Disclaimer:
i personaggi principali della saga di Harry Potter
appartengono J. K. Rowling e alla casa editrice che ne detengono i
diritti,
mentre quelli della serie “Criminal Minds”
appartengono a Jeff
Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non
è
a scopo di lucro, ma è stata scritta unicamente con intenti
ludici, al fine di
divertire chi l'ha scritta e chi ha voglia di leggerla.
Capitolo 2: La quarta sera
Ron Weasley muore nudo, senza
riuscire a terminare la sua ultima parola:
«Cazz…»[i]
Dane[ii]
è sopra
di lui. Quella donna è davvero insaziabile: hanno appena
fatto una scopata
memorabile, ma sembra aver ancora voglia di giocare. Non
l’avrebbe mai detto,
lui, il Ron “the King” Weasley, che sarebbe
arrivato a chiedere un attimo di
tregua, invece dalla sua bocca escono proprio quelle parole, ma Dane lo
stupisce: si è sdraiata di lui solo per prendere la
bottiglia di whiskey.
Ron la
guarda meravigliato: non ha mai visto una donna bere
direttamente alla bottiglia, come sta facendo questa cinesina
incontrata a
pochi passi dal vicolo dove era solito materializzarsi dopo gli
incontri con
Hermione.
Stava
tornando dal loro ultimo incontro: a ogni passo che muoveva, un
ruggito sordo gli usciva dalla gola, e un paio di volte aveva anche
spinto a
terra due senzatetto, rei di ostacolare il suo passo. E poi era
arrivata lei.
Gli si era avvicinata con calma, mettendo in mostra la mercanzia,
rivolgendogli
la parola come se stesse cantando.
Lui
l’aveva trascinata nel vicolo buio, ma lei l’aveva
bloccato: «Non
qui, wo de ai». Ron non aveva dato segno
di averla sentita, baciandole
l’incavo del collo e spingendo le mani verso la coscia, per
sollevare i pochi
centimetri della minigonna. Dane l’aveva allora graffiato
sulle mani.
«Ahi!
Puttana, ti piace il sesso violento eh?» si fasciò
la mano con
un fazzoletto: una misura eccessiva, secondo la prostituta, visto che
dal
graffio non erano uscite che poche gocce di sangue. Agli occidentali
piacciono
le scene melodrammatiche, pensò.
«Non
qui», gli ripeté, mentre lui era intento in
quell’operazione.
«Puttana
con gusti raffinati, eh?» Le riservò un sorriso
obliquo.
Dan E
ebbe un sussulto: le era sembrato di scorgere nelle pupille di
quell’uomo dai capelli rossi un qualcosa che non riusciva a
catalogare a
livello razionale, ma che il suo istinto classificò come
pazzia. Era riuscita a
cavarsela sempre perché aveva sempre dato retta al suo
istinto, ma anche se
questo non l’aveva mai tradito, sapeva che se
l’avesse ascoltato questa volta,
si sarebbe messa contro la Triade. No, meglio qualche gioco violento
alla
morte. Così, avvicinandosi all’orecchio gli
suggerì l’indirizzo di una bettola
a pochi isolati di distanza.
«Facciamo
un giochino?» La voce di Dane lo riportò alla
realtà.
«Sono
stanco», le ripeté. Con Hermione, invece, i ruoli
erano
invertiti: era sempre lui quello che prendeva l’iniziativa,
mentre lei lo
sfiancava con rifiuti a suo dire assurdi: un po’ di sano
sesso anale non aveva
mai ucciso nessuno, dopotutto.
«Tu
stallone, tu non puoi essere stanco», insistette
l’asiatica.
«Oh,
no, io leone: “Grrraugh”»,
imitò il verso dell’animale,
gesticolando per imitare una zampata.
Dane scoppia a ridere e si
sposta da sopra lui.
«Ehi,
dove scappi?» Protesta Ron, mentre cerca di impedirglielo
allungando un braccio.
«Tu
leone stanco, tu bisogno di polvere magica».
Polvere
magica? Quella prostituta è una strega? Perché
allora non si
sono materializzati, invece di camminare su quei marciapiedi luridi? Si
chiede,
mentre la ragazza traffica sul comodino. Si è seduto sul
letto, sporco dei loro
umori e sta soffiando sulla schiena nuda della sua amante.
«Dai,
così mi distrai», protesta lei, ridendo.
«Non
mi piace che mi si girino le spalle», borbotta lui, senza
smettere la sua tortura.
«Non
direi», lo contraddice, alludendo al loro primo rapporto di
quella sera.
«Ma
quella era un’altra cosa. Adesso mi stai
ignorando», bofonchia
Ron.
«Non
ti sto ignorando, wǒ de shīzi. Sto lavorando per
te….
Ecco, polvere magica è pronta».
Gli si
mette cavalcioni sul suo inguine e gli fa ingoiare il piccolo
ovulo e lo aiuta a deglutirlo facendogli bere il whiskey dalla
bottiglia.
Gli si
struscia contro, sussurrandogli all’orecchio: «Tu
leone, io gazzella,
vuoi?»
La
voce, musicale, di Dane gli arriva però lontana, coperto dal
rumore
di un fiume in piena. Anzi, il rumore che sente è quello
delle onde che si
infrangono sulla spiaggia dove poche ore prima aveva incontrato
Hermione. E
anche la voce che sente ribombare nelle orecchie non è della
prostituta cinese,
ma è di Hermione. Hermione che gli dice… gli
dice… Che cosa gli sta dicendo
Hermione?Se si concentra forse riesce a ricordarsi… Ma
è così difficile fermare
i pensieri… Le onde vanno e vengono, le mani si spostano
ovunque sul suo corpo,
sui suoi capelli… Le mani… No, le mani…
Perché
fare resistenza? È così piacevole, le onde,
quelle mani… Oh,
sì, le mani, sì, le mani, e Hermione che gli
parla…
«Sei
venuta». Aveva quasi perso le speranze che sarebbe venuta
anche quella sera, dopo il litigio della sera precedente; e invece,
eccola lì.
Non da sola, però. Quando l’uomo che
l’accompagnava, il sorriso gli morì sulle
labbra, mentre le mani si stringevano a pugno e il suo corpo si
irrigidiva, nel
tentativo di trattenere dentro di sé la rabbia che gli stava
montando nell'animo,
ma doveva restare calmo.
«E
lui?» Niente ciao, niente che bello rivederti. Solo una
domanda
a denti stretti e un cenno della testa.
Hermione
si girò nella direzione indicatole dall’ex
fidanzato: «È l’agente
Derek Morgan», gli spiegò.
«Credevo
che ci fossero solo agenti donne», le rispose stizzito.
«No,
la squadra è composta da due donne e quattro
uomini», chiarì.
«Quindi,
se non mi sbaglio, ma non credo visto tutti gli anni della
nostra frequentazione, siete cinque uomini e tre donne:
chissà che orge che
fate, in quella casa!» Le si avvicinò, ma Hermione
si allontanò di alcuni
passi, indispettita dall’allusione volgare.
«Se
anche fosse, non credo siano più affari tuoi, visto che sei
sposato e Lavanda è di nuovo incinta di te», lo
fulminò.
«Non.
Osare. Nominare. Lavanda», le sillabò.
Il
lampione più vicino le rimandò il viso di uno
sconosciuto.
Indietreggiò
ancora.
Sulla
strada, dove era rimasto, Morgan mosse un passo verso la
spiaggia.
«Dì
al tuo amico di non interferire», ruggì Ron.
«Che
cosa…» Hermione subito non capì, poi,
vedendo che Ron le
indicava col solito gesto della testa qualcosa alle sue spalle, si
voltò in
quella direzione.
«È
tutto a posto, agente Morgan», cercò di
tranquillizzarlo
Hermione.
Il suo
cuore comincia ad accelerare, ma è come se i suoi muscoli e
il
suo cervello non fossero sincronizzati, intanto, lo sciabordio delle
onde lo
risucchia di nuovo su quella spiaggia.
«Ron…
forse è meglio finirla qui: ogni volta che ci vediamo,
litighiamo sempre».
«NO,
aspetta… Io lo so che ho un carattere
difficile…», e lì
Hermione alzò un sopracciglio, piegando la testa di lato, ma
invogliandolo con
un ampio gesto della mano a continuare, «ma tu devi cercare
di capirmi: gli
allenamenti, le interviste… Insomma, sono sempre sotto
pressione», cercò di
giustificarsi.
«D’accordo.
Io che cosa c’entro, però?»
«Come?»
Ron sbatté un paio di volte le palpebre.
«Mi
hai appena detto che se litighiamo da quattro sere è
perché tu
sei sotto pressione, ma non mi hai spiegato perché sei
venuto a cercarmi
proprio ora», gli spiegò. A Ron sembrò
di riascoltare l’undicenne arrogante che
lei lo sapeva perché lo aveva letto su “Storia di
Hogwarts”.
«Beh,
nelle lettere che inviavi a Harry non c’era il tuo
indirizzo».
«Altrimenti
che avresti fatto?» Gli chiese ancora, sorvolando su un
particolare, ma si ripromise di ritornarci dopo.
«Beh,
ti avrei raggiunto e ti avrei riportato in Inghilterra», le
disse con gli occhi spalancati.
Hermione
gli rise in faccia.
Ron
si irrigidì, le mani strette a pugno. Ebbe, anzi,
l’impulso di
alzarne uno, ma si trattenne in tempo, ricordandosi dell’uomo
poco distante da
loro.
Hermione
se ne accorse e smise all’istante di ridere, irrigidendosi
a sua volta.
Sulla
strada, Morgan mosse altri due passi verso di loro.
«Tu,
sposato, padre di non mi ricordo più di quanti figli e uno
in
arrivo, saresti venuto fino in America per riportare me, che non
c’entro
assolutamente nulla con te, in Inghilterra? E a che titolo,
scusa?»
«Come
sarebbe a dire a che titolo? Tu mi ami, mi avresti seguito»,
le disse, muovendo altri passi verso di lei.
Hermione
ne mosse altrettanti nella direzione opposta. Purtroppo,
però, in questo modo si stava allontanando dalla strada.
Anche
Morgan si mosse di altri passi.
«No,
Ron, io non ti amo. Io amo un’altra persona», mise
in chiaro.
«E
chi sarebbe quest’altra persona? Il furetto Mangiamorte
fallito?
Ma per favore!» Sbottò Ron.
«Non
conosco nessun furetto Mangiamorte fallito. Potresti usare
nome e cognome, sempre se vuoi una risposta chiara,
s’intende». Di nuovo quel
tono che lui aveva tanto odiato a Hogwarts. E anche dopo, quando
avevano
provato a convivere.
«Mi
riferisco all’uomo che Harry mi ha detto stai per
sposare». No,
lui non avrebbe mai nominato Malfoy, nemmeno sotto tortura.
«Draco
Malfoy, intendi? Sì, lo amo tanto che ci sposeremo tra
qualche giorno». Mentì.
«Dimmi:
a letto ti fa urlare come ti facevo urlare io?» Le chiese a
bruciapelo.
Hermione
arrossì: Morgan era adesso a pochi passi da loro e
sicuramente aveva sentito la domanda di Ron.
«No,
vero? Ammettilo: solo io sono in grado di soddisfarti», le
sorrise.
«Mio
dio, Ron» Hermione sollevò a metà le
braccia e le lasciò
ricadere, mentre ruotava di mezzo giro il busto, prima di guardarlo di
nuovo in
faccia, «parli come se tu fossi uno stallone e io una
puttanella che pende
dalle tue protuberanze. A parte che a letto non sei mai stato un
granché, ma
questo immagino dipendesse dagli “allenamenti
sfiancanti” a cui ti sottoponevi,
sai un uomo non si misura solo da quanto fa urlare una donna a letto.
Perché
sai, se una donna urla a letto non sempre è indice di
piacere, ma può anche
essere perché è vittima di abusi. Inoltre,
l’intesa sessuale non è tutto nella
vita di coppia. E quando noi facevamo coppia, non c’era
neanche quella, pensa
un po’!» Lo umiliò.
Forse
ci era andata giù pesante, ma quella domanda, fatta,
così, a
bruciapelo, le aveva impedito di ragionare a mente fredda. Quasi
sentiva gli
applausi di Draco per il suo discorso.
«Tu,
brutta puttanella…»
«Ora
basta», intervenne finalmente Morgan.
«Lei
non osi intromettersi», sibilò Ron.
«Altrimenti?»
Lo provocò l’agente federale.
«Lo
lasci pure continuare, agente», si intromise Hermione, con un
tono ironico, «sono proprio curiosa di scoprire quali parole
ritiene adatte per
descrivere il suo folle amore per me».
«Io
non devo dimostrarti proprio niente», sbottò Ron.
«A
no? No, perché ti presenti all’improvviso alla mia
porta, a un
indirizzo che tu non dovresti conoscere…»
«L’ho
scoperto per caso, al Ministero. Era tra le carte di Harry»,
si lasciò scappare Ron.
«Non
mi risulta che tu sia un Auror», lo punse Hermione.
«Beh,
che cosa c’entra? Sono il cognato del Capo Auror»,
le rivelò
con innocenza».
A
questo punto Hermione contò fino a dieci.
«E
solo per questo ti sei sentito in dovere di sbirciare tra
documenti riservati?» Si accalorò la donna.
«Riservati,
insomma… Si parlava di te. E tu non hai segreti per
me».
Di
nuovo, Hermione contò fino a dieci, con gli occhi chiusi,
cercando di incamerare quanta più aria possibile nei
polmoni. Le era sempre
piaciuto il profumo dell’aria salmastra, sin da quando,
bambina, andava con i
genitori in vacanza in alcune località balneari. Lo
sciabordio delle onde, poi,
aveva sempre avuto il potere di calmarla. Per questo, quando quattro
giorni
prima Ron si era presentato al numero nove di Ocean Avenue e le aveva
chiesto
di poterle parlare, lei aveva proposto la spiaggia. Poi, a quel primo
incontro
ne era seguito un secondo, e un terzo. Quella sera, però,
Ron aveva gettato la
maschera e si stava presentando per quello che era.
«Mi
dispiace, Ron. Tra noi è finita la sera stessa che ho saputo
del tuo tradimento con Lavanda. Addio».
Gli
passò vicino, ma Ron non mosse un solo muscolo per fermarla.
L’agente
federale la scortò lontano da lui.
Assurdo!
Si era permessa di dire che lui non era mai stato granché
a letto! Ma come aveva osato quella sciacquetta?
Sentì
come una martellata in testa, e poi il buio.
* * * * * * * * * *
«Chen
Wei, che novità mi porti?»
Zhang
ha lo sguardo fisso su Central Park, con le spalle risvolte alla
porta e non si è voltato nemmeno quando il cameriere
l’ha avvertito dell’arrivo
dell’ospite.
«Ottime
notizie, Zhang xiansheng», gli rispose il giovane.
«I
due inglesi sono stati eliminati?» Chiese ancora
l’anziano, sempre
davanti all’ampia vetrata.
«No,
purtroppo loro sono ancora vivi, ma per poco. Intanto, la nostra
Dan E è riuscita nel suo compito», gli
assicurò, profondendosi in un altro
inchino.
«Non
conosco questa Dan E», si voltò per
metà.
«È
un’affiliata che lavora per noi a Boston», gli
spiegò il ragazzo.
«Una
donna», Zhang pronunciò la frase piegando le
labbra all’ingiù.
«Una
donna molto brava, nel suo lavoro. Tra poco, gli inglesi saranno
costretti a uscire allo scoperto».
[i]
“Kweku muore scalzo, una domenica
all’alba” è l’incipit de
“La bellezza
delle cose fragili” di Taye Selasi.
[ii]
Il nome esatto è Dan E, come verrà specificato
più sotto, ma Ron lo storpia:
ecco perché il nome appare scritto con due grafie diverse in
questo capitolo.
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N. d. A.: Buona serata a
tutt* quant*. E scusate l'ennesimo ritardo. Bene. Questo è
il primo capitolo della storia ed è in flashback: in
pratica, la prostituta cinese ha "offerto" a Ron una dose eccessiva di
cocaina che prima gli ha provocato delle allucinazioni (i suoi ricordi
di quanto successo sulla spiaggia con Hermione) e poi... lo scoprirete
nel prossimo capitolo. Avete capito qual è il riferimento
letterario? Un piccolo indizio: la soluzione è nel titolo,
l'incipit è fuorviante.
Come sempre, ringrazio tutt* coloro che hanno inserito la storia fra le
ricordate/preferite/seguite e che lasciano un segno della loro presenza
con i commenti, ma anche chi segue in silenzio.
Per chi è interessato, questo è il mio
indirizzo Facebook: The
Mirae's Dream e se c'è qualcun* di voi che
è iscritto a Goodreads e volete aggiungermi come amica,
questa sono io: Emma
Costamagna.
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