A te, S.
Perché sei la
mia ispirazione.
Say
it again
Jennifer proprio non ci riusciva. Non riusciva ad essere amica di Lana,
non dopo quello che era successo, non dopo quello che c’era
stato.
Poco prima del cinque luglio duemilaquattordici, Lana aveva organizzato
una cena per tutto il cast di “Once Upon A Time”,
autori compresi. Aveva scelto un bel ristorante, una sala discreta,
intima; aveva provveduto a sistemare tutti gli invitati lungo una
grande tavolata, al centro della quale erano seduti, ovviamente, lei e Fred. Odia anche
pensarlo, quel nome. Ad ogni modo, Ginnifer aveva insistito, aveva
letteralmente trascinato Jennifer a quella cena, aveva detto che le
avrebbe fatto bene, che, finalmente, avrebbe potuto mettersi
l’animo in pace dopo aver visto Fred e Lana che annunciavano
a tutti che si sarebbero sposati; le aveva promesso che sarebbe finita,
una volta per tutte. Per un attimo Jennifer ci aveva anche creduto,
davvero, a quella promessa, ci aveva creduto perché era
l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi:
un’affermazione, un giuramento che –
capì presto – ritornò ad essere
solamente un flusso di parole al vento. Aveva visto Lana alla cena nel
suo vestito aderente, bianco, scollato, ricoperto di piccole perline
color bianco panna, e aveva capito di aver fatto un grandissimo errore.
Jennifer aveva scelto appositamente il posto a sedere più
lontano, per nascondersi: sapeva che dopo qualche bicchiere di vino in
più avrebbe potuto cedere alle lacrime e non voleva che Lana
la vedesse, non così, non in quel momento. Tutti erano
felici, ridevano, si scambiavano battute, scattavano selfie, bevevano e
mangiavano in quantità. Jennifer era lì, in
fondo, seduta al fianco della sua migliore amica e suo marito; di
fronte c’era Megan che le versava vino nel bicchiere ogni
volta che accennava a svuotarsi; così Jennifer non si era
nemmeno resa conto di quando avesse iniziato ad ubriacarsi. Non che le
dispiacesse, dal momento che quella bevanda frizzante e chiarissima
pareva occupare, seppur per poco, il vuoto che continuava a scavare al
centro del suo petto, quella stessa voragine che la stava
silenziosamente divorando dall’interno. Ginnifer se
n’era accorta e l’aveva portata fuori, sulla grande
terrazza dalla quale era possibile affacciarsi ed essere investiti dal
panorama mozzafiato di Vancouver. Jennifer rideva, rideva a crepapelle,
a stento riusciva a restare dritta, si appoggiava alle braccia di
Ginnifer e non riusciva a smettere di ridere. Già, ridere.
Come quando si fa un incidente e, quasi, non ci si rende conto di aver
sfiorato la morte, allora viene da ridere. E Jennifer rideva forte.
Tanto forte che aveva attirato l’attenzione di qualche
collega che era ancora all’interno della sala. Colin, Megan e
Josh le avevano viste ed, incuriositi, avevano aperto la porta
scorrevole che divideva la sala dalla terrazza per raggiungerle. Anche
Lana aveva notato quel gruppetto che si era spostato
all’esterno ed aveva chiesto dolcissima, non appena si era
avvicinata:
‹‹Allora? Cosa c’è di
così divertente?›› sorrideva, col suo
sorriso bianchissimo e bellissimo.
Si erano girati tutti, alzando le spalle e rispondendo che non ne
avevano idea, che Jennifer non riusciva a smettere di ridere e che la
sua risata li aveva contagiati. Lana osservava Jennifer da dietro le
larghe spalle di Colin e Josh, ed era divertita, avrebbe voluto sapere
cos’è che faceva tanto ridere Jennifer. Poi il
bicchiere che aveva portato con sé Jennifer aveva traballato
troppo a causa dei suoi movimenti spasmodici, facendo cadere qualche
goccia sul suo vestito grigio a fascia, così Ginnifer era
corsa dentro a cercare un tovagliolo pulito con cui asciugare le
macchie. Josh, Colin e Megan avevano percepito la strana aria che li
circondava, non volevano essere lasciati soli in certe situazioni,
perché non le capivano, certe situazioni, erano momenti che
aveva imparato a gestire la sola Ginnifer; loro sentivano solo
l’aria più tesa e l’imbarazzo. Erano
intimoriti ed erano letteralmente fuggiti via, lasciando Lana e
Jennifer da sole. La bruna era stata un po’ incerta,
titubante, su cosa fare quando Josh le aveva praticamente scaricato
addosso Jennifer piegata ancora in due dalle risate, si era guardata
alle spalle per cercare qualcuno che potesse aiutarla, ma non aveva
trovato nessuno.
‹‹Si può sapere che hai da
ridere?›› aveva chiesto la bruna, ridendo a sua
volta e tentando di non perdere l’equilibrio per colpa di
Jennifer che si dimenava.
‹‹Io… Davvero, non lo so che mi
è preso – aveva detto tra una risata e
l’altra – non so perché sto
ridendo››
La bionda si era staccata dalla presa di Lana, perché il suo
tocco era qualcosa che le bruciava ancora addosso, aveva lasciato le
sue mani come fosse stata la cosa più difficile del mondo,
mani belle, morbide, mani che aveva stretto, mani che
l’avevano toccata. Anche quelle erano qualcosa che faceva
troppo male, e le aveva lasciate, appoggiandosi, poi, alla ringhiera.
Lana era tesa quando si trovava da sola con Jennifer, era chiaro: le
braccia distese lungo il corpo, le mani strette l’una
sull’altra, la mascella serrata. E poi, Jennifer lo sapeva,
aveva imparato a conoscerla, aveva ammirato ogni sua piccola
espressione, l’aveva osservata in ogni momento della
giornata: da lontano mentre si intratteneva con la troupe tra una
ripresa e l’altra, quando sedeva concentrata a studiare il
copione, quando i suoi occhi color cioccolato di perdevano dolci nei
suoi verdi nel silenzio del trailer, quando si assopiva teneramente
dopo aver fatto l’amore. Jennifer aveva smesso un
po’ di ridere dopo che la sua mente era stata attraversata
bruscamente da quei ricordi, così si era riportata posizione
eretta, reggendosi sul metallo freddo del parapetto ed aveva guardato
Lana con un sorriso malinconico e dolce allo stesso tempo.
‹‹Sei bellissima›› le aveva
detto ad un certo punto.
Lana aveva abbassato lo sguardo timidamente, aveva sorriso ed aveva
risposto ‹‹Grazie››, quasi
sottovoce, arrossendo un po’. Ma quando Jennifer le aveva
sfiorato i capelli acconciati in una pettinatura ondulata e romantica,
portando una ciocca dietro l’orecchio, l’aveva
supplicata ‹‹Jen, ti prego…
Smettila›› e non l’aveva nemmeno
guardata mentre lo diceva, perché aveva paura: aveva paura
che qualcuno potesse vederle, che gli altri potessero vederle, gli
autori, Fred. Il cuore di Jennifer si fermò per un attimo.
Aveva dimenticato che non aveva più il diritto di dirle
certe cose, forse, nemmeno più di pensarle. E questo la fece
infervorare come non mai, le sue parole avevano risvegliato un fuoco
nello stomaco di Jennifer che si era propagato sino agli occhi,
riempiendoli di lacrime.
‹‹Adesso non posso dirti nemmeno che sei
bellissima?›› le aveva chiesto con voce rotta e
sussurrata.
‹‹Ci guardano tutti›› si
era giustificata Lana.
‹‹Non me ne frega un cazzo se qualcuno ci guarda,
Lana! Io voglio poterti dire tutto quello che mi passa per la testa,
che sei bellissima, che…››
‹‹Ti prego, fermati›› Lana
singhiozzava, neanche lei riusciva a sopportare il peso di quelle
parole, parole che aveva già sentito pronunciare da quelle
labbra che sapevano ancora di lei.
Jennifer aveva lasciato che il vento le soffiasse in viso per qualche
secondo, caldo e silenzioso, lasciando che asciugasse le lacrime che le
rigavano il viso e sollevasse i bellissimi capelli biondi. Aveva
serrato le labbra, inghiottendo le parole, cercando di non pensare a
Lana che era davanti a lei, nel suo vestito bianco, proprio come una
sposa.
‹‹Sei felice? – aveva chiesto la bionda
– Voglio solo sapere se sei felice, Lana, solo questo. Come
lo eri con me, quando mi buttavi le braccia al collo e mi sorridevi,
quando mi vedevi troppo stressata e mi tiravi su il morale con qualche
balletto buffo o qualche smorfia divertente, quando eravamo
semplicemente sdraiate sul divano di casa mia a parlare tutta la notte
di qualunque cosa. Dimmi solo se sei felice. Ed io mi
rassegnerò, Lana. Giuro che lo
farò››
Gli occhi di Lana erano spalancati e lucidi, si muovevano velocemente
guardando le iridi chiare di Jennifer, ritrovando in quegli occhi
meravigliosi tutti i momenti appena descritti. Una lacrima si era
liberata ed aveva sfiorato il viso della bruna delineandone le gote, la
cicatrice, le labbra, il mento ed il collo; aveva deglutito prima di
rispondere con voce strozzata: ‹‹Sì,
sono felice, adesso››. Poi era arrivata Ginnifer
di corsa – lamentandosi di quanto fosse difficile trovare un
tovagliolo pulito in quella sala – e si era fermata proprio
tra loro due; aveva guardato prima l’una e poi
l’altra ed a Jennifer sembrava che si fosse resa conto di
ciò che era appena successo dal suo sorriso che andava
affievolendosi sempre più. Lana si era voltata, scacciando
via l’unica lacrima che si era ribellata ed era scappata dal
suo controllo, aveva raggiunto Fred in sala, saltandogli addosso e lo
aveva baciato.
‹‹Che è
successo?›› aveva chiesto Ginnifer spaventata.
‹‹Ha detto che è felice, Ginny
– Jennifer aveva ripreso a ridere a crepapelle –
Ora Lana è felice!››
***
Erano tutti in pausa dalle riprese dell’ultima puntata da
registrare nel duemilaquindici. Jennifer stava scegliendo quale foto
postare sui social, Lana rispondeva ai suoi fan su Twitter
ringraziandoli per le migliaia di regali ricevuti, Ginnifer leggeva
distrattamente una rivista, Josh teneva in braccio il bambino, Colin
era accovacciato ed accarezzava il suo cane dietro le orecchie.
‹‹E voi cosa fate per
Capodanno?›› chiedeva Ginnifer, cercando di
intavolare una conversazione che non fosse noiosa quanto la sua rivista.
‹‹Domanda kamikaze›› aveva
commentato sarcasticamente Colin.
‹‹Perché? Tu che
fai?›› Josh cercava di dondolare il bambino per
farlo addormentare.
‹‹Non so ancora, è questo il
problema›› rideva, mentre il cane scodinzolava e
gli saltava sulle gambe.
‹‹Io vado ad un party con amiche,
voi?›› aveva risposto Jennifer con poca
attenzione, mentre guardava ancora lo schermo dello smartphone.
‹‹Io e Josh faremo una cosa tranquilla in un
ristorante, con il bambino e l’altro in arrivo –
aveva portato una mano sul ventre mente lo diceva – forse ci
raggiunge anche Robert con la sua famiglia. E tu,
Lana?››
‹‹Oh – mettendo il cellulare in tasca e
prestando attenzione alla conversazione, aveva aggiunto – Io
e Fred abbiamo deciso di andare a Disneyland a Orlando con i
ragazzi›› sorrideva. Jennifer non la guardava
nemmeno, cercava solo di non pensare a quello che aveva appena detto:
Lana e Fred ed i ragazzi, tutti insieme, come una famiglia. Dio, se
faceva ancora male; era trascorso un anno, ma non l’aveva
dimenticata.
Come avrebbe potuto?
‹‹Perché non venite anche tu ed Helen,
Colin? Possiamo stare tutti insieme›› gli aveva
proposto Ginnifer.
‹‹Sì, perché non ci vai,
Colin? – Jennifer era praticamente esplosa,
d’improvviso aveva pronunciato quelle parole con tutto
l’odio ed il rancore che aveva dentro –
Così starete tutti insieme, come una famiglia››
si era
alzata dalla sedia e si era allontanata da tutti gli altri per poi
chiudersi nel suo trailer. Ci aveva provato, davvero, con tutte le sue
forze aveva tentato di essere una semplice amica per Lana, ma non ci
era riuscita. Non poteva, non erano semplici amiche. Ascoltarla mentre
esponeva a tutti i suoi piani per il Capodanno, era qualcosa che non
riusciva a sopportare, perché era felice mentre lo faceva,
era felice con Fred. Senza
di lei. Ed era qualcosa che faceva terribilmente male,
tanto male da farle mancare il respiro.
***
“È
una cazzata. Una grandissima cazzata. Una cazzata colossale.”
Jennifer, ripetutamente, scandiva in mente queste parole come fossero
una cantilena, forse cercava di convincersene. Certo era che le sue
mani stavano letteralmente tremando, nell’ultimo quarto
d’ora aveva torturato tutte le dita e mordeva in
continuazione il labbro inferiore tanto forte da farlo sbiancare. Non
sapeva nemmeno quello che stava facendo realmente, non riusciva a
capire nulla, aveva solo seguito il consiglio della sua migliore amica.
‹‹So cosa stai pensando – Ginnifer
aveva rotto la catena della filastrocca della bionda – Non
pensarci neanche. Tu resti qui. Devi dirglielo, devi farlo,
perché altrimenti potresti passare il resto della tua vita
chiedendoti cosa sarebbe successo se glie l’avessi
detto››
Ginnifer sapeva tutto. Le era sempre stata accanto: quando era iniziato
tutto come un flirt, un gioco di seduzione, quando avevano capito di
amarsi, quando avevano sofferto perché era stato loro
impedito di vivere la loro storia alla luce del sole – forse
non avevano lottato abbastanza, non avevano avuto abbastanza coraggio
– quando era finito tutto.
Jennifer non sapeva cosa rispondere, semplicemente guardava la bruna
con gli occhi di una supplica, cercando di convincersi che avesse
dannatamente ragione, perché se non fosse stato
così… Ne sarebbe uscita distrutta.
‹‹Ne sei sicura?›› aveva
chiesto con voce flebile.
‹‹Assolutamente. Ecco, è
arrivata›› Ginnifer aveva indicato Lana che si
era messa in coda al Gate numero 10 per il volo 421, direzione Orlando.
Si erano avvicinate entrambe mentre Fred ed i suoi figli iniziavano ad
imbarcarsi. Poi Ginnifer aveva picchiettato la schiena di Lana.
‹‹Ginnifer – aveva esclamato, sorpresa,
con la sua splendida voce calda – Jennifer… Che ci
fate qui?››
Fred si era voltato, incuriosito ‹‹Che succede,
amore?›› poi si era accorto delle tue colleghe
attrici della moglie; Lana gli aveva risposto che andava tutto bene e
che le sue amiche erano lì per salutarli, così
l’uomo aveva salutato entrambe con un bacio sulla guancia
– al quale gesto, Jennifer sembrava quasi stesse per tirargli
un cazzotto in piena faccia – e si era imbarcato per primo,
rammentando alla moglie di non fare tardi. Ginnifer, allora, si era
allontanata ed aveva lasciato Lana e Jennifer da sole. La bionda era
incerta, titubante, tuttavia, dopo poco, si era convinta ed aveva fatto
un respiro profondo:
‹‹Lana, ti prego, devo
parlarti›› le diceva mentre la tirava per
allontanarsi dalla fila al Gate. Lana era intimorita, aveva le labbra
socchiuse e gli occhi tremanti, non le staccava lo sguardo di dosso.
‹‹Ti prego, Lana, non partire. Resta qui con me…
Io sono ancora innamorata di te, ti scongiuro, non andartene
– Jennifer aveva preso coraggio e le aveva confessato
ciò che provava tutto d’un fiato – Lo so
che avrei dovuto dirtelo prima, che non avrei dovuto aspettare tutto
questo tempo per dirtelo. Ma ti amo, Lana. Sono stata una
stupida…››
‹‹Oh mio dio›› Lana
l’aveva interrotta per un attimo solamente.
‹‹Ma te lo sto dicendo adesso. Non salire su
quell’aereo… Non andare, ti
prego›› Jennifer le aveva preso le mani e le
stringeva nelle sue.
‹‹Jen, sei impazzita? Io sto per partire, loro mi
stanno aspettando,
l’aereo…›› Non sapeva cosa
rispondere, non sapeva come reagire a tutto quello che le era stato
appena detto. Le parole di Jennifer l’avevano investita come
un’onda, lasciando spazio solo al silenzio.
‹‹No, Lana, ascolta – aveva portato una
mano della bruna a toccarle petto – Io ti amo, lo sento
dentro e so che lo senti anche tu››
‹‹Ecco… Io… Devo prendere
l’aereo›› più Lana cercava
di scappare, più Jennifer la tratteneva forte a
sé.
‹‹No, resta qui con me, Lana. Ti prego. Ti prego,
non andare da lui… scegli me. Non è
giusto…›› ormai le lacrime scorrevano
libere sul viso pallido della bionda. La bruna la guardava, attonita,
poi si era staccata definitivamente dalla presa dell’altra e,
camminando all’indietro, le aveva sussurrato
‹‹Mi dispiace, Jen. Non insistere, ti scongiuro.
Devo andare›› con voce rotta, piangendo.
***
Era una domenica mattina, una di quelle lente e calde e bianche. Il
cielo era azzurrissimo con qualche batuffolo di nuvola soffice, le
foglie di un verde brillante danzavano inseguendo il leggero soffio del
vento estivo. Erano le dieci e trenta ed erano ancora a letto, con le
gambe incastrate una nell’altra e le lenzuola attorcigliate
intorno ai copri seminudi. Si guardavano silenziosamente, senza mai
distogliere lo sguardo, poi sorridevano, abbassavano gli occhi
imbarazzate, si mordevano le labbra ed, infine, tornavano a guardarsi.
Come fosse la prima volta, come se non fosse passato un solo giorno
dalla loro prima volta insieme, come se la loro storia le avesse
catapultate indietro nel tempo e vivessero come adolescenti, con il
cuore pieno e leggero. Si erano avvicinate, si erano baciate,
assaggiando ognuna sulle labbra dell’altra il sapore del sole
e l’odore del mare.
‹‹Dimmelo ancora›› le aveva
sorriso, stringendo il labbro inferiore tra i denti.
Lei no, invece, non aveva sorriso, era seria, aveva uno sguardo intenso
ed incatenato alle sue iridi chiare e bellissime sotto la luce del
sole. ‹‹Ti amo›› la sua
voce era quella di sempre, quella che l’aveva fatta impazzire
dalla prima volta, quella che le faceva venire i brividi
all’altezza dello stomaco, una voce calda, densa, che
l’avvolgeva tutta.
Allora Jennifer aveva baciato ancora Lana – non avrebbe mai
voluto smettere – l’aveva baciata premendo le
labbra contro le sue, poi le aveva dischiuse lasciando scivolare la
lingua nella sua bocca e si abbandonò ad un bacio lento e
morbido, labbra che mangiavano labbra, respiro dentro respiro.
‹‹Ewww! Che schifo!›› una
piccola vocina aveva esclamato dalla base del letto.
Jennifer si staccò dalle labbra di Lana e chiedeva
‹‹Dove sei, piccola
monella?›› alzando il capo, curiosa, guardando al
di là del materasso: una testolina bionda spuntava proprio
alle spalle di Lana, non si vedeva nulla, solo questo buffo caschetto
color banana.
‹‹Vieni qui, che ti mangio
tutta!›› Jennifer si era sollevata sulle
ginocchia ed aveva preso sua figlia, anzi loro figlia,
l’aveva sollevata da terra e portata in mezzo a loro due, le
aveva alzato la canotta scoprendo il pancino e aveva iniziato a fare
pernacchi con la bocca su quel piccolo ventre rosato, provocando risate
dolcissime alla bambina. Lana aveva iniziato a fare il solletico con le
dita alla piccola Allison, che quasi non respirava più per
le risate.
‹‹Basta! Basta!››
supplicava la bambina con le lacrime agli occhi.
‹‹Ehi, che state
combinando?›› un’altra piccola
testolina era spuntata ai piedi del letto, questa volta,
però, era piena di riccioli castani che rimbalzavano qua e
là, mentre il piccolo Marcus si avvicinava divertito dalle
grandi risate. Questa volta era stata Lana a sollevare il
più piccolo dei due bambini e portarlo in mezzo a loro,
facendogli patire la stessa pena del solletico riservata alla
sorellina. Avevano riempito la casa con le loro risate, poi le madri si
erano stancate, arrendendosi ai due piccoli che avevano contraccambiato
la pena; una volta sventolata la bandiera bianca, Lana aveva detto ai
bambini di andare giù in cucina di modo che avrebbero potuto
fare colazione insieme, tutti e quattro, aggiungendo che chi sarebbe
arrivato per primo avrebbe avuto una porzione enorme di pancakes.
Così, i marmocchietti erano scesi di corsa dal letto e si
erano letteralmente precipitati al piano di sotto e Jennifer, intanto,
si era alzata dal letto ed era andata in bagno per legarsi i capelli.
Lana l’aveva osservata tutto il tempo, nella sua culottes
celeste e nella canotta bianca di pizzo. Era semplicemente meravigliosa.
‹‹Ci pensi mai che avremmo potuto non avere
niente di tutto questo?›› aveva chiesto la
bionda, stringendo l’elastico tra i denti ed attorcigliando
la lunga coda bionda in uno chignon.
Dopo qualche momento in cui la bruna era rimasta totalmente imbambolata
ad ammirare il corpo longilineo e scultoreo della moglie, le aveva
risposto ‹‹No, preferisco non pensarci e godermi
quello che ho››. Jennifer, nel frattempo, si era
appoggiata al grande comò di legno e marmo chiari, godendo
della freschezza della superficie, mantenendo sempre lo sguardo fisso
sulla bruna ancora distesa sul letto.
‹‹Non me lo perdonerai mai,
vero?›› aveva aggiunto l’ispanica.
‹‹Che cosa? – chiedeva retorica
Jennifer – Che mi hai abbandonata all’aeroporto, da
sola e con il cuore a pezzi? Oppure che mi avevi spiattellato in faccia
di essere felice con quello
lì e che l’avresti
sposato?›› No, dopo poco più di sei
anni non riusciva ancora a pronunciare il nome di Fred. Solo al
pensiero, rabbrividiva.
‹‹Ehi, non la fare così tragica. Non
eri sola, c’era Ginny con te!›› le
aveva detto, canzonatoria, mentre la bionda si avvicinava famelica alla
propria moglie, gattonando sul materasso per raggiungerla.
‹‹Mi prendi anche in
giro?›› le aveva chiesto, mordendo il suo labbro
inferiore e socchiudendo gli occhi.
‹‹Non potrei mai›› aveva
risposto Lana.
E si erano baciate ancora, dolcemente, con passione, lentamente.
Jennifer teneva il viso di Lana tra i palmi delle mani e Lana aveva
rotolato sul materasso, invertendo le posizioni e disponendosi a
cavalcioni su di lei, le aveva preso le mani e le aveva portate intorno
al suo corpo. Lana teneva le mani intrecciate dietro la nuca di
Jennifer; erano sedute sul materasso e non avevano mai staccato le
labbra l’una dall’altra.
‹‹Però mi hai
perdonata›› aveva detto la bruna, ad un certo
punto.
‹‹Come avrei potuto non farlo? Mi sei
letteralmente saltata addosso sulla porta di casa
mia!›› sorrideva e stringeva Lana ancor
più vicino a sé.
‹‹Bugiarda! Tu mi sei saltata addosso, dopo che
ti ho detto che avevo lasciato Fred e che non avrei mai dovuto
arrendermi, ma combattere per noi perché tu ne vali la pena,
perché illumini ogni mio singolo giorno, perché
adoro stare in tua compagnia, anche mentre leggi un libro e sorseggi
una tazza di tè, perché mi fai sorridere e
perché amo vederti ridere, amo saltare sulle tue spalle e
fare follie con te, amo stare con te, perché amo tutto di
te, perché ti amo e non ho mai smesso di
farlo››.
Jennifer aveva invertito nuovamente le loro posizioni, bloccando Lana
sotto di lei, l’aveva baciata ancora, con maggiore passione,
come se avesse voluto entrare dentro di lei.
‹‹Dillo ancora›› le aveva
chiesto, di nuovo. E Lana aveva riso, sollevando la testa e guardando
fuori dalla finestra.
‹‹Ti amo… e non ho mai smesso di
farlo›› la guardava dritto negli occhi mentre lo
diceva.
Dopo altri baci ed altrettante carezze, Jennifer aveva tirato su Lana
dal letto e l’aveva abbracciata.
‹‹Dai, su, andiamo. Sento già battere
le posate sul tavolo da Allie e Mark›› le aveva
detto, schioccandole un bacio tra i capelli. L’aveva
osservata mentre correva giù per raggiungere i bambini,
aveva visto il suo corpo morbido e formoso – quel sedere che
la faceva ancora sognare – i capelli fluenti e
l’aveva ascoltata mentre gridava ‹‹Chi
arriva per ultima lava i piatti!›› e sapeva che
non avrebbe potuto essere più felice.
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Note dell'autrice:
Eccomi qua: nel mezzo
della sessione invernale ho voluto dedicare, come sempre, ad S. questa
Oneshot molto romantica, su sua esplicita richiesta.
E' la prima volta che mi
addentro nel "fluff", spero vi sia piaciuto tanto quanto a me. E
scusate per il dramma in precedenza, ma " l'attesa del piacere
è essa stessa il piacere", no? ;)
Mi raccomando, fatemi
sapere se vi è piaciuta! 'Notte! :*
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