Premessa: questa
storia è stata scritta per il Drabble Event “We are out for Prompts”. Il
prompt mi è stato assegnato da Chara ed è “Gale Hawthorne –
Voleva solo tornare a quando le sue mani erano sporche di carbone.”
«Il
cielo non fa tante storie. Sta sopra la testa di tutti, buoni e cattivi.»
Devil
May Cry
La
Pioggia non fa Distinzioni.
Gli
piace la pioggia.
Gale
lo pensa mentre attraversa con passo deciso il viale che porta al Palazzo di
Giustizia del Distretto 2, solo all’incontrario: lì ci è appena stato e in
cambio ha ottenuto una medaglia; il pezzo di metallo che gli brucia nella tasca
sinistra dei pantaloni, nonostante sia gelido. Un premio per i servigi resi
alla Repubblica di Panem con l’aiuto fornito all’esercito di Ribelli. Una
medaglia come quella che aveva ricevuto anche quando la stessa Panem aveva
condannato al macello suo padre, mandandolo a lavorare nell’inferno delle
miniere. Una medaglia per lui, che ha ucciso persone innocenti come suo padre
proprio nel Distretto 2. Persone con le mani perennemente sporche di carbone, proprio
come lui. Buffo come certe volte i dettagli più importanti finiscano nel
dimenticatoio…
Gli
piace la pioggia.
Se
lo ripete ancora una volta, mentre si allontana dal Palazzo di Giustizia con i
pugni serrati e le gocce gli inumidiscono i capelli.
Gli
piace perché ne ha bisogno, perché sono mesi che si sente sporco – sporco
dentro – anche se le sue mani non sono più macchiate del nero del suo
Distretto.
Anche
se le strade in cui ormai passeggia quotidianamente sono pulite e le miniere
sono solo un ricordo tagliente, conficcato nella sua mente.
Ha
i vestiti in ordine, Gale, il viso sbarbato e la camicia immacolata, eppure
specchiandosi nei riflessi delle vetrine non vede altro che chiazze rosse.
Sulle sue dita, sui suoi vestiti.
Macchie
che non vengono via – errori che ha commesso e che adesso è costretto a
caricarsi sulle spalle ogni giorno, di fianco al fardello occupato dal bisogno
di vendicare la povertà della sua gente e la morte di tutti gli innocenti del
suo Distretto. Di tutti i ragazzini mandati al macello come bestie, anno dopo
anno. Il frequente ammalarsi di suo fratello di mezzo, l’innocenza perduta
troppo presto di Rory, lo sguardo spento di sua madre dopo la perdita dell’unico
vero amore della sua vita.
Quei
pesi dovrebbero essere andati via, ormai, eppure lui li avverte ancora assieme
a quello delle macchie che porta addosso.
Una
mano gli scivola nella tasca sinistra e rabbrividisce al contatto con il
metallo freddo – ma che brucia, violento come un’ esplosione. Tira fuori la
medaglia e insegue con lo sguardo il lieve riflesso del suo volto rassegnato
attraverso il bagliore dorato. E pensa: pensa che vorrebbe solo tornare a
quando le sue mani erano sporche di carbone e il nero non veniva mai via, ma
non aveva importanza. Il nero era il marchio della gente del Giacimento,
significava dedizione e lavoro.
Il
rosso che si sente addosso, invece, significa morte. Significa ‘hai sbagliato
tutto e adesso paghi’. È tradimento, rimorso e perdita.
Quando
era piccolo suo padre gli aveva raccontato che la polvere di carbone non era
altro che il pianto del buio; le sue lacrime scivolavano giù dal cielo per
tenere compagnia alle altre persone che soffrivano. Alle persone del
Giacimento, che pur essendo tante si sentivano spesso sole e avevano bisogno
dell’abbraccio della notte più di tutti.
Gale
era una persona del Giacimento, ma ha smesso di esserlo quando un nugolo di
paracaduti argentati ha seminato la morte in mezzo a centinaia di bambini. Ha
smesso di esserlo quando la persona che aveva giurato di proteggere e liberare è
morta sotto gli occhi della ragazza a cui aveva giurato che se ne sarebbe preso
cura.
Così
adesso ha le mani pulite e l’anima sudicia e piange da solo: nemmeno il buio
vuole più mescolare le sue lacrime con lui.
Soffre
da solo e tiene ancora fra le mani quella medaglia, che non fa altro che
ricordargli quanto abbia perso nel corso degli ultimi mesi.
Non
vuole meriti, lui. Non vuole menzioni. Per questo, quando scova il primo
ammasso di sacchi della spazzatura, getta con violenza il pezzo di metallo
dentro uno di questi.
Si
sente meglio, così. Ancora sporco, ma un po’ meno pesante.
E
riprende a camminare, il passo deciso e le mani pulite, ma macchiate
sottopelle.
Cammina
da solo, il volto e i capelli inumiditi dalle gocce che ancora scendono.
Forse
è per questo che gli piace così tanto la pioggia: a lei non importa di
mescolare le proprie lacrime con quelle di un assassino.
Note
Finali.
Ovviamente – e qui va
specificato, perché non si sa mai – io non credo affatto che la colpa di ciò
che è successo a Capitol City vada attribuita a Gale: è lui che si sente in
colpa e si dà dell’assassino per via di tutto ciò che è accaduto durante
la Rivolta. *coccola il bel soldatino* Grazie infinite a Chara per il
bellissimo prompt!