Elsa
si ritrovò, non sapeva come, a canticchiare una vecchia
canzone, nella sua camera. Era davvero strano: lei non
canticchiava mai.
"Tutta colpa di quel Jack", si disse. E aveva perfettamente ragione.
-
A quest'ora non c'è nessuno, di solito. Come mai sei qui? -
Gli chiese con cortesia e un pizzico di sincera curiosità.
-
Avevo bisogno di schiarirmi le idee. E tu? - La guardò
fissa. Ora era certa che avesse gli occhi azzurro ghiaccio. Indossava
una felpa blu con il cappuccio calato, quindi non capiva di che colore
fossero i capelli, ma sembravano molto chiari.
Riflettendo,
non c'era un motivo preciso. Voleva solo prendere un po' d'aria andando
in uno dei posti che preferiva in città.
-
Idem. - Rispose infine.
-
Mi chiamo Jack. - Si tolse il cappuccio e le tese una mano. I capelli
erano di un biondo chiarissimo, quasi bianco. Perfino più
chiaro del suo biondo platino. Quel ragazzo le ispirava fiducia, in
qualche modo, ma visto che lui non l'aveva fatto non voleva rivelargli
il cognome. Probabilmente avrebbe cominciato a balbettare e a chiedere
autografi a destra e a manca, altrimenti. Le era già
successo diverse volte.
-
Elsa, piacere. - Strinse la mano che il ragazzo le porgeva. Aveva una
bella stretta, ma non fu questo che la colpì. La mano era
freddissima, ma era un freddo che sapeva di casa, anche se non capiva
come fosse possibile.
-
Che bel nome! - Lui sorrise... E lei si sciolse. Era così
luminoso e contagioso, che non poté fare a meno di accennare
un sorriso anche lei. Era la prima volta che succedeva da diversi anni
a quella parte.
-
Grazie. Anche il tuo. - Lo pensava davvero. Lo trovava proprio adatto a
lui, anche se lo conosceva da soli due minuti.
-
Allora, Elsa, ti va se ci prendiamo un gelato? - Non poteva crederci.
Aveva trovato l'unica persona oltre lei che avesse voglia di un gelato
a dicembre. Questa volta sorrise sul serio, divertita e curiosa.
-
Non farà troppo freddo per te? - Scherzò,
tranquilla.
-
Figurati, il freddo non mi ha mai dato nessun fastidio. - La
guardò con aria di sfida, come se volesse vedere se aveva il
coraggio di comprare un gelato la sera del diciannove dicembre, e di
mangiarlo senza finire col cervello ghiacciato. Non sapeva con chi
aveva a che fare.
-
Nemmeno a me. Allora, andiamo? - Fu sorpreso, per un attimo, ma poi
sorrise di nuovo e così fece lei.
Si
avviarono verso il bar più vicino chiacchierando del
più e del meno, e ridacchiando quando videro la faccia del
barista alla loro richiesta. Erano decisamente le
uniche due persone sulla faccia della terra in grado di mangiare un
gelato a dicembre.
Poche
ore prima, infatti, aveva fatto una passeggiata fino al vecchio parco
cittadino, che all'ora del tramonto doveva essere deserto. Tuttavia, fu
sorpresa: aveva visto, tutto solo sull'altalena cigolante, un ragazzo
dall'aria pensierosa. Sembrava perfino un po' triste. Vinta dalla
curiosità, aveva attaccato bottone. E si era ritrovata, in
poco tempo, a ridere come non faceva da dieci anni e a mangiare un
gelato, quella sera del diciannove dicembre, davanti a un barista che
li guardava stranito. Poi Jack, "Che carino che è stato", le
aveva proposto di rivedersi uno di quei giorni. Ed Elsa?
Pff,
lei aveva accettato, ovviamente. Anche se non capiva perché.
E non ci teneva nemmeno a scoprirlo, se poteva evitarlo.
A
dire il vero, si era divertita molto con quello strano ragazzo. Non
c'era più abituata, ma si sentiva in grado di rifarlo,
insieme a lui.
Guardò
il suo riflesso nello specchio. Niente di strano, apparentemente: i
soliti due occhi azzurro ghiaccio, il naso leggermente
all'insù, i capelli biondo platino raccolti in una treccia a
spighe, le labbra carnose incurvate in un... Ecco cosa c'era di
diverso. Avevano preso una piega strana, che lasciava intravedere i
denti bianchi. Non vedeva quella piega da molto tempo, ma decise che le
piaceva. Però, non le andava di sorridere senza motivo,
perciò pensò che fosse meglio farlo solo se
strettamente necessario, almeno per il momento.
Sentì
bussare. A quell'ora poteva essere solo una persona.
-
Permesso, posso entrare? - Come volevasi dimostrare, Anna
aprì la porta e, senza aspettare la risposta della sorella,
si sedette sul suo letto. L'altra cercò subito di darsi un
contegno, ma il movimento delle labbra non sfuggì agli occhi
attenti della rossa.
-
Ehm, Elsa, non vorrei allarmarti, ma credo che tu stessi sorridendo! -
Le si illuminarono gli occhi e la sua bocca si aprì in
un'espressione di felicità pura. Era fatta così:
gioiva delle cose belle, specialmente se accadevano alla sua adorata
sorella. Ogni tanto la bionda aveva paura che dipendesse troppo da lei,
perché quando l'una era triste lo era anche l'altra,
così come quando erano felici o arrabbiate. Anna, fin da
quando era piccola, aveva sempre saputo tutto di Elsa e viceversa. Ma
quella volta, preferì mantenere il segreto.
-
Ti sbagli, stavo solo controllando se avevo qualcosa tra i denti. - La
prima scusa che le venne in mente non era proprio il massimo della
classe, ma va be'.
-
Certo, e tu hai appena vinto l'Oscar come peggior attrice protagonista.
So riconoscere un sorriso quando lo vedo, non credi? - Era vero che
Anna era spesso un'inguaribile credulona, infatti era terrorizzata dai
fantasmi e dalle storie dell'orrore che le amiche le raccontavano, ma
in qualche modo capiva sempre quando sua sorella mentiva.
-
Ok, è vero. Ma non dirlo a nessuno o ti faccio un video
mentre pattini e ti rompi il didietro! - Scherzò la bionda,
anche se sapevano entrambe che avrebbe potuto farlo davvero.
-
Va bene, va bene. Sarò muta come un pesce. Ora
però racconta! - E fu così che si ritrovarono a
parlare del pomeriggio di Elsa. La rossa era così sorpresa
che pensò di essere finita in una Candid Camera. Elsa,
invece, si rese conto di non sapere quasi nulla del ragazzo che le
aveva trasformato l'espressione, tranne che il suo nome e i suoi gusti
in diversi argomenti. Avevano in effetti discorso di molte cose, dal
tempo alla cioccolata, e avevano scoperto di preferire entrambi
l'inverno alle altre stagioni, ma nessuno dei due sapeva nulla della
famiglia o della professione dell'altro. Quando Anna terminò
le sue congetture sulla possibile vita del famoso Jack (tra le quali
figuravano il mafioso sotto copertura, il ballerino di tip tap e
l'agente segreto), si disse entusiasta della nuova emozione a cui Elsa
era andata incontro, ma quella sembrò non capire.
-
Come, non te ne sei accorta? Sei bella cotta, sorella! - Fu guardata
come se le fosse spuntato un terzo occhio sul naso.
-
Ma quale cotta e cotta, ho solo trovato un amico! Tu vedi romanzi rosa
ovunque, dovresti iniziare a cambiare genere! -
-
Veramente leggo anche i fantasy, per non parlare degli shounen! Ecco,
non sono io che vedo cose che non esistono, sei tu che non te ne rendi
conto! - Rise, mentre l'altra sorrise appena. Fu qualcosa di
leggermente accennato, ma seppero entrambe che era l'inizio di qualcosa
di nuovo, una nuova era per la fredda Elsa che dava confidenza solo a
sua sorella e alle sue principali rivali nel pattinaggio.
-
Aspetta Anna, ma tu cos'eri venuta a dirmi? - Si ricordò in
quel momento che l'altra era entrata per un motivo che era poi passato
in secondo piano.
-
Oh, giusto. Mentre eri via ha chiamato Merida, ha detto che la sua
allenatrice, Astrid, le ha parlato di una competizione molto importante
che si terrà a Chicago dopo la pausa natalizia, mi pare a
febbraio. Ha pensato che potesse interessare anche a te e mi ha chiesto
se ti andava di partecipare. Io le ho detto che l'avresti chiamata,
perché non eri in casa. - Caspita, febbraio era
più vicino di quanto sembrasse. Non c'era molto tempo per
prepararsi, ma Elsa amava le sfide. E le vinceva sempre.
-
Va bene, la richiamo e le dico che accetto. Mi farò dire i
dettagli. - Accennò un sorriso: ormai si era abituata.
Dopo
un veloce abbraccio Anna uscì, lasciando la bionda di nuovo
sola con i suoi pensieri e il suo cellulare, mentre cercava in rubrica
il numero della rossa. Lo trovò e premette il tasto verde.
-
Pronto? - Sentì rispondere dall'altra parte.
-
Mer, sono Elsa. Anna mia ha detto della gara. -
-
Oh, bene. Allora, ci stai? L'ho detto anche a Punzie, sai che
è una vita che vuole andare a Chicago. -
-
Verrò. -
-
Fantastico! Allora, c'è qui Astrid, ti faccio spiegare tutto
da lei. A dopo! - Le fu passata l'allenatrice, che dopo i saluti
cominciò a parlare. Quella gara era una prima selezione per
una competizione che avrebbe coinvolto tutti gli Stati Uniti e che si
sarebbe tenuta a New York. Avrebbero partecipato tutti i migliori,
comprese le oche invidiose del talento del Grande Trio. Era
così che Elsa, Merida e Rapunzel si facevano chiamare dai
colleghi. Del resto, potevano permetterselo, visto che erano le
pattinatrici più talentuose d'America. O, almeno,
così si diceva.
Una
volta terminata la spiegazione, Merida tornò ad impugnare il
telefono.
-
Tutto chiaro? Perfetto! Ci vediamo domani all'Università,
ciao! - Il Grande Trio non era unito solo sul ghiaccio, ma anche a
scuola. Avevano scelto la stessa facoltà, Letteratura
Straniera, nello stesso istituto. All'inizio erano seccate per la
presenza delle rivali, ma poi si erano avvicinate tantissimo ed erano
diventate migliori amiche.
-
Ciao Mer! - Riattaccò e si sdraiò sul letto,
sospirando. Era stanca: la mattina allenamento pre-gara, pranzo veloce
e poi allo stadio del ghiaccio, fino alle cinque. E poi, c'era stato
l'incontro con Jack. Era quasi spaventata dalle nuove sensazioni che
aveva provato con lui, ma non voleva affrettare le cose. Si erano
scambiati i numeri, però decise che non l'avrebbe chiamato
prima della sera seguente, o addirittura di quella dopo ancora.
Infondo, era ancora uno sconosciuto, sebbene avesse scoperto molte cose
in comune con lui. Non si erano dati appuntamento ma avevano promesso
di rivedersi, ed Elsa ebbe la sensazione che sarebbe accaduto molto
presto.
Persa
nei suoi pensieri, si addormentò, per poi risvegliarsi
qualche ora dopo, a notte fonda. Che genio, si disse, dormi la sera che
poi di notte stai sveglia, pensò con auto disapprovazione.
Sentì
un brontolio allo stomaco, perciò si alzò e si
diresse in cucina. Si chiese il motivo, ma poi ricordò di
non aver cenato e di essersi addormentata vestita. Ancora
più geniale, si rimproverò.
Accese
la luce e aprì la dispensa. Guardò attentamente,
ma non c'era traccia di cioccolato da nessuna parte. Fece per tornare
in camera, visto che non c'era nulla che l' ispirasse particolarmente,
tuttavia fu colta da un pensiero improvviso. Infondo, non c'era nessuno
che poteva vederla, Anna, la mamma e le domestiche erano a letto. Prese
la sua decisione: si voltò verso il congelatore e, dopo
averlo aperto, tirò fuori una confezione che teneva da parte
per le emergenze. Perché quella era un'emergenza, no? Una
fame da lupi alle due di notte e niente cioccolata in dispensa.
Sì, era decisamente una situazione che richiedeva un
intervento drastico come quello. La scatola riluceva di ghiaccio, il
suo elemento preferito, ed era molto fredda al tatto. La
posò sul tavolo e prese una tazza e un cucchiaio. In quel
momento, c'erano solo Elsa e il gelato al cioccolato.
Note
di Mary: Ciao
cari lettori e benvenuti in questa nuova avventura! Come alcuni di voi
sapranno, questa long è il seguito della mia one-shot,
Ice-skating and Ice-cream, ed è in programma da diverso
tempo ma non mi ero mai decisa a scriverla. Poi, però,
grazie alle meravigliose recensioni di kokka1110, Addy6702 (la mia
gemellina <3) e mya95 mi sono finalmente convinta ed ora eccoci
qui, io a blaterare e voi, probabilmente, ad annoiarvi
perché come primo capitolo non è un
granché e non ve ne frega niente di queste note, ma sono
contenta lo stesso :-)
Spero
che, anche se non è una bellezza, vi sia piaciuto e
continuerete a seguire questa storia.
Bacioni
Mary
<3
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