Time Lords - Beyond the mirror

di LittleDreamer86
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Come frammenti di specchi infranti,
come vite mai vissute che spezzano la mia mente e mi confondono,
come la tormenta di neve che soffia gelo sul cuore.
Così vedo quell'inevitabile momento in cui ci separeremo per sempre.


Clara
                                            

 

   4. La stanza degli Specchi.


Quel comando, come quello di un comandante ad un suo sottoposto, la fece scattare velocemente in piedi. Si infilò la medaglietta nella tasca davanti dei pantaloni e corse rapidamente di sopra, tenendo il dispositivo tecnologico in mano e la pila accesa nell’altra. Che fosse successo qualcosa di grave al Dottore? Era quello il pensiero che le face risalire la scala il più rapidamente possibile, saltando sempre un gradino. Arrivò alla prima porta, uscita dai cardini e per metà rotta.
< Dottore!!! >
L’interno era vuoto e buio. Varcò la soglia e l’oscurità l’inghiottì assieme alla polvere di cui era piena l’aria. Tossì due o tre volte rompendo quel silenzio di morte. Con il cono luminoso garantito dalla piccola torcia elettrica riuscì ad avventurarsi senza inciampare in niente fino a raggiungere una seconda stanza. La porta mancava. Frammenti di legno sul pavimento e bossoli di proiettili. Qualcuno aveva sparato per entrare lì. Entrò. Vi era un odore di qualcosa di marcito, come se si stesse decomponendo qualcosa. La luce della torcia prese a illuminare l’interno. Una striscia scura sul pavimento, macchie. Era. Era sangue. Sangue di persone. Vide due uomini che imbracciavano ancora i loro fucili, accasciati addosso ad una libreria. Totalmente aperti. Le loro viscere riverse sul pavimento. Sparse. Nausea forte la investì. Avrebbe vomitato se la sua mente non fosse stata distolta da una vibrazione e tre bip dalla tasta sinistra della camicia che indossava. Sms.
Pila tra i denti. Sfilò il telefono dal taschino e indietreggiando lesse. Era del Dottore. Strano, pensò.

Lei ti può aiutare. E’ viva.
She can help you. She’s alive.



Un messaggio strano.
Nel mentre era di nuovo nel corridoio. L’inquietudine che cominciava a salire. Perché il Dottore avrebbe dovuto mandare quel messaggio? Qualcosa non andava.
< Dottore? E’ …successo … qualcosa? Dove sei? > Clara era agitata.
< In fondo al corridoio! Presto! >
La voce concitata di Twelve la raggiunse dalla propria destra. In realtà il corridoio nel quale si trovava, aveva solo altre due stanze, una destra e una a sinistra, osservò.
< Dottore!!! Che succede??… > gridò quasi.
Corse fino in fondo, illuminando con la torcia elettrica il luogo. Spalancò una porta e poi l’altra, ma l’interno di entrambe era buio e polveroso. Era un corridoio chiuso, che finiva lì. C’era solo un muro con l’intonaco per metà perso. Perché non gli rispondeva. Che gli fosse successo qualcosa, senza di lei?
< Dove sei? Rispondi Dottore. > con la voce ancora più alta.
Doveva trovarlo velocemente. Quel messaggio.
< Sono qui, oltre il muro! >
Ruotò il volto verso il muro. Era da lì che veniva la voce di Twelve.
Mise tra i denti la piccola torcia elettrica, e tese quella mano ora libera verso il muro. E se quel muro fosse stato solo un illusione? Nel momento in cui i polpastrelli delle dita stavano per toccare la parete, il contatto mancò e avvertì un formicolio attraversarle la mano. Stupore. Dall’altra parte era vuoto. Prese un respiro e coraggiosamente attraversò il muro, e fu dove aveva trovato lo spazio vuoto.
< Sei totalmente sconvolta Clara. > Lo guardò dritto negli occhi. Lui le osservò il volto spaventato. < Mi fa piacere quando ti preoccupi per me…inutilmente. > Un cenno del capo la invitò ad entrare.
La calda luce di una sola lampadina illuminava la stanza. Il Dottore, aveva in qualche modo riparato il circuito elettrico dell’edificio, in quella stanza segreta. Quella camera aveva una grandezza massima di circa  quattro metri per lato eaveva le pareti fatte totalmente di specchi. Al centro vi si trovavano un letto in legno ricolmo di vecchie coperte scolorite dal tempo e lenzuola ingiallite di polvere. Lui aveva sistemato il cuscino dietro la schiena e si era ben accomodato lì.
< Meglio che evito di parlare! > disse lei < L’hai fatto apposta! >
< Non posso sempre essere l’unico a preoccuparsi! >
Clara fece finta di non aver sentito. < Che gusti strani per una stanza… >
Lui accennò un sorriso che gli piegò le labbra di lato per un istante. < Ti ricordo che tu stessa hai tre specchi per guardare il tuo volto che invecchia… > e rise, prendendola in giro.
< Ti ricordo la tua personale collezione di 53 fez e 207 farfallini, di quella stanza del Tardis. > Clara, naso all’insù, impettita e orgogliosa per quella risposta, si avvicinò al letto e si sedette all’estremità più lontana dal Dottore. L’ immagine della ragazza si moltiplicò centinaia di volte sulle pareti riflettenti, assieme a quella del Dottore, rimpicciolendosi dentro quelle finestre senza fine all’infinito. Centinaia di Clara. Echi in qualche altrove. Ed altrettanti Twelve.
< 56 fez per l’esattezza. Tutti assolutamente necessari. >
< Certo! > Rispose in modo distratto mentre osservava la propria immagine e quella del Dottore, che divertito la osservava dallo specchio. Si voltò verso di lui giusto per tiragli addosso la pila portatile che teneva ancora in mano. Il lancio mancò l’obiettivo per un soffio, rimbalzando a lato della sua testa, sul cuscino per finire a terra. La solita fortuna, pensò lei.
< Clara, Clara…> scosse il capo, due volte, continuando a sorriderle. Prese un profondo respiro, prima di dire altro. < Ma torniamo alle nostre questioni. Questa è la stanza degli specchi. Uno dei ricordi più vecchi. > Disse lui, allargando le braccia e dando un colpo d’occhio all’intera stanza.
< L’hai trovata dentro la mente di John ? >
< Affermativo. E tu, l’hai trovato? >
< Si e, Dottore, ho trovato questo oggetto in mano a John, al corpo… al piano inferiore…sembra importante. Credo…> Clara appoggiò il dispositivo circolare sul letto, mentre il Dottore, si raddrizzava con la schiena e si sporgeva interessato sull’oggetto.
< Bene! Non è stato mosso niente allora da quando PE gli ha sparato. Sicuramente possiamo arrivare ad un buon punto! Bene, molto molto bene! > Il Dottore entusiasta. Il volto gli si illuminò. Era sempre la prima volta, c’era sempre qualcosa di nuovo e sconvolgente dietro l’angolo che l’attendeva. Da scoprire, da comprendere, da vivere.
< Come fai a parlarne così tranquillamente? Come se fosse un gioco? > Lo guardò, accusatoria.
< Lo è sempre stato! >
Lei non disse niente. Il volto corrucciato, quasi dispiaciuto da quelle parole, che la tiravano inevitabilmente in ballo in quel “gioco”. Aiuto protagonista. Intanto Twelve si rigirava l’oggetto tra le mani, alquanto soddisfatto.
< Oh, Clara, questo è un Dispositivo utilizzato per aprire portali Spazio-Temporali. Un po particolare però. Lo può utilizzare solo il proprietario. All’interno vi è registrato il codice genetico. Una vecchia tecnologia comunque. Questo pulsante giallo, serve per attivare il dispositivo. > Sollevò l’oggetto in alto, e lo avvicino allo sguardo più volte. < Può essere utilizzato solo con un catalizzatore di energia vitale che smembra a livello molecolare l’utilizzatore! Ecco il perché della presenza degli specchi! Gli specchi servono come deviatore dell’energia-pensiero del viaggiatore in uno spazio senza spazio per cominciare il viaggio. Lo specchio in sé riflette in un altro specchio un nuovo spazio. Nuovo. Diverso. >
< Uno spazio che non esiste in realtà… >
< Come fai a dire che non esiste, quando lo vedi proprio con i tuoi occhi? > Abbassò la mano con l’oggetto per andare a fissare la ragazza in volto.
Lei allargò le braccia. Le sembrava alquanto strano esistesse uno spazio negli specchi.
< Lo so. A te sembra solo un riflesso ma non è così. Quella Clara che è dentro quello spazio sei sempre tu, in un'altra, in una nuova dimensione. La tua coscienza si sente lì quando tu sei volta verso quel riflesso di te, e più si sente altrove e più sarà facile spostarsi. E quando uno specchio riflette uno specchio, nasce un nuovo spazio. Gli specchi sono come porte su altre dimensioni. L’importante è attraversarle, e non rimanervi troppo a sostare.  >
Rimasero in silenzio per qualche istante, finchè Clara non si ricordò della piastrina metallica che teneva nella tasca posteriore dei jeans.
< Dottore…c’era anche questa. > E gliela mostrò. Lui allargò lo sguardo stupito, e tirò a sé quel pezzetto metallico attraverso la catenella al quale era collegato.
< Oh. > riuscì solamente a dire, rigirandosela fra le dita, osservando i disegni incisi.
< Di cosa si tratta? >
< Questa, va qua.  > Inserì la schedina metallica in una fessura sottilissima sul bordo del dispositivo col bottone. Clik metallico come se qualcosa si fosse sbloccato. < Serve come ulteriore misura di sicurezza, per evitare che il proprietario per sbaglio spinga il bottone… > disse mentre lui stesso faceva quanto detto.
L’indice della mancina di Twelve era ancora appoggiato quando tutto prese a vibrare, come se lo spazio-tempo avesse preso a contrarsi in quel punto, modificandosi. Gli specchi vennero percorsi come ad un onda. E poi tutto divenne strano, inconsueto. Era come se l’aria si fosse riempita di inquietudine tutto d’un tratto. Sull’orlo di un tunnel temporale, quando potresti finire dentro un non-spazio e un non-tempo. Come quella volta in cui Clara si era aggrappata al Tardis da fuori e lo aveva raggiunto su Trenzelore. Questo era quello che stava provando lei. Questa la sensazione che si agitava dentro la mente di Clara.
< Ops… >
< Come ops? Che significa ops, Dottore? > Clara si alzò di scatto dal letto nel quale era seduta. Lo vide piegare le labbra in un sorriso tirato di circostanza.
< Credo di aver commesso un piccolo errore di valutazione. Il proprietario... >
Gli specchi cominciarono a tremare vistosamente. L’intera stanza era come se stesse per frantumarsi. Clara era spaesata. Si guardò attorno completamente spaventata. < Dottore! > Vide il suo antico volto schiarirsi, come se la sua immagine perdesse consistenza. < No! No! No! > Scuoteva la testa, mentre in un balzò si era accostata a lui seduto. Aveva avvicinato la mano alla guancia per accarezzarla ma non riuscì mai a raggiungerlo. Non era mai riuscita in quel contatto più intimo. E nemmeno in quell’ultimo momento assieme era scritto che questo non dovesse accadere.
< Clara. Mi dispiace… >
Quello sguardo che le rivolse prima di svanire, assieme alle sue ultime parole, mai se lo sarebbe dimenticato. Pieno di rammarico. Pieno di dolore. Ed era lo stesso rammarico, lo stesso dolore, la stessa angoscia che lei stessa provava. Gli specchi si infransero e mille frammenti caddero dalle pareti; era come se lo stesso cuore di Clara fosse andato in frantumi.
Le persone che Ami prima o poi se ne vanno, e ti lasciano sola.
Danny che aveva cercato di amare.
Il Dottore. Quando Amare va a superare il limite, quel limite umano che significa possesso, e divine altro. Amare senza limiti.
 
 

Nel Taris, poco dopo.

Non si poteva ancora arrendere. L’unica idea che le venne in mente era quella di usare il Tardis per cercarlo.
Aveva gli occhi lucidi di lacrime e le guance bagnate, quando le sue mani si immersero dentro il fluido luminoso che costituiva la guida telepatica del Tardis. Doveva provare. Cerca il Dottore. Portami da lui. Qualcosa si aggrappò alle sue dita, trascinandola dentro, ancora più in profondità. Cerca il Dottore. Portami da lui. Ti prego portami da lui.
Un rintocco sordo. E silenzio. Alzò lo sguardo giusto il tempo per vedere sullo schermo mobile apparire queste parole.

Dottore Chi?

Rimase sconcertata. Forse qualcosa non andava. Continuò a concentrarsi. Trova il Dottore. Tardis trova il Dottore.

Un nuovo rintocco.

Lo schermo: Esistono numerosi dottori: dottor anderson, medison street 21, london 1832 Terra; dottor Jillean, Norton avenue 1245, Greenwich 1834, Terra; dottor rossi, rome piazza guiducci  45 int A 1988, Terra; Inm Kha della città di Luhtherandskar, 25695 e.g., pianeta Nhipos 12;…

L’elenco era infinito. Sullo schermo cominciarono a scorrere nomi con annessa locazione spazio-temporale. Alcuni umani e altri alieni. Bit su bit.

< No! Non farmi questo… Tardis non farmi questo.> Labbra tirate, parole fra i denti. Non ci stava! Non voleva starci! Non poteva essere finita. Chiuse gli occhi di nuovo Clara, le mani ancora nella stessa posizione. Tento di scacciare lo sconvolgimento che la agitava dentro e concentrarsi di nuovo. < Trova il Dottore Signore del Tempo! Questo Dottore! Ha più di 2000 anni umani, nella sua dodicesima rigenerazione. Solo questo… >
Lo schermo si bloccò. La lista scomparve.

Nessun dottore con le seguenti caratteristiche è stato trovato.
 
Perchè? Perchè proprio a lei era dovuto accadere?
Era finita.
Sola.
Dispersa.
Il Dodicesimo scomparso da tutto lo Spazio e il Tempo.
Ogni speranza svanì dalla consapevolezza di Clara.
Era finita per sempre.
Poteva tornare nel suo tempo, con la guida telepatica. E poi?
Era finita.
L’unico uomo che aveva davvero Amato.
Cosa poteva fare in quel momento se non sedersi nella poltrona in cui lui era solito sedersi per meditare, e piangere. Piangere a dirotto raggomitolandosi su se stessa. Piegate le ginocchia e tirati su i piedi, aveva nascosto il volto nel tessuto che costituiva lo schienale. Sentiva ancora il suo odore lì. L’odore del Dottore. Così dolce e raffinato. Così sensibile. E questo non fece altro che peggiorare il suo stato emotivo.
 
Chiusa nel proprio dolore e in quella tetra rassegnazione che l’aveva colta, non si accorse che il ragazzino gli si era avvicinato da qualche minuto e la guardava piangere. Quando una delle sue mani andò a sfiorare la spalla, lei nemmeno si accorse. Ci volle del tempo affinchè quel tocco potesse farla emerge dal mare di disperazione che l’aveva sommersa.
< John… > sussurrò. Con gli occhi pieni di dolore e lacrime che non volevano placarsi, lei lo guardò mentre si voltava per abbracciarlo.
< Il Dottore è scomparso… ed io non so cosa fare. Scusa. Scusa, piccolo. > Continuava a piangere, mentre lo stringeva a se. < Siamo bloccati qui. Nel passato. Nel passato in cui sei morto. >
Per qualche istante nessuno dei due osò rompere il silenzio. Poi John ebbe un idea.
< Andiamo a cercarlo. >
< Ma io non sono lui. E il Tardis non riesce a trovarlo. >
< Clara, tu sai come funziona questa macchina? O conosci qualcun altro, oltre al Dottore, che lo sa fare? > Il ragazzino si scostò da lei, facendo un passo indietro per rivolgerle la domanda.
< Qualcuno che la sa usare… > ripetè, tra sè.
Il messaggio le tornò in mente improvvisamente. Come risposta alla domanda di John.
L’sms non era stato uno scherzo.

Lei li avrebbe aiutati. Non era morta.

Ma lei chi? Chi?
Qualcuno che non era morto. Qualcuno ancora vivo. Vivo.

Quando finalmente capì, le labbra le si spalancarono lasciandola finalmente libera dalle lacrime e riempendola di stupore.

Missy era viva.

Doveva cercarla, anche se questo significava correre dei rischi.





Nota: ci ho messo abbastanza per pubblicare questa parte, mi spiace per chi l'ha inserita tra le seguite. Purtroppo l'ispirazione è altalenante: bassi e alti. In ogni caso la storia proseguirà senza alcun dubbio. Ho scritto diversi capitoli relativi a fatti che si verificheranno molto in là nella storia. Quindi sarà molto difficile che la interromperò. Rinnovo l'invito a chi legge: se trovati errori di grammatica o frasi con punteggiatura errata o poco fluide, segnalatemelo; purtroppo inserisco di getto quello che mi viene in mente e sicuramente qualche volta, immagino, possa essere sicuramente mal scritto o contorto. Un bacione a voi che leggete! Grazie




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