together in the dark
NESSUNA
PRESENTAZIONE PARTICOLARE, QUESTA E' LA PRIMA FICTION CHE HO SCRITTO
PRIMA ANCORA DI AVERE UN ACCOUNT SU EFP PER PUBBLICARE.
L' HO TENUTA CHIUSA IN UN CASSETTO VIRTUALE FINO AD OGGI...
PROBABILMENTE AVEVO SOLO BISOGNO DI TROVARE IL GIUSTO MOTIVO PER PUBBLICARLA...
E, FINALMENTE L' HO TROVATO :
QUESTO MOTIVO E' QUALCUNO, QUALCUNO
CHE MI SPINGE A SCRIVERE, QUALCUNO CHE MI INFONDE FIDUCIA NELLE MIE
CAPACITA', QUALCUNO CHE MI REGALA BELLISSIME EMOZIONI CON LE SUE
STORIE, QUALCUNO CHE MI FA SORRIDERE, CHE MI REGALA UNA RISATA SINCERA,
CHE...
MI FA STARE BENE!
E QUESTO E' MOLTO IMPORTANTE PER ME.
QUESTA STORIA E' PER TE, MANU!
PER RINGRAZIARTI DI TUTTO QUELLO CHE RIESCI A DARE SENZA PRETENDERE NULLA IN CAMBIO, PER DIRTI CHE SONO FELICE DI AVERTI INCONTRATA, PER RINGRAZIARTI DELLE BELLE PAROLE CHE MI HANNO SPINTA A PUBBLICARE QUESTA STORIA.
QUINDI : GRAZIE!
… Era terrorizzato, tremava, le convulsione non gli davano pace e, una voce
dentro di lui, una voce malvagia, fredda e metallica, lo spingeva a nutrirsi, a
porre fine a quel dolore che gli straziava le carni, che lo piegava a terra,
sfinito …
Erano diverse notti che non riusciva a dormire, quante non lo
sapeva.
Strisciava fuori dal letto, come un ladro si aggirava per la casa.
Saliva in soffitta, come attratto inesorabilmente da una voce, ma forse non
era una voce …
Era qualcosa di più intenso, era come l’ abbraccio di un’
amante, ma non aveva volto né nome, solo una voce che assomigliava
maledettamente al rumore che avrebbe potuto fare il sangue che scorre nelle
vene, spinto dal terrore.
O almeno il rumore che lui pensava potesse
fare.
Era assurdo, come poteva aver davvero udito quel suono ?
E se non
lo avesse davvero udito, ma solo … Sentito … ?
Mentre arrancava lungo la
scaletta estensibile, quella domanda pareva occupare ogni centimetro del suo
essere, si ripeteva ossessiva, gli sembrava di impazzire, la testa gli
scoppiava, troppi brevi minuti o lunghe ore dei suoi ultimi giorni non trovavano
il giusto ordine cronologico nei suoi ricordi, alcuni addirittura erano come
svaniti, perduti per sempre, e questo lo terrorizzava, lui, che voleva vivere
ogni secondo, ogni istante …
Era arrivato in cima a quella maledetta
scaletta …
Si sentiva così debole, come se ogni forza lo avesse abbandonato,
come se a mandarlo avanti fosse la volontà di qualcosa che non sapeva, che non
capiva …
Che non voleva capire …
Pur non conoscendo la natura di questa
forza, la temeva.
Inconsciamente sentiva che avrebbe potuto distruggerlo.
E ne aveva paura.
Si sedette ai piedi di quella vecchia credenza
polverosa, in fondo alla soffitta, in quella zona che nessun raggio di luna, per
quanto luminoso, riusciva a raggiungere.
Ma non era vecchia, pensò il
ragazzo, era antica.
Gli sportelli dai vetri spessi, sporcati da anni di
immobilità.
Si chiese vagamente da quanto tempo fosse lì, perché ci fosse
ancora, come mai la madre non se ne fosse liberata.
Ma erano pensieri vaghi,
soffocati dal dolore lancinante alle tempie che lo assaliva più prepotentemente
quando vi si avvicinava.
Per l’ ennesima volta, tentò con uno sforzo che il
suo corpo esile non poteva sopportare, di aprire anche uno solo dei maledetti
sportelli, uno di quei pesanti cassetti.
Ma non vi riuscì.
Era troppo,
avrebbe voluto urlare dal dolore, strinse i denti, forte, li sentì
scricchiolare, si gettò a terra ansante e sfinito, desiderando solo di svenire,
di porre fine a quel tormento.
Un rumore improvviso, e l’ odore del sangue
...
Senza più controllare il suo stesso corpo, Bill si lanciò dalla finestra
…
In un istante di lucidità chiuse gli occhi, sicuro che presto si sarebbe
schiantato al suolo …
Ma quando li riaprì si rese conto con orrore di dove si
trovasse e di cosa stesse facendo …
Intorno a lui alberi, una macchina
accartocciata contro il tronco scuro e spesso, che doveva essergli apparso
davanti come dal nulla, a pochi metri dietro di lui la strada col suo asfalto
bagnato di pioggia simile al pianto di un’ anima spezzata e ai suoi piedi un
corpo, la cui anima era stata realmente spezzata, come la vita che lo aveva
abbandonato.
Il corpo esangue del giovane era riverso a terra, ormai privo di
vita.
Bill si sfiorò le labbra, e guardandosi le dita le vide rosse ...
Ed
allora, finalmente, svenne …
Il dolore svanito aveva lasciato il posto all’
orrore, un orrore che il suo giovane cuore non era riuscito a sostenere.
La
mattina dopo si svegliò nel suo letto, i dolori lancinanti della notte prima
erano svaniti, e lui aveva nella mente solo immagini confuse …
Si svegliò e
vide Tom :
<< Allora … Ti alzi?!?!?! Dobbiamo andare a scuola! >>
Il
fratello era irritato con lui, come ogni mattina, ma Bill non vi fece caso.
Tom era sempre particolarmente suscettibile di prima mattina, soprattutto se
non aveva ancora fatto colazione, soprattutto se, come quel giorno, lo aspettava
un’ interrogazione a tappeto su tutti gli ultimi argomenti trattati, che lui non
aveva studiato troppo preso a studiare il posteriore di ogni ragazza che si
trovava di fronte.
A quel pensiero Bill ebbe un moto di stizza, e gettò di
lato le lenzuola, buttando le lunghe gambe fuori dal letto.
Si alzò, si
preparò con cura, notando con disappunto le, seppur lievi, occhiaie che
segnavano i suoi occhi ancora assonnati, e scese a fare colazione, ma
stranamente non aveva appetito …
Si diressero a scuola silenziosi.
Il moro
camminava a testa china, sembrava rimuginare qualcosa, come se stesse cercando
di ricordare, ma non gli venisse in mente nulla.
Il vuoto.
Anche Tom era
stranamente silenzioso.
Bill, pur non sentendosi dell’ umore adatto, si
aspettava che lo tormentasse con le sue lamentele sulla professoressa che lo
aveva preso di mira, che lo interrogava per dispetto, per metterlo in imbarazzo,
per farlo punire dalla madre, per fargli crollare addosso il mondo intero.
Ogni volta che doveva essere interrogato, seppur avvisato con notevole
anticipo, era una tragedia, e il ragazzo cominciava a lamentarsi da casa e la
finiva solo una volta seduto al suo banco, di fianco a Bill.
Quando la
smetteva.
A volte non la smetteva affatto e quel lamentarsi con il suo
gemello diventava una polemica infinita con la professoressa, che
inevitabilmente coinvolgeva anche Bill, pronto a difendere il fratello anche
contro l’ evidenza, e che finiva momentaneamente davanti alla porta del preside,
per poi continuare a casa, trovando il giusto epilogo in una punizione della
madre.
Ma quella mattina il biondo non parlava.
Si limitava ad osservare
la schiena del fratello di sottecchi e a Bill cominciava a dare sui nervi :
<< Allora! Mi vuoi dire cosa c’è invece di guardarmi in quel modo?
>> Sbraitò.
Tom, colto di sorpresa dal tono del fratello, decisamente
meno dolce del solito, si spinse il cappello un po’ più giù sugli occhi e le
mani un po’ più a fondo nelle tasche :
<< Nulla, solo … Sei più pallido
del solito oggi … E non hai mangiato nulla … Stai bene?
>>
<< Certo! Che domande fai? Non avevo appetito … Tutto qui …
Smettila di fare la chioccia Tom… Mi basta la mamma per queste cose
! >>
Si morse la lingua.
Si accorse di essere stato un po’ troppo
duro con lui.
Forzò un sorriso ad affacciarsi sulle sue labbra …
Non
voleva che Tom si preoccupasse, e poi …
Cosa avrebbe potuto dirgli, quando
nemmeno lui sapeva cosa gli stava succedendo?
Immagini orribili sui
affacciavano all’ improvviso alla mente e lui non riusciva a fermarle abbastanza
da poter capire …
Non riuscendo a dare loro un senso logico, le respingeva,
come se l’ ignorarle potesse renderle meno dolorose, meno … Vere …
Passarono
diversi giorni di tranquillità, non aveva più avuto dolori né aveva sentito
quella orribile voce nella testa, e si stava convincendo che, in fondo, doveva
essersi trattato solo di uno stupido incubo …
Viveva sereno le sue giornate,
andava a scuola, aiutava suo fratello a rimettersi in pari col programma
scolastico, giocava interminabili partite ai videogame con Tom e …
Gli
sarebbe piaciuto poter dire che usciva con gli amici, come tutti i ragazzi della
sua età , ma , da quel punto di vista, lui non era mai stato come i ragazzi
della sua età.
Il suo unico amico e, pensò, tutto quello di cui aveva
bisogno, era il suo gemello.
In quegli ultimi tempi si sentiva ancora più
legato a lui, più dipendente, e ogni minuto che passavano insieme era pervaso
dalla sua paura di perderlo.
La sentiva strisciare alle sue spalle, fredda,
non gli dava pace.
Aveva la sensazione che il loro rapporto così speciale,
unico, fosse in pericolo, e non riusciva a rassicurarsi.
Tom si accorgeva di
quel mutar di sguardo in suo fratello, non sapeva cosa fosse, ma sapeva che
qualcosa lo tormentava, e iniziava a dire un sacco di cavolate, a fare lo scemo,
solo per vederlo sorridere, solo per vedere ridere quel suo adorabile,
complicato gemello.
E allora la risata si liberava dalle sue labbra, leggera
e spontanea su quel piccolo volto naturalmente portato al sorriso.
E il
biondo lo abbracciava, stretto.
Tanto era restio a mostrare i suoi sentimenti
al di fuori delle quattro mura di casa, quanto, nel momento in cui si trovava di
fronte Bill, non poteva fare a meno di esternarli.
A lui.
Al suo Bill, a
quella sua anima candida, a quel suo sorriso luminoso a cui non sapeva
rinunciare, a cui, pensò, non avrebbe saputo né potuto rinunciare
mai.
Mai.
Poi una sera Bill si trovò tra le mani un quotidiano del mese
precedente, lo scovò sotto al divano, dove stava rovistando, mentre Tom stava
spolverando i mobili del salotto …
La scena era piuttosto buffa e molto
insolita :
il rasta aveva raccolto i capelli attorno alla testa con uno
strofinaccio, ridotto peggio di quello che stava utilizzando per spolverare, e
il moro stava con il piccolo sedere per aria mezzo infilato sotto al divano.
Di tanto in tanto ne emergeva solo una mano che indirizzava un gesto poco
gentile al fratello in risposta dei suoi commenti non più gentili sul suo sedere
ossuto …
Riemerse da sotto al divano con il giornale in mano, una foto lo
aveva colpito, anche se non sapeva bene per quale motivo …
Si sedette per
terra a gambe incrociate e prese a leggere con l’ aria assorta.
Tom, notando
l’espressione concentrata del fratello, si sfilò lo straccio dalla testa e lo
osservò, attento.
Aveva capito che il momento delle stupidaggini era finito e
sulla fronte gli apparve una leggera ruga di preoccupazione.
” Il suo corpo è
stato ritrovato esangue dalla polizia, che ha accertato che il giovane è morto
sul colpo … Unica stranezza, la copiosa perita di sangue … “
Un flash nella
sua mente …
Era strano, si sentiva fluttuare in alto, e allo stesso si
sentiva pesante …
O forse era solo il suo cuore ad essere pesante, come
oppresso da un timore senza nome, come il suo corpo, scosso da un tremito che
sembrava non avere motivo apparente.
Vedeva qualcuno chino sul ragazzo ormai
morto, non riusciva a distinguerlo …
Cosa stava facendo?…
Un brivido
freddo gli percorse la schiena.
Poi lo sconosciuto alzò il viso verso la luna
piena …
Un urlo proruppe dalla bocca di Bill …
Un dolore lancinante alla
testa come se sottoposta ad immane pressione …
E poi …
Il buio …
Tom
sentì mancare un battito di cuore …
Con un solo balzo fù accanto a suo
fratello che si era improvvisamente accasciato al suolo.
Era in preda al
panico più totale, non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Un attimo
prima suo fratello stava leggendo uno stupido articolo che parlava di uno
stupido ragazzo ubriaco che si era andato a schiantare contro uno stupido
albero, ma non era una cosa che capitasse di rado …
Perché Bill aveva
reagito a quel modo ?
Cosa gli stava succedendo ?
Lo prese in braccio
.
- Dio, com’ è leggero … - Pensò.
In effetti suo fratello sembrava un
uccellino, leggero e scosso da dei tremiti incontrollabili.
Lo portò nella
loro stanza, lo stese sul letto.
Si passò una mano sui rasta, senza sapere
cosa fare e non riuscendo a sopportare l’ idea di non poter fare
nulla.
<< Bill! Bill…, Che cavolo ti prende!?!?!… >>
Iniziò
a urlare.
Avrebbe voluto scuoterlo come un sacco di patate, ma temeva di
fargli male.
Aveva un aria così sofferente …
<< Io … Sono stato io
… >>
Farfugliava continuando a tenere gli occhi chiusi.
Chiusi su
di lui e spalancati sui suoi demoni personali, quelli che Tom avrebbe tanto
voluto aiutarlo a sconfiggere.
<< Stato tu a fare cosa?!?!? Bill,
cazzo ! Rispondimi! >>
Bill aprì lentamente gli occhi per trovarne
altri, preoccupatissimi, a pochi centimetri dal suo volto, cosi uguali ai suoi …
<< Sono stato io Tom… >>
E porse il giornale al gemello
che lesse.
<< Che cazzate Bill! Tu! E’ morto in un incidente … Era
ubriaco … Cosa centri tu?… >>
Il suo tono era tra l’ allibito e il
preoccupato …
Si era trovato una paura d’ inferno, e adesso lui gli stava
dicendo quella sciocchezza?
Ma qualcosa in Bill lo preoccupava,
ultimamente.
Suo fratello sveniva spesso …
Tutte quelle botte alla testa
lo stavano forse facendo ammattire?
<< No… Tom… Il sangue … Era
dissanguato … Sono stato io … >>
Il corpo fin troppo fragile del moro
tremava come una foglia e a Tom stava crescendo in petto di nuovo l’ ansia che
lo aveva attanagliato poco prima, quando era caduto a terra svenuto.
Si
disse che doveva essere risoluto, doveva frenare la fantasia del fratello,
doveva porre fine a quella storia assurda.
Doveva aiutare Bill.
Se non lo
avesse fatto lui chi altro avrebbe potuto farlo ?
Il pensiero che non ci
sarebbe stato nessuno al fianco del suo gemello se non lui, lo fece fremere di
rabbia e frustrazione.
Scaricò quell’ attimo di furia nel tono scontroso con
cui si rivolse al fratello :
<< Non dire ‘ste stronzate Bill… Ma che
ti prende !?!?!?!?!?! >>
Il ragazzo scoppiò in lacrime, e
immediatamente si ritrovò tra le braccia di Tom, che gli accarezzava i capelli
cercando di calmare il suo tremore …
- Bill … Bill che cosa ti sta
succedendo ? -
Il rasta sentiva il cuore gonfio, così gonfio d’amore e
frustrazione, che credette di sentirselo scoppiare in petto.
Bill, come
sentendo quel richiamo silenzioso del suo gemello si staccò da Tom e, senza
riuscire a guardarlo in faccia, iniziò a parlare …
Gli occhi fissi su un
punto imprecisato del copriletto, la voce atona, raccontò tutto …
Dai dolori
lancinanti sino a quella visione sconvolgente che poco prima lo aveva fatto
crollare svenuto a terra.
Tom ascoltava allibito la voce di suo fratello, un
flebile sussurro, e si domandava se davvero stesse dicendo quelle cose o se
stava impazzendo anche lui …
Bill smise di parlare …
Non aveva molto
altro da dire, infondo …
Tom sentiva il cuore in pezzi …
Bill stava lì,
rannicchiato sul letto, le braccia strette intorno alle ginocchia, il volto
nascosto, gli occhi bassi …
Sconvolto dai tremiti e dal senso di colpa che
sembrava divorarlo …
Anche il rasta tremava, tremava di rabbia, tremava di
frustrazione.
Si ritrovò stupito per un attimo …
Pensò che avrebbe dovuto
tremare di paura, quello che suo fratello gli aveva appena confessato sarebbe
stato abbastanza da sconvolgere persone più mature e razionali di lui, e con
nervi più solidi dei suoi.
Invece si accorse che tutto quello che provava era
una furia cieca e sorda verso chi - O cosa - pensò il ragazzo, aveva potuto fare
questo a suo fratello …
Quella domanda lo aveva assalito, non gli liberava
l’ anima ormai infranta che sentiva di custodire dentro di sé, assieme a quella,
altrettanto martoriata, di suo fratello.
Chi, chi gli aveva fatto questo?…
E quando?…
E …
Come?…
Ma a quelle domande non fatte, Bill non
aveva dato risposte nel suo racconto, sembrava non sapere nemmeno lui cosa fosse
successo …
E Tom non ebbe il coraggio di domandargli altro, era straziante
osservare il pallido volto del fratello e comprendere che quel dolore non
sarebbe svanito mai più dai suoi dolci, buoni, occhi luminosi.
Si sentiva
inutile.
Quante volte aveva preso le difese di suo fratello, quante volte
aveva fatto a pugni per lui ?
Ma combatteva contro qualcosa di reale, di
maledettamente reale, come confermavano certi lividi che si portava addosso per
giorni e giorni, e che il suo adorabile e sempre gentile fratellino, guardandolo
rammaricato e sentendosi colpevole, tentava di convincerlo a coprire col
trucco.
Quante volte lo aveva allontanato con un gesto brusco :
<<
Non osare avvicinarti a me con quell’ affare ! Se lo farai dirò alla mamma che
hai preso il suo fondotinta ! E poi i lividi piacciono alle ragazze ih ih ih …
>>
Cercava di sdrammatizzare.
Certo, non sempre era riuscito ad
evitarglieli tutti, quei lividi.
Anche Bill aveva avuto la sua dose di
ematomi da sfoggiare, più o meno evidenti sotto lo strato leggero del correttore
e, ogni volta che lo vedeva concentrato davanti allo specchio a nascondere quei
segni che gridavano al mondo la sua debolezza, lui il duro Tom, si sentiva
stringere il cuore dalla tenerezza e dalla colpa di non essere riuscito a
risparmiarglieli.
Soprattutto perché sapeva che i segni più profondi
sarebbero stati quelli che suo fratello avrebbe portato per sempre dentro di sé,
come una macchia indelebile che nessun correttore avrebbe potuto coprire,
qualcosa che lo avrebbe fatto dubitare per sempre di sè stesso, rendendolo un
po‘ più insicuro, un po‘ più fragile, un po‘ più vulnerabile.
Adesso, quella
sensazione di inutilità si era di nuovo affacciata prepotentemente nel suo
petto, opprimendolo in maniera insopportabile.
Contro questo male misterioso
che aveva sfregiato l’ anima di suo fratello per sempre , lui non poteva
combattere, non aveva potuto evitarlo …
E con dolore ammise a sé stesso che
non avrebbe potuto nemmeno volendolo.
E Dio solo sapeva quanto lo stesse
desiderando.
- Dio … - Pensò con rabbia :
- Quale Dio aveva potuto
permettere una cosa del genere ? -
La sua fede già non proprio certa, svanì
del tutto sommersa dal dolore dello sguardo di Bill.
<< Ora ti faccio
schifo, vero?… Proverai solo del disgusto per me … … … … Hai ragione … Mi faccio
schifo da solo … >>
Solo un sussurro che sfiorava le labbra del moro,
non più scosso, ma rassegnato.
La voce gli tremava.
Tom avvicinò la mano
al viso del fratello, gli alzò il volto :
<< Non. Dirlo. Mai. Più.
>>
La voce fredda, dura, tagliente, forse troppo da poter essere
sopportata dal ragazzo, in completa disarmonia col gesto gentile, con la carezza
lieve che aveva sfiorato il viso del fratello.
Bill lo guardò spaesato.
<< Ma … Hai sentito quello che ti ho detto ?… Io sono … >>
<< Mio fratello. Il mio gemello. La metà perfetta di me. Quella senza
la quale non potrei vivere. La mia anima gemella. Ecco cosa sei e cosa sarai
sempre. >>
Gli occhi del ragazzino moro erano pieni di lacrime e, un
sorriso incerto, di gratitudine, tremava sulle sue labbra.
<< ... Tom
… >>
<< Noi troveremo … “ una cura” ! Certo ! Ci sarà di certo
qualcosa che possiamo fare! >>
Il sorriso di Bill si fece mesto …
<< Non credo, sai? Non credo che sia possibile … >>
Il
cuore del giovane rasta sprofondò un po’ di più nel petto, il ragazzo lo sentì,
chiedendosi con un sorriso amaro, se fosse davvero possibile.
Bill notò l’
espressione penosa, la delusione sul viso del fratello, e aggiunse :
<< … Ma io “sono nuovo”… Probabilmente ci sono miliardi di cose che
io non so … >>
Lo disse con un lieve sorriso forzato cercando di
convincere il gemello …
E se stesso …
[ … ]
No, non c’era stato
niente da fare …
Solo imparare a convivere con questa cosa, con questa
situazione assurda perchè lui si ritrovava ad essere un mostro, ma anche ad
avere una coscienza, un cuore, un’ Anima …
Cercava di non far soffrire
nessuno …
Non poteva non nutrirsi, lasciarsi morire …
Tom non glielo
permetteva, lo Amava troppo …
Bill se lo era chiesto più e più volte durante
tutto quel tempo …
Tom lo Amava o semplicemente ed egoisticamente, non
voleva lasciarlo andare ?
A volte lui lo aveva desiderato così ardentemente
…
Aveva sentito scorrere nelle sue vene il desiderio di porre fine a quella
situazione assurda e soprattutto a quel dolore immane che non riusciva più a
sopportare.
Aveva desiderato morire, quel suo esile corpo non era forte
abbastanza per sopportare ciò di cui era la manifestazione.
Si guardava allo
specchio.
Guardò nel profondo dei suoi occhi nocciola, accorgendosi che la
sua immagine diventava sempre più sfocata riflessa nello specchio, come se
stesse svanendo.
Ricordò vagamente di aver letto da qualche parte che i
mostri, come lui, non si potevano riflettere negli specchi e, ormai con la mente
sconvolta, si ritrovò ad avere pensieri confusi, incoerenti, terribilmente
stupidi.
Pensava a come avrebbe fatto a sistemarsi, se non avesse più potuto
vedersi allo specchio …
Rise una risata amara per quegli sciocchi pensieri,
facendo brillare appena i suoi canini solo lievemente accentuati, alla luce
della luna.
Quella notte avrebbe dovuto nutrirsi.
Erano giorni e notti che
tentava di ignorare quel bisogno impellente dentro di lui.
Non avrebbe potuto
attendere oltre …
Ma lui cercava di non creare troppi danni …
Si nutriva
di persone malate …
Certo, il loro sangue non era il massimo, ma erano
persone che sarebbero comunque morte …
Aveva preso quella decisione assieme
a Tom.
Era stata una discussione penosa per entrambi i ragazzi.
Ne
parlarono molto semplicemente, nonostante tutto.
A dargli la forza di farlo
era stato Tom …
Di nuovo …
Quella sua nuova condizione invece di
renderlo più indipendente lo aveva reso, se possibile, ancora più dipendente dal
fratello.
Non più solo fisicamente.
Quello che sentiva adesso era un
bisogno differente.
Aveva bisogno della forza del suo carattere, della sua
decisione, della sua anima, del suo cuore …
Del suo Amore
incondizionato.
Parlarne era stato come rendere reale quella situazione, era
come smettere di girare intorno ad un problema cercando di farlo sparire
attraverso il non curarsene, e prenderlo di petto.
Tom era stato deciso e
risoluto.
Bill doveva sopravvivere, a qualsiasi costo.
Era diventato
irragionevole :
<< Tom, come puoi dire una cosa del genere ? Come puoi
affermare con tale sicurezza che la mia vita valga più di quella di chiunque
altro? Come puoi chiedermi di fare una cosa del genere ? >>
Il
sussurro del moro era accompagnato da lacrime silenziose, e Tom sentiva la sua
risolutezza andare a farsi benedire.
Col cuore a pezzi l’ unico pensiero
coerente che riusciva a formulare in quel groviglio di dolore era che Bill
doveva vivere.
Null’ altro gli importava.
Avevano riflettuto a lungo,
seduti uno di fronte all’ altro, a gambe incrociate sul letto del biondo
perennemente disfatto e, alla fine, avevano raggiunto quella decisione.
Bill
provava ancora dolore, per le vite che avrebbe dovuto spezzare ma
l’
illusione di non avere ucciso lui quelle persone, lo aiutava a sopravvivere ai
suoi giorni dannati …
E poi c’ era Tom …
Doveva sopravvivere per lui …
Per quegli occhi che non avrebbe voluto smettere mai di guardare, per quelle
braccia che lo facevano sentire protetto e al sicuro,,,
Anche da sé stesso …
Soprattutto da sé stesso …
Per quella bocca che gli sorrideva e,
inconsapevolmente, lo invitava a baciarla …
Tom…
Colui che custodiva la
sua Anima e a cui lui aveva donato il suo cuore …
[ … ]
Usciva
spesso con Tom…
C’ erano sere in cui stavano fuori a bere con gli amici,
notti in cui, posando la testa sul cuscino, si sentiva un ragazzo normale …
Solo un po’ più pallido …
Steso nel suo letto, il respiro di Tom che lo
accompagnava nel sonno, si sorprese a sorridere di quella battuta, chiuse gli
occhi e si addormentò ascoltando il lieve russare del fratello già addormentato
…
E poi …
Poi c’erano quelle notti in cui doveva uscire da solo.
Non
erano molte, ma non le poteva certo evitare …
E ogni volta aveva la conferma
che distruggeva le sue puerili illusioni …
Ogni notte tornava a casa un po’
più distrutto e, gli sembrava, un po’ meno umano …
Sapeva di esserlo ancora,
solo perchè sentiva le lacrime rigargli nuovamente il volto, ogni volta, e un
dolore accecante al petto, come un peso che non riusciva più a sopportare
…
Ogni giorno era una tortura, alzarsi al mattino dopo essersi nutrito, era
qualcosa di sconvolgente, certe volte non si alzava proprio.
Una mattina,
quando il fratello lo chiamò, non gli rispose, emettendo solo un grugnito
indecifrabile e rimase chiuso in camera sua per tutto il giorno.
Poi i giorni
divennero due, tre, quattro.
Tom si sentiva a disagio, sentiva che c’era
qualcosa che non andava, sentiva che il male oscuro del fratello stava prendendo
il sopravvento sulla sua anima candida, che lo stava allontanando ogni giorno di
più da lui.
Ogni sera, entrando nella loro stanza, lo trovava sempre nella
medesima posizione, sepolto sotto le coperte, il respiro regolare, come fosse
addormentato, i capelli neri che spuntavano dal lenzuolo.
Non sapeva più
quale scusa inventare con la madre che sembrava ogni giorno più preoccupata,
sapeva che doveva impedirle di chiamare il medico …
Cosa sarebbe successo se
avesse scoperto che in Bill c’era qualcosa che non andava ?
Lo avrebbero
rinchiuso in un ospedale, non avrebbe più potuto uscire, non avrebbe potuto
nutrirsi, sarebbe morto …
O forse si sarebbe nutrito dei pazienti della
clinica e magari avrebbero potuto scoprirlo, e allora avrebbero creduto pazzo e
lo avrebbero rinchiuso,lo avrebbero portato via da lui, e allora …
Allora
sarebbe morto davvero …
Di dolore.
E Tom sapeva che la sua vita non
avrebbe avuto più senso senza di lui …
Senza il suo Bill …
Una volta che
la madre e Gordon furono andati a letto, salì di corsa nella camera che divideva
col fratello, deciso più che mai a fargli mettere il naso fuori dalle
coperte.
Lo avrebbe costretto ad alzarsi a calci, se fosse stato
necessario.
Prima di entrare nella stanza, cercò di recuperare il controllo
di sé :
- Tom, calmati ! Non ha senso urlare come un pazzo, e non servirebbe
a nulla se non a far svegliare la mamma e a creare un casino … Quindi datti una
calmata, SexGott ! -
Ma quel soprannome non lo fece sorridere come al
solito, anzi, lo avvertì come un peso, come qualcosa di estraneo che gli era
stato cucito addosso, che si era lasciato cucire addosso, ma che non gli
apparteneva più.
Non più, ormai …
Si lasciò alle spalle questi pensieri ed
entrò piano, chiudendosi la porta alle spalle con un leggero tonfo che sperò
potesse avvertire Bill del suo arrivo, ma non svegliare la mamma.
Dal letto
del fratello non venne un suono, non un movimento che potesse lasciare intendere
che il moro fosse lì.
Tom cominciò a sudare freddo.
Non capiva cosa stesse
succedendo, ma ormai la sua vita era già abbastanza sconvolta dalla rivelazione
del fratello, da quel segreto che li univa ancora di più, se fosse stato
possibile.
Pensò di non aver più nulla da perdere.
L’ unica cosa che non
avrebbe potuto sopportare di perdere era lì, davanti a lui, ma lui non poteva
vederlo, avvolto nelle lenzuola come in un sudario …
Quel pensiero lo fece
rabbrividire fino in fondo all’ anima e gli fece superare la distanza che lo
separava dal letto di Bill in un solo ampio passo.
Avvicinò il viso al
cuscino e chiamò piano il fratello :
<< Bill … Bill, ehy, sei sveglio
? >>
Provò a scuoterlo, ma non risolse nulla, allora, sentendo la
rabbia montare nel suo giovane petto, prese le coperte e le buttò a terra con un
gesto brusco, e la rabbia gli morì in gola, assieme alle parole furiose che
avrebbe voluto rivolgere a suo fratello.
Bill era disteso, rigido come un
pezzo di legno, gli occhi vitrei avevano perso il loro color nocciola ambrato
così caldo e intenso e, quando lo sfiorò, si accorse che era freddo come il
ghiaccio.
Tom smise di respirare, il cuore smise di battergli, i pensieri
volarono via lasciando spazio ad uno solo : - … Sto morendo … -
Non si
chiese cosa stesse succedendo, non voleva sapere nulla, sapeva solo che la vita
era fuggita da lui nell’ istante stesso in cui aveva visto suo fratello …
O
quello che ne rimaneva, steso in quel letto …
Il suo … Cadavere ?
…
Mentre tutto questo avveniva nel corpo privo di volontà del biondo, Bill
venne scosso da un fremito, una luce sinistra, rosso sangue, brillò nei suoi
occhi spenti, le labbra mortalmente pallide si schiusero, e una voce fredda,
metallica, spaventosa, parlò, mentre l’ ombra di ciò che era stato suo fratello,
si metteva a sedere sul letto, la schiena appoggiata al muro, i capelli che
ricadevano su quello che era stato il suo bel viso.
Tom, caduto a sedere sul
pavimento privo di forze, lo osservava atterrito, e ascoltò ciò che quella voce
aveva da dirgli :
<< … Io … Sono stato io a prendere possesso del
corpo di tuo fratello … Era da solo … Seduto in quella soffitta polverosa …
Cercava di aprire quella antica credenza … Non gli è stato insegnato che la
proprietà altrui non deve essere toccata ? … >>
Un ghigno beffardo si
sentiva in quella voce e si dipingeva sulle labbra di Bill.
Tom, paralizzato
dalla paura, e da quello che stava sentendo, restava immobile, senza riuscire a
distogliere lo sguardo.
<< Era arrabbiato … Ma quello che ho sentito
era dolore … Si sentiva rifiutato, rifiutato da tutti, dal mondo intero … Si
sfiorava appena un livido sullo zigomo … Quello sfregio nulla toglieva alla sua
giovane fulgida bellezza … E piangeva … Calde lacrime scivolavano sul suo viso
angelico mentre ripeteva un nome … Il tuo nome … >>
Disse, volgendo
lo sguardo sul ragazzo a terra << … Sai ? Si chiedeva perché … Perché tu
fossi uscito di nuovo con una di quelle tue amichette, anche se questo non è
stato proprio il termine con le quali le ha definite .. Si chiedeva perché non
fossi con lui … Perché non lo … Volessi … Perché non lo amassi …
>>
Tom non seppe trattenersi :
<< Ma io … Io amo mio fratello
! Lui è la cosa più preziosa che ho … Lui è TUTTO quello che possiedo, tutto
quello che io sono … >>
Ebbe paura, non le aveva potute evitare, ma
ora quelle parole che gli avevano fatto bruciare la gola, lo fecero tremare
…
Una risata senza gioia scaturì dalle labbra dell’ essere che lui ormai
sapeva non essere Bill.
<< Sciocco ! Aveva ragione il piccolo Bill a
definirti tale … Tu non capisci … Probabilmente non capiva a pieno il
significato dei suoi sentimenti nemmeno lui … Ma di sicuro vi era più vicino di
quanto lo sia tu … Mi sono mostrato a lui. Mi faceva … Pena … >>
Un
gorgoglio sinistro dalla sua gola, un brivido freddo sulla pelle del
biondo.
<< Quando si è accorto della mia presenza si è spaventato,
povero uccellino tremante … Non capiva chi io fossi … Gli dissi che potevo
alleviare il suo dolore, quello che lo stava soffocando, e lui mi ha creduto …
Certo, anche il mio fascino credo abbia avuto la sua parte in quell’ incontro …
Del resto, anche quel ragazzino tremante di dolore e paura non era meno
affascinante … Così bello … Con degli occhi così luminosi, profondi …
>>
La voce prese un inclinazione quasi sensuale,
seducente.
<< Fu facile avvicinarmi a lui … Quando sfiorai la sua
pelle la sentii rabbrividire appena sotto le mie dita fredde, una leggera
increspatura che lo rendeva ancora più desiderabile .. Ed Io lo desideravo … Non
aveva bisogno di affascinarmi, ero già prigioniero della sua dolce, androgina,
bellezza … >>
Quelle parole, quasi a voler scaricare la colpa dell’
accaduto sulle esili spalle di suo fratello, come a lasciare intendere che era
stato lui a provocare ciò che era accaduto.
<< Aspirai il profumo
lieve dei suoi capelli di seta, gli posai le labbra sulla bocca, respirai il mio
freddo respiro al suo orecchio, lo strinsi a me, deliziandomi del suo giovane,
caldo corpo aderente al mio … Gli sfiorai le ciglia ancora umide di lacrime con
le labbra, scesi sul suo nasino perfetto, giocai appena con la sua bocca così
arrendevole, scivolai fino alla sua gola … La sentii pulsare, potevo sentire la
sua paura scorrere nelle vene, assieme al sangue. Graffiai appena quella giovane
pelle, leccando piano quelle poche gocce di sangue … Volevo saggiarne il sapore,
credevo che avrei saputo resistergli ancora per un po’, ma non ne fui capace …
Sentire il suo sapore dolce e desiderarlo mio, fu un tutt’ uno, e affondai i
miei denti nel suo collo …
Il gemito soffocato che uscì dalle sue labbra
dischiuse fu troppo anche per me, e mi nutrii con foga di lui … Quando lo
sciolsi dal mio abbraccio lo osservai esangue e, forse per la prima volta,
provai un moto di generosità … Non potevo sopportare di ucciderlo, era troppo
bello, troppo dolce, troppo dolcemente ed ingenuamente sensuale, e mi aveva dato
troppo piacere, perché io potessi ucciderlo.
Gli regalai una nuova vita …
Pensai che un giorno sarebbe stato anche più affascinante di me … Mi fece un po’
rabbia, questo pensiero, ma il piacere rinnovato che provai mentre lui suggeva
il mio polso, con desiderio, mi fece dimenticare per un attimo la mia vanità …
>>
Il biondo era scosso da un tremito irrefrenabile, non poteva credere
a quello che aveva appena sentito, eppure seppe con ogni fibra del suo essere
che era la verità.
Iniziò a piangere silenziosamente, soffocando i singhiozzi
che squassavano il suo petto e cadevano sulla sua anima strappandola a poco a
poco.
<< Piangi … >> La voce falsamente preoccupata lo
derideva:
<< Lacrime puerili, le tue … Avresti dovuto stargli accanto,
non lasciarlo solo per andare a divertite con quelle sciacquette … Alla fine,
era semplicemente questo ciò che lui desiderava … Voleva te … Chissà ? Forse
c’eri tu nei suoi pensieri, mentre diventava mio … >> Rise.
<<
Ma ti capisco … Quel piccolo, giovane cucciolo ha un potere straordinario, vero
? Mai più queste parole sfioreranno le mie labbra, ma anche il mio cuore
perduto, quella sera, ebbe un nuovo battito, l’ ultimo … Me ne andai,
abbandonandolo al suo destino … Avrei potuto portarlo con me, insegnargli la sua
nuova vita, ma pensai che sarebbe stato il peggiore dei miei peccati rubargli la
sua ingenuità, quella sua dolcezza, e poi … La passione, l’ amore che sentii
dentro di lui, mi spaventarono … E quell’ amore aveva un volto ed un nome … Il
tuo volto, il tuo nome … Fuggii … Era qualcosa che non potevo sopportare … … … …
Ed ora mi sono mostrato a te solo per il legame che sento con questo giovane
angelo nero rinnegato, solo perché sento ancora il suo dolore, lo sento
rinnovarsi in me … Non è generosità, è egoismo … Non credo nell’ Amore più di
quanto io creda in Dio, ma tuo fratello forse ha cambiato anche me …
>>
Un sorriso quasi umano, quasi …
Un fremito più violento e Tom
vide il corpo di suo fratello accasciarsi scompostamente, gli arti piegati in
maniera innaturale.
Balzò in piedi, lo sistemò meglio nel lett, e dopo pochi
minuti che gli parvero secoli, si inginocchiò al suo fianco, passò le braccia
attorno alla sua vita esile, posò il capo sul suo ventre piatto, e pianse
…
Pianse come non aveva più pianto da tanto, troppo tempo, pianse lacrime di
sollievo nel saperlo ancora vivo, pianse lacrime per quella sua debole, pallida
vittoria sul male, lui il suo piccolo Bill, aveva saputo piegare anche l’ essere
più malvagio, mostrargli cos’ era l’ Amore …
Pianse lacrime colpevoli per
essere lui l’ Amore che Bill aveva mostrato, pianse lacrime di dolore per averlo
lasciato solo, pianse lacrime di rabbia verso sé stesso e verso quell‘ essere
che aveva osato violare il corpo e l‘ anima di Bill, pianse lacrime di
frustrazione, pianse lacrime di rassegnazione …
In ginocchio, accanto a lui,
col suo corpo tra le braccia, avvolto dal buio rischiarato solo dalla luce della
luna che filtrava tra le persiane, sfiorato dalla lieve brezza che entrava
leggera e discreta dai vetri appena socchiusi, pianse lacrime d’Amore …
E fu
così che lo trovò Bill, addormentato in ginocchio, abbracciato a lui.
Si
sentiva terribilmente debole, la testa dolorante, la sentiva leggera e pesante
al tempo stesso, svuotata da ogni ricordo recente, ricordava di aver deciso di
restare a letto per un po’, poi più nulla.
Gli sembrava di aver dormito per
giorni e giorni.
Avrebbe solo voluto abbandonarsi sul letto, ma pensò che non
era giusto lasciare suo fratello lì per terra.
Un sorriso dolce e intenerito
alla vista delle sue braccia che lo cingevano, si dipinse sul suo giovane volto
assieme ad un lieve rossore compiaciuto.
Con uno sforzo, trascinò il fratello
nel suo letto, lo fece sdraiare accanto a sé e vi si sistemò accanto, rivolto
verso di lui.
Solo allora si rese conto del viso arrossato di Tom, delle sue
ciglia umide, delle labbra che tremavano appena, come a trattenere altre
lacrime.
Una lieve ruga d’ apprensione si dipinse sulla fronte del ragazzo,
ma si sentiva troppo stanco per porsi altre domande, cinse le spalle del
fratello e si addormentò, i due nasi identici che si sfioravano.
La mattina
dopo, quel naso uguale al suo fu la prima cosa che vide e, poco sopra, alzando
appena lo sguardo vide anche due occhi nocciola uguali ai suoi che lo
osservavano con uno sguardo indecifrabile.
Temendo che il fratello fosse
arrabbiato, Bill gli sorrise timidamente e sussurrò :
<< Buongiorno
Tomi … >>
Quel soprannome …
Tom sapeva che il suo gemello lo aveva
utilizzato semplicemente per addolcirlo, perché temeva che fosse arrabbiato con
lui.
Si sentì morire, avrebbe voluto potergli dire la verità, raccontargli
tutto, dirgli che era lui, Bill, a dover essere furioso con lui, che era sua la
colpa di tutto ciò che stava vivendo, di tutto quello che doveva sopportare
…
Ma ebbe paura, una dannata paura di perderlo, di vederlo allontanarsi da
lui …
Quell’ essere aveva detto che lo amava, ma quell’ Amore sarebbe stato
abbastanza forte da potergli perdonare tutte le sue colpe ?
- Prima o poi
glielo dirò - Pensò il biondo : - Ma non ora … -
Ora voleva solo godere di
quel calore che li avvolgeva, che li univa, voleva solo abbracciarlo e sentirlo
al suo fianco.
E fu esattamente ciò che fece, lo strinse gentilmente tra le
braccia e gli stampò un bacio sulla guancia, come quando erano
piccoli.
Sapeva che Bill sentiva la mancanza di quelle piccole affettuosità
che lui troppo spesso gli negava, troppo preso in quel suo ruolo che ora
scopriva andargli stretto.
Infatti, come il rasta aveva immaginato, il moro
arrossì di piacere e gli restituì quella tenerezza inaspettata.
Si alzarono
e si prepararono per uscire.
Bill era felice per le nuove attenzioni, certo
un po’ brusche, che riceveva da Tom, ma la cosa lo insospettiva un poco.
Non
era da lui lasciarsi andare a simili, gentili atteggiamenti.
Certo, mostrava
sempre la sua spavalderia, la sua faccia di bronzo, ma c’ erano delle cose che
lo lasciavano perplesso.
Quella settimana aveva già declinato un paio di
appuntamenti con due ragazze che, era evidente, fremevano dalla voglia di
concedergli le loro grazie, e il suo sguardo, invece di essere perennemente
posato sul fondoschiena di ogni ragazza che gli passava vicino, se lo sentiva
sempre puntato addosso.
Pensò che il motivo fosse la preoccupazione per
quello che stavano affrontando.
Lo stesso, lo infastidiva non riuscire a
decifrare i sentimenti che stavano come in agguato in fondo a quegli occhi
nocciola.
Quella sera decise di affrontare la situazione di petto, lui che
non era mai stato un coraggioso, decise che, qualsiasi cosa fosse, doveva essere
tirata fuori, discussa apertamente.
Suo fratello era tutto ciò che gli
rimanesse, fra loro non c’ erano mai stati segreti.
Entrando nella camera che
dividevano si avvicinò al letto del ragazzo, che se ne stava rannicchiato,
ascoltando della musica improponibile nelle cuffiette del suo Ipod.
Vi si
fermò accanto, le gambe leggermente divaricate, le mani sui fianchi, uno sguardo
battagliero negli occhi, ma la sua forza interiore vacillò per un istante
:
- E se mi volesse dire che non ce la fa ad affrontare tutto questo ? E se
mi volesse dire di arrangiarmi, che non ne vuole più sapere nulla ? -
Il
cuore gli tremò impercettibilmente :
- .. Non importa .. Qualsiasi cosa sia
và chiarita, e subito ! -
<< Tom … Tom, dobbiamo parlare …
>>
Il rasta si tolse le cuffiette e girò sul gemello lo
sguardo.
Sentì immediatamente che il momento era arrivato, la sua debolezza
aveva mostrato a Bill che qualcosa non andava, e ora avrebbe dovuto dirglielo,
avrebbe dovuto affrontare il rischio di poterlo perdere.
Si sedettero
entrambi sul letto, ancora una volta avvolti dalle tenebre che aiutavano certi
discorsi a fluire più facilmente.
<< Tom, cosa ti succede ?
Ultimamente sei strano, non ti comporti più allo stesso modo … Non che questo mi
dispiaccia, sai quanto adoro essere coccolato, le tue dimostrazioni d’ affetto,
sapere di essere importante per te, ma … Ma se c’è qualcosa che devi dirmi,
qualcosa che ti turba, devi dirmelo … Se … >> Il moro deglutì
rumorosamente :
<< Se non te la senti più di affrontare tutto questo,
me lo devi dire Tom … Ho il diritto di sapere se posso contare su di te oppure
no … >>
Concluse, gli occhi bassi a nascondere una lacrima lieve sul
volto.
A quelle parole il rasta ebbe un tuffo al cuore.
Bill temeva di
perderlo !
Sorrise di quella loro totale empatia, quel loro essere così
uguali, dell’ avere avuto la stessa paura.
Ma il sorriso svanì in fretta com’
era arrivato, dalle sue labbra :
<< Sì, Bill … In effetti c’ è
qualcosa che devo dirti, e non sarà piacevole, temo, per nessuno di noi due …
>>
Bill fissò gli occhi sul volto del fratello, drizzò le spalle e si
preparò, preoccupato, ad affrontare quel nuovo ostacolo, pregando fra sé e sé di
poter avere ancora al suo fianco il gemello, alla fine di quella
conversazione.
Tom fece un profondo sospiro, poi iniziò a raccontare ciò che
era successo solo un paio di settimane prima.
Cercò di dire tutto, di essere
il più chiaro possibile, ma tralasciò certi particolari, certe sensazioni che
quell’ essere aveva chiaramente lasciato intuire e che avrebbero scosso il
fratello, usò diverse parole cercando di mantenere inalterato il senso di quel
discorso che aveva ancora ben chiaro in testa come se fosse stato marchiato a
fuoco sulla sua anima.
Ma il fratello fù ugualmente turbato :
<< Io
… Io non ricordo nulla di quello che mi hai raccontato .. Sì, >>
Disse arrossendo lievemente :
<< … Ricordo che ero arrabbiato con
te, e che ero arrabbiato un po’ con tutti … Ma null’ altro … Credevo di essermi
addormentato in soffitta, tutto qui … Non ricordo nulla di tutto il resto …
>>
Poi la sua espressione si fece seria, come se avesse colto una
verità nascosta in quelle parole :
<< Ma allora … Allora tu sei
gentile e affettuoso con me, ti preoccupi per me, solo per il semplice fatto che
ti ritieni colpevole ? >>
Nella sua voce solitamente dolce, si intuiva
una nota stonata, una scintilla di rabbia e frustrazione che stava per divampare
nelle parole e nel cuore di Bill.
<< No, no ! >> Si affrettò a
spiegare Tom, presagendo quello che sarebbe potuto accadere :
<< Cioè
… Sì … >> E davanti allo sguardo furioso del gemello sbottò
:
<< Andiamo, Bill ! Non puoi davvero pretendere che io non mi senta
almeno un po’ in colpa ! >>
Il moro rispose con lo stesso tono adirato
:
<< No ! Certo che no ! Non posso certo pensare di poter controllare
ciò che senti, ma posso pretendere di non voler ricevere affetto ed attenzioni
da te spinte solo dal senso di colpa ! … >>
Il suo tono si smorzò, la
voce divenne un sussurro :
<< Non è della tua pietà che ho bisogno Tom
… Non è quello che voglio … >>
Tom non potè resistere un secondo di
più, si mise in ginocchio sul letto, di fronte a suo fratello e lo prese tra le
braccia, stringendolo forte, sperando che quell’ abbraccio potesse far svanire
dal cuore del suo gemello ogni dubbio, sperando che gli potesse far capire che
ciò che lo legava a lui, non era pietà …
Nascose il volto sulla gola del moro
:
<< Bill, no … Non è così … Io … Ho avuto paura Bill … Paura di
perderti, paura che tu mi avresti ritenuto colpevole del dolore che devi
affrontare ogni giorno … Paura che volessi allontanarti da me … Io …
>>
Ma Bill non lo lasciò continuare, aveva capito, sentiva il suo
affetto, sentiva che era sincero, non voleva sapere altro …
Era tutto ciò di
cui aveva bisogno.
Il tempo passava inesorabile e, di nuovo, venne il giorno
in cui non potè evitare il suo peccato, doveva commetterlo ancora, un’ altra
volta avrebbe dovuto porre fine ad una vita, ancora una volta doveva lacerare la
sua anima, ancora una volta doveva tornare a casa con le labbra sporche di
sangue a prova dell’ empia creatura che era diventato.
E poi …
Poi Tom che
mesto gli sorrideva, scostava le coperte del suo letto e lo faceva sdraiare
accanto a lui , che lo stringeva tra le braccia fino a farlo calmare, che
asciugava le sue lacrime e puliva le sue labbra ancora macchiate dal suo
peccato, in punta di dita, con tocco lieve …
Che posava le labbra su i suoi
capelli e gli sussurrava parole d’ affetto e conforto che lo cullavano
dolcemente …
E mentre, finalmente calmo, si abbandonava al sonno, stringeva
le braccia attorno al corpo di Tom, il suo stupido stupidissimo fratello che
aveva temuto di perderlo, che lui aveva temuto di perdere …
Dio, com’erano
uguali nonostante tutto, e fragili, tutti e due …
Ma il biondo no, non
dormiva …
Pensava, col cuore a pezzi, al suo Bill …
Alla sua metà, che
giaceva accanto a lui, distrutto dal dolore, un dolore che non poteva evitare,
poiché non ne poteva evitare la causa …
Anche quella notte lo aveva
aspettato alzato …
Preoccupato e con quel peso sul petto.
Ma lo
sopportava …
Sapeva che era lo stesso che sopportava Bill, anzi, ne era solo
l’ ombra …
Nulla in confronto al dolore che leggeva negli occhi di suo
fratello, quei suoi meravigliosi occhi …
Aveva bisogno di vederli.
Adesso.
Subito.
Come apparso dal nulla, evocato da quella sua puerile
preghiera, attirato da quel suo infantile eppure bruciante bisogno di lui,
apparve.
Finalmente, eccolo lì, davanti a lui, mentre lo guardava …
La
luna alle sue spalle, i suoi dolci occhi velati dalle lacrime, un rivolo di
sangue all’ angolo delle sue candide labbra …
Tom, distrutto una volta in più
da quella visione, aprì le braccia e lo accolse nel suo letto, tra le sue
braccia …
Un tenero gattino tremante …
Ma era il suo …
Il suo
gattino che non sapeva vivere né morire, ormai prigioniero di quell’ esistenza,
e lui lo avrebbe protetto, qualsiasi cosa fosse successa …
Non lo avrebbe
lasciato più solo, aveva commesso già una volta quell’ errore, ed il risultato
era lì, scosso dai brividi …
No, non lo avrebbe più permesso.
Era questo
quello a cui pensava sfiorando le pallide labbra del fratello addormentato tra
le sue braccia, con la punta delle dita, macchiandole di sangue, e desiderando
di poterle baciare …
Sgranò gli occhi nel buio a quel pensiero, credette di
non poter sopportare lo stupore di quella rivelazione del suo cuore, poi,
inspirando il profumo dolce dei capelli setosi di Bill che gli sfioravano la
punta del naso, sorrise mestamente.
Sapeva che quella rivelazione non lo era
affatto, era solo un’ ammissione che faceva a sé stesso, era solo il dare voce
ad una verità che era dentro di lui, forse da sempre, forse da un solo secondo,
ma da quanto fosse in lui, non era quello che la rendeva meno vera, meno
prepotente, meno importante.
… Bill …
Bill era tornato a casa, era sfinito
…
Sfinito da quell’ esistenza dannata …
Era tornato dall’ unica persona
che lo poteva accettare per ciò che era diventato, pur sapendo ciò che doveva
fare per sopravvivere …
Da lui, che era l’ unica persona che poteva
stringerlo tra le braccia senza correre pericoli …
No, non poteva nutrirsi di
lui, perché era come nutrirsi di sé stesso …
In lui, non solo scorreva lo
stesso sangue …
No …
In lui vi era la sua stessa Anima …
Bill sapeva di
possederne ancora una nonostante tutto, solo perché sapeva che era protetta in
quella di suo fratello …
E poi …
Lo Amava …
Non avrebbe mai potuto
sopportare di vederlo morire esangue tra le sue braccia per mano sua.
E nel
suo cuore, ringraziava quel legame che nulla, nemmeno la realtà di ciò che era
diventato, poteva spezzare …
In nessun modo.
[ … … … … ]
Era
passato un anno ormai, dalla rivelazione di Bill …
Un anno in cui avevano
vissuto fianco a fianco legati da un segreto …
Uno ne era vittima e l’ altro
custode …
Un anno difficile, pieno di segreti, un anno complicato, un anno
lungo secoli e che lo stesso sembrava essere volato via …
Bill aveva versato
milioni di lacrime e milioni di volte Tom le aveva asciugate.
Bill avrebbe
voluto abbandonare quella vita, Tom gli dava il motivo per resistere …
Anche
senza parlare, semplicemente restando accanto a lui.
Ma il biondo, cominciava
a porsi delle domande, e le risposte che si affacciavano alla sua mente non
erano affatto rassicuranti per lui …
Il tempo passava inesorabile,i giorni si
susseguivano …
- Cosa ne sarà di noi? … -
Sapeva solo che nulla poteva
separarli, ma si rendeva conto che c’erano delle cose che loro non potevano
controllare.
Bill, ad esempio …
La sua immagine, riflessa, andava
affievolendosi …
Il tempo in cui riusciva a stare alla luce del sole,
diminuiva, e doveva portare sempre gli occhiali scuri …
Cosa stava accadendo
?
E cosa avrebbe comportato ?
Tom non sapeva dare risposta a nessuna di
quelle domande.
Sapeva che un giorno avrebbe dovuto morire, mentre Bill
sarebbe vissuto per sempre …
Non poteva sopportarlo …
Ma già adesso, i
mutamenti del fratello li stavano inesorabilmente allontanando …
Si
avvicinava il loro compleanno e le domande e le risposte si affollavano ancora
più vorticose del solito nel giovane, combattuto cuore del ragazzo
…
<< Bill … Senti … Io … Invecchierò e … morirò … >>
Non
era una domanda, era il naturale percorso della vita.
Bill sentì stringersi
il cuore, si sentì un piccolo, sporco egoista.
Non riusciva minimamente ad
immaginare tutta l’ eternità senza suo fratello, pensò che quando quel momento
fosse giunto si sarebbe lasciato morire, finalmente libero dal tormento.
Ma
non voleva rivelare a Tom quei suoi pensieri …
Lui si sarebbe arrabbiato,
avrebbe ricominciato a dirgli che la sua vita era troppo preziosa, che avrebbe
dovuto continuare a vivere per lui …
Com’ era possibile che Tom non avesse
ancora capito che l’ unico motivo che gli permetteva di sopravvivere era lui
?
Scacciò quei pensieri, a breve avrebbero festeggiato il loro compleanno,
non voleva renderlo infelice più di quanto già non fosse :
<< Ne hai
ancora di tempo, Tom … >>
Sorrise il moro, lisciando i suoi lunghi
capelli corvini.
<< Perchè preoccupartene adesso ? >>
Abbozzò un sorriso, ma conosceva il tormento del cuore del suo gemello …
Proprio perchè era il suo gemello, o forse perchè quelli erano gli stessi
timori che invadevano il suo stesso cuore.
[ … ]
Quella sera la
musica, gli amici di sempre, l’ allegria invadevano la loro casa festeggiando i
due ragazzi …
E loro sorridevano a tutti …
Tom con la sua spavalderia e
Bill, col suo solito sorriso gentile …
Non volevano far preoccupare nessuno,
non volevano che nessuno scorgesse le paure nascoste nei loro occhi nocciola
…
Tom accettò l’ invito a ballare di un paio di ragazze, era un sacco di
tempo che non si concedeva alle sue ammiratrici, ma mentre stringeva a sé quei
corpi morbidi e disponibili, si sentiva fuori posto, attore di un ruolo che non
sentiva più suo.
Cercava Bill con gli occhi, lo cercava in mezzo a quella
folla di semi sconosciuti che un tempo aveva chiamato amici, di cui un tempo
aveva avuto bisogno e piacere di stare con loro.
Adesso sentiva solo un
grande vuoto, sentiva di non avere bisogno di nulla se non di suo
fratello.
Un brontolio infastidito lo spinse ad abbassare gli occhi sulla
persona che aveva di fronte.
Una ragazza, di cui non ricordava il nome, che
gli si stringeva addosso cercando di richiamare la sua attenzione.
In effetti
la stava ignorando in maniera piuttosto plateale, così decise di rimediare, in
fondo non aveva colpa di quello che lui provava, e così decise di fare il suo
dovere.
Fece aderire il corpo a quello di lei, oscillandolo al ritmo della
musica, ma non riusciva ad evitare ai suoi occhi di scrutare i visi che lo
circondavano alla ricerca dell’ unico viso di cui avesse davvero
bisogno.
Finalmente lo vide, stava appoggiato ad una finestra, parlava con
qualcuno, senza prestargli alcuna attenzione, gli occhi fissi.
Lo stava
osservando ?
Sembrava piuttosto tenere lo sguardo concentrato su un punto
alle spalle del biondo, ignorandolo volutamente.
Era più di quanto Tom
potesse sopportare, allontano il più gentilmente possibile quella ragazza da sé,
e salì diretto al piano di sopra, da solo.
[ … ]
Tom era sparito
…
Poco prima stava ballando in mezzo alla sala e ora non c’era più …
Bill aveva sentito lo stomaco contrarsi alla vista del fratello stretto a
quella ragazzina.
Rabbia, gelosia … Non si chiese come si chiamasse quel
dolore sordo, ma lo accettò semplicemente per quello che era …
Sapeva che Tom
doveva farlo, sapeva che avrebbe dovuto continuare a vivere, nonostante lui, e
per quanto potesse fare male, non sarebbe stato lui ad impedirglielo.
E
adesso che non lo vedeva più in mezzo agli altri, si preoccupò ed andò a
cercarlo.
Lo trovò, nella vecchia soffitta polverosa.
Era passato molto
tempo dall’ ultima volta che erano saliti lassù.
Lo vide, seduto nell’ angolo
più nascosto, la schiena appoggiata alla credenza antica, le gambe raccolte al
petto, le braccia a cingergli le ginocchia, guardava fuori dalla finestra,
osservava quella luna, quel cielo stellato.
Il moro si avvicinò piano a lui
:
<< Che stai facendo? Le ragazze di sotto reclamano il loro
“SexGott” >>
Disse.
A quelle parole, il rasta alzò lo sguardo
bellicoso sul fratello, lo incenerì con lo sguardo.
Era arrabbiato con lui,
era arrabbiato perché lo stava costringendo ad ammettere ad alta voce quello che
sentiva bruciargli in petto :
<< Non me ne frega nulla di loro, Bill …
A me importa solo di te, non lo hai ancora capito ? O ti diverte il sentirmelo
dire ? >>
In effetti il cuore di Bill cantava di gioia a quelle
parole e abbassò pudicamente gli occhi per nascondere quella felicità che sapeva
inopportuna …
Sapeva che suo fratello teneva a lui, ma sentirle, era un
piacere così dolce, e, allo stesso tempo, così doloroso …
Il biondo, dopo
aver atteso per qualche minuto una risposta che sembrava non arrivare, proseguì
:
<< … Cosa succederà quando io non ci sarò più? Chi ti proteggerà ?
Chi ti difenderà ? Chi si prenderà cura di te ? … E soprattutto, come farò io
senza di te? >>
La voce del ragazzo tremava e Bill si accorse, con
dolce stupore, che suo fratello, il suo rude Tom, era sull’ orlo delle
lacrime.
<< Abbiamo tempo per pensare a queste cose Tom … >>
Si avvicinò al fratello, allungo la mano, per accarezzare quel volto che
amava, ma il ragazzo si scostò di scatto, evitando quel tocco.
Bill abbassò
la mano e lo sguardo triste.
Tom sapeva di averlo ferito, si sarebbe preso a
schiaffi per quei modi bruschi, che rivolgeva sempre a suo fratello quando era
particolarmente imbarazzato o ferito.
Non avrebbe voluto, ma il dolore, lo
sconforto adesso era troppo grande e aveva bisogno di risposte, non poteva più
accontentarsi di frasi fatte che servivano solo ad allontanare il momento della
verità.
Cercò di calmarsi un po’, di addolcire un po’ il tono della sua voce,
ma, come al solito i suoi sforzi furono inutili :
<< Forse il tuo
tempo è infinito, ma il mio no, e per quanto cercheremo una soluzione, non la
troveremo mai … Lo sai anche tu … >>
Bill sorrise mesto.
Sapeva
che il gemello aveva ragione.
Non c’era soluzione, e l’ unica a cui riusciva
a pensare era terribile.
Non avrebbe augurato la sua stessa dannazione eterna
nemmeno al suo peggior nemico, figuriamoci a suo fratello.
Alla persona che
più Amava al mondo, quella che avrebbe Amato per tutta l’ eternità …
Temeva
il giorno in cui avrebbe dovuto dirgli addio, ma non poteva, non poteva …
Tom
parlò piano :
<< Bill … Anni fa ho ricevuto due regali bellissimi : la
vita, e … Te … >>
Bill teneva gli occhi bassi, non voleva che il
fratello lo vedesse piangere, di nuovo.
<< Ma sono egoista, Bill, e
ora devo chiedere a te di rifarmi gli stessi doni di allora … >>
Bill,
senza curarsi delle lacrime, alzò lo sguardo sgranando i suoi dolci, profondi,
intensi occhi sul gemello e vide che piangeva.
Lacrime silenziose rigavano
il volto di Tom.
<< Regalami una nuova vita, una vita eterna questa
volta, e la possibilità di passarla con Te … Ti prego, Bill … >>
Non
aveva il solito tono di comando che usava quando erano bambini …
Ora lo
stava supplicando …
E Bill non riusciva a sopportarlo …
<< Non
posso Tom, dovrei bere il tuo sangue e tu il mio … Dovrei morderti, farti del
male … Non puoi davvero chiedermi una cosa del genere … >>
Una riga
nera solcava il bellissimo, pallido, tormentato, giovane volto illuminato dalla
luna piena.
<< … Invece tu puoi chiedermi di rinunciare a te ? …
>>
Aveva alzato la voce, si stava arrabbiando.
Bill non seppe cosa
rispondere.
Cosa avrebbe potuto dirgli?
Neanche lui voleva perderlo, ma
non poteva morderlo …
Non lui …
Tom si calmò improvvisamente, davanti
allo sguardo sconsolato del fratello.
Poi si morse il labbro inferiore,
forte, forte tanto da farlo sanguinare.
<< So che non vuoi mordermi …
Credi di poter mordere te stesso ? >>
Nella sua voce c’era un sorriso.
Bill alzò gli occhi e vide il rivolo di sangue sul mento del
fratello.
<< … Avanti Bill … Morditi … >>
Il ragazzo si morse
il labbro, non fece molta fatica a ferirsi, i suoi denti erano affilati.
Non
appena il sangue brillò sulle labbra del gemello, Tom gli si avvicinò
piano.
Accarezzò con mano leggera i suoi capelli, alzò il suo viso e sfiorò
le sue labbra con le proprie.
Sentì il sapore del sangue del suo gemello e
così Bill assaggiò il suo.
Un sospiro che mischiò i loro respiri.
Quell’
Amore non aveva bisogno di parole.
Si dice, un bacio.
Ma quello non fu
solo un bacio.
Attraverso quel semplice gesto si stavano nutrendo l’ uno
dell’ altro.
Si stavano scambiando una promessa.
Le loro labbra unite la
suggellarono.
Sarebbero stati insieme.
Per Sempre.
[… …
…]
Altri giorni erano passati, adesso entrambi i ragazzi condividevano lo
stesso destino.
Ma anche quei giorni stavano per finire, Bill non poteva più
restare.
La sua immagine allo specchio era solo una macchia sfocata, e il
sole, anche solo filtrato dalle tende tirate, gli feriva gli occhi, faceva
bruciare la sua pelle.
Una notte, mentre rientravano assieme nella loro
camera, Bill decise di affrontare quell’ argomento con Tom, dovevano trovare una
soluzione, dovevano farlo assieme.
<< Tom … >> Disse piano,
sedendosi elegantemente sul letto del gemello :
<< Dobbiamo parlare …
>>
Tom non era molto disposto al dialogo, si era abituato abbastanza
velocemente a quel modo di vivere.
Era doloroso e straziante, era difficile,
ma mai come sentire quel tono sconsolato e preoccupato nella voce del suo
gemello.
A quello non si sarebbe abituato mai.
Nonostante tutto si sedette
sul letto accanto a Bill, e rivolse al moro tutta la sua
attenzione.
<< Devo andarmene Tom … Non posso più fuggire, le mie
menzogne non possono più trarre in inganno nessuno.
Non riesco più a fingere
una normalità che non mi appartiene più ormai da molto tempo … Non posso
praticamente più uscire, né specchiarmi, né sforzarmi di mangiare …
Per
quanto ancora credi che riuscirò a ingannare la gente, ad ingannare nostra madre
? >>.
<< Ma tu … Tu non puoi lasciarmi ! >>
Tom aveva
paura, non voleva perdere suo fratello, aveva davvero pensato che adesso, nulla
li avrebbe più potuti separare, e ora Bill gli stava dicendo che doveva andare
via … No.
Non lo avrebbe accettato.
<< TU NON TE NE ANDRAI !
>> Urlò :
<< GUARDA ! Guarda cosa ho fatto per te ! Per stare
con te, per non perderti … >>
Le parole rabbiose, gli morirono in
gola.
Suo fratello stava piangendo e lo stava guardando con un dolore
infinito in quegli splendidi occhi.
Non era una lacrima solitaria quella che
rigava il suo bel viso, infinite lacrime nascevano dai suoi occhi senza dar
tempo alle precedenti di raggiungere le sue labbra pallide.
<< Tom …
Sei … Sei stato tu a chiedermi questo … Tu mi hai supplicato di farlo … Io non
volevo … Sapevo che non lo avresti sopportato, che … Avresti finito per odiarmi
… >>
Le parole soffocate dai singhiozzi erano quasi inpercepibili, ma
Tom le aveva capite, le aveva capite benissimo, e quell’ ultima frase gli si era
conficcata infondo al cuore come la più tagliente delle lame.
Lui odiare suo
fratello ?
No.
Mai.
Ma odiava sé stesso se questo era quello che aveva
trasmesso a Bill.
Bill credeva che lo odiasse, mentre Tom aveva semplicemente
paura di restare solo, mentre quello che avrebbe voluto esprimere era amore
…
Fece un passo verso suo fratello, ma Bill non c’era più.
Aveva preso
questa decisione da solo, e lui si sentiva abbandonato come mai
prima.
Bill non rientrò quel giorno, né il giorno seguente …
Tom
passava le notti alla finestra sperando di vederlo apparire da un momento all’
altro, ma non avvenne.
Una mattina, mentre cercava di assumere un aspetto
decente sentì suonare al campanello.
Silenzio.
Poi, sua madre che
piangeva, gli fece scendere le scale di corsa.
La scena che si ritrovò
davanti agli occhi gli spezzò il cuore : sua madre era abbracciata stretta a
Gordon, entrambi piangevano, il viso della madre era sconvolto, quello di Gordon
era duro e freddo come il marmo.
Non appena lo vide, Simone si liberò dall’
abbraccio del marito e strinse a sé il suo ragazzo, lo condusse in salotto e gli
disse quello che le era appena stato riferito dall’ agente.
Tom stava seduto,
lo sguardo fisso al pavimento.
Avrebbe dovuto piangere, sarebbe stata la cosa
più normale, ma in realtà stava inseguendo i suoi pensieri, stava collocando nel
giusto ordine i tasselli di quella storia, riusciva quasi ad intravederne il
senso.
La macchina guidata da un ubriaco, Bill che si trovava proprio lungo
quella strada, sul ciglio di quel burrone, sopra quel fiume …
Il suo corpo
non era stato ritrovato …
Lui sapeva bene il perché …
Lo stesso, il dolore
di sua madre lo stava straziando fino infondo al cuore.
Per un attimo provò
una rabbia sorda verso suo fratello, poi pensò che forse era l’ unica cosa che
avrebbe potuto fare, e si ritrovò a considerare che presto avrebbe dovuto
prendere anche lui la stessa decisione.
Salì in quella camera che ora era
solo sua, sentendo fissi su di sé gli occhi pieni di lacrime della madre.
Si
sedette sul letto e sdraiandosi sentì un fruscio di carta sotto la
testa.
Infilò la mano sotto al cuscino e ne estrasse una lettera.
- Bill …
-
Aprì il foglio e lesse :
“ Tom, so che sei arrabbiato con me, ma cosa
altro avrei potuto fare ? Avrei forse dovuto dire a nostra madre ciò che sono ?
Dirle che per colpa mia tu stai andando incontro allo stesso destino ? … Sì,
probabilmente mi sono comportato da vigliacco … Cosa posso farci ? … Sono io …
Ti prego, resta accanto alla mamma più che puoi, dille che gli voglio bene,
dille di non smettere di sorridere, dille che, a parte te, Tom, lei è stata e
sarà sempre la persona più importante della mia vita … Per l’ eternità …
Abbraccia anche Gordon, digli che sono fiero di essere stato suo figlio … Dì
loro che li amo … E, Tom … Presto o tardi dovrai fare la tua scelta … Segui il
tuo cuore, io non ti voglio condizionare, e per un po’ starò lontano … E’ l’
unica cosa che credo di poter fare per te … Ti voglio bene.
Bill “
Tom
lesse e rilesse quelle righe un’ infinità di volte, cercando di capire cosa
avrebbe dovuto fare, cercando di scacciare dalla sua mente l’ immagine di sua
madre in lacrime per Bill, cercando di non immaginare la sua vita quando anche
lui se ne sarebbe dovuto andare …
Pianse.
Pianse tutte le lacrime che
ancora aveva in corpo, tutte quelle che non aveva mai pianto, tutte quelle che
non avrebbe pianto mai più.
“ Mamma, scusami mamma …
Scusaci entrambi, se
puoi.
Ti vogliamo bene, te ne abbiamo voluto sempre, te ne vorremmo per
sempre, nulla cambierà mai tutto questo.
Mai.
Nessuno ha mai avuto più
importanza nella vita, mia e di Bill, di te.
Ma, mamma, io non posso andare
avanti senza di lui.
Lui è la mia anima gemella, la mia metà perfetta, la mia
stessa vita era anche la sua.
Mi manca troppo, mamma.
Sono egoista, so di
averti dato tante preoccupazioni e tanti dolori e, credimi, quest’ ultimo è
quello che mai scorderò, sarà la mia punizione, sarà il mio tormento e la mia
dannazione eterna, ma allo stesso tempo, per tutta l’ eternità avrò il ricordo
del tuo sorriso, della tua voce, delle tue carezze, quegli stessi ricordi che
sono certo, sono anche di Bill …
Un abbraccio mamma, un bacio immenso da
parte mia e di Bill a te e a Gordon …
Diglielo mamma, digli che siamo stati
orgogliosi di essere stati considerati dei figli da lui.
Vi amo.
Vi
amiamo.
Vi ameremo per sempre.
Tom “
Nella notte due figure in
lacrime osservavano quella donna china sulle due tombe gemelle, quell’ uomo che
le posava una mano sulla spalla e che le sarebbe stato accanto sempre.
E poco
dopo erano svaniti nel nulla, due ombre nere nella notte buia che li accoglieva
a braccia aperte, per condurli in una nuova eternità.
La
loro.
FINE
|