blu 01
Blu
̴
1.
[Porto]
“E’ profondo.”
Il blu è il colore della
distanza.
Il colore della solitudine.
Il mare è blu, e il cielo blu.
Sono entità che non potrai mai
cogliere appieno, o attraversare in un attimo. Se volessi percorrerle, prima o
poi ti staccheresti dalla terra e da tutto ciò che essa custodisce di prezioso,
e alla fine ti ritroveresti solo, nel cuore del mistero.
Una nave dispersa tra le onde.
Una stella lontana anni luce.
Blu colore della distanza e dei
sogni. Che forse sono la stessa cosa.
“E’ davvero così profondo?”
Chiede ad alta voce a nessuno in particolare.
Saga punta lo sguardo verso
l’orizzonte. Forse non sa nemmeno a cosa si riferisce.
C’è un sole forte dipinto nel
cielo. Si porta una mano sulla fronte e stringe gli occhi per vedere meglio.
Occhi blu, profondi.
L’estate, sul mare è calda e
sembra sciogliere la tensione interiore. Saga sorride nel sole, mentre cammina
per il porto e cerca di notare tutto, ogni odore, ogni colore, ogni forma della
sua nuova casa. Atene dalle bianche porte vive la sua stagione migliore, e
tutti sembrano accorgersene.
E’ uno strano garbuglio di vie e
vicoli. Saga è sicuro di essersi perso, ma non è importante. Ora deve solo
esplorare tutte le superfici e fare sua la città del mito. L’Acropoli svetta
sulla sommità della collina, e lui sa che oltre quelle colonne antiche come la
memoria è custodito un segreto di cui fa parte.
E la vede brillare sotto il sole
e un cielo estivo così chiaro.
Il tempio chiaro come le case, come le case si oscurerà all’ora stabilita.
Se ne sta immobile a consumarsi
stagione dopo stagione guardando la vita passare accanto a sé, mentre gli
abitanti della città di tanto in tanto alzano lo sguardo per ammirarla,
ammantata della sua modulare bellezza.
In tutto questo tempo non si sono
accorti di niente. È come se non sapessero della sua esistenza. Come se non la
capissero, lei che è sempre più bianca e azzurra nei secoli.
Saga si sente un po’ come quella
vecchia cattedrale. Più blu del normale, con i capelli spettinati che volano al
vento, e gli occhi che studiano ogni superficie. Più misterioso del normale,
perché il suo destino, anche se il mondo non potrà mai saperlo, è quello di
diventare il più forte tra i Cavalieri. Più gigante delle persone che gli
passano accanto e che di tanto in tanto abbassano lo sguardo per ammirarlo,
avvolto nella sua puerile bellezza.
“Ne vuoi una?” Gli domanda la
grossa signora del negozio. Ha i capelli raccolti scompostamente e conta
monetine su un tavolo più alto di lui.
Saga fissa le arance, il loro profumo
è inebriante.
La signora gli sorride
gentilmente.
“Non ho niente con me.”
“E’ solo un’arancia, piccolo!”
Saga fa una smorfia. Lei lascia
perdere le monetine che tintinnano sul tavolo e si avvicina alla cesta delle
arance.
“Ecco, tieni. Ti piacciono, sì?”
“Moltissimo, signora,” Risponde,
educatamente come gli ha insegnato il suo maestro.
“Come ti chiami?”
“Saga.”
“Quanti anni hai?”
“Quattro.”
La signora sceglie un’arancia non
troppo grande e non troppo piccola dal cesto. “Non sei un po’ piccolo per andartene
in giro tutto solo?”
“Assolutamente no!” Risponde
Saga.
Poi ci ripensa guardando
l’arancia. Profuma di agrumi come il vecchio giardino di casa sua e gli
trasmette una calma e una serenità inspiegabili. Un’arancia. Arancione. “Cioè,
sono molto sveglio.”
“Oh, certo.” Ride la signora,
accarezzandogli i capelli blu.
Saga vorrebbe aggiungere: io un
giorno sarò più forte di questa città intera, ma si trattiene. La signora non
capirebbe.
Ed è già stata abbastanza gentile
a regalargli un pezzo della sua vecchia casa.
“Cosa guardi?”
Saga alza gli occhi. Il vento che
gioca coi suoi capelli blu gli impedisce di vedere bene. Ma è meglio così,
perché sarebbe costretto a distogliere lo sguardo.
“Il mare,”
Kastor si siede accanto a lui sul
pontile di legno e Saga ritorna a guardare l’orizzonte. Non c’è un perché del
suo comportamento. Se ne sta solo lì a fissare l’infinita distesa d’acqua con
la consapevolezza che non potrà mai essere abbastanza grande, o abbastanza
intenso per capirla. E’ una sensazione dolcissima, quella delle onde. Tutto il
paesaggio sembra riportarlo a casa. Osserva con nostalgia il suo colore
cristallino, sente il ritmo calmo del suo moto che è uguale in tutte le coste
del mondo.
Odore di mare.
Sensazione salina sulla pelle che
l’ha accompagnato.
Profumo di arance.
Istintivamente Saga si porta le
mani al volto e annusa il profumo dell’arancia.
Puoi capire, a quattro anni, il significato di una parola come
malinconia?
Kastor sembra intuire il suo
silenzio. Non lo sgrida. Lo fissa con aria di rimprovero, e Saga si sente un
po’ più sollevato. Forse in quello sguardo adulto, in quel viso, in quelle
mani, potrà ritrovare un po’ del calore perduto. È a questo che pensa.
“Non saresti dovuto scappare.”
“Non sono scappato, Maestro.”
“Beh,” Dice. “sei qui al Porto.
Non all’Arena, ad allenarti coi tuoi compagni.”
“I miei compagni…”
“Sei perdonato solo perché sei nuovo.
Capito? Ora torniamo.”
Saga annuisce, ma continua a
guardare l’orizzonte.
Forse gli basta solo legare
questa vita nuova alla sensazione del sale, o all’odore di mare e di arance.
Forse si costruirà col tempo una
nuova casa.
***
Queste note saranno
particolarmente lunghe perché è il primo capitolo e perché sono afona ;O; e
sono due giorni che non riesco ad esprimermi, così dovrete ascoltarmi voi.
Detto questo. Sì, è una long fic.
Sarà molto long. Ho scritto 22 capitoli, fin’ora, ma credo di aver superato
appena la metà. D’altronde il piccolo Saga di cose ne ha fatte nei suoi
ventotto anni di vita ù.ù
Due parole sulla struttura:
Punto uno. Non ho davvero
rispettato i tempi della serie originale. Mi dispiace, ma avevo bisogno di più
spazio per Saga e Aiolos. La notte degli inganni non può capitare nei loro
quattordici anni, per cui l’ho posticipata di quattro. Spero non me ne
vogliate. Esigenze di copione ù.ù
Punto due. Kanon. Kanon è un
disastro. A parte che non ho mai capito se vivesse al Santuario o cosa. Voglio
dire, se stava lì, come mai nessuno si è accorto della sua scomparsa o roba del
genere? Se non era lì, come poteva conoscere Saga così a fondo? Non lo so. Sono
anni che me lo domando. Per cui ho deciso, visto che Kanon è un personaggio che
non capisco e che mi dà una marea di problemi, di abbandonarlo a se stesso al
di fuori del Santuario. Ma sarà sempre lì in agguato, non preoccupatevi. Cioè. Forse
sono io che non lo so… voi sapete chiarirmi questo dubbio?
Risposte per Dissolversi – perché non so dove metterle:
Spartaco: Oh, grazie, grazie per
i complimenti *O*! Che poi in realtà è meglio se ci mettiamo a studiare. Su,
facciamo uno sforzo di volontà
Syl: Ti ringrazio tantissimo *w*
anche se non credo che proseguirò con la famiglia dell’Ariete. Questa
cosa di Saga sta assumendo proporzioni enormi, e sta assorbendo ogni mio
altro progetto.
HarleyQuinn: Zitta. Non ne voglio
parlare, dell’esame abbacinante. Non ne posso parlare in realtà perché dalla
mia gola uscirebbe un […] indistinto. No, comunque grazie per il commento, ma
te l’ho già detto <3. E ricorda sempre: slash is love <3
LeFleurDuMal: Oh, grazie per aver
recensito ancora *O* sei ufficialmente il mio nuovo idolo. Non ho altro da
aggiungere a questo *si commuove ;O;*
HOPE87: Sono contenta di averti
dato un’immagine che finisce nel tuo cuoricino <3 A me capita spesso, leggendo
lavori di altri, ed è una cosa piacevolissima. È successo anche a me *^*. Sono
fiera dei tuoi occhi lacrimosi. Grazie davvero XD
Grazie di nuovo a HOPE87 e
Ren_chan che hanno aggiunto la storia ai preferiti.
Basta, non vi rubo più tempo. Vado
a gettarmi sullo studio.
A presto e baci a tutti X*
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