EPILOGO
A passi lunghi e lenti, Aria Blaze e Alastor Sullivan
camminavano l'uno di fianco all'altra lungo il marciapiede,
avvicinandosi sempre di più al liceo superiore di Canterlot.
La sera stava scendendo e ormai passavano più poche macchine,
inoltre essendo un giorno festivo non si vedeva una sola luce o
rumore uscire dalla scuola, ma anche se fossero stati durante il
giorno nessuno li avrebbe potuti distinguere da un allegro duo: ogni
traccia della mutazione delle sirene era scomparsa da Aria e, a parte
le vecchie ferite, non si vedeva una sola cicatrice sul corpo di
Alastor.
«Pensandoci,
non ti ho mai visto con abiti diversi da questi.» osservò
Aria, riferendosi al gilet, la t-shirt bianca, i jeans e gli anfibi
che Alastor indossava
Lui fece spallucce
«Sono comodo così... e poi, mi ci vedresti in giacca e
cravatta?»
Aria sorrise
divertita «Per carità! Nemmeno io.»
Cadde tra i due un
breve silenzio, prima che Alastor superasse la sirena, portandosi
avanti a lei e guadandola negli occhi «Ascolta, c'è una
cosa che devo dirti e non posso trattenermi a lungo...»
Aria
si fermò e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni,
ricapitolando con un intramontabile sorriso sulla faccia «Dunque,
vediamo... siamo andati contro una principessa pony, abbiamo
resistito a un esercito che ci superava di mille a uno, abbiamo
risvegliato la magia del caos in noi sirene, abbiamo aperto il
Tartaro e abbiamo resistito alla sua furia... direi che, a questo
punto, possiamo dirci davvero
tutto!»
Alastor annuì
in silenzio, prendendo tutto il tempo che gli serviva per trovare le
parole giuste da dire. Aria era felice, felice come non succedeva da
moltissimi anni e lui non voleva privarla di quella gioia.
Alla
fine, riuscì a formulare una frase «Vedi, è
proprio questo il punto. Abbiamo
finito.
Abbiamo fatto quello che dovevamo fare e, se tu lo vuoi, io posso
andarmene. Basta che tu lo voglia e io sparirò per sempre
dalla tua vista.»
Aria aggrottò
le sopracciglia, senza perdere il suo sorriso. Puntò un
minacciosissimo dito contro Alastor e rispose «Non se ne parla!
È vero, mi secchi molto più di quanto abbia mai creduto
essere possibile, ma... voglio passare ogni irritante minuto con te.
Perciò, non azzardarti a lasciarmi, né ora né
mai!»
Alastor sorrise,
come se quelle parole lo avessero sollevato da ogni peso. Imitò
il sorriso della sirena e mettendosi le mani in tasca si limitò
ad annuire «Ogni tuo desiderio è un ordine!»
Aria Blaze si
rasserenerò a quelle parole e abbassò la mano. Nel
mentre, alle sue spalle, arrivarono Adagio Dazzle e Sonata Dusk.
Adagio si
massaggiava nervosamente un braccio, come se si vergognasse di
qualcosa, ma qualcosa nelle parole di Aria sembrava averla sorpresa
«Ogni minuto di cosa?»
Aria si voltò
verso Adagio, senza commentare il fatto che lei stesse mantenendo
ogni aspetto della mutazione maturata durante la Guerra della
Trinità, perciò stava passeggiando in centro città
con un paio di grandi ali di membrana dietro la schiena, la coda e
un'aura amaranto intorno.
«Be',
abbiamo di nuovo i poteri del Caos e l'eterna giovinezza... sarebbe
più veloce dire cosa non
possiamo
fare, giusto?»
Quella domanda, così
felice, di Aria arrivò alle orecchie di Adagio come una
coltellata di ghiaccio. Sonata distolte lo sguardo e Adagio abbassò
gli occhi rispondendo tristemente «Mi dispiace, Aria...»
Aria
Blaze sgranò gli occhi. Si voltò e, dove un secondo
prima c'era la figura massiccia di Alastor, adesso c'era il vuoto.
Alastor
Sullivan era morto ad Equestria e morto era rimasto una volta tornato
nella sua dimensione. L'esperimento che Adagio aveva suggerito per
salvarlo, quando la trovò in ginocchio davanti alla carcassa
dell'umano, era fallito.
Ricordandosi
di questo, la sirena chiuse gli occhi e si portò una mano
davanti alla bocca, come per fermare i singhiozzi che le salivano dal
petto.
Adagio
vide questo e, timorosamente, le appoggiò una mano sulla
spalla larga, ripetendo «Mi dispiace... se solo potessi...»
«Ma
non puoi.» la fermò Aria, liberandosi dal tocco della
compagna «Nessuna di noi può.»
Adagio
si portò una mano sulla nuca, senza sapere come reagire.
Avevano sì sterminato i Draconequus secoli fa, ma si trattava
di despoti senza alcun riguardo per la vita altrui. Adesso che
avevano tanto cercato la loro vendetta contro Twilight Sparkle o
Queen Chrysalis, però, avevano ottenuto solo la morte di un
umano che non c'entrava e la definitiva perdita dell'innocenza di
Sonata.
«So
che non c'entri con la sua morte, Adagio. Non sei tu quella che deve
scusarsi.» riuscì a continuare Aria, dopo qualche
minuto, passandosi le mani nei capelli «Siamo un gruppo unito,
lo saremo fino alla fine... dannazione, siete la cosa più
vicina ad una famiglia che io abbia!»
Adagio
non commentò. Per quante volte le avessero ripetuto quelle
parole, non poteva fare a meno di sentirsi in parte responsabile.
Dovette ingoiare un rospo bello grosso per giurare «Troverò
un modo. C'è sempre un modo. E quando lo troverò, tutto
andrà per il meglio! È una promessa!»
Tra
Aria e Adagio calò il silenzio.
Sonata
deglutì rumorosamente, prima di domandare «Perciò,
adesso, che cosa facciamo?»
Tutte
puntarono gli occhi su Adagio. La ricerca di vendetta aveva incrinato
pesantemente l'ordine di quel gruppo, probabilmente non sarebbero mai
più state le stesse. Ma certe cose, per il loro bene, non
dovevano cambiare e nonostante tutto lei rimaneva ancora il capo:
aveva delle responsabilità e non avrebbe mai e poi mai deluso
di nuovo le sue compagne.
Con
un gesto della mano, Adagio evocò intorno a loro il riflesso
di tanti piccoli pianeti, spiegando «Equestria, così
come il mondo in cui siamo state esiliate, sono adesso territori tabù
per noi. Non c'è un solo elemento in entrambi i mondi che non
ci conosca e che non sappia quanto siamo pericolose: se vedono anche
solo la nostra ombra, chiameranno interi reggimenti per fermarci. Ma
esistono ancora un'infinità di mondi diversi, di possibilità
diverse. Possiamo viaggiare dove nessun altro si è mai spinto,
esplorare posti dove nessun altro potrà mai stare e, chissà...
potremo anche creare
la
vita che cerchiamo!»
La
spiegazione convinse le altre due Dazzling.
Fu
Sonata a chiedere «Molto bene. Quando partiamo, capo?»
Lenti ma determinati, i pony ricostruirono Ponyville,
mattone su mattone. Il cataclisma che li aveva colpiti aveva lasciato
la maggior parte dei suoi abitanti senza casa o un passato. Nel
migliore dei casi, erano rimaste le pareti e qualche oggetto, vaghi e
timidi ricordi di un passato che andava ricostruito quasi
completamente.
Twilight Sparkle e le sue amiche lavorarono con grande
impegno, a volte per interi giorni consecutivi prima che il sonno
arretrato strappasse il suo pegno senza alcuna pietà, ma di
tutti era forse proprio la principessa dell'amicizia quella che aveva
bisogno di un aiuto, almeno morale.
La consapevolezza di essere arrivati tardi, il pensiero
che se fosse partita subito con le sue amiche e avesse lasciato
Princess Celestia da sola a sigillare la magia del Lago Specchio
allora avrebbe potuto fermare Tirek e le sirene. Ma sopratutto, la
consapevolezza di cosa Queen Chrysalis avesse fatto, solo per
vendicarsi di lei, le bruciava più di qualsiasi ferita. E la
cicatrice che questa piaga avrebbe lasciato, sicuramente non
l'avrebbe mai più abbandonata.
Il sole era alto, illuminando le strade delle decine di
cantieri in costruzione e le vite che tentavano di recuperare la
normalità nonostante la devastazione a cui erano
sopravvissuti.
Spike
avvertì Twilight appoggiare pesantemente la testa al muro e,
preoccupato, le si avvicinò domandando «Twilight!
Stai bene?»
«Non sempre la
verità è in fondo al pozzo.» rispose, enigmatica,
Twilight.
Spike spalancò
gli occhi, non capendo «Cosa?»
«Ho
sbagliato
tutto,
Spike. Ero così concentrata su scoprire più possibile
sulle Dazzling che ho tenuto lo sguardo così vicino da avere
solo una visione sfocata della situazione intera. Ho visto qualche
dettaglio con una chiarezza superiore, ma così facendo ho
perso inevitabilmente di vista l'insieme. E in tutto questo... è
Ponyville, assieme a quell'umano, che ha pagato le conseguenze.»
Princess
Celestia udì casualmente quelle parole dette dalla sua allieva
e, senza preavviso, si avvicinò a lei domandando «Quando
Queen Chrysalis ha attaccato la tua città, sei per caso
scappata?»
Troppo sorpresa per
capire cosa le fosse stato chiesto, Twilight rispose quasi
involontariamente «No, certo che no!»
«E quando hai
scoperto che i Mutanti si erano intrufolati tra i tuoi amici, ti sei
arresa?»
«Be', no...»
«Bene. E
quando le Dazzling si sono risvegliate, hai nascosto la testa
sottoterra?»
«Non sono
certo uno struzzo!» replicò Twilight, toccandosi
istintivamente il collo: lo aveva davvero così lungo?
Princess Celestia le
accarezzò una guancia con le piume delle ali, riservandole un
sorriso che da solo avrebbe potuto sciogliere i ghiacciai mentre le
spiegava «Sei stata ingannata, questo è vero. Ma quello
che davvero importa è che tu non sei scappata: anche quando la
situazione si stava facendo disperata hai continuato a resistere e a
difendere quelli che credevano in te. È questo quello che
davvero importa. Quindi credimi, Twilight, quando ti dico che oggi
hai deluso proprio nessuno. Anzi, sono orgogliosa di te e di come tu
abbia saputo reagire a questa crisi.»
«Orgogliosa?»
berciò Twilight. Stranamente, quella parola sembrava averla
più offesa che altro «La
Guerra della Trinità è soltanto colpa mia! Questa è
Equestria, la patria dell'amicizia e dell'armonia... e sono un
alicorno, la razza che più di ogni altra si adopera perché
questi principi vengano diffusi. Sono la principessa dell'Amicizia,
non della guerra! E per le mie paure, per le mie stupide fissazioni,
ora Ponyville è un ammasso di macerie da ricostruire
interamente!»
Princess Celestia accolse lo sfogo dell'allieva, che zittì con
una frase che pesò sulla novella principessa come un mattone
«So come ti senti, Twilight. Mi ricordi molto me stessa, mille
anni fa...»
Twilight capì subito che la sua maestra si riferiva alla Notte
Eterna, quando era stata costretta a bandire sua sorella, trasformata
in Nightmare Moon dalla sua invidia, sulla Luna.
L'alicorno lilla si ammutolì e Princess Celestia ne approfittò
per proseguire «Come tu hai detto, noi alicorni siamo coloro
che più di ogni altra specie vuole diffondere la serenità
e l'armonia così come un contadino fa con i semi delle sue
piante. Ma non si tratta di un percorso semplice, non basta volerlo
perché si realizzi.»
L'alicorno color avorio indicò fuori dalla finestra con lo
zoccolo e proseguì «Esistono molte minacce a
quest'ordine che noi vogliamo creare. Essere una principessa vuol
dire anche avere nemici molto potenti, esseri malvagi che useranno un
impegno a volte anche superiore al nostro per distruggerci e
vanificare tutti i nostri sforzi. Per questo, noi non ci nascondiamo
di fronte a loro e ricorriamo ad ogni mezzo per difendere il nostro
popolo e la nostra pace.»
«E come può fare, quando il sacrificio per questa pace è
così grande?»
Princess Celestia capì immediatamente che la sua studente si
riferiva all'esilio della sorella per quanto la riguardava e alla
morte dell'umano per lei. Dopo una breve pausa, rispose «Devi
perdonarti. Devi guardare negli occhi tutti quelli che credono in te
e capire che devi andare avanti, se non per te, per loro.»
Twilight ricambiò
il sorriso della principessa, toccata dalle sue parole e la abbracciò
stringendole le zampe al petto. Dopo qualche secondo, aggiunse «Credo
che avrò ancora bisogno dei vostri consigli.»
Princess Celestia
sorrise, ricambiando l'abbraccio «Se avessi voluto smettere di
aiutarti, Twilight, te lo avrei detto molto tempo fa!»
La giovane
principessa rise debolmente alla sottile battuta e Spike, senza dire
niente, si unì all'abbraccio compensando la differenza di
statura con un salto.
Se il cielo di Equestria era soleggiato per aiutare i
lavori di ricostruzione, nel mondo umano invece scendeva una pioggia
fitta, privando di luce naturale qualunque abitazione nonostante
fosse passato da poco mezzogiorno e costringendo tutti a tenere le
luci accese.
All'interno
del Black
Canary
Susy, Bulldog, Bobo ed El Bastardo restavano seduti al tavolo con i
divanetti bordeaux dove, pochi giorni prima, si erano seduti Alastor
ed Aria.
Il locale, “chiuso per lutto” come diceva
l'insegna, sembrava ancora più vuoto di quando invece c'era un
sacco di gente che faceva solo gli affari propri. L'unica luce
accesa, direttamente sopra il tavolo, gettava timide ombre sui volti
depressi dei presenti.
Tutti e quattro erano bagnati fradici, ma a nessuno
importava.
Appena tornati dai funerali del loro amico, soltanto
loro si erano presentati.
Avevano provato a cercare qualcuno che Alastor potesse
conoscere oltre a loro, ma non ci fu alcun numero sulla sua rubrica e
tra i clienti soliti del bar, date le numerose zuffe con il diretto
interessato, ci fu uno scarso coinvolgimento nella misteriosa
dipartita del giovane.
Nemmeno suo zio si era presentato: blaterando scuse come
il non voler coinvolgere il nipote in strane voci o attirare solo
curiosi, tentò di nascondere il fatto che aveva deciso di non
presentarsi già da molto tempo. Al loro appuntamento, liquidò
la comitiva di ragazzi cercando di apparire freddo e distaccato, ma
voci secondo cui il giorno dopo aveva rifatto interamente lo studio,
mobili compresi, in quanto erano andati a sbattere ripetutamente
contro il suo set di mazze da golf era giunta anche alle loro
orecchie.
Così, al funerale di Alastor Sullivan furono
soltanto in cinque: sua cugina Susy, i suoi migliori amici Bulldog,
Bobo ed El Bastardo e infine il prete.
Nessuno di loro, in realtà, nutriva qualche fede
religiosa. Se l'avessero davvero avuta, non avrebbero potuto fare più
della metà di quelle azioni che per loro rappresentavano
invece l'abitudine. E nemmeno potevano essere sicuri di quanto fosse
convinto di un piano superiore il loro amico, eppure sentirono che
c'era bisogno di lasciarlo da qualche parte, mettere sulla terra un
monito che dicesse “Alastor Sullivan è stato qui”.
Nessuno
di loro quattro aveva parlato durante la cerimonia e nemmeno aveva
dato ascolto al prete, mentre recitava il suo sermone. Impiegarono
alcuni minuti, quando terminò la cerimonia e si chiusero
dentro il Black
Canary,
per ritrovare improvvisamente la voce ricordando l'amico caduto,
cercando di tirarsi su il morale a vicenda.
Alastor non era un uomo baciato dalla fortuna, non era
una di quelle persone destinate a compiere grandi imprese: oltre alla
sua forza incredibile non aveva altro.
Non era stato dotato di una grande intelletto o di una
volontà adamantina e proprio per questo si accontentava di
quella vita così squallida. E forse era proprio per questo che
l'incontro con Aria Blaze lo aveva cambiato.
Forse, agli inizi, vedeva davvero in lei soltanto un
modo per rimediare a quando non poté salvare la sua
controparte che aveva conosciuto anni prima, ma con il tempo aveva
ritrovato nella sirena qualcosa di più. Magia, mondi lontani e
l'opportunità di combinare finalmente qualcosa di buono
dovevano aver risvegliato in lui quel calore, quelle emozioni che il
mondo che lo circondava stava facendo lentamente rattrappire.
Perdere Aria, ritrovarla e aiutarla doveva essere stato
per lui il lavoro più bello di tutta la sua vita e forse
proprio per questo era finito con l'innamorarsene. Perché lui,
nonostante tutto, credeva nel futuro orgiastico che, anno per anno,
indietreggiava davanti a lui; gli era sfuggito fino ad allora, ma non
importava: domani avrebbe corso più veloce, avrebbe allungato
di più le mani e, una bella mattina, sarebbe diventata una
persona migliore.
E adesso, con Alastor morto, i suoi amici potevano
soltanto farsi forza assieme.
In fondo gli amici servono a questo, sanno come aiutarti
ad andare avanti. A volte cambiando argomento, restando accanto o
facendo quello che serve per sollevarti il morale.
Ma, alla fine dei loro ricordi, restava soltanto una
cosa da dire.
Bobo abbassò gli occhi sul bicchiere, colmo fino
all'orlo, del liquore versato da Susy. Mentre parlavano era la
seconda bottiglia che andavano a raschiare il fondo.
Con movimenti irregolari e meccanici, afferrò il
boccale e lo strinse come se stesse cercando di romperlo. Poi lo alzò
al centro della tavola.
«Ad Alastor.»
disse, con voce gracchiante.
Incuranti dello
sforzo dell'amico, i rimanenti afferrarono a loro volta i bicchieri e
brindarono, salutando così il loro compagno.
Così, piegati
ma non spezzati, avrebbero continuato le loro vite, barche
controcorrente risospinte nell'oscurità.
Queen Chrysalis
sobbalzò sul divano in cui si era sdraiata per concedersi un
meritato riposo, mentre le sue truppe si organizzavano per curare i
feriti lievi a cui non c'era bisogno di ricorrere alla magia.
Per quanto la Regina
dei Mutanti volesse dare a vedere il suo autocontrollo, a volte la
visione di una furiosa Adagio che le scagliava contro poteri antichi
di millenni le faceva venire i brividi. Quelli furono momenti in cui
davvero si era chiesta se sarebbe riuscita a vedere l'alba del
domani.
I
suoi pensieri vennero interrotti da una voce familiare «Che
ti potessi spingere in basso, sono la prova vivente che puoi farlo.
Ma devo dire che questa volta hai superato addirittura le mie
aspettative!»
Queen Chrysalis si
voltò con un ghigno predatorio stampato sul muso, osservando
Princess Cadance guardarla con espressione furente mentre dietro di
lei alcune decine di Mutanti giacevano a terra: l'intera guardia
personale della Regina era stata messa fuori gioco prima ancora che
potesse accorgersene.
«Ah, quindi la
mia ultima impresa è già arrivata all'Impero di
Cristallo? Sono lusingata.» commentò, sarcastica, la
sovrana «Se sei arrivata qui per annoiarmi, ti interrompo
subito. Dovresti sapere meglio di chiunque altro che non ho, né
avrò, rimorsi per quello che ho fatto.»
«Lo
so.» annuì, con sorpresa, Cadance «Infatti non
sono qui per sprecare fiato con te. Perché forse potrai
nascondere le tue intenzioni da Twilight, ma io ti conosco troppo
bene.
So cos'hai fatto e cosa volevi da questa Guerra della Trinità!»
Queen Chrysalis alzò
le spalle «Guardati intorno. Il mio esercito è stremato
e io stessa sono stata sbattuta come un uovo dalle sirene. Quali
vantaggi credi che abbia, questa volta? So che mi odi, ma...»
«Del potere
del caos delle sirene non ti è mai importato.» la
interruppe Cadance. Quello tra lei e la Regina dei Mutanti era un
rapporto raro e che portava la Principessa dell'amore a dimenticarsi
delle buone maniere. Quello tra la Regina e la Principessa era un
raro caso di “Odio a Prima Vista”.
In ogni caso, Queen
Chrysalis non commentò e Princess Cadance continuò.
«I tuoi poteri
sono già ampiamente superiori alla media, senza contare
l'amore che potresti rubare dai tuoi sudditi o dalle tue vittime. Il
tuo unico proposito era vendicarti di Twilight e di come lei ti
avesse sconfitta; ma per farlo non ti servivano nuovi poteri, non
volevi affrontarla in un campo dove lei avrebbe potuto anche
superarti, per quanto questo non lo ammetterai mai a voce alta. Per
vendicarti hai voluto colpirla dritta al cuore, dritta a Ponyville:
raderla al suolo, distruggere tutto quello che Twilight ama e ha
giurato di difendere.»
Queen Chrysalis
sorrise a quelle parole. Non aggiunse una sola parola, ma era chiaro
che Princess Cadance avesse capito meglio di chiunque altro.
«Trovare
il Lago Specchio per te non doveva essere difficile. Hai a
disposizione praticamente la stessa quantità di conoscenza
racchiusa nelle biblioteche di Canterlot, ma anche un esercito
composto da milioni di soldati non era ancora sufficiente. Per
ottenere il tuo scopo avevi bisogno non di scatenare una guerra come
tante altre sono state affrontate, ma distruggere ogni
cosa che
Ponyville rappresentava. Avrai pensato di liberare il Tartaro, ma
sapevi che non solo era estremamente complicato, ma non saresti mai
riuscita ad avvicinarti senza scatenare le attenzioni delle
Principesse. E così hai ricorso ad un potere ancora più
antico: le Sirene.»
«Come credi
che possa essere venuta a conoscenza della loro esistenza?»
interruppe la Regina, scendendo dal divano senza staccare gli occhi
dalla rivale.
Cadance prese
qualche secondo per rispondere «Non puoi immaginare quanto mi
innervosisca il fatto che tu, dopo tutto quello che hai appena fatto,
tenti ancora di nasconderti!»
Queen
Chrysalis le rivolse un ghigno feroce «Oh, lo posso capire
benissimo,
invece. È proprio per questo che te lo dico.»
La
principessa ignorò lo scherno della sovrana e riprese «Ti
sei già intrufolata a Ponyville, durante gli eventi precedenti
la Cometa del Segretariato, perciò conoscevi già il
posto. Ma questa volta, il tuo piano non prevedeva di farsi scoprire:
i tuoi Mutanti dovevano mimetizzarsi
tra
la popolazione e loro lo hanno fatto diligentemente, rapendo e
rimpiazzando i suoi abitanti senza che qualcuno se ne accorgesse. E
così, mentre stringevi la tua morsa su Ponyville, arrivando
addirittura alle amiche di mia cognata, ti sei avvicinata allo
specchio, l'unico mezzo di collegamento tra Equestria e il mondo dove
si trovavano le sirene. Almeno dimmi, è stato difficile
trovarle?»
La Regina dei
Mutanti «Tre creature quasi onnipotenti che hanno cercato di
dominare una città nel giro di una notte? No, è stato
incredibilmente semplice risalire a loro e dove si trovassero.»
«E così
hai iniziato i rapimenti. Non ho ancora capito se il tuo piano
comprendeva nel catturare tutte e tre le sirene oppure fin
dall'inizio volevi lasciarne soltanto una; ma qualunque sia la
verità, non appena hai saputo che la Dazzling mancante era
arrivata a Ponyville con una guardia del corpo e Twilight li teneva
praticamente in ostaggio, hai fatto scattare la tua vendetta.»
«Parli di cose
che ormai sono chiare, Cadence.» commentò Queen
Chrysalis, sollevando con la magia un calice e una bottiglia da una
dispensa posta nell'altro lato della sala rispetto a loro e versando
da bere solo per lei.
«Sono pronta a
giurare che tu immaginassi che le tre sirene, nonostante quello che
li era successo, avevano ancora un collegamento con le energie del
Caos che le hanno generate. Tutto quello di cui avevi bisogno era di
scatenare un conflitto di proporzioni tali da risvegliare quelle
energie.»
«Le energie
del Caos non sono come le altre. Non puoi pretendere che, levato il
loro possessore, semplicemente vaghino per l'aria: hanno bisogno di
un vettore, di qualcosa che le raccolga e che le usi. E siccome non
mi risultava che il mondo degli umani si fosse spaccato in due per
quelle energie lasciate libere, era implicito che queste forze
dovevano aver semplicemente cambiato oggetto. Non più le
sirene, i cui medaglioni erano prima una semplice estensione di loro
stesse, ma li stessi ciondoli, ridotti dall'attacco di Twilight
Sparkle e delle sue amiche a semplice bigiotteria.» detto
questo, Queen Chrysalis bevve un lungo sorso prima di concludere
«Certo, non potevo essere certa che avessero fatto qualcosa, ho
dovuto scommettere sulla loro disperazione. Che dire, ho puntato
bene.»
«Oh,
sì...» annuì Cadance «E infatti tutto è
andato come avevi previsto. A Ponyville stanno ancora contando i
danni della Guerra e le Sirene si sono risvegliate. Ci è
addirittura scappato il morto, in mezzo al caos che hai scatenato.
Scommetto, però, che non ti aspettavi che la nuova condizione
di umane dotate di poteri magici delle Dazzling le avrebbe rese
decine di volte più potenti di quanto non fossero mai state.
Anzi, io so
che
non te lo aspettavi; così come il fatto che Adagio Dazzle
avrebbe voluto vendicarsi prima di te,
piuttosto che Twilight!»
Per la prima volta
da quando avevano iniziato a parlare, Queen Chrysalis aggrottò
la fronte.
Fu un gesto rapido,
fulmineo, indistinguibile da uno spasmo involontario.
Eppure, da quella
semplice azione, Cadance comprese subito che aveva appena colpito un
nervo scoperto.
«Ho scatenato
e affrontato la Guerra della Trinità, è vero. Ma è
anche vero che ne sono sopravvissuta, indipendentemente da quello che
volevo o no. Come vedi, sono ancora qui.» tentò di
difendersi Queen Chrysalis. Cadance ebbe l'impressione che la sua
voce avesse acquisito un improvviso tremito, che avesse perso quella
spavalderia che invece era solita mostrare, ma credette fosse solo
un'impressione e non vi diede peso.
Tuttavia, rincarò
la dose «Lo sai di chi sono nipote, giusto?»
Queen
Chrysalis inarcò un sopracciglio, non capendo «Tutto
il mondo sa
che voi alicorni siete tutti parte di un'unica famiglia, ormai!»
«Esatto. E
proprio per questo, Luna mi ha raccontato cosa sogni da quando sei
scappata nelle ultime fasi della Guerra della Trinità.»
Queen Chrysalis non
ribatté, ma strinse i denti mettendo in mostra i canini,
incupendosi in volto.
«Non
esisterà prigione da cui tu non possa scappare e forse nemmeno
una punizione che tu non possa aggirare. Ma io ti conosco, Queen
Chrysalis, ti conosco meglio di chiunque altro. Dici sempre che è
l'amore
che tiene voi Mutanti uniti, ma non specifichi mai se si tratta del
mio
amore
o dell'amore per
te.
Perché, ancor più del tuo dovere, tu sei orgogliosa.
Sei forse la creatura più egocentrica che cammini su questo
mondo.» detto questo, tra le due sovrane calò il
silenzio, interrotto solo dal rumore dei passi che Cadance compiva
per avvicinarsi alla rivale.
Cominciando con un
sussurro, la principessa di cristallo sibilò le sue parole di
commiato che sapevano tanto di condanna «Voglio che tu ricorda
bene quello che sto per dirti. Siamo noi, i Pony, che hanno vinto la
Guerra della Trinità. Non tu, né il tuo esercito, siete
riusciti a fermare le Sirene, i loro poteri e la furia del Tartaro. E
non puoi sapere cosa sarebbe potuto succedere se le Dazzling avessero
invece vinto.»
«Il mio regno
può resistere a qualunque nemico...» la interruppe la
sovrana dei Mutanti, seppur arretrando di un paio di passi come se la
principessa pony avesse improvvisamente cominciato a farle paura.
Forse aveva capito dove voleva arrivare.
«Chi
lo sa, forse è proprio così. Ma tu?»
Queste
parole zittirono del tutto Queen Chrysalis, che rimase a guardare la
principessa con uno sguardo impotente.
«Hai
nemici potenti, Regina dei Mutanti. E lo sai. Perciò,
ogni volta che il sole ti accarezzerà il carapace, ogni volta
che ti coricherai a dormire durante la notte e ogni volta che
sentirai delle lodi al tuo nome, rifletti bene su questo: se sei viva
e puoi continuare la tua vita lo devi solo a noi. I
Pony.
A noi e nessun altro.»
Nella sala piombò
nuovamente il silenzio. Cadance si era alzata in volo per avvicinarsi
con il muso a quello della Regina e si era fermata a pochissimi
centimetri dal muso di Chrysalis, quasi come se stesse per baciarla
in mezzo agli occhi verdi.
«Ci
devi la vita, Queen Chrysalis. A me, a Twilight... e ad ogni singolo
pony che vive in questo momento.»
La Regina dei
Mutanti accolse quella verità come un sasso lanciato dritto
dentro lo stomaco. Per quanto odiasse ammetterlo, lei non aveva il
potere per resistere ad una sola Sirena, figurarsi tutte e tre
riunite.
«Come ti fa
sentire, questo, Regina dei Mutanti?» domandò infine
Princess Cadance, prima di sparire in una luce azzurra.
Queen Chrysalis
rimase a fissare avanti a se, ansimando, come se per la prima volta
in tantissimi anni non sapesse cosa fare, come reagire ad una
situazione. Alla fine, stravolta, scagliò con tutta la sua
forza il calice di vetro contro la parete, mandandolo in frantumi.
Mentre la pioggia di
vetro cadeva dal muro, riempiendo la sala con il suo tintinnio
delicato, la sovrana alzò gli occhi e gridò al cielo la
propria furia usando tutto il fiato che aveva nei polmoni, cercando
sollievo in quella profonda ferita scavata nel suo orgoglio e che mai
si sarebbe rimarginata del tutto.
Lei era debitrice
dei Pony. Le avevano salvato la vita.
E non poteva fare
niente per cambiarlo.
La notte era ormai
giunta e nella radura sopraelevata dove le Dazzling avevano stabilito
il loro rifugio dove riposarsi soltanto la luna teneva illuminato
l'ambiente.
Mentre Adagio e
Sonata riposavano nell'alloggio che avevano costruito in pochi
secondi grazie ai loro poteri, Aria restava ferma come una statua di
sale sul ciglio di uno strapiombo che dava su di un paesino poco
lontano. La sua modesta superficie e l'aspetto rustico delle case le
ricordavano molto Ponyville e perciò anche molto pensieri poco
felici.
Tra le lunghe dita
da pianista, la sirena giocava con un anello su cui era incastonato
un piccolo rubino: lo stesso anello che indossava Alastor.
Restò
indecisa ancora per qualche secondo e poi, con un gioco di dita, lo
infilò all'anulare sinistro.
Immediatamente,
Alastor spuntò alle sue spalle uscendo da dietro un albero «Mi
hai chiamato?»
Aria
non rispose, ma per l'umano quel silenzio era più che
sufficiente. Affiancò la ragazza riflettendo a voce alta
«Grazie per avermi lasciato al Black
Canary.
Non avrei mai pensato che... be', nella mia condizione... avrei
davvero preferito venire lasciato da qualche parte piuttosto che da
un'altra. Comunque mi spiace che le tue amiche, nonostante tutto, si
sentano un po' in colpa per quello che è successo, forse
potresti...»
«Non è
colpa loro.» lo interruppe Aria, tenendo ancora lo sguardo
verso quella piccola città e parlando a denti stretti «La
colpa è tua. Non di Adagio, ma solo tua...»
Alastor si zittì,
abbassando lo sguardo come se si sentisse improvvisamente in colpa.
Finalmente
Aria si voltò verso di lui «Io sono una Sirena: dove
passo semino il caos e la mia parola crea la discordia... e mi andava
bene così! Ero felice anche quando eravamo solo io, Adagio e
Sonata, perché sapevo
che
non avevo altro, che con la mia natura non avrei mai potuto avere
altro! Loro sono la mia famiglia, Alastor... ma poi è arrivata
Twilight e quello stupido potere, che non ha niente di meglio da fare
che renderci tutte e tre umane. Ma non basta! Perché almeno
Adagio e Sonata si sono salvate dalla parte peggiore, la parte che
tu,
grosso idiota, mi hai mostrato!»
Alastor ricambiò
lo sguardo di Aria, rispondendo debolmente alla sua ramanzina «Io...»
«Sì,
tu. Tu!» esclamò Aria, puntandogli contro un dito.
Sebbene fosse di una testa più bassa di lui, e con un fisico
nemmeno lontanamente paragonabile, riusciva a tenergli testa come se
fosse stata un gigante «Tu mi hai mostrato che potevo essere
felice... anche senza tutto questo. Mi hai fatto vedere cosa
voleva dire poter conoscere altre persone senza vederle poi odiarsi,
cosa si... prova... ad avere accanto qualcuno che tiene a te senza
una ragione precisa. Cosa vuol dire...»
Aria non riuscì
a finire la frase. Abbassò nervosamente il braccio e si morse
il labbro.
Alastor
alzò le mani «Ehi, non siamo negli anni settanta dove se
non volevi conquistare il mondo non eri nessuno! Tu e le altre state
facendo quello che chiunque,
con i vostri poteri, farebbe! Potete fare ogni cosa, esplorare nuovi
mondi... cosa ti rende così nervosa?»
Offesa, Aria scattò
e tirò un pugno dritto in mezzo agli occhi dell'umano, ma
questo gli passò attraverso, trascinando con sé la
sirena che così oltrepassò il bordo del precipizio. Ma
non cadde, rimase sospesa nel vuoto.
Superata
l'immagine residua del ragazzo, il rancore della sirena mutò
presto in malinconia e con la voce spezzata rispose «Voi del
Black
Canary,
tutti assieme, non fate un cervello... credi che vi avessi tradito
perché sono stupida? Io stavo per tornare alla mia natura e vi
ho tradito, vi ho lasciato indietro... perché voi non avete
fatto lo stesso? Ma tu, sopratutto! Perché hai voluto
continuare, cosa ti aspettavi? Chi ti ha detto che avevamo bisogno di
aiuto con Tirek? Perché hai insistito?»
Alastor si voltò
verso Aria e lei, guardandolo negli occhi, sbraitò «Perché
sei dovuto morire?»
Alastor
non rispose ad alcuna domanda, ma la sua espressione lasciava
intendere quanto si dispiacesse per lei.
Dopo
un minuto buono di silenzio cominciò ad avvicinarsi a lei,
muovendosi nel vuoto a sua volta. Quando arrivò davanti a lei
le mise le mani sulle spalle. Contrariamente a quando Aria aveva
provato a colpirlo, questa volta lei avvertì la presa del
ragazzo, calda e delicata come una carezza, sulla sua pelle.
«Mi
dispiace.» disse, semplicemente «Se c'è qualcosa
che posso fare per...»
Aria
osservò Alastor negli occhi senza dire una parola, ma quegli
occhi viola furono sufficienti per troncare ogni parola a cui il
ragazzo poteva pensare.
Nella
pace e nel silenzio che riempivano quello spazio incontaminato, gli
sguardi dei due ragazzi sembravano voler dire più di mille
parole e nella magia del momento l'atmosfera si addolcì ancora
ed entrambi cominciarono, quasi involontariamente, a intonare
Something
Stupid.
I
can see in your eyes,
that
you despite the same old lines
You
heard the night before
And
though is just a line to you,
For
me it's true
It
never semmed so right before
The
time is right, your perfume fills my head, the stars get red and, oh,
the night's so blue And then I go and spoil it all by sayin'
something stupid like
“I
love you”
I
due si specchiarono l'uno negli occhi dell'altra e, lentamente, le
loro bocche si avvicinarono mentre, insieme, concludevano la canzone.
The time is
right, your perfume fills my head, the stars get red and, oh, the
night's so blue And then I go and spoil it all by sayin' something
stupid like “I love you”
I love you I love
you I love you
Aria Blaze scivolò
e si ritrovò di nuovo in piedi sul ciglio dello strapiombo.
Intorno a lei c'era di nuovo nessuno.
Sola, avvertì
un nodo alla gola troppo stretto perché potesse scioglierlo e
cadde a sedere, con i piedi sospesi nel vuoto e gli occhi che
cominciavano ad inumidirsi. I singhiozzi vennero poco dopo e si portò
le mani sul volto, coprendosi la faccia come se non volesse farsi
riconoscere.
Secoli addietro,
all'apice dei suoi poteri, Aria si sentiva superiore a chiunque
altro, come due creature in una: da una parte l'antico pegaso che si
era riscattato e dall'altra il senso di appartenenza ad una razza
priva di vincoli mortali, a cui era permesso ogni cosa.
E ora?
Anche ora, Aria si
sentiva come in due.
Da una parte la
sirena, che attraversa ossequiosamente la sua esistenza immortale e
dall'altra l'umana, incapace di dimenticare quello che ha avuto.
Perché quel momento, ormai, non sarebbe mai più
tornato.
Due miserie, in un
corpo solo.
My
Litte Pony - La Guerra Della Trinità
FINE
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