Elsa
si alzò, sentendo chiamare il suo nome. Entrò
nell'enorme sala, venendo accolta da un fragoroso applauso e dalle note
della canzone che cominciavano a suonare.
Si
era preparata all'esibizione per mesi. Mentre danzava, si
ricordò di tutti gli insegnamenti della sua allenatrice, sua
madre, che la guadava severa dagli spalti.
Ad
ogni acrobazia, la vedeva sussultare, come se avesse potuto sbagliare e
farsi male. O addirittura perdere la gara. A volte, le sembrava che
tenesse più al successo nello sport che a sua figlia.
Sentiva di non assomigliarle per nulla, infatti l'unico punto che
trovava in comune con lei era la passione per il pattinaggio sul
ghiaccio.
Era
rigida, sua madre, la regina dei pattini. Da giovane aveva vinto tutte
le competizioni nazionali e ora riponeva le sue speranze nella figlia,
Elsa, appunto. La principessa del ghiaccio. La ragazza era sicura che
nessuno avrebbe mai smesso di paragonarla alla donna, perciò
preferiva non deludere le aspettative che tutti, compresa sé
stessa, avevano in lei e dava sempre il meglio di sé, anche
nelle gare più semplici.
Ecco,
una giravolta. Volo dell'angelo, poi un altro giro e la canzone era
finita. Ancora applausi, più forti di prima. Un breve
inchino e poi uscita. Sentiva il commentatore che la elogiava:
-
Magnifica, non un errore! Perfetta, come solo la figlia della regina
poteva essere! - Fece una smorfia sentendo quella frase, ma doveva
aspettarselo. Sentiva come se nessuno potesse capire le sue
capacità, ma solo quelle di sua madre.
Fu
raggiunta dalla suddetta in pochi minuti. Al solito, la guardava
severamente, ma era rilassata. Aveva passato il suo esame.
-
Ti sei piegata troppo all'inizio e hai eseguito un Angelo mediocre. Ma
per il resto è andata bene. -
Elsa
non sorrideva mai, perciò chinò il capo e disse
semplicemente: - Grazie, mamma. - Detto ciò si chiuse in
bagno e si cambiò. Osservò per un attimo il suo
vestito: non era niente di speciale, ma a sua sorella Anna piaceva,
perciò l'aveva messo. Non era neanche tanto male, ma era di
un tremendo rosa shocking luccicante che faceva male agli occhi. Anna
diceva che si adattava perfettamente al suo corpo, quindi aveva deciso
di non contraddirla.
Appena
uscì dal bagno, la vide che parlava con la loro madre.
-
Te l'avevo detto che sarebbe stata bravissima, ma tu non ci ascolti
mai! - Si lamentava scherzosamente la rossa.
-
Non è vero e tu lo sai. E poi lo sapevo che se la sarebbe
cavata anche stavolta. - Rispondeva tranquilla la madre.
Anna
era una ragazza molto vivace, che amava stare all'aria aperta e
stravedeva per la sorella. Lo stesso valeva al contrario, naturalmente:
se qualcuno avesse chiesto ad Elsa qual era la sua persona preferita in
assoluto, avrebbe risposto Anna senza esitare. Avevano un legame molto
forte e avrebbero fatto qualsiasi cosa l'una per l'altra.
-
Ciao sorellina. - Di nuovo, Elsa non sorrise ma dal cambiamento nei
suoi occhi si capiva che era molto felice del saluto di Anna.
Ricambiò meno freddamente di come aveva fatto con sua madre.
-
Pronta per scoprire i risultati? - Non fu necessario rispondere.
Si
avviarono al tabellone: con trepidante attesa di tutte le concorrenti,
finalmente uscì la classifica.
Primo
posto: Elsa Arendelle
Secondo posto: Rapunzel Corona
Terzo posto: Merida Dunbroch
Bene.
Non c'era da scherzare, con le altre due, erano degli ossi duri esperti
quanto lei. Tra quelle tre la competizione era sempre molto forte, ma
le legava anche una profonda amicizia, perciò nessuna se la
prendeva troppo se veniva superata. Solo un pochino.
-
Signorina Elsa, le nostre più vive congratulazioni! -
Ricevette i fiori e la targa, poi fu raggiunta dalle sue amiche.
-
Ehi, Elsa! Vedi di non esagerare o non avrai più spazio per
metterle! - Scherzò la riccia. Elsa aveva sempre pensato che
usasse qualche prodotto strano, per rendere i suoi capelli
così ricci e rossi. Non ne aveva mai visti di simili, prima
di conoscerla. Rispecchiavano perfettamente la sua
personalità: ribelle e indomabile, uno spirito libero.
Curioso che una focosa come lei fosse finita a pattinare sul ghiaccio.
-
Andiamo, comprerà un altro garage apposta, la conosciamo
ormai! - Questa era Rapunzel. La dolce, tenera e intelligente Rapunzel.
Anche lei aveva dei capelli molto particolari: il colore era un
semplice biondo cenere, ma erano lunghissimi. Si era sempre chiesta
come facesse a pettinarsi per bene, la mattina. E si domandava spesso
se li avesse mai tagliati.
Rapunzel
era una ragazza semplice, di natura curiosa, che non si fermava mai
alle apparenze: doveva sempre approfondire. Quando era stata a casa sua
la prima volta, era rimasta sorpresa dalla quantità
industriale di libri che aveva, tutti raccolti in un'enorme stanza
adibita a biblioteca.
Le
tre rimasero a chiacchierare e in seguito si aggiunse anche Anna, a cui
si erano molto affezionate.
Le
due sorelle furono poi richiamate dalla madre, per tornare a casa.
Salutarono tutte le persone venute a congratularsi e si misero in
macchina.
Il
viaggio fu silenzioso, il che fu strano perché di solito
Anna non stava mai zitta.
Arrivate
a casa, la donna si chiuse nel suo studio, dove lavorava come
architetto. Si era dedicata alla sua seconda passione dopo aver
lasciato il pattinaggio, quando era incinta di Elsa. La ragazza si
sentiva un po' in colpa per questo, ma d'altronde non l'aveva deciso
lei.
Erano
loro tre in casa, più i domestici. Il loro padre, manager di
successo, era morto quando Anna aveva solo dieci anni ed Elsa tredici.
Ora che ne aveva ventitré, si sentiva come se fosse passato
solo un mese. Era con suo padre che giocava da piccola, era lui che le
raccontava le favole quando la mamma lavorava fino a tardi, era lui che
le preparava al mattino i pancakes con lo sciroppo d'acero messo in
modo da formare una faccia sorridente. La bionda non sorrideva
più dal giorno in cui un pazzo l'aveva preso in pieno
andando ad alta velocità. Ormai il dolore si era attenuato,
ma la ferita era ancora aperta e lo stesso valeva per Anna.
Decise
di andare a fare una passeggiata, prima di cena.
Indossò
un paio di scarponcini bianchi, un cappotto di lana, la sua sciarpa
preferita, prese la borsa ed uscì. L'aria era frizzante in
quel pomeriggio di dicembre. Non era ancora inverno, ma si sentiva
già aria di neve. Lei era brava a capire queste cose. Si
avviò in direzione del parco, che a quell'ora era ancora
aperto ma deserto. Era ormai il tramonto e i bambini dovevano tornare a
casa per evitare i rimproveri delle mamme.
Strano.
Si aspettava di non trovare un'anima in quel luogo bagnato dalla luce
del sole rosso, invece notò un ragazzo che ad occhio e croce
doveva avere la sua età. Nella penombra non si notava bene,
ma le parve di vedere uno sguardo molto triste in quegli occhi azzurri
come i suoi. Ma non poteva essere certa nemmeno del colore, non si
vedeva granché.
-
A quest'ora non c'è nessuno, di solito. Come mai sei qui? -
Gli chiese con cortesia e un pizzico di sincera curiosità.
-
Avevo bisogno di schiarirmi le idee. E tu? - La guardò
fissa. Ora era certa che avesse gli occhi azzurro ghiaccio. Indossava
una felpa blu con il cappuccio calato, quindi non capiva di che colore
fossero i capelli, ma sembravano molto chiari.
Riflettendo,
non c'era un motivo preciso. Voleva solo prendere un po' d'aria andando
in uno dei posti che preferiva in città.
-
Idem. - Rispose infine.
-
Mi chiamo Jack. - Si tolse il cappuccio e le tese una mano. I capelli
erano di un biondo chiarissimo, quasi bianco. Perfino più
chiaro del suo biondo platino. Quel ragazzo le ispirava fiducia, in
qualche modo, ma visto che lui non l'aveva fatto non voleva rivelargli
il cognome. Probabilmente avrebbe cominciato a balbettare e a chiedere
autografi a destra e a manca, altrimenti. Le era già
successo diverse volte.
-
Elsa, piacere. - Strinse la mano che il ragazzo le porgeva. Aveva una
bella stretta, ma non fu questo che la colpì. La mano era
freddissima, ma era un freddo che sapeva di casa, anche se non capiva
come fosse possibile.
-
Che bel nome! - Lui sorrise... E lei si sciolse. Era così
luminoso e contagioso, che non poté fare a meno di accennare
un sorriso anche lei. Era la prima volta che succedeva da diversi anni
a quella parte.
-
Grazie. Anche il tuo. - Lo pensava davvero. Lo trovava proprio adatto a
lui, anche se lo conosceva da soli due minuti.
-
Allora, Elsa, ti va se ci prendiamo un gelato? - Non poteva crederci.
Aveva trovato l'unica persona oltre lei che avesse voglia di un gelato
a dicembre. Questa volta sorrise sul serio, divertita e curiosa.
-
Non farà troppo freddo per te? - Scherzò,
tranquilla.
-
Figurati, il freddo non mi ha mai dato nessun fastidio. - La
guardò con aria di sfida, come se volesse vedere se aveva il
coraggio di comprare un gelato la sera del diciannove dicembre, e di
mangiarlo senza finire col cervello ghiacciato. Non sapeva con chi
aveva a che fare.
-
Nemmeno a me. Allora, andiamo? - Fu sorpreso, per un attimo, ma poi
sorrise di nuovo e così fece lei.
Si
avviarono verso il bar più vicino chiacchierando del
più e del meno, e ridacchiando quando videro la faccia del
barista alla loro richiesta. Erano decisamente le
uniche due persone sulla faccia della terra in grado di mangiare un
gelato a dicembre.
Note
dell'autrice: Salute
popolo di Arendelle! Questa è la prima volta che scrivo nel
fandom del meraviglioso e mitico Frozen, ma non è la mia
prima Jelsa. Dovete sapere che io AMO follemente questa coppia, quindi
aspettatevi diverse fanfic. Anche se, conoscendomi, le
pubblicherò a distanza di anni l'una dall'altra. Che ci
posso fare, con le scadenze faccio pena.
Tornando
alla storia, all'inizio pensavo di scrivere una long, ma non ne sono
convinta e vorrei sentire il vostro parere. Per ora, questa
rimarrà una one-shot.
Per
il gelato: non ho idea di come mi sia venuto in mente, né se
a qualcuno di voi piaccia mangiare il gelato in inverno, ma fa niente. Un'altra cosa, non mi intendo
per niente di pattinaggio sul ghiaccio, perciò se
c'è qualcuno tra voi che pensa che sia stata troppo generica
o che abbia scritto cavolate me lo dica, vedrò di rimediare
o comunque apprezzerò i consigli :-)
Bene,
mi piacerebbe moltissimo sapere cosa ne pensate, quindi recensite!
Un
bacio
Mary
<3
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