Capitolo
5
Imboscata
Un nuovo giorno sorse su Ponyville e la vita nelle
strade, puntuale come un orologio, tornò a scorrere con un
largo sorriso scolpito nelle facce dei suoi abitanti. Senza
disordini, senza rumori, caratterizzati unicamente da una tempesta di
colori, tutti i pony della città si misero al lavoro dietro le
mansioni che i loro Cutie Mark segnalavano come le loro uniche
aspirazioni possibili.
Nessuna scelta, nessuna possibilità di fare
qualcosa di diverso. I loro destini venivano decisi da quei simboli e
qualunque disordine veniva presto riformato.
Con passo pesante e deciso, Alastor pensava a questa
visione di Ponyville mentre avanzava subito dietro Aria Blaze, come
se si fosse sostituito alla sua ombra. Entrambi gli umani studiavano
il paesaggio intorno a loro, rassegnati al fatto di essere bene in
vista ma restando attenti a non mostrare le loro reali intenzioni.
I due ragazzi avevano cominciato presto la loro
mattinata: poco era il loro sonno e tanta la tensione accumulata, al
punto che ai primi raggi del sole durante l'alba erano scesi dal
letto e, dopo una veloce colazione, erano subito usciti insieme per
mettere in atto il loro piano.
«La chiave è sicuramente da qualche parte
nel castello di Twilight!» aveva deciso Aria; si era presa
subito l'incarico di pianificare e dirigere le loro azioni, scelta
che Alastor non provò nemmeno a contestare: anche se aveva
bisogno di qualche tentativo per imparare a pronunciare alcuni nomi,
era sicuramente più intelligente di quanto lui non fosse. E,
in una situazione come quella, serviva un cervello funzionante.
Il massimo che lui poteva offrirle in quel tangente era
la sua esperienza nelle azioni non strettamente legalizzate.
«Il problema è che noi non abbiamo idea di
quanto sia grande né quante guardie possono esserci dentro.
Per non parlare di come, trattandosi di noi due, non possiamo affatto
sperare nell'effetto sorpresa!»
La loro situazione era decisamente sfavorevole: essendo
gli unici esseri umani a Ponyville, per giunta molto più alti
di tutti loro, qualsiasi movimento sospetto sarebbe stato evidente
come un lampo a ciel sereno.
Aria sospirò, mettendosi le mani nei capelli
senza smettere di girare intorno. Dopo alcuni secondi si fermò,
battendo le mani e puntandole contro Alastor.
«Sono degli ingenui!»
Il
ragazzo non capì e lei spiegò «I pony, questo era
da ancora prima che venissi bandita con le altre, sono una specie dal
grande potenziale, indubbiamente, ma sono sopratutto tremendamente
ingenui: si fidano a prescindere del prossimo e, sopratutto, solo
tu
sei peggiore di loro nel dire bugie!»
Alastor
si risentì «Io so mentire benissimo!»
Aria lo liquidò rapidamente dandogli le spalle
«Cominci sempre a guardarti intorno e ti ci vogliono cinque
minuti per dire una sola parola, quando menti. Sei il peggior
bugiardo che io conosca!»
Il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa, ma
prima doveva pensare ad una scusa convincente, così rimase
cinque minuti con la bocca aperta e un dito puntato contro Aria.
Non si rese nemmeno conto che stava dando ragione ad
Aria.
Approfittando
del silenzio, lei spiegò il suo piano «Adagio e Sonata
sono entrate nello stesso portale dove siamo entrate noi, perciò
devono essere sicuramente
passate per il castello. Ma se provassimo a vedere dove possono
essere, verremo scoperti nel giro di un minuto: tutto quello che ci
resta da fare è indagare fuori
dal castello.»
Alastor si distrasse sentendo quell'ordine e domandò,
alzandosi in piedi «E a chi possiamo dirlo? Ho come
l'impressione che una parte della città mi guardi strano
mentre l'altra vorrebbe mettermi in vetrina per mostrarmi agli
amici!»
Aria
si voltò verso di lui con un sorriso vincente stampato in
faccia «No, non tutta Ponyville. Forse nemmeno loro sanno cosa
stia pianificando Twichit, ma ci sono cinque pony che sicuramente
lo
sapranno.»
La sirena fece una breve pausa, prima di appoggiare le
mani sulle spalle di Alastor e guardarlo negli occhi «Ma
rischieremmo grosso, avvicinandoci a loro. Un solo errore e loro
parleranno a Twilight. Avrò bisogno del tuo aiuto, Alastor.»
Lui ricambiò il sorriso poggiando le mani sui
fianchi della ragazza, rispondendole «Non ti lascerò
mai, Aria.»
I due ragazzi restarono a guardarsi in quel modo ancora
per qualche secondo, il tempo che entrambi si rendessero conto di
cosa e in che tono si fossero appena detti.
Alastor reagì aprendo la bocca, cercando qualche
scusa da dire per rendere la situazione meno equivoca. Ma la sua
incapacità nell'inventare storie si fece sentire nuovamente e
la pelle gli divenne di un rosso acceso.
Aria, invece, divenne paonazza, ritirò le labbra
e dopo pochi secondi si staccò dal ragazzo, dirigendosi in
un'altra stanza dicendo soltanto «Preparati. Tra poco andiamo.
E, come ti ho già detto, non sarò io quella che ti
metterà l'anello al dito!»
E così i
due umani uscirono per le strade di Ponyville, ignorando gli sguardi
sorpresi degli abitanti e cercando di mimetizzarsi, almeno nel
comportamento, nella popolazione locale. Per farlo, distribuivano
sorrisi ai quattro venti e non si risparmiavano nel parlare con chi,
azzardando un contatto, si fermava a parlare con loro. Nonostante
fossero complici, nessuno di loro aveva voluto approfondire quella
breve parentesi che li aveva paralizzati.
Il primo luogo dove andarono fu il Carousel Boutique.
Studiando una guida del posto, Aria aveva imparato come muoversi tra
quei pony e, ricordandosi del suo doppione nell'altro mondo, la
sirena aveva scelto che sarebbe stata Rarity la loro prima tappa:
fingendosi riconoscenti per i cambi di abiti confezionati
dall'unicorno, avrebbero approfittato del suo orgoglio per ottenere
delle informazioni.
E per un po' il piano parve funzionare, o almeno fino
alla parte delle lusinghe.
Ridendo in maniera quasi maniacale, l'unicorno si era
lanciato in un aneddoto degno di un poema epico su quanto fosse stato
per lei difficile fare delle copie di abiti come quelli che
indossavano i due umani: i tessuti, la forma inusuale, i vari pezzi,
ma sopratutto le dimensioni! Oh, com'era stato difficile creare dei
vestiti senza un modello!
«Per non parlare del fatto che puoi averci visto
solo al castello, vero?» domandò Aria, dandole corda
«Oh,
sì! È stata dura, ma ci sono riuscita lo stesso. Per
fortuna Applejack mi ha dato una mano, l'avete impressionata al punto
che ricordava benissimo
le vostre proporzioni!»
Il trio parlò, o meglio Aria e Rarity parlarono,
ancora per un bel pezzo e quando uscirono dal locale Alastor
avvertiva un forte mal di testa, scatenato dall'incessante
chiacchiericcio delle due donne. Aria, di contro, non pareva
risentirne e piuttosto rifletteva massaggiandosi il mento con
l'indice ripetendo «Questo è molto strano.»
«Che cosa è molto strano?» domandò
Alastor, levandosi il cerchietto sui capelli per massaggiarsi con la
mano libera una tempia
«Applejack
che aiuta a creare vestiti? A meno che la sua storia non sia
completamente
diversa
dal suo doppione nel tuo mondo, stiamo parlando di un pony senza
gusto alcuno nel vestirsi. Figurarsi nel memorizzare proporzioni e
cuciture! E poi, quante volte ci ha visto? Dieci in tutto? Come può
già conoscere bene il corpo umano, così diverso dal
suo?»
«Che dici, vuoi andare a chiederglielo?»
«Non ancora. Prima abbiamo un altro soggetto con
cui parlare.»
Davanti all'entrata del castello, Spike osservava i due
umani rivolgersi a lui con espressione interrogativa: abituato a
portare tutti gli ospiti da Twilight, tutto si aspettava meno che
volessero parlare con lui!
Aria restava accucciata verso il draghetto, mentre
Alastor poco dietro di lei lo squadrava tenendo le braccia incrociate
al petto.
«Come pensate che lo possa sapere?» esclamò
Spike, alla domanda che gli venne rivolta
«Sei o non sei l'assistente della padrona di
casa?» rispose Aria, inarcando un sopracciglio «Ne
parlavo con Alastor in questi giorni e ci chiedevamo, se il portale
per il suo mondo è aperto, come potreste gestire eventuali
intrusioni? Sarà capitata una palla rimbalzata attraverso il
portale, o qualcuno che cade...»
Spike aprì le braccia «Tutto quello che so
è che il portale, dal mondo umano, si apre una volta ogni
trenta lune. Twilight ha progettato un modo per attraversarlo ogni
volta che vuole. Ma è curioso che me lo chiediate.»
«Cosa ci sarebbe di curioso?» domandò
Aria
«Applejack ha sollevato la stessa domanda qualche
tempo fa. Da allora passa sempre un po' di tempo, specialmente alla
sera, davanti allo specchio a occuparsi di eventuali intrusioni. I
primi tempi montava la guardia in coppia con qualcun altro, ma non ha
mai chiesto cambi.»
«Tutto questo non ha senso!» esclamò
Aria, mentre con Alastor riprendeva a spostarsi «Non solo ci
conosce perfettamente ma, magicamente, si preoccupa di quello che
passa attraverso il portale e si offre di farci da guardia. Dopo
un'intera giornata passata a lavorare, chi può avere voglia di
controllare anche una possibilità remota come che qualcosa
picchi attraverso il portale e finisca casualmente qui ad Equestria?»
«Sei sicura che dicesse la verità?»
domandò Alastor, credendo che il drago avesse mentito
«L'hai visto anche tu negli occhi. Era troppo
ansioso di sbarazzarsi di noi per inventare una storia.»
«Da quando sai leggere le persone nello sguardo?»
«Non padroneggi poteri di controllo della mente
senza imparare a leggere i movimenti delle persone!» ribatté
lei, quasi offesa
Alastor
alzò le mani in segno di resa, interrompendola «Okay,
Sherlock!»
solo allora si accorse di dove la ragazza lo stava portando. Era
felice di seguire semplicemente le istruzioni di Aria, alla fine si
trattava di agire in maniera simile, se non addirittura uguale, a
quella nel suo mondo originale, tuttavia l'assoluta ignoranza
riguardo le intenzioni di lei lo lasciava piuttosto spaesato.
In quel preciso istante si trovavano vicino ad una
recinzione che fungeva da ingresso ad un vasto meleto, il quale come
una vasta muraglia marrone, rossa e verde che si estendeva fin dove
l'occhio poteva guardare, circondava una fattoria dalle mura rosse e
il tetto scuro.
«Dove siamo arrivati?»
«Questo
luogo lo chiamano Giardino Meleblabla,
o qualcosa del genere.»
«E
cosa dobbiamo fare, qui?» domandò ancora Alastor,
seguendo Aria la quale invece cominciò a camminare in punta di
piedi nella vegetazione, come cercando di non farsi scoprire. Era
così focalizzato sul loro obiettivo che nemmeno si domandò
se quel posto si chiamava davvero Meleblabla.
«È
qui che vive il nostro prossimo bersaglio. L'unico modo per venire a
capo delle stranezze che ci hanno appena detto è chiedere
direttamente a Jackline!»
«Applejack.
Credo che si chiami Applejack.»
«E tu come fai a esserne certo?» ribatté
Aria, offesa di essere corretta da Alastor
Non avendo il coraggio di ammettere a voce alta che Aria
aveva pronunciato correttamente quel nome fino a poco prima, Alastor
confessò un particolare che aveva notato «Applejack è
anche il nome di un cocktail. Un cocktail dannatamente buono, che
Susy non sa fare. Non c'è modo che possa dimenticarlo!»
Aria agitò la testa, accompagnando il gesto con
una leggera risata. Euforia che tuttavia terminò non appena
vide, poco lontano da loro, sul retro della fattoria, il draghetto
Spike e la giumenta appena menzionata parlare con volto contratto,
come se stessero comunicando qualcosa di estremamente importante.
Volendo scoprire il più possibile, e chiedendosi
come il drago potesse averli preceduti senza che se ne accorgessero,
entrambi i ragazzi si acquattarono nella vegetazione. Aria era
abbastanza slanciata da potersi nascondere in maniera efficace dietro
ad un albero, mentre Alastor dovesse sdraiarsi in mezzo a dei
cespugli.
Il pony e il drago stavano discutendo in maniera
piuttosto animata, come se non avessero la preoccupazione di essere
sentiti.
«La sirena è
qui, a Ponyville. E sta passeggiando liberamente con l'umano
appresso, perché è così difficile catturarli?»
domandò Spike, allargando gli artigli.
«Twilight ha
messo intorno a loro una sorveglianza degna di una principessa. Non
possiamo semplicemente prelevarli e portarli fuori da Ponyville senza
attirare l'attenzione!» esclamò Applejack, indicando
intorno a se con la zampa
«Be', questo
non ci ha fermato finora, o sbaglio?»
«Sappiamo
entrambi che Sua Maestà in persona si è infiltrata in
regni in cui tutti erano concentrati su di lei,
figurarsi se non riesce a inserire dozzine di noi in una cittadina
come questa, dove tutti sono distratti!»
Spike sbuffò,
portandosi una mano sulla fronte. Alla fine domandò «Quali
sono gli ordini, allora?»
«Dobbiamo
rinunciare alla copertura. I risultati al momento sono soddisfacenti,
ma per completare l'esperimento abbiamo bisogno di tutte e tre le
sirene. La Regina sta arrivando, dobbiamo tenerci pronti per quando
darà il segnale!»
I due ragazzi
avevano sentito decisamente abbastanza.
«Il
segnale per
cosa?»
domandò Aria, uscendo allo scoperto
I due la fissarono per qualche istante senza dire
niente. Non si erano preoccupati di assicurarsi che intorno a loro ci
fosse qualcuno o qualcosa, ma il fatto di essere stati scoperti non
li dava molta preoccupazione.
«E dov'è il tuo ragazzone?» chiese
Applejack, guardandosi intorno.
Aria, con fare volutamente strafottente, puntò
verso il duo una mano piegata per fare il gesto della pistola,
avvertendoli mentre fingeva di prendere la mira con un occhio «Ditemi
che cos'è questo segnale e... beh, farò in modo che lui
non vi faccia ingoiare i denti e non vi butti in un tombino. Che ne
dite?»
Per tutta risposta, il duo le rise in faccia. Allora
Aria, offesa, piegò le labbra in un sorriso feroce «Io
vi avevo avvertito.»
Accompagnato
dal suono dello sparo emesso da Aria «Bang!»
Alastor uscì allo scoperto.
Velocemente
e inarrestabile come una locomotiva, corse verso il duo, travolgendo
Spike e afferrando Applejack per la criniera, trascinandola contro le
pareti della fattoria.
Spike era abbastanza piccolo da poter essere sbalzato
via semplicemente dall'impatto con l'umano, trascinare Applejack fu
già più difficile. Difficile, ma non impossibile.
Quando la giumenta picchiò in pieno contro
l'albero, una fiammata verde la avvolse, rivelando l'essere simile ad
uno scarafaggio grande quanto un pony che Alastor aveva già
affrontato nella foresta.
«Mapporcapu...» fece appena in tempo a dire,
prima che il secondo avversario lo colpisse alle spalle rompendogli
una trave di legno sulla schiena.
Alastor indietreggiò qualche passo, portandosi
una mano alla nuca. Quando si voltò, minacciando di una
terribile sorte quel “codardo e checca” che lo aveva
preso alle spalle, si gelò vedendo Aria guardarlo con uno
sguardo feroce.
«Ora
sì
che non ci capisco un c...»
«Sono Mutanti! Possono prendere qualsiasi forma!»
gridò la vera Aria, mentre si metteva in guardia da un
bellicoso Alastor che si stava avvicinando lentamente, ma
inesorabilmente, a lei. Probabilmente era lo stesso che Alastor aveva
picchiato contro il muro... erano veloci, i bastardelli! E si
riprendevano in fretta!
«Non rendiamo le cose facili, insomma!» si
lamentò lui, schivando per un soffio un gancio della finta
Aria abbassandosi velocemente. Così facendo, tuttavia,
ricevette una ginocchiata all'occhio da parte dello stesso nemico.
Il colpo risuonò nella testa di Alastor come se
avessero colpito una campana posta dentro il suo cervello, ma in
compenso vide che anche la copia di Aria si stava massaggiando il
ginocchio. Lui aveva proprio la testa dura.
Felice di sapere che i suoi avversari, per quanto duri,
potevano almeno provare dolore, Alastor piegò le labbra in un
inquietante sorriso, acuito dal fatto che questa volta non sembrava
soltanto una smorfia, e chiamando il suo nemico come il figlio di una
donna dai facili costumi annunciò che era il momento di vedere
“cosa sapeva fare”.
All'interno del suo castello, Twilight ripose il libro
per comunicare con Sunset Shimmer sullo scaffale, rimuginando nel
mentre.
Aveva appena mandato un messaggio alla sua amica ormai
residente nel mondo parallelo chiedendole se aveva avuto modo di
notare movimenti strani intorno al portale e lei le aveva risposto
che aveva sentito delle voci di strani individui “punk”
che avevano preso l'abitudine di radunarsi intorno alla statua della
scuola, ma non aveva mai avuto modo di vederne uno dal vero.
Poteva sembrare un fatto innocente, un luogo come la
statua del Liceo di Canterlot poteva fungere perfettamente da
rifugio, eppure qualcosa nella principessa era scattato.
Forse era dovuto allo stress per gli eventi degli ultimi
giorni, o il conflitto con quella parte di lei che le suggeriva
insistentemente di alleggerire la presa che aveva su Alastor Sullivan
e Aria Blaze, fatto stava che avvertiva un fastidiosissimo formicolio
sulla fronte che le suggeriva che qualcosa le stava sfuggendo tra gli
zoccoli.
Ma cosa?
Spike
interruppe i suoi pensieri arrivando dietro di lei e annunciando «I
due umani sono appena usciti dalla loro abitazione. Sembra che stiano
facendo due passi per Ponyville, forse vogliono conoscere bene
l'ambiente.»
Twilight annuì
senza commentare, cercando di rimanere concentrata.
Il draghetto si
avvicinò preoccupato «Tutto bene, Twilight?»
«Spike...»
lo chiamò la principessa «Ricordi quando abbiamo aiutato
Rarity durante la settimana della moda a Fillydelphia?»
«Oh, sì.»
annuì il draghetto, carico di ricordi «Per aiutarla,
dopo che aveva dovuto inventarsi da zero tutta la nuova collezione,
avevate fatto le ore piccole! Come posso dimenticarlo? Ti confesso
che a volte rido ancora, ripensando a quella scena: la ricordo così
bene come se se l'avessi davanti agli occhi in questo momento!»
Twilight Sparkle si
gelò. Alzò lo sguardo avanti a se, tenendo gli occhi
fissi sulla parete mentre un intero schema si dipanava di fronte a
lei, come tessere di un domino che cadono una dopo l'altra. Inspirò
profondamente un paio di volte, prima di ripetere con un filo di voce
«Spike...»
«Sì,
Twilight?»
«Quella era
Manehattan.»
Aria si trovava in difficoltà: il Mutante che
aveva preso le sembianze di Alastor la sovrastava di una spanna e,
senza la magia, provare a colpirlo valeva a dire prendere a pugni uno
scoglio. O almeno, questa era la sensazione che le aveva dato dopo il
primo pugno che era riuscita a dargli.
Lui questo lo sapeva e le riservava il più odioso
dei ghigni, mentre allungava in maniera lasciva le mani verso di lei.
Poteva anche avere il fisico più sviluppato tra
le Dazzling, ma quel Mutante era diventato semplicemente troppo
potente, una volta assunte le sembianze di Alastor.
Simile consapevolezza le mandò una vampata alle
orecchie che le fece arrossire e la bloccò per un istante. Un
lasso di tempo più che sufficiente perché il suo
avversario la prendesse per le braccia, sollevandola in alto come un
sacco di patate.
«Sembra che alla fine l'invasione non sarà
necessaria!» osservò lui, sprezzante.
Aria si agitò nel tentativo di liberarsi. Nella
sua forma originale avrebbe potuto staccargli la testa con un morso,
mentre con i suoi poteri avrebbe potuto muoverlo come una marionetta,
ma nello stato in cui si trovava non aveva né la forza né
la magia necessaria per liberarsi.
Tuttavia doveva agitarsi per bene, poiché per
fermarla il Mutante si era sistemato a gambe larghe avanti a lei, per
poter avere una maggiore base di appoggio.
Fu lì che scelse come muoversi.
Scattando, troppo veloce per essere vista, Aria alzò
una gamba e con la tibia colpì violentemente l'inguine del
Mutante. Questi poteva anche essere grande, grosso e potenziato, ma
certe cose fanno sempre e comunque male.
Infatti lui mollò la presa, piegandosi a metà
e portando le mani sulla parte lesa. Posizione che diede un leggero
vantaggio ad Aria, la quale lo colpì alle ginocchia con un
altro calcio, facendolo cadere a terra. Da lì saltò,
atterrandogli con tutto il peso direttamente sul collo.
L'impatto fu sufficiente per rendere privo di sensi
l'avversario: cadde e, dopo venire avvolto da una fiammata verde,
assunse nuovamente le dimensioni originali. Almeno per il momento.
Alastor era certo di avere un certo vantaggio: Aria era
indubbiamente più intelligente di lui, ma restava il fatto che
lui avesse qualche chilo di muscoli in più. Tuttavia presto
dovette ricredersi, quando ricordò che dalla loro i Mutanti
avevano la magia.
Non capiva esattamente come funzionavano i loro poteri,
ma il suo avversario era dotato di una velocità incredibile:
semplicemente lui non riusciva a starci dietro e ogni volta che
provava a colpirla, questa schivava spostandosi di lato talmente
veloce da lasciare dietro di se solo l'immagine. Immagine che
puntualmente si dissolveva quando Alastor la colpiva.
I tentativi di colpirla furono numerosi, ma purtroppo
senza risultati. Se non altro, lei non ricambiava i colpi,
probabilmente voleva prenderlo per sfinimento.
Fu allora che Alastor azzardò e, cercando di
colpirla con un diretto, allungò a tradimento un braccio a
lato. Questi, infatti, prese in pieno il Mutante il quale, troppo
concentrato sui colpi dell'umano, si era spostato senza notare il
gomito posto all'altezza del suo collo.
Colpito, fece una capriola in aria che lo fece atterrare
sgraziatamente con la schiena. Prima ancora che potesse accorgersi di
cosa stava succedendo, tuttavia, Alastor lo sovrastò e,
pestandogli la testa con il piede, lo mise fuori gioco.
I due umani si avvicinarono, guardandosi intorno
chiedendosi se ce ne fossero altri.
«I mutanti si muovono in sciame.» ricordò
Aria «Non può essere che ce ne fossero solo du...»
Le parole della ragazza vennero interrotte dall'arrivo
di alcuni membri della stessa famiglia di Applejack, tra cui Granny
Smith, Apple Bloom e le sue amiche, che li fissarono con tono di
sfida.
«Che c'è?» chiese, seccato, Alastor.
«Sono Mutanti anche loro.» spiegò
Aria, benché stesse guardando intorno a se. I suoi occhi erano
circondati da un leggero alone rosso che Alastor non vide «Siamo
circondati. Ne arrivano altri, dalla foresta.»
Alastor si concentrò sulla situazione intorno a
lui. I pony che li stavano circondando avevano preso le loro
sembianze e l'eco di passi in avvicinamento dalla foresta si faceva
sempre più forte. Data l'intensità dovevano trattarsi
di svariate migliaia di Mutanti in marcia.
Un leggero sorriso si formò sulle sue labbra.
Aria fece un secondo di riflessione, prima di agitare il
capo sconsolata «Immagino che sia inutile farti notare quanto
sarebbe più saggio scappare...»
«Prima ti metto in salvo. Poi, non me lo perderei
per niente al mondo!»
«Sarà il tuo funerale.» osservò
la ragazza, sentite le parole di Alastor. Nella sua voce non c'era
alcuna traccia di minaccia o avvertimento, ma pura e semplice
constatazione.
Alastor sorrise ancora, sprezzante, mentre i Mutanti
intorno a lui cominciavano ad avvicinarsi lentamente, come predatori
che stanno per ghermire le loro prede, e l'eco dalla Everfree Forest
si faceva sempre più intenso «Meglio così, che in
altro modo!»
Fu allora che, annunciandosi con un semplice «Non
voglio che muoia qualcuno | Cerca di non essere importuno!» una
saetta cadde tra i ragazzi e gli assalitori.
Atterrando con addosso una borsa di vimini, Zecora
attaccò i Mutanti estraendo due boccette e lanciandole verso
di loro con una velocità tale che nessuno riuscì ad
accorgersi di qualcosa fino a quando queste non si ruppero a terra.
Una nube azzurra avvolse i Mutante con le sembianze di
Alastor e Aria, lasciandoli tossire. Mentre il fumo si diradava,
tutti si accorsero di aver subito particolari handicap che li
lasciavano esterrefatti: ad uno di loro era cresciuta a dismisura una
folta peluria riccioluta, un altro il corno aveva assunto una
consistenza simile a gomma, un altro ancora aveva la lingua sporgente
gonfia e a pois...
Ma non ci fu il tempo per parlare oltre, poiché
la zebra ordinò, con il tono di chi non accetta un rifiuto
«Seguitemi!»
Poteva essere anche un bel modo di morire, difendendo la
propria amata da chi voleva invece rapirla, ma se c'era il modo di
proteggerla e vedere assieme l'alba del domani, era sicuramente
meglio. Arrossendo non appena si accorse di aver pensato ad Aria come
“la propria amata”, Alastor seguì la ragazza e la
zebra.
Il trio tornò presto a Ponyville, correndo tra le
vie dove numerosi pony cominciarono a prendere il volo, avvolgendosi
in fiamme verdi fino a riprendere le sembianze di Mutanti. Il cielo
si stava lentamente, ma inesorabilmente, riempiendo di punti neri che
osservavano con ghigni predatori i tre fuggiaschi mentre si stavano
dirigendo verso il castello di Twilight.
Una volta entrati, videro un paio di pegasi chiuderli
velocemente la porta alle spalle.
Fermati per riprendere fiato, vennero raggiunti dalla
padrona di casa.
Alastor si fermò a guardarla, senza parlare
subito.
La principessa si atteggiava in maniera estremamente
diversa dal solito, anziché agire composta camminava in
maniera lenta e con il capo chino, come se stesse cercando di uscire
da una situazione che non solo la feriva nell'animo, ma che non
mostrava alcuna soluzione semplice.
L'alicorno si fermò avanti ai due umani,
continuando a non pronunciare una sola sillaba per ancora un minuto.
Alla fine, quando rialzò lo sguardo, Alastor raccolse quanto
fiato aveva per chiedere «Cosa accidenti sta succedendo?»
In
maniera lapidaria, Twilight Sparkle rispose «Abbiamo un enorme
problema.»
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