Morire.
Elena aveva dormito, incurante dello scorrere del tempo, inalterata nel corpo e nei sentimenti, protetta dagli avvenimenti esterni, dai morti, dalla sofferenza, dalle separazioni. Bonnie aveva vissuto, costruendo un futuro che si era poco a poco sgretolato insieme a lei, sferzata da nemici, pericoli e addii, accarezzata da gioia e amore, poi si era ammalata e aveva perso ogni cosa. Sarebbe toccata la stessa sorte a lui e a Elena, prima o poi. Non sarebbe stato meglio dormire per sempre, al suo fianco, invece di vedere le loro vite scivolare via?
E lui?
Damon aveva dovuto combattere costantemente contro se stesso. Ogni minuto, ogni singolo, miserabile secondo di quei fottuti giorni la tentazione di spegnere tutto, cancellare,
riciclare ciò che gli mancava lo aveva sedotto. Non era forte, non lo era mai stato. Da solo non sarebbe andato da nessuna parte. Se Bonnie e Stefan non fossero stati al suo fianco, probabilmente non sarebbe mai più tornato indietro dalla spirale di morte e devastazione che aveva generato.
Mystic Falls odorava di terra bruciata da sessant'anni, ormai. Terra bruciata, desolazione e oblio. Damon aveva inciso un marchio di sangue sulle sue fondamenta; l'erba del cimitero si ritirava spaventata non appena avvertiva la sua presenza, le pareti degli edifici sussultavano intimorite quando il suo sguardo vi si soffermava sopra, a eccezione di quelle che costituivano una Chiesa.
Gli abitanti della cittadina sapevano che esisteva da innumerevoli decenni, ma nessuno aveva mai osato avvicinarsi al cancello sprangato da un'invisibile forza. Le storie di spiriti maligni che danzavano sulle sue mura avevano al contempo allontanato e attratto visite indesiderate, ma ogni tentativo di esplorazione era stato sventato misteriosamente dalla polizia locale o, nei casi più orribili, da una feroce bestia assassina. Quella stessa bestia, dalle fattezze di un angelo caduto, che ora è ferma davanti all'entrata, le orecchie tese e lo sguardo circospetto.
Accortosi di essere solo, Damon sfiora la superficie del portone, constatando che non è più intriso della magia nera di Bonnie. Dovrebbe essere l'alba in quel momento speciale. Invece il sole è tramontato da poco, assieme alla sua migliore amica.
C'è qualcosa di sbagliato, di ingiusto in tutto ciò. O forse è solo la sua paura a rendere ogni cosa più nera?
Damon apre il portone con un calcio, respirando umidità, buio e putrefazione. Una debole luce si protende verso il centro dell'edificio, rivelandogli alla vista gli spigoli di una bara in perfetto stato di conservazione. La raggiunge con la sensazione di essere il burattinaio di un estraneo catapultato nel suo corpo, sollevandone il coperchio con il respiro mozzato.
Elena apre gli occhi. "Damon..."
Lui la fissa senza vederla realmente, troppo sconvolto, intossicato da una realtà dalla fumosa consistenza amara.
"Mi hai aspettato..." la sente mormorare con voce incrinata dal pianto, mentre si mette a sedere.
Il suo braccio si muove automaticamente verso di lei, come viene istintivo respirare, per aiutarla a uscire da quel sudario opprimente. Gli sembra giusto, necessario,
essenziale.
Elena afferra la sua mano e gli si para di fronte, vestita di quell'abito da principessa dormiente con cui aveva danzato l'ultima volta. Damon non sopporta decisamente il viola, eppure su di lei diventa il colore più intrigante. Si sentiva perso, ma gli è bastato udire la sua voce, incatenare gli occhi ai suoi e dissetarsi con quel sorriso caldo per rigenerarsi.
"Buongiorno, dolcezza. O dovrei dire buonasera, a giudicare dall'ora."
Elena lo abbraccia come se fosse l'ancora a cui aggrapparsi nel mare in tempesta.
"Non mi hai dimenticata."
Damon la cinge a se con possessività, inspirando l'odore della sua pelle viva. "Ho dimenticato di averti dimenticata", ammise. "Merito di Bon Bon e Stefan."
Elena trattiene il respiro al suono di quei nomi. Le sembra di essersi appisolata per cinque minuti e di essersi svegliata prima del previsto, ma in quella realtà apparentemente vicina la sua Bonnie non c'è più.
"Allora non le devo solo la mia vita, ma anche la tua."
"Elena", la richiama lui. Sta facendo scorrere le dita sulla sua schiena come se volesse inciderne ogni curva dentro di sé, accarezzandola con lenta, vibrante intensità. "Io non ho vissuto in questi anni. Ho dimenticato ogni cosa che ho fatto, ho dimenticato persino le sensazioni che provavo standoti accanto", rivela. "Adesso mi sento come se fosse la prima volta che le vivo, anche se hanno un retrogusto familiare. Ho bisogno di te per ricordarle tutte."
Elena trattiene il respiro, appoggiando la testa sulla sua spalla. "Tu mi hai ricucito il cuore e la memoria dopo che io avevo strappato tutti i pezzi. Ora tocca a me fare altrettanto. Recupereremo tutto, Damon."
Baciarla diventa un'esigenza a cui il vampiro non può più resistere. Prima che possa rendersene conto, lui la spinge contro la parete più vicina, saggiando la sua bocca, esplorando quel corpo che gli è appartenuto in passato e che gli apparterrà ancora. Ogni respiro, ogni bacio, ogni scintilla di passione esplosa nelle loro vene è il primo passo verso la costruzione del loro futuro. Si fondono in una cosa sola con tormentata urgenza, schiavi di un tempo che li ha divisi, protetti dalle mura di un edificio dimenticato, alimentati da un desiderio mai spento che nutre le loro anime assetate.
Accade tutto con una fretta dolorosa, con l'irruenza di un'onda insormontabile, pronta a sommergere interi continenti di ricordi, sensazioni, emozioni. Non c'è nemmeno il tempo di studiarsi, riconoscersi, ritrovarsi veramente. Damon e Elena si aggrappano semplicemente l'uno all'altra, come farebbero due estranei che s'incontrano per la prima volta, con la certezza di essersi conosciuti e amati in un'altra vita.
Per Elena è una ricongiunzione, per Damon una scoperta.
**
"Abbiamo profanato un luogo sacro" sussurra il vampiro, steso sul gelido pavimento che li sta ospitando.
"Sei diventato religioso durante la mia assenza?" scherza Elena, studiandone i lineamenti del volto; sono identici a come li ricordava, eppure al tempo stesso diversi, ripiegati in una sofferenza che lo rende distante e irraggiungibile, come cicatrici malamente ricucite.
"Forse. Ci sono molte novità all'orizzonte. Per esempio io e Klaus andiamo insieme dall'estetista."
Elena ride sulla sua spalla. "Ho paura a pensare cosa c'è là fuori. Ora capisco cosa possono aver provato i Mikaelson, risvegliandosi in un mondo alieno."
"Elena, gli esseri umani hanno inventato macchine volanti, robot tutto fare e palazzi di ghiaccio. La cura per il cancro consiste in un vaccino il cui costo equivale a quello di un caffè, sono nate nuove specie viventi e gli alieni ci hanno invasi", sciorina Damon, ammiccando con quel sorriso che era il suo marchio di fabbrica "... ma hai una vita intera davanti per scoprirlo. Non avere fretta."
Elena non accenna a compiere un minimo battito di ciglia, bombardata da quella sconnessa sequenza di informazioni. Il guizzo di divertimento che balena negli occhi del vampiro le provoca un'ondata d'ilarità mista a fastidio, reazione mentale comune nella loro relazione. "Non prendermi in giro!"lo rimbrotta, dandogli una spinta sulla spalla.
"Va bene, va bene: sugli alieni stavo scherzando. Però la stazione per Marte l'hanno creata sul serio. Ci sono anche stato, lo sai?" Damon studia la sua reazione come fa un bambino dispettoso, gongolante di fronte all'invidia e alla stupore del suo interlocutore, ma Elena sembra concentrata su altro, l'espressione seria, il volto improvvisamente segnato da una paura rapace.
"Toc toc... per quanto l'esperienza di un viaggio nello spazio possa definirsi emozionante, mi farebbe piacere se tornassi un momento sulla Terra."
Elena si aggrappa al suo petto e solleva lo sguardo carico di confusione su di lui. "Non voglio uscire da qui. Non voglio sapere cosa mi è rimasto e cosa ho perso."
"Non hai perso niente" tenta di convincerla Damon, accarezzandole il viso. "Ti toccherà leggere una montagna di libri e, credimi, sarà una palla allucinante, ma se lo farai saprai tutto quello che è successo in questi ultimi anni. Ti suggerisco di saltare alcune parti mortalmente noiose, Stefan non ha mai avuto il dono della sintesi."
"Lui sta bene?" lo blocca immediatamente Elena, avida e al contempo timorosa di ricevere una risposta.
Damon torna serio per un istante, lasciando che la patina di buonumore eretta davanti a sé sbiadisca appena. È tentato di dirle la verità su tutto, ma seppellisce quell'ipotesi, cercando di convincere se stesso che rivelargliela in piccole dosi sarà meno distruttivo.
Che inguaribile bugiardo.
"Sta facendo un corso intensivo per imparare a fare battute decenti, ma sta bene."
Elena riprende a respirare, distendendo le labbra in un ampio sorriso. "E... Jeremy, Caroline... Matt, Alaric, Tyler?"
Ogni nome pronunciato è accompagnato da una scarica di adrenalina, miriadi di scintille nel petto, messaggere di impazienza, aspettativa, ansia, speranza. Elena chiude gli occhi, impreparata a un triste responso, ma Damon svia il discorso.
"La ragazza di cui mi sono innamorato si alzerebbe da questo pavimento putrido e andrebbe fuori a scoprirlo."
Elena riapre gli occhi, puntandoli in quelli del vampiro. Non c'è traccia d'ironia nella sua voce, ma nemmeno di accusa o sprezzo.
"Al di là di ciò che ti aspetta fuori da questo edificio, c'è una parte di te che non se ne andrà mai, e la stai guardando negli occhi in questo momento."
Lui ha combattuto contro il nemico più spietato, per riaverla, e ha vinto. Ora tocca a lei fronteggiare le radici del tempo. Elena sente quella consapevolezza invadere ogni fibra del suo corpo, scivolarle lentamente lungo le vene, come verbena incendiaria in quelle di un vampiro, e minacciare di toglierle le forze, ma quando si aggrappa agli occhi di Damon le sembra di galleggiare in acque sicure.
Il mondo sarebbe potuto annegare, e forse lo aveva già fatto, ma loro due sarebbero rimasti in piedi.
"Andiamo."
Damon le afferra le mani e le stringe tra le sue. "Insieme", sussurra.
Elena distende le labbra in un sorriso. "Insieme."
Spazio dell'autrice
Questa storia partecipa al contest "Say that we"re sweethearts again", indetto da Bellatrix_Indomita sul forum di EFP. Lo scopo era raccontare l'allontanamento e poi la ricongiunzione della coppia. I fatti narrati non tengono conto degli avvenimenti della settima stagione, si accenna solamente a nemici affrontati e sconfitti. Ho cercato di descrivere il momento in cui Elena e Damon si riuniscono dopo la morte di Bonnie, senza focalizzarmi sul "dopo". Com'è cambiato il mondo cosa ne è stato delle persone care ad Elena resta un mistero perché non è il punto focale della vicenda. Ho raccontato la ricongiunzione tra Damon e Elena senza sofferarmi sui dettagli perché lo ritengo artificioso. Ho cercato di conferire all'intera vicenda un'atmosfera da sogno proprio attraverso la fretta con cui tutto accade. Forse non è stata la scelta migliore, ma, sapete, non capita tutti i giorni di immedesimarsi in qualcuno che ritrova l'amore della sua vita dopo sessant'anni :D È davvero difficile immaginare come sarebbero potute andare le cose; questa fanfiction offre una versione dei fatti fin troppo ottimista :D
Spero che vi sia piaciuta.