Titolo: …and
kicking Fandom:
RFP > My Chemical
Romance Personaggi/Pairing:
Gerard Way (+ Bob
Bryar, Ray Toro, Mikey Way, Frank Iero); Gerard/Frank Genere:
Fluff, Malinconico
Avvertimenti:
Slice Of Life, Canon
Complaint
Parte:
1/1
Rating:
Arancione (p0rn a
caso, nominate cose zozze ma non descritte nei dettagli)
Conteggio
Parole: 1.098
Riassunto:
Età importanti.
Note:
Sono partita con dei
buoni propositi. Non riesco più a scrivere cose comiche, che ce
volete fà. L’idea
mi è venuta pensando, e rimanendo sempre nel bandom, a Pete Wentz e
ai Fall Out Boy una volta che ha compiuto ventotto anni. Bambini <333
Il
titolo è un riferimento alla frase “Still alive [and kicking],”
perché sono la lamest.
Non
scrivo a scopo di lucro e i MCR non sono miei. Perché se lo fossero
li obbligherei a dirmi che cazzo è successo tra Frank e Gerard per
davvero. [/diehard frerard shipper] Buona
lettura!~
…and
kicking
Sta
rileggendo un numero di Doom Patrol quando sente qualcuno lasciarsi
cadere sul divano. « Il mio regalo sono io, il fatto che esisto. »
Gerard emette un verso di assenso, mormorando tra sé e sé la frase appena letta. Bob
non è sicuro che abbia capito. Non è sicuro che si sia accorto di
non essere più da solo, così ne approfitta: « Quello di Frank è
la sua verginità. »
Dalla
cucina arriva un grugnito d’ilarità e il rumore di un pacco di
cereali versato per intero dentro una scodella. Mikey Way è un
ragazzo che ha bisogno di crescere, e per crescere ha bisogno di
essere in grado di saper affrontare le nove del mattino, perciò dopo
pochi attimi si sente il gorgoglio della macchina del caffè. Non dice
nulla, ma in qualche modo riesce a comunicare come il suggerimento
non sia sa sottovalutare.
Dal
canto suo, Frank si materializza in boxer rossi con dei cuori bianchi
stampati su, una mano a grattarsi la testa, un’altra allungata in
avanti alla ricerca di caffeina e una sigaretta fra le labbra. « Ci
siamo dimenticati di nuovo Ray?» borbotta, assonnato, e nessuno gli
risponde.
Mentre
butta giù un sorso bollente Gerard si alza in piedi. Ha indosso i
vestiti del concerto di ieri e sta ancora mormorando tra sé e sé,
dondolando la testa a ritmo mentre si dirige verso la propria
cuccetta senza proferire parola.
«
Auguri, » gli urla dietro il chitarrista, senza ottenere risposta.
Passa
qualche ora prima che riemerga dai propri pensieri. Ha le mani
sporche d’inchiostro e di china, i capelli impastati di tempera e
la faccia di chi è soddisfatto del proprio operato.
«
Tra dieci minuti abbiamo l’intervista » gli comunica Ray
guardandolo con gli occhi gonfi di sonno da sopra una tazza di caffè,
allarmando Gerard, che si affretta a rendersi presentabile. È un
bugia, manca una mezz’ora. Ray è deliziato.
Si
avvicina circospetto al letto, osservandolo. In mezzo a diversi
fumetti e molte macchie di colore su fogli bianchi riesce a
intravedere delle parole. Una nuova canzone, a quanto pare, a
giudicare dalle cancellature e dagli appunti a matita vicino al
testo. Nella sua testa si sta già componendo una possibile melodia
che accompagni la malinconia trapelante dalle parole, dalla tristezza
del tema della morte, e pensa sia ironico, che il giorno del suo
compleanno lo pervada di angoscia, specialmente riguardo quell’età.
Il
cantante esce dal bagno esattamente dieci minuti dopo, trovandolo
ancora chino sui suoi scarabocchi. « Non è completo, » lo informa,
come se non se ne fosse già accorto. « Manca la parte in cui cerco
di renderlo un pezzo felice. »
Ray
alza gli occhi, confuso, e il sorriso dell’altro è imbarazzato. «
Sono stato depresso per così tanto tempo che non so più come
trattare il tema della speranza, » spiega. Aggiunge dell’altro,
riguardo al vedere la luce anche quando si è in mezzo al tunnel, a
come sapere che dopo aver toccato il fondo si può solo risalire,
rendendolo cosciente degli anni luce di lontananza tra l’uomo che
era solo un anno prima e quello con cui sta dialogando in quello
stesso istante.
«
Ti devo insegnare a suonare la chitarra, » lo interrompe, perché sa
di non essere in grado fornirgli una base, e Gerard s’illumina,
lasciandosi sfuggire una delle sue risatine acute. Non sono mai stati
molto legati, tranne nella musica.
«
Ora accompagnami a prendere un caffè, » gli ordina. « In venti
minuti dovrei farcela a berne uno che non provenga da questo bus. »
(Dopo
averlo squadrato di nuovo, storce il naso. « Anzi, fatti una doccia,
» gli suggerisce. Evita per poco il pennello lanciato nella sua
direzione.)
Mikey
ha gli occhiali da sole calati sul naso e non preferisce parola da
quando si è presentato all’intervistatrice. Sta digitando a
velocità impressionante sul suo Sidekick nuovo di pacca, occupando
coi gomiti un quinto della superficie del tavolo sulla quale li ha
appoggiati, mentre suo fratello occupa il resto con un miscuglio di
acquerelli e tavolozze e mani che si agitano tra i due e il foglio su
cui sta dipingendo: per un attimo a entrambi pare di essere tornati
ai tempi in cui nessuno dei due sapeva prendere in mano chi un
microfono chi un basso.
Il
fatto è che Mikey è bravo, con la faccenda dell’imperturbabilità,
ma è umano anche lui. Per questo risponde all’ultimo messaggio di
Alicia e poi apre la rubrica, scorrendo fra i contatti e facendo
partite la chiamata.
«
Hey, » risponde Donna, e il telefono viene passato a Gerard.
La
conversazione non è diversa dal solito, da quella quotidiana. Il più
giovane passa le braccia intorno al collo dell’altro, seppellendo
il volto lì, e rimane così per l’intera durata della chiamata,
finché qualcuno non sale sul tourbus e comunica loro che è
ora del sound check.
Si
sveglia con qualcuno che glielo sta succhiando.
No,
è vero: ancor prima di riprendere coscienza riesce a sentire un peso
sulle gambe, i pantaloni del pigiama calati e qualcosa di umido in mezzo al bacino. Un attimo dopo si sta coprendo la bocca con una mano mentre
si inarca in direzione di chiunque gli stia causando l’orgasmo.
Di
solito Gerard è più preoccupato quando non sa l’identità di chi
si trova nella sua cuccetta alle tre di notte a fargli un pompino, ma non ha
il tempo di formulare un pensiero del genere che sta venendo, e le
coperte vengono sollevate, e Frank si pulisce una mano fra i suoi
capelli: « Almeno avverti, animale. »
E
poi succede qualcosa che si sarebbe dovuto aspettare fin dall’inizio
della giornata: lo vede sorridere, o almeno provarci, prima che il
suo viso collassi su se stesso e il suo viso sia rigato di lacrime. «
Ce l’hai fatta, Gee, » mormora, crollando su di lui e prendendogli
il viso fra le mani. « Ce
l’hai fatta. »
Sono
ventotto anni, quel 9 Aprile. Nonostante sia stanco a causa del
concerto a cui si è appena esibito, nonostante non sappia ancora in
che direzione andrà la sua vita, nonostante riconosca che anche le
sue guance sono bagnate riesce a riconoscere quel traguardo. Perciò
si lascia andare ad una risata, la voce spezzata e tremante, su di
giri, e vicino a lui il chitarrista lo guarda confuso, le lacrime
ancora fresche ma un sorriso a curvargli le labbra, così Gerard se
lo tira sul suo petto e lo esorta a dormire.
«
Tanti auguri, » lo sente bisbigliare. « E quella era la mia
verginità. »
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