Magical Mirror pt.4
Chapter IV - Finale
Il
tempo passava con leggerezza nella stanza di Rin. La ragazza non era
mai stata così bene, non aveva mai riso così
tanto, né aveva mai
passato le sue giornate con qualcuno. Era seduta per terra, accanto
allo specchio della sua stanza, come ormai faceva da tre settimane a
quella parte. Teneva le gambe incrociate, la gonna leggermente mossa
dal vento primaverile che si insinuava nella sua stanza, mentre le
mani tenevano le braccia di una piccola bambola di pezza che danzava.
La
figurina di stoffa, Miku, muoveva i piedini a ritmo con la voce di
Rin, che cantava una vecchia canzone della sua infanzia.
“Canti
veramente bene!”
disse Len,
seduto accanto alla ragazza, ma allo stesso tempo lontanissimo da
lei. Poggiò la mano destra sulla lastra di vetro che li
separava e
si sporse un po' per vedere le altre bambole, che dondolavano la
testa estasiati dalla voce della loro padroncina. Sul viso, gli occhi
azzurri brillavano di una luce quasi affascinante e misteriosa,
diversa da qualsiasi cosa Rin avesse visto nel suo mondo.
“Lo
pensano anche loro!”
Rin
arrossì e smise di cantare, con il disappunto del suo
pubblico che
emise un leggero verso di tristezza. Miku la guardò con aria
interrogativa, con quei suoi dolci occhietti cuciti da qualche
esperto artigiano, e la ragazza rispose con un sorriso sommesso,
affinché Len non la vedesse e la bambolina non si
abbattesse. Rin
non aveva mai cantato di fronte a nessuno, lo faceva solo con sua
madre quando era piccina, ma da quando era arrivato lui, le cose
avevano iniziato a cambiare, forse anche troppo velocemente
perché
sembrasse reale.
Aveva
riflettuto a lungo riguardo a quel cambiamento, quasi ogni notte
sotto le lenzuola, ma continuava a non trovare una risposta; forse
semplicemente non ce n'era una e quella era diventata la sua
quotidianità. Iniziò a dondolare la testa,
continuando a pensare a
cosa avesse spinto Len a entrare nella sua vita, mentre intanto i
suoi piedi avevano iniziato a compiere lo stesso movimento.
“Ti
sei incantata? Guarda che la mia magia non fallisce mai!”
fece con finta superbia il giovane oltre lo specchio, indicando le
gambe di Rin ormai guarite e capaci di sorreggerla. Quanto tempo ci
aveva messo per chiedergli di realizzare quel desiderio? Lei non ci
aveva fatto caso, voleva solo prima essere certa dell'esistenza di
quel misterioso mago.
“Lo
s-so... E t-ti sono grata per quello che h-hai fatto...”
“Piuttosto,
perché ora non balli assieme alle tue bambole? Posso mettere
della
musica!”
Il
ragazzo s'era messo in piedi e le tese la mano, sapendo che comunque
non avrebbe potuto afferrarla, attendendo che la ragazza si alzasse.
Gli sembrò titubante, perciò alzò le
mani e una splendida melodia
iniziò a riecheggiare per la stanza, come fosse prodotta da
quel
direttore d'orchestra che Len fingeva di essere. Rin non aveva mai
sentito una sinfonia di archi e pianoforte così bella, non
credeva
che nessun artista al mondo potesse comporre qualcosa di simile, ma
poi un pensiero le balenò nella testa.
Magari
questa musica appartiene al suo mondo, pensò
alzandosi e poggiando le mani sullo specchio per paura di cadere.
Chiuse gli occhi e continuò ad assaporare quella melodia e
la sua
mente iniziò a viaggiare verso quello che le
sembrò un sogno.
Alte
mura di pietra che al sole parevano d'argento, torri e guglie su cui
svettavano stendardi e bandiere; intorno, radure e boschetti verdi e
rigogliosi dove poter correre e sentire la brezza tra i capelli.
“Pare
tanto un vecchio ricordo d'infanzia...” fece a bassa voce,
avvicinando ancora di più il petto alla lastra di vetro; Len
interruppe il movimento delle sue mani e le poggiò su quelle
della
ragazza. Palmo contro palmo, separati da un sottile strato di vetro
che purtroppo per loro rappresentava una barriera invalicabile.
“A
cosa stai pensando?” chiese il
mago, mentre il volume della musica si faceva più flebile,
fino a
diventare un leggero sottofondo capace di confondersi con il
cinguettio degli uccelli e il frusciare delle fronde.
“A
n-niente!” Solo ad una specie di sogno, in cui io
ero la
principessa e tu il mio principe... Il principe che mi ha salvata dal
drago cattivo e che ora mi sta rendendo felice, concluse
nella
sua mente, consapevole che quelle parole non gliele avrebbe mai
dette.
Rin
alzò di scatto la testa e si allontanò,
imbarazzata e un po'
instabile sulle gambe, cercando di nascondere il viso paonazzo a Len.
Intanto, le figurine di Kaito e Luka camminavano a pochi centimetri
dai suoi piedi, preoccupati che le gambe della loro padroncina
potessero cedere da un momento all'altro; invece, dietro di
sé,
sentì il mago borbottare qualcosa che la costrinse a
voltarsi.
Lo
vide sorridere, ma allo stesso tempo sembrava rimproverarla con
dolcezza. Rin non seppe come reagire, dentro di lei avrebbe voluto
poterlo abbracciare e superare quella barriera che li divideva. Cosa
c'è dall'altra parte?
“Sai
che non puoi mentirmi? Ti conosco più di quanto
immagini...”
Il
cuore riprese a batterle all'impazzata, il respiro iniziò a
farsi
corto e irregolare. Ogni suo comportamento e ogni sua azione la
lasciavano perplessa e spaesata, non capiva mai come dovesse reagire,
ma sentiva che qualcosa mancava, qualcosa che la sua magia non
avrebbe mai potuto darle.
“Signorina
Rin!”
Fuori
dalla stanza, probabilmente dalla base delle scale, la ragazza si
sentì chiamare dalla domestica, che sicuramente aveva
qualcosa da
dirle; dal suo tono le sembrò emozionatissima e in fermento,
cosa
che un po' la preoccupava. Rin incrociò lo sguardo di Len e
questo
annuì, lasciandola andare da coloro che la stavano
chiamando; lui
sarebbe rimasto lì ad aspettarla, pronto a realizzare ogni
suo
desiderio.
Cosa
c'è oltre lo specchio? Posso far parte del tuo mondo?
La
ragazza si diresse verso la porta della sua stanza con passo incerto,
sempre più rapido e sicuro man mano che procedeva sotto lo
sguardo
soddisfatto del mago dello specchio, che la osservava muovere quei
suoi delicati piedini dopo anni di malattia e sofferenze.
Ciò che
lui era venuto a fare stava dando i suoi frutti.
Non
sai quanto ti sono debitrice,
fece nella sua testa, senza accorgersi di aver superato la soglia
della sua stanza ed essersi ritrovata nel lungo corridoio tappezzato
di carta da parati azzurrina. Si fermò un secondo per
riprendere
fiato, ancora faceva fatica a camminare e i muscoli delle sue gambe
non erano più abituati a quegli sforzi. Posso
continuare a
far affidamento su di lui in questo modo?
Lasciò
la domanda in sospeso, non sapeva ancora come rispondere, ma quando i
suoi piedi iniziarono a scendere lentamente le scale, si chiese se
Len potesse davvero rimanere al suo fianco per sempre. Era vero, lo
conosceva da poco, ma si sentiva incredibilmente legata a lui, come
se avesse sempre fatto parte della sua vita. Lui aveva fatto
veramente moltissimo per lei e la ragazza non sapeva come poter
ricambiare, cosa che forse l'avrebbe resa veramente felice o,
perlomeno, in pace con se stessa.
“Perché
sento che manca qualcosa?” fece a voce alta. Rin sapeva
già la
risposta ed era molto semplice: voleva che quella barriera che prima
era un semplice specchio sparisse, per poter sentire, e non solo
immaginare, di poter toccare la mano di Len. Lui le aveva dato
tantissimo, forse troppo, ma avrebbe rinunciato a tutto pur di poter
stare al suo fianco senza quel dannato specchio.
“Basterebbe
solo quello...”
Le
mani si strinsero l'un l'altra all'altezza del petto, che si
gonfiò
per accogliere un sospiro di rammarico.
“R-Rin...
Non ci p-posso credere!”
Gli
occhi della ragazza si spalancarono e di fronte a lei, poco lontano
dalla base delle scale, suo padre la fissava stupefatto, con il suo
cappello militare in bilico su due dita. Il viso dell'uomo era
contratto in una smorfia che pareva un misto tra felicità e
incredulità, mentre gli occhi diventavano sempre
più umidi, finché
le lacrime non iniziarono a scivolare su quel volto tanto famigliare.
Rin
abbassò lo sguardo e si fissò le gambe, un po'
come faceva Len e
accennò un sorriso, per poi ricambiare l'abbraccio
avvolgente del
suo papà.
Quello
fu il primo passo verso la vita felice che tanto agognava.
*****
Len
fissava il piccolo quartetto di
bambole, intente a pensare ai fatti propri aspettando che la loro
padroncina ritornasse. Queste ridevano e scherzavano, offrendo al
giovane mago uno spettacolo piuttosto divertente.
“Chissà
se Rin avrà ancora
bisogno di voi...” fece a voce bassa, passandosi le mani tra
i
capelli e riflettendo su ciò che sarebbe successo di
lì a breve: il
tempo, dopotutto, non aspetta nessuno. Tirò infatti fuori
l'orologio
da taschino e fissò le lancette muoversi lente, ma
inesorabili, le
une verso le altre, ad indicare la fine del suo soggiorno in quella
dimensione dimenticata dal mondo. Ancora un po' di tempo e avrebbe
dovuto scegliere se rimanere al suo fianco e abbandonare la sua
vita, oppure tornare indietro e sperare che Rin riuscisse a
cavarsela senza di lui.
“Che ne
dici?”
Il ragazzo si voltò e di nuovo si
ritrovò al cospetto del misterioso uomo incappucciato. Sul
viso la
solita espressione, la bocca contratta nella sua solita smorfia
divertita, anche se in quel momento pareva volere qualcosa di
più
che vedere Len costretto a decidere. Non si mosse, Len non rispose. I
due lasciarono che il silenzio tornasse ad essere totale, quasi
assordante. Dei due, il primo che avrebbe dovuto fare il primo passo,
sarebbe dovuto essere Len.
“Lei
è da suo padre, lo sai?”
cominciò l'uomo, fingendo nella voce commozione e empatia.
“E con
ciò? È stato un suo
desiderio... Presto tornerà anche sua madre...”
L'uomo ridacchiò e si passò una
mano sulla bocca asciutta, da cui era possibile intravedere l'arcata
dei denti superiori. Mosse la testa di lato e mormorò i suoi
complimenti al ragazzo che era stato in grado di mantenere il sangue
freddo fino a quel momento, sempre in bilico sulla ruota del destino.
“Allora? Hai
deciso?”
Len gli diede le spalle e tornò a
fissare la stanza di Rin, dove presto parte della sua magia sarebbe
svanita, sempre a patto che lui decidesse di andarsene. Miku, Kaito,
Luka e Gakupo, le sue amate bamboline sarebbero tornate ad essere
tali, immobili e inanimate...
Queste avvertirono il disagio di
colui che aveva dato loro la vita e lo fissarono intensamente, da una
parte confusi e dall'altra determinati a non lasciare la loro
padroncina da sola.
“Rin non
potrà continuare a fare
affidamento su di voi in eterno, dovrà trovarsi dei veri
amici...”
“E qualcuno
appartenente al suo
mondo da amare, non credi?” aggiunse l'uomo in un ghigno
cinico.
“Che intendi
dire?”
“Facile! Magari
tu non te ne sei
accorto, ma ti guarda proprio con gli occhi di una ragazza innamorata
persa!”
Len arrossì e abbassò lo sguardo,
stringendo con forza i pugni. Non dovrebbe... Non
può
succedere... pensò con impresso nella mente il
sorriso di Rin
quando fu in grado di mettersi in piedi e camminare. Quell'immagine
lo aveva accompagnato per tutto il tempo da quando aveva esaudito il
suo desiderio: lei pareva un angelo e i suoi occhi azzurri avevo
ripreso a brillare di quella luce che le aveva visto per la prima
volta quella notte di pioggia, quando la sfortuna lo metteva alla
prova ogni singolo giorno della sua vita.
“Hai poco tempo
per decidere...
Questa sarà la notte dove tutto torna alla
normalità!”
“Hai di nuovo
intenzione di
sparire? Hai detto la tua frase d'effetto, è tempo di
lasciare il
palco?” fece Len sarcastico, stufo di quella situazione e di
tutte
le conseguenze che sarebbero derivate dalla sua decisione. L'uomo
incappucciato rise di gusto e agitò il dito indice davanti
al viso.
“Se vuoi che
rimanga a farti
compagnia, dillo pure!”
Len scosse la testa: “No,
grazie... Rispondi solo a una mia domanda, ma non mi fraintendere...
Non mi interessa sapere cosa ne sarà di me o
perché mi hai
coinvolto in questa faccenda... Voglio solo sapere se una volta
finito tutto, mi lascerai mai in pace.”
“Può
darsi, sempre che tu non
voglia di nuovo giocare con me!”
Il ragazzo scosse la testa e lo
congedò con un 'forse' che parve una
promessa campata per
aria, senza nessun vero e proprio desiderio di rivederlo.
Ciò che in
quel momento importava non era ciò che sarebbe successo a
lui o ciò
che sarebbe venuto dopo: per Rin, lui solo avrebbe potuto prendere la
decisione più giusta per entrambi.
Il silenzio era assordante, il vento
aveva smesso di soffiare e la luce riflessa dalle tende si era
fermata, facendo sprofondare la stanza in un'immobilità
quasi
innaturale. I suoi occhi azzurri si posarono sulle leggere tende di
tulle e sentì il peso della sua decisione gravare sulle sue
spalle.
Non avrebbe permesso che Rin soffrisse ancora, ma sapeva che
sarebbero bastati un altro paio di desideri e la sua vita sarebbe
tornata alla normalità, prima che il suo egoismo lo portasse
a
intromettersi con lo scorrere del destino.
“Presto mi
dimenticherà... Vivrà
la sua vita...” Oppure no? La domanda
sorse spontanea nella
mente del ragazzo, che in un primo momento non aveva valutato le
conseguenze delle sue azioni: ciò che credeva sarebbe
successo era
che avrebbe fatto ammenda per gli errori che aveva commesso,
soprattutto per liberarsi dal senso di colpa dovuto al suo stupido
egoismo da una parte anche lecito.
Di nuovo, Len si ritrovò stretto
nella morsa del tempo che per la seconda volta non era dalla sua
parte. Troppo poco tempo per pensare, troppo poco per decidere e per
capire cosa provasse il suo cuore, ma purtroppo per lui la decisione
doveva essere presa.
*****
“Non
riesco ancora a crederci,
Len!” fece Rin portandosi le lenzuola fin sotto il naso,
nascondendo un radioso sorriso che avrebbe potuto illuminare la
stanza. Il mago oltre lo specchio annuì, sovrappensiero e
nascosto
nella penombra del suo Limbo. Si morse il labbro e cercò di
dire
qualcosa, ma le parole gli si bloccarono sul fondo della gola,
destando sospetti nella ragazza sdraiata nel letto.
“Va tutto bene?
Hai realizzato un
mio grande desiderio, voglio festeggiare con te il ritorno di
papà e
la fine della guerra!”
“Adesso
no... Vai a dormire, è tardi...” mormorò
Len, con voce talmente basa da costringerlo a ripetere la frase alla
ragazza. Rin bofonchiò qualcosa e saltò
giù dal letto come faceva
da bambina, prima della malattia, e raggiunse il suo mago,
guardandolo con quei dolcissimi occhi da cerbiatta che sembravano
voler scrutare l'anima di lui. Per la prima volta da quando lo aveva
conosciuto, Rin notò sul volto di Len l'insicurezza e la
preoccupazione. Il volto sicuro e pieno di sé, capace di
farla
sentire al sicuro in quel momento non c'era. Volle quindi esprimere
il desiderio che tutto ciò che turbava il ragazzo sparisse,
ma lui
intercettò il suo sguardo con degli occhi talmente tristi da
far
accapponare la pelle della giovane.
“Che ti
succede?” chiese
poggiando la mano destra sulla lastra di vetro, in cerca di quella
del mago che però la ritrasse.
“Il
tempo passato con te è stato bellissimo...”
fu la risposta di Len, che suscitò in Rin un terribile
brivido lungo
la schiena. Sentì le gambe cedere e la vista appannarsi,
spaventata
da quello che sarebbe successo. Suo padre era tornato e non se ne
sarebbe più dovuto andare, sua madre l'avrebbe raggiunta a
breve e
avrebbe riavuto di nuovo la sua famiglia, ma non voleva che Len se ne
andasse.
L'idea della sua partenza le sorse
spontanea, non aveva nulla su cui basarla, ma dentro di sé
lo
sentiva forte e chiaro; solo, non lo voleva accettare Anche l'altra
mano raggiunse quindi lo specchio e chiese, tremante, cosa
significassero le sue parole.
“Quanto
tempo è passato dal nostro primo incontro? Te lo
ricordi?”
La ragazza rispose affermativamente.
Da quando si erano conosciuti, era passato un mese esatto: un mese in
cui lei aveva imparato a conoscere a fondo una persona quando prima
era sola al mondo, un mese in cui questo giovane ragazzo aveva fatto
battere il cuore della giovane dietro lo specchio in modo diverso,
forse con un battito in più che le aveva restituito la
voglia di
vivere a pieno la propria vita.
“T-Te ne vai?
-chiese in un
sussurro- N-Non p-puoi! Sei stato con me per poco tempo, resta di
più!”
Le sue parole uscirono con un
crescendo di tristezza, finché le lacrime non iniziarono a
rigarle
il viso. Perché?, fece nella sua testa. Perché?
Non
volevo più piangere...
Len rimase in silenzio per una
decina di secondi che gli parvero interminabili, come se la sua gola
fosse stretta in una morsa che non gli permetteva di parlare. Non
poteva raccontarle del suo mondo, del vero motivo per cui aveva fatto
irruzione nella sua vita, ma doveva pur dirle qualcosa. Di nuovo si
ammonì per il suo egoismo, lo stesso che aveva causato tutte
le
sventure di Rin e pensò per un attimo di rinunciare alla sua
vita e
rimanere con lei, ma il pensiero di sua madre lo fece desistere;
qualsiasi cosa avrebbe fatto, altre vite avrebbero sofferto, lui in
primis, ma ormai aveva parlato e non poteva più tornare
indietro. La
ruota del destino necessitava di riprendere il proprio corso
originario, dopo la brusca svolta del mago.
“Dentro
di me, ero sicuro che intuissi che questo giorno sarebbe arrivato,
dopotutto sei la mia controparte, oltre questo specchio...”
Rin non capì a cosa si riferisse,
ma il suo presentimento si rivelò subito fondato, con una
concretezza talmente spaventosa che si sentì soffocare.
Aveva
salutato quegli anni di solitudine con l'arrivo di quel ragazzo dai
capelli legati color del grano; i suoi occhi azzurri come il cielo
estivo parevano aver scacciato il grigiore della sua vita e pareva
che il sole fosse tornato, ma adesso tutto quanto andava
sgretolandosi di fronte ai suoi occhi.
Scosse energicamente la testa,
trattenendo più possibile la sua disperazione e il grido di
dolore
legato a quella partenza. Cosa avrebbe visto poi, oltre quello
specchio? Solo la sua immagine e nient'altro? Non voleva succedesse,
voleva poter continuare a vederlo o magari che riuscisse a superare
quella barriera che li divideva.
“P-Perché
devi andare via? Non
puoi restare?”
“Lo
vorrei tanto, ma se lo facessi si spezzerebbe
l'incantesimo...”
fu la bugia del giovane mago, che comunque era lecita: si spezzerebbe
ciò per cui lui aveva lavorato, sia nel suo mondo, sia per
Rin, che
si sarebbe ritrovata a dipendere totalmente da lui e a farlo
diventare la sua unica fonte di felicità; Len voleva che
riprendesse
in mano la sua vita e rimanere lì con lei non glielo avrebbe
permesso.
“N-non mi
importa... - replicò
tra i singhiozzi- A-Anche se tu f-fossi senza magia, io sarei felice
lo s-stesso... Solo perché sei accanto a me...”
“Non
piangere...”
“Come faccio a
non piangere?! Mi
stai lasciando da sola, non voglio più rimanere
sola!”
“Rin,
ascoltami...”
La ragazza alzò lo sguardo e vide
Len sorridere dolcemente, con il dito indice alzato a indicare il
volto di lei. La sua espressione era calma e contenuta, era pronto e
aveva accettato la situazione; in cuor suo, sapeva che era la cosa
giusta. Intanto, nella tasca dei suoi pantaloni, l'orologio
ticchettava inesorabile fino all'ora della separazione o della
prigionia: aveva poco tempo per i saluti e un secondo in più
avrebbe
fatto la differenza.
“Oltre
questo specchio, c'è un mondo dove tutto è al
rovescio e come tale
i nostri destini non si sarebbero dovuti incrociare... Ti ho fatto un
enorme torto e sono venuto qui per rimediare... Ma allo stesso tempo,
non ti sto permettendo di riprendere in mano la tua vita...”
“N-non
capisco... Cosa mi avresti
fatto di male?” chiese Rin, che finalmente stava ricevendo la
risposta che tanto agognava, ma non nel tipo di situazione che si era
immaginata.
“Non
posso dirtelo, perché altererei ancora di più il
corso del
destino... Ma sono felice di essermi intromesso, perché
così ho
avuto l'occasione di conoscere la meravigliosa persona che ho
davanti.
Tu
magari non te ne sei accorta, ma mi hai dato tantissimo e ti
ringrazio... Il tuo sorriso, le tue lacrime, la tua risata... Non
potrò mai dimenticarli!”
Rin tentò di fermare il ragazzo,
avrebbe voluto esprimere un altro desiderio, ossia quello di farlo
rimanere e poi quello di poter finalmente toccare la sua mano, ma sul
vetro di fronte alla giovane si formarono diverse crepe, la cui
origine si trovava esattamente sul punto colpito dal giovane mago.
“Quindi,
non dimenticarti di me...”
“L-Len...”
riuscì appena a
pronunciare la ragazza sola in una stanza appena illuminata da un
lumino tremolante. Gli occhi erano spalancati, il suo corpo
impietrito per lo stupore, mentre di fronte a lei la sua immagine si
rifletteva sulle numerose schegge di vetro. Allungò ancora
la mano
in cerca di quella del ragazzo che non trovò, incontrando
solo il
riflesso di se stessa. “Non piangere”
aveva detto mentre
lei lo implorava di restare, ma il tono della voce di lui pareva
volerle dire molto di più.
Con le dovute attenzioni, afferrò
quindi il pezzo di vetro più grande, con la speranza di
rivedere
anche per un solo secondo gli occhi di Len, assolutamente identici ai
suoi, in quel momento in tutto e per tutto: la luce prima brillava
solo in quel cielo racchiuso nello sguardo del mago, ora brillava
anche negli occhi di Rin. Una luce che per troppo tempo era mancata,
ma che dopo quell'amicizia, forse infatuazione, aveva ripreso a
brillare.
Lo aveva capito, non le ci volle
molto per arrivarci. Il dolore per quella separazione era grande e
spaventoso, simile a quello che aveva sempre provato prima, ma la
consapevolezza del perché delle azioni di Len le aveva reso
tutto
più facile da sopportare. Qualsiasi cosa lui le avesse fatto
di
male, lui l'aveva cancellata, dandole quella spinta di cui
necessitava per riprendere a vivere.
“Continuerò
a conservare questo
specchio per ricordarmi tutto ciò che hai fatto per me...
Grazie”
Dette quelle parole, Rin sorrise.
Intanto, oltre lo
specchio, un
giovane dai capelli dorati guardava in basso, con le mani strette a
pugno attorno ad un orologio da taschino dello stesso colore della
sua chioma. L'orologio aveva smesso di ticchettare. Fermo, immobile
come l'aria della stanza che lo circondava. La luna piena brillava
alta, la sua luce di diffondeva con delicatezza colpendo un mucchio
di lenzuola bianche gettate a terra. Dei raggi argentei si
riflettevano su numerose schegge di vetro, prima appartenenti ad un
specchio, di cui era rimasta solo la cornice.
Il ragazzo non disse niente, l'unico
suono era quello dl suo respiro irregolare rotto da singhiozzi
sommessi. Le spalle si alzavano e abbassavano in continuazione,
mentre dentro di sé un grido di dolore veniva intrappolato
sul fondo
della sua gola.
La stanza pareva essere rimasta
esattamente come quando se ne era andato, ma sapeva benissimo che la
vita era andata avanti senza di lui. Sapeva di aver fatto soffrire la
madre e tutti coloro che dipendevano da lui, ma era tornato pronto a
riprendere le redini.
I suoi occhi si spostarono quindi
alla luna e gli tornò in mente quel volto, che fece
contrarre le sue
labbra in un debole sorriso.
“Mi chiedo, se
oltre lo specchio,
tu stia sorridendo...”
Angolo
di Zenya
Beh,
eccoci qui alla fin fine! Questo è l'ultimo capitolo della
mia
piccola mini-long, lasciato un po' in sospeso, con un finale
abbastanza aperto (?)
Diciamo
che non so esattamente cosa dire, ma spero che questa storia vi sia
piaciuta, per quanto frammentata e legata ai momenti salienti delle
canzoni Magical Mirror e Mirror's Magic.
Vi
ringrazio di cuore per aver seguito questo mio lavoro! Un
ringraziamento speciale va a _ClyssiasChange_
che
ha recensito e preferito questa storia e a FullMoonEris e
RinYumeChan_Yandere che l'hanno messa tra le seguite; e
ovviamente
un grazie a tutti i lettori silenziosi che sono arrivati alla fine
con me!
Alla
prossima e grazie ancora!
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