata di introdurre Alastor nell'ambiente “di famiglia” e lei aveva obbedito diligentemente.

Quello che forse non si era accorta era che, per il giovane Alastor, lei era diventata quello che lui aveva di più simile ad una figura genitoriale. Lo zio semplicemente si limitava a dargli vitto e alloggio, cosa di cui lui era molto grato, ma era la sua mentore quella che gli era sempre accanto, che lo aiutava a crescere e che lo educava.

A volte i suoi modi erano molto militareschi, ma a lui non importava. Per quanto potesse saperne, stava solo cercando di educarlo. Lo cresceva per essere un soldato, il classico scagnozzo da portare in mezzo a qualche inferno per mollare sberle a destra e a manca fino a quando non veniva ristabilito l'ordine.

E se lei, forse l'unica persona che gli mostrava un minimo di affetto, voleva che crescesse così il minimo che poteva fare era obbedirle.

Al Black Canary venne presentato a quelli che poteva chiamare amici: Bulldog, Bobo, El Bastardo e Susy, la figlia di suo zio che vedeva anche a casa. Tutti obbedivano ciecamente agli ordini della padrona del locale, al punto di fare squadra tutti e sei insieme.

Poi venne un giorno in cui quel legame venne messo alla prova.

Una delle prime lezioni che i ragazzi avevano imparato era che non erano mai gli unici. Di tutte le attività possibili, quella illegale era quella che non conosceva crisi e molti volevano una fetta della torta; perciò era meglio restare sempre in campana.

Tra questi rivali c'era una banda in particolare che voleva espandere la sua influenza e per farlo si stava muovendo silenziosamente, facendosi notare da nessuno.

Nessuno, eccetto Aria.

Casualmente lei era capitata in mezzo ai loro affari e questi, credendo fosse giunto il momento per uscire dalla segretezza, l'avevano rapita pensando che sarebbe stato un modo perfetto per iniziare la loro carriera criminale ufficiale.

Fu così che i cinque ragazzi si unirono per la prima volta, per salvarla dai rapitori. Loro e altri uomini dello zio: di fatto, quel recupero era il primo vero incarico che Alastor ricevette.

Trovare i rapitori fu meno complicato di quanto si potesse pensare e, una volta entrati, scoppiò un vero e proprio massacro. Non che al ragazzo importasse.

I proiettili vagavano gettando fischi per tutta la stanza, ma lui andò avanti deciso e liberò Aria dalle sue manette. L'aveva tirato su lei, il minimo che potesse fare era rischiare la pellaccia per salvarla.

E ci riuscì. Lei era legata ad un palo con delle manette da quattro soldi che il ragazzo spezzò come se fossero state fatte di alluminio.

Una volta in piedi, Aria si voltò verso il ragazzone che aveva cresciuto per più di dieci anni, gli appoggiò una mano sulla spalla e lo ringraziò sorridente.

Poi, a tradimento, un proiettile le entrò nel cranio passando dalla nuca e Aria Blaze si accasciò a terra come un sacco vuoto. Mentre raccontava questi eventi e di come riconobbe la pistola ancora fumante che aveva sparato quel colpo, Alastor non smise di massaggiarsi nervosamente le dita delle mani.

Nessuno disse una parola, ma tutti capirono cosa era successo. Di questo Alastor ne era sicuro, perché alla fine della sparatoria la banda rivale era stata sgominata e l'unico ancora in piedi era il verme1 che aveva sparato.


Il racconto terminò qui. Alla fine Alastor sentiva la bocca secca come se non bevesse da settimane, ma lo stomaco si era ristretto fino ad assumere dimensioni simili ad una pallina da golf, rendendo impossibile bere qualcosa.

Aria avvertiva una strana sensazione a sentir parlare della propria morte, tuttavia si impose di rompere il silenzio. Domandò «Cosa gli hai fatto, di preciso?»

«Non voglio che tu lo sappia.» rispose, lapidariamente, Alastor

«Perché?»

«Perché neppure io lo voglio ricordare.»

Aria si prese qualche secondo, prima di domandare «Perciò mi vuoi aiutare per riconoscenza verso la mia controparte del tuo mondo?»

Alastor la guardò con un sorriso triste, come se il fatto che lei non capisse lo trovasse divertente «Tu non stai rischiando quanto me, per trovare le tue amiche?»

La sirena tacque. Forse le riusciva difficile comprendere quel legame che Alastor mostrava anche nei suoi confronti e anche il paragone che aveva appena usato non lo capiva a fondo: lei e le altre sirene erano legate da un potere superiore, una forza mistica aldilà di quanto un mortale possa comprendere... mentre come ci si dovesse sentire ad affezionarsi con un'altra persona senza il legame magico che già conosceva sembrava aldilà della sua comprensione.

Dopo una breve pausa, lei sorrise «Quando mi riunirò alle altre... riprenderemo questa conversazione.»

Alastor prese quelle parole come una promessa e ricambiò il sorriso. Era ancora lontano dall'essere un'espressione rilassata, ma si vedeva lo sforzo di apparire naturale e la sirena apprezzò comunque lo sforzo.

Più complici che mai, insieme cominciarono ad elaborare un piano per liberarsi da quella situazione.

Le altre Dazzling erano ancora scomparse, nessuno dei due sapeva cosa voleva fare Twilight Sparkle di loro e la famigerata Regina era ancora a piede libero. Se volevano ottenere delle risposte, potevano contare solo su di loro. Come sempre.

E a loro andava benissimo così.


Che lei fosse brava lo aveva sempre saputo. Anche senza preoccuparsi di cadere nella vanità, Twilight sapeva di essere una mente molto brillante e con una dote innata verso il campo magico, uno dei campi più difficili in cui avventurarsi e con probabilmente la maggiore quantità di informazioni da immagazzinare. Eppure a lei non pesavano le ore di studio, poteva anche consultare più libri alla volta in poche ore senza sentire nemmeno gli occhi farsi pesanti.

Ma, in quella situazione, tutta la certezza accumulata nel tempo era crollata come un castello di carte.

Nel buio dietro il sipario, mentre la musica dei vari gruppi in competizione nella gara musicale del liceo di Canterlot riempiva la sala, Twilight appuntava freneticamente sul suo quaderno qualcosa, qualsiasi cosa che potesse aiutarla.

Dal momento esatto in cui aveva compreso che le Sirene stavano seminando il caos nella scuola aveva spolverato tutte le sue conoscenze per venire a capo di un piano per sconfiggere questa nuova minaccia.

E riuscì ad elaborarlo. Assieme a sei riserve in caso qualcosa andasse storto.

Sei strategie differenti, più un attacco diretto con il riflesso del potere degli Elementi dell'Armonia che impregnava i doppioni delle sue amiche in quel luogo.

Tutti falliti miseramente.

Da quando era iniziata la competizione, poi, aveva ideato innumerevoli decine di altri controincantesimi, combinazioni e alchimie di ogni sorta per contrastare l'effetto del canto delle Dazzling, ma ogni suo tentativo si era rivelato soltanto un buco nell'acqua dopo l'altro.

Lei era Twilight Sparkle, Principessa dell'Amicizia, nota in tutta Equestria e oltre per le sue capacità magiche, i suoi poteri e le sue risorse virtualmente infinite. Eppure, di fronte a quel maledetto trio, sembrava che stesse lanciando pietre contro il mare in tempesta.

Nessuno, nemmeno Nightmare Moon, l'aveva mai lasciata con le spalle al muro come in quella situazione.


Oh-whoa-oh, oh-whoa-oh

You didn't know that you fell

Oh-whoa-oh, oh-whoa-oh

Now that you're under our spell


Le note maledette delle sirene le trapanarono le orecchie come dardi scoccati con precisione. Nessuna delle sirene poteva sentirla, eppure per la principessa fu come sentirsi rinfacciare quanto improvvisamente tutte le sue conoscenze, tutti i suoi poteri e tutte le sue doti avevano, giunti a quel punto, meno valore dell'inchiostro che stava sprecando alla ricerca di una soluzione.

E così, mentre lei sudava freddo cercando di mantenere la concentrazione vicina e lontane le grida degli studenti, improvvisamente furiosi gli uni con gli altri grazie al canto delle Dazzling, un pensiero le balenò in testa, rapido ed evidente come un lampo.

Un pensiero che la gettò nello sconforto.

Loro hanno perso quasi tutti i loro poteri.


«Twilight!» la voce di Spike tuonò nella sala, destando la principessa dal suo stato di trance.

Trasalì e, voltandosi verso il draghetto suo fido assistente, la principessa cercò di sorridere «Oh, Spike... da quanto tempo sei qui?»

Solo mentre pronunciava queste parole si accorse di stare sudando.

Spike allargò le braccia «Sono qui da dieci minuti, ma non è questo il punto. Che ti è successo? Eri seduta là che guardavi la parete con uno sguardo che sembrava ti avesse insultata e ti tremava una gamba; ma quando hai cominciato ad ansimare ho cominciato a preoccuparmi. Tutto bene?»

Twilight aprì la bocca, cercando un modo per tranquillizzare il giovane drago. Ma alla fine, con un lungo sospiro, scelse invece di essere sincera.

«No, Spike. Non va bene proprio niente.» rispose, alzandosi e affacciandosi ad una delle finestre che dava su Ponyville.

Era ormai calata la notte e le luci fioche dei lampioni mostravano il paesaggio, puntellandolo come il dorso di una cocinella, mentre sempre più case spegnevano le luci.

«Le Dazzling sono ad Equestria e il Cielo sa cosa potrebbe accadere, se rimettessero le mani sul potere che avevano prima che Starswirl le bandisse.»

«Qualunque siano le conseguenze, ce la faremo!» rispose Spike alla preoccupazione della padroncina, battendosi un artiglio chiuso a pugno sul petto «Ne abbiamo passate tante, supereremo anche questa.»

Purtroppo, il pessimismo di Twilight era troppo alto per il drago «Non lo so, Spike... stiamo parlando di tre creature che nemmeno Starswirl il Barbuto, uno dei più grandi e potenti unicorni della nostra storia, è riuscito a sconfiggere del tutto. Le stesse sirene che hanno rubato i poteri agli altri Draconequus! E ora, loro sono tornate... tutte e tre! Chissà cosa penserebbe Starswirl di me, se sapesse la situazione in cui ci troviamo!»

A quelle parole, Spike non rispose subito. Lentamente, si avvicinò a Twilight e le appoggiò deciso una zampa sulla gamba.

Quando i loro occhi si incrociarono, ripeté con una decisione che sorprese la principessa «Te l'ho detto, Twilight. Qualunque cosa succeda... noi ce la faremo. Sopravvivremo anche a questa.»

1Non usa esattamente questa parola, ma preferiamo evitare di riportare il reale nome usato da Alastor (n.d.s.)





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