Primo
«Principessa,
siete sveglia? La colazione è pronta». Fujiko bussò
alla porta in legno bianco, non ricevendo però risposta.
Preoccupata, entrò nella stanza vuota e silenziosa. Le coperte
erano stropicciate, l'anta dell'armadio socchiusa e le ciabatte rosa
erano state abbandonate ai piedi del letto. Della principessa
nessuna traccia. Possibile che, una ragazza dormigliona come lei,
si fosse già alzata? Non erano nemmeno le dieci. Si
richiuse la porta alle spalle e percorse il lungo corridoio, il
rumore dei tacchi che rimbombava tra le pareti. Provò a
guardare se la principessa si trovava in biblioteca dato che sapeva
benissimo che era il suo posto preferito, ma stranamente non la
trovò. Passò dal salotto alla cucina e infine nel
grande giardino. Sentì due risate soffocate. «Principesse!»
sbottò Fujiko, posando le mani sui fianchi. Dietro a un
cespuglio comparvero due teste: la prima, quella a destra, aveva i
capelli rosso fuoco che le solleticavano le spalle e un paio di
occhioni viola, mentre la seconda portava i capelli arancioni e due
occhi azzurro vetro. «Ci ha beccate» rise la bambina
dai capelli rossi. «Principessa Liya, di grazia, venga via
da quel cespuglio. Non vede che sta' sporcando tutto il vestito»
la riprese la domestica, tirandola per un braccio e alzandola.
«Vostra madre vi sta aspettando nella sala da pranzo. Lo sapete
che non sopporta i ritardi» le lisciò il vestito bianco,
sistemando le grinze che si erano formate. «Scusa Fu.
Volevamo solo giocare. Ultimamente ci vediamo poco» disse lei,
lanciando un'occhiata alla sorella. Fujiko sospirò e
sorrise. «Mi inventerò qualcosa allora. Ma solo per
questa volta che sia chiaro». Gli occhi innocenti di Liya
s'illuminarono di gioia. «Grazie, grazie!» e
l'abbracciò. «Adesso però andiamo. Principessa
Alaja» si rivolse all'altra bambina. «è
pronta?». Alaja aveva 13 anni, era tranquilla e posata,
invece Liya aveva 11 anni ed era allegra e vivace. L'esatto opposto,
insomma. I ricevimenti e le lezioni che dovevano frequentare le
tenevano separate e questo le costringeva a uscire di nascosto, a
infrangere le regole più importanti. A colazione erano rare le
volte che si vedevano, a pranzo e a cena non era concesso
parlarsi. Quindi, quale altra scelta avevano? Fujiko sapeva
bene che loro facevano tutto quello solo per passare il tempo come
due vere sorelle, però dovevano regolarsi. Alaja annuì
e si scostò una ciocca di capelli dal viso. A lei piaceva
essere ordinata e mettersi in mostra davanti alla madre. Non
dimentichiamoci che una delle due potrebbe salire al trono, un
giorno. Se c'era una cosa che voleva assolutamente era un fidanzato
fedele e serio. La madre le aveva detto che ci sarebbero volute
ancora altre quattro settimane. L'idea la spaventava ed emozionava al
tempo stesso. Non le piaceva il fatto che tutte le sue amiche ne
avessero uno e lei no. Fujiko condusse le due sorelle nella sala
da pranzo dove, accomodata a capotavola, c'era una donna. I capelli
-identici a quelli di Alaja solo un po' più chiari- erano
legati in un elegante cipolla alta e il ciuffo tenuto a bada dalle
mollette fatte di pietre preziose. Appena la domestica chiuse la
grande porta alle sue spalle, gli occhi viola scuro della donna si
posarono sulle due bambine. Freddo era il suo sguardo. Freddo e
privo di emozione, capace di paralizzare una persona sul posto. «Come
mai questo ritardo?» chiese, dura. «E' stata colpa
mia» s'intromise Fujiko, facendo un passo avanti. «Mi
sono dilungata troppo nelle chiacchiere. Le chiedo scusa» piegò
il busto in avanti. Attimi di silenzio. Il rumore della sedia
che struscia sul pavimento lucido lo rompe, seguito poi dal
ticchettio dei tacchi. La donna si avvicinò alle figlie e le
guardò dall'alto, come se fossero esseri inferiori prive di
valore. «Io non ti pago per dire bugie, Fujiko, ma per
eseguire il tuo lavoro» sibilò. «Visto e
considerato che non mi hai mai causato problemi, chiuderò un
occhio. Ma da oggi in poi, non dovrai più occuparti di loro»
vide un sussulto da parte di Liya. «Puoi andare»
concluse, sollevando il mento. La domestica non ribattè e
fece come le era stato chiesto, evitando di incrociare lo sguardo
triste di Liya. Non poteva opporsi. Quello che Lady Nadiya
ordinava, andava fatto senza obbiezioni. E se non volevi, ti sbatteva
fuori dal castello a calci. Erano queste le regole. Quando la
porta si chiuse, Lady Nadiya assentò uno schiaffo in pieno
viso ad Alaja. «Sei una vera e propria delusione. Come speri di
conquistare un Principe se non sai nemmeno rispettare le regole?!
Cosa farai al primo appuntamento, eh? Arriverai in ritardo,
inventando la prima scusa che ti capita a tiro?» sbraitò,
gli occhi incorniciati dalla rabbia. «Queste piccolezze
finiranno col distruggerti, perciò vedi di imparare in fretta.
Vuoi le cose ancor prima di aver capito come funzionano. Stupida»
sputò l'ultima parola con disprezzo. «Da domani voglio
il massimo da te. Se farai anche un solo errore, verrai punita
severamente» si rivolse a Liya e le puntò un dito
contro. «E' colpa tua se Alaja si sta distraendo. Lo vuoi
capire? Il tempo di giocare è finito. Stalle lontano». Questi
furono i suoi ordini prima di dar loro spalle e andarsene con
l'espressione disgustata. Lady Nadiya non sopporta le imperfezioni;
deve essere tutto perfetto, altrimenti non funzionerà mai. Per
lei, il potere era vita. Senza quello, non potevi sopravvivere, non
eri niente. Voleva insegnare ad Alaja che cosa significasse essere il
più forte e prendere in mano le redini dell'intero regno.
Aveva grandi aspettative per lei. Non poteva assolutamente permettere
che qualcosa andasse storto.
**
Un
anno. Era passato un anno dall'ultima volta che Liya aveva visto
sua sorella. Aveva provato ad aspettarla davanti alla porta della sua
camera -stando ben attenta a non farsi vedere dalle guardie e
domestiche-, ma senza successo. Durante il pranzo e la cena, vedeva
sempre il suo posto vuoto e ogni volta che provava a chiedere
spiegazioni alla madre, lei la liquidava con un'occhiataccia.
All'inizio era convinta che l'avesse rinchiusa nelle segrete, com'era
già successo in passato, ed era andata a controllare, finendo
col farsi beccare da Fujiko. Dopo lo spavento iniziale, avevano preso
a raccontarle che cosa stava succedendo e del motivo per cui era
scesa. La domestica aveva sorriso di fronte alla tenerezza della
ragazzina, eppure, dentro di sè, sentiva che c'era qualcosa
che non andava. Ultimamente le guardie erano raggruppate di più
nell'ala ovest del castello, dove c'era la stanza di Alaja e il
secondo studio di Lady Nadiya che usava solo se doveva incontrare
qualcuno di importante. Insomma: quella era la zona più
tranquilla. Le sue colleghe non le parlavano quasi mai e sembravano a
disagio e infastidite dalla sua sola presenza. Forse erano convinte
che avesse combinato qualcosa di grave, visto che non badava più
alle principesse e volevano tenerla alla larga per non avere
problemi. A lei, sinceramente, andava bene così. Troppe doppie
facce. Adesso, si occupava di pulire la biblioteca e la sala da
pranzo e del bucato di Lady Nadiya, il che era una vera rottura dato
che lei voleva tutto alla perfezione: le maglie dovevano essere
piegate in quattro, senza pieghe e i vestiti dovevano essere appesi
in ordine di colore, dal più chiaro al più scuro.
Metodi strani a cui ci facevi per forza l'abitudine. La famiglia di
Fujiko aveva sempre avuto problemi di denaro e questo li aveva
portarti alla rovina: suo padre era diventato un ladro e stava
finendo i suoi giorni in carcere, mentre sua madre era morta per via
di un tumore. Grazie a una sua amica e a un ottimo curriculum era
riuscita a trovare lavoro come domestica al castello. E se voleva
vivere, doveva tenerselo stretto anche se era dura. Preferiva
obbedire agli ordini di un superiore che abitare sotto un ponte. Liya
conosceva la sua storia ed era per questo che cercava in tutti i modi
di difenderla. Non le importava se veniva punita, le bastava sapere
che Fujiko avrebbe continuato a restarle accanto. Un pomeriggio di
febbraio, dopo che Liya ebbe finito di studiare la Storia in
biblioteca, salì le scale fino ad arrivare al secondo piano e
aprì la grande porta in legno bianco. Il corridoio era
silenzioso: c'erano solo due guardie che erano appostate ai lati
della camera di sua sorella. A questo punto, forse era meglio
chiedere. Provare di nuovo non costava nulla. «Miss»
dissero all'uniscono appena si avvicinò. «Posso
sapere dov'è mia sorella?» chiese lei. Fu l'uomo
sulla destra a rispondere: «Spiacente, miss. Ma vostra madre ci
ha ordinato di non dirglielo». Liya si guardò
intorno. Eccola: da una piccola fessura sul soffitto era sbucata una
lucertola verde che la stava osservando con particolare attenzione.
La ragazzina sapeva che lei era occhi e orecchie di sua madre. Se
loro avrebbero vuotato il sacco, la lucertola sarebbe andata a
riferirglielo. Maledizione, era ovunque! Con uno sbuffo fece
per andarsene, ma la serratura scattò improvvisamente e la
porta cigolò piano. Sull'uscio comparve la figura di Alaja:
indossava uno dei suoi abiti preferiti, il che voleva dire che aveva
un incontro importante. Il corsetto bianco come la neve le stringeva
il petto, mettendo in risalto il seno e i suoi fianchi; la gonna a
forma di campana scendeva lungo le gambe, sfiorando appena il
pavimento. Alcune ciocche di capelli erano lasciate libere di
ricaderle sulle spalle e lungo il collo, mentre le altre erano
raccolte in una cipolla alta. Era diventata più alta e più
bella; il trucco la faceva sembrare più matura e adulta.
Spalle dritte e testa alta, Alaja fece un inchino e la sorella la
imitò. «Non ci si vede da un po', eh» commentò
Liya. «Hai bisogno di qualcosa?» chiese Alaja. Il
suo tono freddo e distaccato non passò inosservato. «No,
io... volevo soltanto sapere come stavi e chiederti se più
tardi volevi fare una passeggiata con me in giardino» spiegò,
sentendosi a disagio dalla sua freddezza. «Passeggiare?»
inarcò un sopracciglio. «Non sei cambiata affatto,
Liya. Tu pensi solo a te stessa, non te ne importa niente del regno.
Prendi sempre tutto alla leggera. Sei una bambina viziata. Se dovessi
vivere da sola per una settimana, non sopravvivresti nemmeno un
giorno. Invece di andare in giro per il castello a fare l'idiota,
perchè non ti metti a studiare? Pensi che passerai tutta la
vita a farti mantenere da nostra madre, vero?» una
smorfia di disprezzo le dipinse la bocca sottile. «Razza di
stupida». Liya spalancò gli occhi lucidi. Che fine
aveva fatto sua sorella? Che cosa le era successo? Era
diventata proprio come la madre, dura e distaccata. Non c'era più
l'affetto che provava per lei. Non c'era più niente in
quello sguardo. La sua più grande paura, alla fine, si era
avverata: Alaja si era allontanata da lei. Per sempre.
N.a:
Ciao
a tutti!
Mi
sono appena iscritta ed è da un po' che mi frulla in testa
questa storia e quindi mi sono detta: perchè non
provare? Spero che siate generosi e che mi farete sapere cosa ne
pensate. Ho deciso di pubblicare questa storia perchè vorrei
migliorarmi, mettermi in gioco e per farlo ho bisogno dei vostri
consigli. Intanto, inizio col ringraziarvi per averla letta. Per me,
è già un passo avanti. Al prossimo capitolo, allora!
~Mine_11
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