20 Capitolo
FREEDOM'S POV.
Mamma, per tutta la durata del primo, era
stata col viso
sommesso e gli occhi persi nel vuoto. Papà ogni tanto
cercava di
intavolare una conversazione, che però sviava. Cosa strana,
perché io ero proprio come lei e a me piaceva parlare, mi
piaceva parlare tanto, forse troppo. Odiavo vederla in quel modo, mi
sentivo
impotente e sapevo che c'era qualcosa che non andava. Ne ebbi la
certezza, quando all'improvviso si scusò con tutti e
uscì
fuori casa, senza nemmeno indossare il giubbotto. Senza pensarci due
volte, cercai lo sguardo di Justin che annuì,
così mi
alzai e andai anch'io fuori, indossando prima però il mio
giubbotto e prendendo il suo. L'aria fredda mi pizzicò
subito il
viso, era una sensazione molto piacevole. Non nevicava ancora, ma il
meteo aveva portato neve verso mezzanotte. Approfittandone del
vialetto, arrivai fino al muretto su cui mia madre era seduta. Mi
avvicinai e mi sedetti al suo fianco, poggiangole il cappotto sulle
spalle.
-Grazie, piccola- sussurrò, sorridendomi appena.
-Prego, ma mi spieghi cosa succede?- le chiesi con calma, girandole il
viso verso il mio.
-Diciamo che il Natale mi ricorda brutte cose, amore mio..-
commentò, tornando a guardare il vuoto.
-Ti ascolto- le presi la mano, stringendola.
La sentii sospirare e irrigidirsi, come se quella situazione fosse un
peso. E in effetti, per come si stava comportando, sembrava davvero un
peso. E mi dispiaceva, perché era una serata stupenda.
Papà era con noi, Pattie si era dimostrata una splendida
amica,
Bruce e Diane la trattavano come una figlia e le dimostravano sempre il
suo amore. Mi dispiaceva che non si sentisse a proprio agio, volevo
farla star meglio ma proprio non mi veniva in mente nulla da fare.
L'unica cosa, era starle vicino e dimostrarle che non l'avrei
abbandonata nonostante tutto. Infondo, lei era proprio come me, e
anch'io stavo male quando nessuno mi stava vicino.
-Era la vigilia di Natale del 1998, avevo appena scoperto di essere
incinta e.. i nonni erano andati a Toronto per comprare alcune cose.-
deglutii, sentendo che i nonni c'entravano in quella faccenda.
-Dovevano venire a cenare a casa nostra, la nonna doveva aiutarci a
preparare tutto perché avremmo avuto più ospiti
ed io mi
sentivo malissimo per poter fare tutto. Avevo spesso giramenti di testa
e spossatezza, quante me ne facesti passare all'inizio della
gravidanza, tesoro mio- ridacchiò, le sorrisi e alzai le
sopracciglia. Rompevo le palle già dalla pancia di mamma,
penso
che sia un record. -Comunque, quella sera, sentii a telefono i nonni
non appena si erano messi in viaggio. Dopodiché, ricevetti
solo
una chiamata dalla polizia..- trattenni il respiro a quelle parole,
cominciando anch'io a fissare il vuoto. -Un camion, avevano preso un
camion. Nevicava tanto e il camion era andato fuori corsia,
così
che li aveva presi in pieno. Ho quasi rischiato di perdere anche te,
dal dispiacere- mi strinse la mano, forte. -Per me questo è
un
giorno morto, non festeggio da quindici anni a causa di questo. Mi
dispiace, se in tutti questi anni non ti ho mai detto la
verità.
Il punto è, piccola mia, che fa male riaprire questa ferita,
In
un solo giorno, ho perso due delle persone più importanti
della
mia vita e stavo per perdere anche te. Dopo due anni, sempre il
ventiquattro dicembre, tuo papà mi lasciò e..
questo
giorno mi causa solo dolore- sussurrò, scoppiando a
piangere.
Non volevo che mi vedesse debole, non volevo piangere davanti a lei.
Dovevo infonderle sicurezza, così l'abbracciai. Non pensavo
che
questo giorno per me gioioso, per lei potesse essere causa di dolore e
malessere. Non mi aveva mai detto nulla, non ero a conoscenza di tutto
ciò. Mi maledissi mentalmente più e
più volte, a
causa dei litigi e dei pregiudizi che avevo nei suoi confronti. Ero la
prima a dire agli altri di non giudicarci a vicenda, eppure io stessa
lo facevo con mia madre. Che stupida. Stupida e ottusa. Mi farei un
applauso da sola.
Sospirai e le presi il viso tra le mani, scontrando i nostri occhi.
Erano velati da un sottile strato di lacrime, proprio come i miei.
Resisti Free, resisti ancora un po'.
-Mamma..mi dispiace che sia successo tutto questo..- cominciai,
sospirando. -Mi dispiace per tutte le volte che non ti ho capita, che
litigavamo o che ero imbronciata. Non sapevo niente di tutto
ciò
e ti chiedo scusa, davvero- annuì leggermente, accennando un
sorriso. -E comunque, voglio che tu sappia questo: anche se i nonni
sono venuti a mancare tanti anni fa, rimarranno sempre i tuoi genitori
e i miei nonni. Loro sono sempre affianco a te, nel tuo cuore. Ti
tutelano, ti amano. Vogliono la tua felicità tutt'ora, e
penso
che la felicità tu la possa trovare guardandoti un po'
intorno.
Non esiste solo il lavoro, ma anche la famiglia e gli amici. E qui, a
casa Dale, questo non manca. Bruce e Diane sono stupendi, ti amano come
una figlia, e Pattie è un'amica stupenda. Quante volte siete
uscite insieme da quando sono qui lei e Justin? Una decina? Ti vuole
bene e lo dimostra. Non pensi che i nonni sarebbero più
felici,
vedendo te felice? Io penso di sì. Con le lacrime non
possiamo
portarli indietro. Io non ho potuto conoscerli, ma sono sicura che
erano persone stupende e che ti amavano tanto. Sia a te che a
papà. E per quanto riguarda papà, anche se
tredici anni
fa ti ha lasciata, adesso non penso che questo valga ancora. Insomma,
hai visto come ti guarda? E' premuroso e dolce, che non sia un ritorno
di fiamma? Quando guarda te, ha il mio stesso sguardo quando guardo
Justin..- le accarezzai il viso dolcemente. -Solo, divertiti stasera, e
non pensare a nulla. Li farai più felici, e sarai
più
serena tu-
Conclusi il mio discorso, con un caloroso sorriso. In quel preciso
istante, qualcosa di freddo si sciolse sulla mia testa. Alzai gli occhi
al cielo in contemporanea con mamma, sentendo tanti piccoli fiocchi di
neve bagnare il mio viso. Aveva cominciato a nevicare. Sorrisi, per poi
guardare mamma. Mi strinse in un forte abbraccio e mi
sussurrò
un 'ti voglio bene, figlia mia', prima di prendermi per mano e portarmi
all'interno della casa. Il sorriso che aveva non era più
finto,
ma un sorriso vero. Tornammo a sederci a tavola, sotto lo sguardo
sorpreso di tutti.
-Cosa facciamo adesso?- chiesi per rompere il ghiaccio, sorridendo
apertamente quando papà diede una bacio sulla guancia a
mamma. Quanto belli
erano?
-Mangiamo- disse papà, alzandosi. -Donne, in
cucina!- ordinò, avviandosi.
-Io avevo un'altra idea- sussurrò, invece, Justin al mio
orecchio. Avvampai.
-Io un'altra ancora, figlioli. Molto più sana- s'intromise
Bruce, alzandosi da tavola e avviandosi vicino al camino. Diedi uno
schiaffetto a Justin sul braccio, cosa che lo fece ridere. Che minchia c'hai da ridere,
idiota?
-Io seguo te, nonno!- gracchiai, alzandomi e seguendo
Bruce. Justin fece lo stesso, poggiandomi una mano sul fianco.
-Vi vanno un po' di canzoni di Natale in sottofondo?-
-Sì! Voglia o Michael Blublé, vogliamo Michael
Bublé!- Justin fece un verso di disappunto.
-Ma quello lo vorrai solo tu caso mai. Piuttosto, mettiamo questo che
sono più cantanti messi
insieme.- misi il labbruccio e feci gli occhi dolci, battendo
più volte le palpebre.
-Ti prego!- sbbattei ancora le palpebre, per essere il più
dolce
possibile. Justin poggiò una mano sul cuore e chiuse gli
occhi.
-Hai vinto- mormorò infine, prendendo il CD di Michael e
inserendolo nello stereo.
La vittoria aveva un buonissimo sapore. Trotterellando, tornai al posto
sotto le note di Santa Claus Is Coming to Town. Michael era un cantante
bravissimo e anche davvero molto, molto affasciante. Muovevo la testa a
ritmo sorridendo, il solito sorrisetto di vittoria che sfoggi ogni qual
volta vuoi far rodere il culo a qualcuno, insomma. E in quel momento,
era quella la mia intenzione. Justin, infatti, alzò gli
occhi al
cielo. Si poggiò con la pancia allo schienale della mia
sedia,
prendendomi le mani e baciandomi poi la fronte. Cantava anche lui, con
quella sua voce stupenda. Ancora non riuscivo a capire
perché
non era ancora diventato qualcuno, nel mondo della musica. Sapeva
suonare la tromba, la batteria, la chitarra e il piano, in
più
aveva una voce sensazionale e scriveva canzoni stupende. Era
praticamente un perfetto cantautore. Ed era anche davvero sprecato per
quel mondo. Meritava di più, molto di più di
ciò
che aveva. Ma be', aveva scelto di vivere una vita semplice, dove la
qualità predominante era l'amore, e secondo me aveva fatto
la
scelta giusta.
-Si mangia!- urlò papà, poggiando sul tavolo
degli involtini di pollo.
-Oh, Jeffrey, chi la sentirà Diane stasera..- disse nonno,
quando Pattie gli passò il piatto con due involtini e dei
peperoni imbottiti.
-Infatti domani mangiamo tortellini in brodo- Diane fece spallucce,
facendo ridacchiare Justin. -E tu non ridere, che ce ne sono anche per
te- Jusnti alzò le mani in segno di resa, sorridendo.
-Non ho fatto niente- commentò, trattenendo un sorriso.
-Certo che sei proprio un lecchino, eh?- sbottò
papà, ridendo.
-Con me lo è di più, sopratutto quando esce la
sera e
torna tardi a casa- Pattie alzò gli occhi al cielo,
sedendosi.
-Ma tanto non lo farò più- Justin fece spallucce.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio- commentò mamma,
facendogli l'occhiolino.
-Non quando il lupo ha trovato la sua lupa- sorrise a mia madre,
mettendomi poi un braccio sulle spalle.
Voleva per caso dire che prima andava a cagne e non a lupe? Mi
accigliai e corrugai le sopracciglia, che voleva dire sua mamma con
quella frase? Che a Cambridge usciva di notte per farsi le ragazze? O
che aveva una vita notturna? O che forse.. FERMI TUTTI.
JUSTIN AVEVA APPENA DETTO DI AVER TROVATO LA SUA LUPA.
Ed io, ero la sua lupa. Vero? Vero? Vero?
Imbarazzata ma allo stesso tempo felice, abbassai lo sguardo e sorrisi,
sentendo le gote bollire. L'effetto che aveva su di me, davvero non
riuscivo a capirlo. Era unico e inspiegabile e solo con lui riuscivo a
sentirmi..così. Così bene, così vera,a
così
viva, così donna.
Dopo aver finito di mangiare anche il secondo, restammo a tavola a
parlare e a mangiare frutta a guscio per il resto della serata,
parlando del più e del meno come accadeva sempre a Natale
tutti
gli anni. Solo verso le undici, mi alzai dal divano e presi Justin per
un braccio, avvicinandomi all'albero di Natale e alzando la voce dello
stereo. All I Want For Christmas Is You di Celine Dion
eccheggiò
nella stanza.
-Venite a ballare?- chiesi, alzando le braccia e sorridendo.
Nell'arco di pochi minuti, cominciammo a ballare tutti insieme. E
credetemi se vi dico che in quel momento sembravamo tutto
fuorché una
famiglia normale. Bruce faceva fare una giravolta a mia mamma e Pattie
assieme, papà invece ballava il twist con Diane sulle note
di
una canzone natalizia. Io e Justin, invece, saltavamo soltanto. O
merglio, io provavo a saltare, con i tacchi non mi alzavo di nemmeno
dieci centimetri. Ridevamo entrambi, come due bambini. Io lo ero,
certo, ma lui no. Vederlo muoversi e sfrenarsi in quel modo mi aveva
fatta capire che l'età è davvero solo un numero.
Ognuno
di noi decideva che indirizzo dare alla propria vita, se essere maturo
o rimanere bambino per sempre. Come lui in quel momento stava
diventando un po' più simile a me, io sapevo in che modo
rendermi più simile a lui e quindi essere più
matura.
L'età era solo un numero, un 15 o un 27 non fa la differenza
quando ad unirli c'è l'amore, che è un perfetto
vincolo
di unione.
-Hei, piccola!- mi poggiò una mano sul fianco e mi
tirò a sé, poggiando la sua fronte sulla mia.
-Hei, piccolo!- ripetei, strizzando tra l'indice e il pollice la sua
gota morbida.
-Tu sei piccola- mosse la testa afficnhé gli lasciassi la
gota,
dopodiché si avvicinò al mio orecchio. -Allora
dovrei
dire, ehi angelo nella neve. Lo sai che siamo sotto al vischio?- alzai
gli occhi al cielo, avvampando di colpo. Gli diedi uno schiaffetto,
quando notai che non eravamo davvero sotto il vischio.
-Sei uno stupido- incrociai le braccia al petto, smettendo di ballare.
-Perché?- ridacchiò, baciandomi leggermente la
tempia.
-Perché sì- mi allontanai con fare altezzoso,
sotto la sua risata divertita.
Bravo, bravo, ridi.
Intanto io ci sono rimasta male.
Il bacio sotto il vischio era sempre stato un sogno, per me. Mentre
tutte le bambine, da piccole, desideravano diventare delle principesse,
sposare il loro principe azzurro e vivere in un castello, io desideravo
baciare sotto il vischio l'uomo della mia vita e stare con lui per
sempre. Ho sempre attribuito al bacio sotto al visto un segno del vero
amore. Il fato aveva voluto che due persone s'incontrasserò
proprio sotto il vischio per scambiarsi un bacio, prova più
schiacciante non c'era del fatto che fossero destinate a stare insieme.
Doveva essere stupendo baciare sotto al vischio colei che sarebbe
diventata una delle persone più importanti della mia vita, e
Justin.. be', desideravo davvero baciarlo sotto al vischio. Cosa
stupida e insensata, certo, ma per gli altri. Per me valeva molto.
Sapere che mi aveva presa in giro, mi aveva provocato uno strano dolore
al petto, che non sapevo classificare. Delusione, forse. Sì,
delusione. Perché pensavo, che lui fosse quello giusto..
-Mancano due minuti alla mezzanotte!- gracchiò
papà, poggiandomi un braccio sulle spalle. Mi illuminai.
-Spegniamo le luci!- corsi verso l'interruttore che spensi poco dopo,
accendendo di conseguenza le luci dell'albero di Natale.
-Così va meglio- sussurrò Justin, abbracciandomi
da dietro. Arrossii, al contatto del suo corpo con il mio.
-Sono contenta di essere qui, con voi- il sorriso di mia madre
illuminò ultreriormente la stanza.
-Siamo contenti anche noi di averti, anzi, di avervi qui-
continuò Bruce, accarezzandomi la gota.
-Io sono contenta del cibo..- commentai, ricevendo occhiatacce miste a
risate.
-Sei sempre la solita, bambina mia- papà sorrise, andandosi
poi
a sedere affianco all'albero di Natale. -E' ora di aprire i regali-
continuò.
L'ora di aprire i regali penso che sia stata la
più attesa e desiderata di tutta la serata. Mi piaceva
tantissimo quella
parte della serata, perché cercavo sempre di indovinare cosa
mi
avevano regalato. Avevo indovinato sì e no due o tre volte,
ma
era divertente farlo. Contenta, battei più volte le mani e
mi
sedetti sulle gambe di Justin, dandogli un candido bacio sul naso. Mi
sorrise, incollando i miei occhi ai suoi. E di nuovo, quel gioco di
sguardi, così atteso. Amavo il modo in cui i nostri occhi si
cercavano e si desideravano, amavo il modo in cui affogavo in quel mare
di caramello per poi riemergere e bearmi del sole emanato dal suo
sorriso perfetto. Be', Justin era di sé perfetto.
-Prima io!- urlai poi, prendendo vari pacchetti tra le mani. -Questo a
Pattie, questo a Diane, questo a Bruce.. questo a mamma e questo a
papà- sorrisi. -Forza, scartate!- incitai con le mani,
tornando
a sedermi con Justin sul divano. Aspettai con ansia un cenno da tutti,
che
arrivò poco dopo. Tutti quanti si alzarono a darmi un bacio
e a
ringraziarmi, tranne Justin che ovviamente non poteva farlo, dato che
non aveva ancora avuto il suo regalo.. Logico, ovviamente. -Adesso
il tuo..- mi girai verso Justin, che sorrise dolcemente. -Ci tengo
molto ma è una cosa che io non uso mai, e so che tra le tue
mani
starà sicuramente meglio..- commentai, abbassandomi per
prendere
il grosso pacco con gli alberelli natalizi stampati sulla carta da
regalo. -Spero che ti piaccia- dissi a fatica, posandogli il pacco
sulle gambe.
Confuso e con gli occhi straniti, tastò la carta da regalo
cercando di capire di cosa si trattasse invano, gli avevo teso un
'trabocchetto'. Se così si poteva chiamare. Lentamente, le
sue
dita lunghe scartarono il regalo, trovando così una scatola
larga e rossa. Prima di aprirla mi lanciò un'occhiata
confusa,
che venne rimpiazzata da un espressione stupita. Prese tra le mani la
chitarra, che nonno aveva fatto per me e che io avevo deciso di
regalare a lui. Era importantissima per me, era l'unica cosa che mi
legava a mio nonno ormai morto. Mamma aveva un espressione
indecifrabile, ancora non riuscivo a capire se era fiera o stupita o
delusa. Forse, stava provando tutte e tre le emozioni in quel momento.
Riposai il mio sguardo su Justin, che aveva posato a terra la scatola e
teneva tra la mani quella splendida chitarra 'artigianale'. Volevo
dimostrargli tutto il mio amore
regalandogli qualcosa a cui tenevo tantissimo, speravo di
esserci riuscita. Con tutta me stessa.
-Freedom, sei sicura?- chiese, toccando con i polpastrelli le varie
corde.
-Mai stata più sicura- serrai le labbra in una linea,
sperando in un suo ulteriore commento.
-Io..non so cosa dirti, piccola- sorrise, posando la chitarra sul
divano una volta alzatosi. Mi strise forte in un abbraccio,
così
forte che quasi rimasi sorpresa. Mi abbandonai alle sue braccia,
strinsi tra le mani il suo maglione e poggiai la testa nell'incavo del
suo collo. -Grazie- sussurrò al mio orecchio, facendomi
sorridere. -A questo punto, posso darti il mio regalo-
Sorridendo, si staccò da me. Perché sentivo un
vuoto, dentro? Prese
da sotto all'albero un pacchetto colorato di forma quadrata. Non
riuscivo a sentire nessun rumore, avevo quasi paura di muoverlo. Senza
perdere ulteriore tempo, scartai il regalo. C'era ancora una scatola
rossa. La aprii piano e con le dita tremanti, corrugando le
sopracciglia non appena vidi dei fogli di carta velina rossi. Guardai
Justin
con uno sguardo interrogativo, con un gesto del capo mi
incitò a
continuare. Così, tolsi un pezzo di carta, poi un altro e un
altro ancora. Finché i miei occhi, non videro un qualcosa
che
non si sarebbero mai aspettati. Presi tra le mani l'oggetto,
esaminandolo. Era una palla di vetro con la neve, ma non una semplice
palla di neve. Era quella che vidi al nostro quasi primo appuntamento. La
mossi piano, guardando la neve scendere e posarsi sugli alberelli e la
piccola casetta in legno. Mi sarebbe tanto piaciuto vivere in un posto
simile con Justin, magari su una montagna lontana da tutto e tutti. E
quando dico con Justin, intendo solo con Justin. E nessun'altro.
-Avevi dimenticato il regalo per la nonna, eh?- ridacchiai, con gli
occhi colmi di lacrime. Lo so, è un atteggiamento da bmbina,
ma
cosa potevo farci? Mi aveva commossa, con quel ragazzo. Sin dal primo
giorno era riuscito a capire i miei gusti, i miei pensieri, le mie
necessità e i miei bisogni. Sin dal primo giorno, era
riuscito a
trascinarmi e a trasportarmi con sé, in un mondo fantastico.
Anche se da poco, era il regalo più bello che potesse farmi.
Non feci nemmeno in tempo ad analizzare per bene le minature che
c'erano all'interno della palla -e ci tengo a precisare che c'era anche
una renna ed io adoro le renne- che la melodia di una chitarra mi fece
alzare lo sguardo. Era Justin, che aveva cominciato a suonare con la
sua nuova chitarra. Con un gesto della testa, mi fece segno di alzarmi
e mi alzai, arrossendo. Fece un paio di passi indietro, cominciando a
camminare per il salone e a cantare. Guardandomi.
-Baby I will not pow, baby I will not cry. Cause I got your love this
Christmas time. When the snow's on the ground, and it's freezing
outside, I got your love this Christmas. On every list I've ever
sent, you're the gift I'd love the best. So deck the halls and all the
rest. Warm me up, with your Christmas love- si bloccò un
attimo,
bagnandosi le labbra per poi continuare. -Hey angel in the snow, I'm
under the misteltoe- alzò gli occhi in alto sorridendo,
seguii
il suo gesto arrossendo. Eravamo davvero sotto il vischio. -You are the
one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool this year,
my present is still right here. Thank God above, for my very own
Christmas love, yeah.- arrossii, sentendomi le gote andare a fuoco.
-Like a beautiful tree, you can light up the room, your kinda star
can't be removed. - mi fece l'occhiolino, che fece accentuare il mio
rossore. Fottuto
bastardo. -Like
a beautiful carol, I get lost in your sogn. And I will forever sing
along. On every list I've ever sent, you're the gift I'd love the best.
So
deck the halls and all the rest. Warm me up, it's your Christmas love-
la sua voce, quasi mi faceva morire. Era così intonata,
così carica di emozione e di armonia. Sembrava lui l'angelo
nella neve, e non io. -Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe.
You are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool
this year, my present is still right here. Thank God above, for my very
own Christmas love- chiuse gli occhi, mettendoci tutto sé
sento
in quel pezzo di canzone. -All the love that's around the world, I can
sing you merry merry Christmas, merry merry Christmas. Every boy and
every girl, stay close to the ones you love and thank God above, that
you got someone this year that can feel your heart with cheer-
riaprì gli occhi, puntandoli di nuovo nei miei. -Hey angel
in
the snow, I'm under the misteltoe. You are the one, you're my very own
Christmas love. Tell santa I'm cool
this year, my present is still right here. Thank God above, for my very
own Christmas love. Hey angel in the snow, I'm under the misteltoe. You
are the one, you're my very own Christmas love. Tell santa I'm cool
this year, my present is still right here. Thank God above, for my very
own Christmas love. For my very own Christmas love, for my very own
Christmas love. Give me a kiss a baby, give me a kiss baby.-
finì
di suonare, sotto lo sguardo stranito di tutti. Be', d tutti tranne che
il mio.
Il mio era confuso, ma allo stesso tempo riconoscente e carico d'amore.
Poggiò la chitarra a terra, senza mai smettere di guardare i
miei occhi. Mi accarezzò leggermente il viso, mandandomi in
estary. Chiusi gli occhi sotto al suo tocco metabolizzando tutto
ciò che era successo in poco tempo. Il suo arrivo, l'uscita
al
mercato, le notti passate a palare a telefono o sul mio letto, i nostri
sguardi divertiti, le risate, la mia caduta dal tetto, le sue supplenze
in storia, la litigata con lui a causa di Dafne, il loro bacio, la mia
crisi nervosa, il suo pronto intervento, le sue promesse, la nostra
uscita, l'incidente, il bacio, il ciondolo, il nonsocomechiarmarlo avuto
a causa dei nonni nel camerino, un altro nostro bacio e, per finire in
bellezza,
quella serenata. Sentivo le emozioni impossessarsi del mio corpo e del
mio cuore, sopratutto. In pochissimo tempo, era riuscito a stravolgermi
e a farmi diventare migliore, diversa. Ero sempre stata una ragazza
impaurita del futuro, anzi, io quasi non lo vedevo un mio futuro. Con
lui,
invece, avevo imparato ad andare avanti a testa alta. E sapere che per
me provava sicuramente qualcosa,
che chissà cos'era, mi faceva battere forte il
cuore e sentirel e gambe molle e tremolanti.
-Hei angelo sotto la neve, io sono davvero sotto al vischio. Allora che
fai, me lo dai un bacio?- sorrise, alzando di poco lo sguardo. Seguii i
suoi movimenti, ma non feci in tempo a riabbassare completamente lo
sguardo che due mani grandi presero il mio viso e mi attirarono a
sé. In un nano secondo, le labbra di Justin furono sulle
mie,
unendosi in un bacio che tanto desideravamo entrambi. Non un bacio come
quelli che c'erano stati durante il corso della giornata, un bacio
più vivo. Sentivo il calore di quelle labbra, di quella
bocca
così morbida. Aveva un buon sapore, ma infondo lui era
Justin.
Lentamente, portai le mie mani dietro al suo collo e incollai i nostri
corpi, così che fu costretto a poggiarmi le mani sui
fianchi. Le
nostre labbra, erano ancora unite e non volevano assolutamente
staccarsi. Adrenalina. Sicurezza. Amore. Lasciai scorrere la mia lingua
sul suo labbro inferiore, ricevendo l'accesso per quella bocca
paradisiaca. Non mi importava dei nostri genitori, del nonno che
probabilmente ci avrebbe fatto una ramanzina, di papà che si
stava sicuramente ingelosendo, di Pattie che aveva paura che il figlio
potesse farmi del male. Non aveva ancora capito che era il contrario,
era quando io e Justin non stavamo insieme che mi sentivo persa, vuota
e sola. Justin mi completava. Justin era la mia metà
perfetta.
Lasciai che le mie dita accarezzassero i suoi capelli ramati, spostai
la mano destra sulla sua gota e lo accarezzai, senza mai staccare le
nostre labbra. Sentii gli angoli della sua bocca curvarsi in un
sorriso, cosa che fece sorridere anche me. E fu così, che
fummo
costretti a staccarci. Costretti per modo di dire, dato che era stato
un sorriso a farci allontanare. Sentivo la testa pulsare e quasi non
ragionavo più.
Finalmente.
Avevo finalmente avuto
il mio bacio sotto il vischio. Con lui.
-Capisci adesso quanto importante sei?- chiese, poggiando
la sua
fronte sulla mia. Aveva il fiatone, proprio come me. Impercettibilmente
annuii, provocando il suo sorriso.
-Anche tu lo sei, Justin- confessai, sospirando -Tu sei l'unica cosa
che ho sempre desiderato, sei l'unica luce, sei sulla mia lista, voglio
che tu sia il mio unico e solo regalo di Natale-
-Il vischio è qui, sto aspetttando. Mi baci qui?-
continuò, provocando il mio sorriso. Lentamente si
avvicinò, facendo di nuovo scontrare le nostre labbra in un
casto bacio.
-Sai che, se usiamo
l'immaginazione, possiamo andare nell'isola che non c'è?-
chiesi, chiudendo gli occhi.
-Anche polo nord, però è così freddo.
Se vuoi, ti ci porto-
I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, era quasi
impossibile stare calmi in certi momenti. Sentii il cuore martellarmi
nel petto e la sua mano stringere la mia mano. Deglutii e incrciai il
suo sguardo, toccata da tutto ciò che stava accadendo.
-Ti va?- chiese, incrociando le nostre dita.
-Cosa?- chiesi a mia volta, inclinando di lato la testa.
-Di venire con me. Al polo nord, sull'isola che non c'è, in
Perù, in Giappone. Ovunque tu voglia, con me- chiusi gli
occhi e
poggiai una mano sul cuore, in preda ad un attacco di tachicaria.
Sospirai, cercando di calmarmi. Dopodiché, annuii.
-Non mi importa viaggiare, a me basta stare con te-
-Sei la mia piccola adesso e ti cresco io, ricordi?- annuii, al ricordo
di quella giornata al parco. Era la seconda volta che lo vedevo. -D'ora
in poi, lo sarai ufficialmente-
Sussurrò infine, facendo ricombaciare perfettamente le
nostre labbra un'ennesima volta.
Anche se in sottofondo sentivamo urla e finti applausi da parte dei
nostri genitori, non mi interessava.
Eravamo solo io e lui.
Freedom e Justin.
Justin e Freedom.
Finalmente insieme.
Finalmente uniti.
Fanculo l'età, fanculo i pregiudizi, fanculo tutto.
Non eravamo solo due semplice esseri umani che dovevano lottare,
eravamo due esseri umani legati dall'amore. E l'amore, distrugge tutto
ciò che ci circondava era cattivo o dannoso. L'amore, il
nostro
amore, era forte e niente e nessuno sarebbe mai riuscito a fermarlo.
Neanche la morte.
Perché ero sicura che lo avrei amato, anche da
sotto terra in una bara.
Era la mia ancora. Il mio scudo. La mia fortezza.
Era ormai diventato ossigendo e acqua, e senza di lui non sarei
riuscita a vivere.
-Ti amo- sussurrai, impercettibilmente.
-Ti amo anch'io, piccola mia- ripeté più forte,
facendo
comprire sul viso dei nostri genitori un sorriso fiero. -E sappi, che
non ti lascerò mai andare-
Sussurrò ancora, intrecciando le nostre dita e i nostri
sguardi.
Lo so, Justin. E sappi
che non lo farò mai neanch'io.'
JUSTIN'S POV.
-Papà, ma quindi tu e
la mamma vi siete messi insieme quella stessa sera?-
-Sì, piccola mia. Quella stessa sera. Dovevi vedere com'era
bella-
-Ma è vero che ogni sera le cantavi una canzone diversa?-
-Le cantavo sempre una canzone diversa, proprio come faccio con te,
bambina mia.-
-Mi manca tanto, sai?- sussurra Cassidy, poggiandosi sul mio petto.
-Manca anche a me- ripeto, dandole un bacio sulla fronte.
-Un giorno la rivederemo?-
-Non solo la rivederemo, ma vivremo di nuovo con lei. Ora dormi,
piccola mia, che si è fatto tardi- le accarezzai il viso,
rimboccandole ancora le coperte.
-Volevo sapere la storia tua e della mamma, non me l'hai mai
raccontata!-
-E adesso che la sai, dormi- sorrido, accarezzandole il viso, che tanto
assomigliava a quello di Free. -Ti amo, bambina mia-
-Ti amo anch'io papà- ripete, sbadigliando. Mi avvicino
alla porta della sua cameretta e feccio per uscire, quando mi
richiama. -Papà?-
-Dimmi- mi giro, prima di chiudere la porta e di uscire dalla stanza-
-Grazie- mi sorride, ricambio il suo sorriso sentendo di dover uscire
da quella stanza.
Le lacrime ormai minacciano di uscire, e non posso piangere davanti
alla mia bambina. Cos'avrebbe pensato? Che aveva un padre codardo?
Purtroppo no, non sono né codardo né stupido.
Sento solo la sua mancanza, la mancanza della mia ragione di
vita. E' andata via già da un po', ormai. Ma il mio amore
per
lei, è più forte che mai.
-Amo anche te, tesoro mio- socchiudo gli occhi e mi stendo a letto,
prendendo tra le braccia quello che era il suo cuscino. Lo annuso,
sa ancora di lei.
-Mi manchi tanto- ripeto al vuoto, baciando la sua fede che avevo
messo assieme alla mia sull'anulare sinistro. -Finché morte
non
ci separi..- sussurro infine, cadendo in un sogno profondo.
E speravo di sprofondare, in quelle braccia che per anni mi avevano
cullato e che da anni non sentivo più al mio fianco, ma che
sempre mie rimanevano.
Hey angel in the snow,
I'm under the misteltoe.
You are the one,
you're my very own Christmas
love.
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Buonasera.<3
Quest'avventura,
ebbene mie care.. è finita. Quando ho scritto questo
capitolo avevo le lacrime agli occhi, cavolucci. Avevo in mente questo
finale da anni, letteralmente dolcezze. Spero che abbiate capito che
l'intera storia si tratta di un racconto da parte di Justin a sua
figlia, ormai già grande, che voleva saperne di
più riguardo a come i suoi genitori si erano conosciuti. Io
li ho trovati troppo dolci e puffosi questi due, mi è sempre
piaciuta come coppia.
Sto scrivendo un'altra storia e a breve la pubblicherò,
è diversa dalle altre anche se all'inizio può
sembrare 'monotona'.
Be', sarà tutt'altro che monotona, credetemi.
Spero davvero che vi piaccia, ragazze mie.
PARLIAMO DI UNA PICCOLA GRANDE
COSA.
Se avete problemi o pensieri di qualsiasi tipo, o se volete solamente
scrivermi, questoo è il mio numero --> 3398590877
Scrivetemi quando volete, non esitate a farlo. Io sono pronta ad
ascoltarvi.
VORREI, COME SEMPRE, RINGRAZIARE TUTTE COLORO CHE MI HANNO SEGUITO E
CHE HANNO CONTINUATO A FARLO.
GRAZIE A CHE HA MESSO LA STORIA TRA LE SEGUITE/RICORDATE/PREFERITE.
GRAZIE A CHI RECENSISCE.
GRAZIE ANCHE A VOI, LETTORI SILENZIOSI. Perché
sì, lo so che ci siete.
Much
love.
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