Scattered dream, far-off memory

di MMP
(/viewuser.php?uid=914953)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


        Una lama nera.
                                                                                        Un cuore spezzato.
 
 
                                             Tenebre...
                                                                 Follia...
                                   Perdizione...
 
 
                                                           IL NULLA.
 
 
 
                                                            ***
 
 
 
Un guscio vuoto. Solo, spaesato, smarrito. Senza scopo.
 
 
 
La città del crepuscolo, Twilight Town.
Sole al tramonto. Una vita che si spegne, per poi rinascere sotto altre spoglie all'alba dell'indomani mattina. Una rappresentazione del mio stesso essere.
"Essere"? Esisto io, invero?
Una scintilla, un pensiero, realizzazione.
«Penso, dunque sono».
Però, basta il pensiero, da solo, a rendermi vivo?
 
 
 
Vago per le vie ed i sobborghi della ridente e placida cittadella, in cerca di risposte.
Ovunque io vada, qualunque cosa io faccia, passo inosservato agli occhi della gente.
                                                       «Io non esisto».
Se non sono, perché mi trovo qui, allora?
Se sono il niente, per quale motivo gli specchi riescono a riflettere l'immagine di un ragazzo dai capelli biondi e a punta, quando mi ci soffermo davanti?
Se sono il nulla, perché gli occhi cerulei del giovane mi scrutano, mi osservano, con quell'aria melanconica e struggente?
 
 
 
Che cos'è la vita? Perché si vive? Per quale ragione sono portato con così tanta foga a ricercare l'esistenza, se non so nemmeno che cosa significhi vivere?
 
 
                                                                 ***
 
 
Tempo: metro di misura usato dalle persone per scandire le proprie giornate, le proprie attività, le proprie vite.
Ne ho perso la cognizione. Non so più da quanto sto percorrendo senza meta le vie della città. D'altro canto, però, non esisto, è naturale che non riesca a ricordare da quanto mi trovo qui.
 
 
 
Giungo innanzi ad una grossa villa apparentemente abbandonata, i cancelli serrati da un imponente lucchetto di sicurezza.
Un varco oscuro squarcia il tessuto dello spazio-tempo. Da esso, ne emerge un individuo la cui identità è celata da una veste buia e tetra quanto la distorsione da cui è uscito.
So che può vedermi. Abbasso lo sguardo. Soggezione? Non so dirlo.
Una constatazione.
«Tu cerchi risposte».
Un gesto della mano destra, delle lettere appaiono nell'aria, formano un nome: "Sora".
Un pensiero affiora nella mia mente, come un ricordo lontano. Un'isola, tre ragazzini, una femmina e due maschi. Uno dei due, quello coi capelli castani, è una persona solare, bonaria, altruista. Mi somiglia un po', dal punto di vista estetico.
Vengo colto da una singolare nostalgia.
«Io posso darti uno scopo».
Un altro gesto della mano, le lettere cominciano a girare vorticosamente. Si fermano. Alzo lo sguardo. Una croce, una nuova parola, un nuovo nome.
«"Roxas"».
I suoi occhi, color ambra. Penetranti, glaciali, privi di sentimenti. Capaci di scandagliare il pensiero altrui.
«Esatto, il tuo nuovo Io».
 
 
Ora ho un nome. Tra non molto avrò un obiettivo. Tuttavia, il vuoto che sento al centro del mio petto non vuole saperne di colmarsi.
Che cosa mi manca? Cos'è che mi fa sentire incompleto? Ho bisogno di sapere.
Forse lui potrà dirmelo; forse Xemnas saprà darmi delle risposte.
Lo seguirò, con la speranza di riuscire a fugare i miei dubbi, prima o poi.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3393236