L'uomo si deterge la fronte
con il dorso della mano, più volte.
Una goccia di sudore,
minuscolo cristallo di
sale, gli pungola un occhio, costringendolo a strizzare le palpebre per
sfuggire a quel
piccolo bruciore.
Sbuffa, dando un colpo secco alla vanga con cui da anni ammazza i
ricordi e poi li seppellisce, zolla dopo zolla, tra cipolle e patate, e
qualche ciuffo di gramigna.
L'attrezzo resta conficcato nel terreno, e l'uomo stiracchia i muscoli
della schiena. E' soddisfatto, perché anche per quel giorno
la
fatica del corpo gli ha annebbiato la mente, e così non ha
pensato, a nulla, che non sia il rumore della vanga che smuove la
terra,
o i mugolii con cui si dà l'aire per affondare il colpo, e
scavare.
Si allontana dal campo, dissodato per una buona metà, per
buttarsi ai piedi di un albero, in cerca di frescura.
Sistema le spalle contro il tronco, flesso un ginocchio e allungato
l'altro, scioglie con gesti lenti il fazzoletto che porta annodato
sotto la gola e se lo passa sul collo e la nuca.
Inutile cercare di mentire a se stessi. Sono passati più di
dieci anni, ma quel giorno suscita ancora emozioni dal gusto forte.
Nostalgia, amarezza, dolore... e un senso vago e indefinito, quasi di
risentimento. E' uno dei tanti 14 luglio della sua vita, e a Dio
piacendo sta quasi volgendo al termine.
L'uomo guarda la scacchiera d'ombre e luci che danza dinanzi ai suoi
occhi, e la trova quasi bella.
Una brezza leggera risveglia le fronde, l'oceano non è
lontano da lì. In certe giornate limpide e schiette si
può quasi spingere lo sguardo fino all'orizzonte e credere
di vederci il bianco spumeggiante delle onde. Vere però sono
le vele che, lente, si stagliano in quel biancore, il punto in cui il
mare svapora nel cielo.
Più volte ha immaginato di lasciare la terraferma e
imbarcarsi. Ricominciare, reinventarsi... una rinascita. Ma poi, le
stagioni cedono il passo l'una all'altra, sulla camicia indossa la
giacca, e poi accende il fuoco nel camino, e in un lampo i ciliegi sono
in fiore, e torna forte a soffiare il vento impetuoso dell'oceano, ed
è di nuovo tardi, e non è mai stato il momento, e
lui è ancora qui, con tutto il carico dei ricordi,
come un vecchio che non sa separarsi dal proprio passato, per la paura
di perdere anche un po' di se stesso.
Respira l'odore dei campi, mentre cammina a passo lento verso casa.
Il desiderio, uno solo, di tuffare la testa nel catino dell'acqua, e
cambiarsi la camicia. Due, in verità... li enumera,
guardando fisso davanti a sé... una rinfrescata al volto,
una camicia pulita e un bicchiere di vino, sotto la pergola. Tre,
addirittura tre desideri in un colpo solo! Sorride per l'ardire, e una
risata viva e rumorosa gli esplode dalla gola.
Forse è per quello che non si accorge subito di una carrozza
che sta procedendo lungo il suo stesso percorso, e quando il rumore
degli zoccoli gli risuona nelle orecchie fa appena in tempo a spostarsi
oltre il ciglio della strada, tuffando le scarpe nell'erba alta che
lambisce il viottolo.
La carrozza si ferma poco più avanti, forse in cerca di
informazioni. E' una carrozza elegante, ed è raro vederne da
quelle parti. Lì c'è solo campagna, e un grumo di
casupole di contadini e artigiani, raccolti intorno a una chiesetta.
- Buon uomo, sapreste indicarmi la giusta via per la chiesa
di Saint-Étienne? -.
Ecco appunto. L'uomo si porta la mano al cappello di paglia, per
calcarlo meglio, e annuisce con la testa.
- Non vi siete sbagliati. Proseguite, e ci finirete dentro -.
Un gesto con la mano, uno schiocco alle redini, e la carrozza riprende
a sferragliare, ondulando per le buche del terreno, di fronte a lui.
Quando raggiunge il piccolo borgo non può fare a meno di
notare la carrozza ferma davanti alla facciata della chiesetta, e una
nuvola -sì, a questo pensa, ad una nuvola, una nuvola di
zucchero - di stoffa leggera color indaco che si arriccia
nervosa, per poi tornare ad accostarsi al corpo della fanciulla che a
piccoli passi si sporge da un cancelletto per poi tornare verso il
cocchiere, guardandosi intorno, un po' smarrita.
- Cercate qualcuno? -, chiede il contadino, avvicinandosi. Si rende
conto che i suoi tre desideri stanno sfumando forse irrimediabilmente,
ma non sarebbe stato da lui ignorare una madamigella in ambasce.
La ragazza si volta nella sua direzione, l'espressione stupita, e poi
raddolcita.
L'uomo ha un tuffo al cuore, e per un istante esita. Forse la ragazza
se ne accorge, perché senza alcun pudore un paio di tizzoni
scuri la stanno fissando imbambolati e senza ritegno alcuno.
- Sapreste aiutarmi, signore? -.
L'uomo si dà dello sciocco, e distoglie lo sguardo,
ritrovando un'antica cortesia.
- Provate a dirmi di cosa avete bisogno, e farò del mio
meglio -.
Sono i suoi occhi che l'hanno travolto, il colore, quel colore
inconfondibile, che lui non ha più rivisto da quel giorno, e
che possono appartenere solo a... scuote la testa, forse il sole del
campo gli ha cotto le cervella, e sta impazzendo, del tutto.
- Vorrei visitare il cimitero -, annuncia la giovane, la voce fattasi
bassa, quasi che i morti potessero trarre disturbo dalla sua richiesta.
- Oh -, è l'unico commento che esce dalle labbra
dell'altro.
La ragazza ha i capelli raccolti sulla nuca, biondi come il grano
d'estate, i lineamenti dolci, e dei fermagli di perle sulle tempie, a
fermare ciocche dall'aria molto ribelle. Profuma di lavanda, e l'uomo
non può non notarlo quando le passa accanto per aprirle il
cancelletto con la chiave appesa ad un cordoncino legato sl collo.
- Voi siete il guardiano? -, chiede la ragazza, alludendo alla chiave,
custodita sul petto.
- Mi occupo delle rose, quando serve, tutto qua -, risponde. - Cercate
qualcuno in particolare? -, chiede a sua volta.
Non riesce ad evitare di guardarla, ed immaginare
già la risposta che gli darà.