We stand together
Disclaimer: Albert
Wesker, Claire Redfield, Excella Gionne, Chris Redfield e tutti gli
altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi
detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta
per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo.
Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto
rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne
è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia
autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.
"I'll die a tragedy,
you'll live in fame.
Here comes the
last masquerade, is this what you want from me?
To hear me
scream?
Because in this
desperate night we are all wearing costume."
- Drop Dead
Gorgeous -
We
stand die together
"Quanto gli resta?"
"Poche ore."
"C'è niente che possiamo fare?"
"No."
"Quindi è così finisce?"
"C'è mai stata
davvero un'altra possibilità?"
Una macchina gli ricorda che è vivo; che il suo
cuore batte
ancora.
Un'altra che il tempo sta scadendo; che alla fine della storia neppure
le leggende possono sfuggire al loro destino.
"Ehi, bro,
ti trovo bene."
Chris tenta un sorriso, inclina il viso verso la finestra.
"Che bugiardo di merda che sei."
Joseph ride, occhi giovani e limpidi - vivaci.
"Come buttano le cose? Ho saputo che ne hai fatta di strada da quando
ci siamo lasciati. Fondatore del BSAA." Frost s'interrompe, cerca
qualcosa nella tasca della giacca e sorride poi vittorioso quando la
trova "Mica male come roba."
Chris riporta lo sguardo sul soffitto, chiude gli occhi.
"Già; niente male come roba." ripete, ed è
così
stanco - così esausto.
"Vuoi una gomma?"
"No, grazie."
"Sei tu a rimetterci, bro.
Sono quelle all'arancia."
Chris piega un angolo della bocca, scivola con la punta delle dita
sulla cannula della fleboclisi.
"Ti ricordi quella volta che abbiamo fatto uno scherzo a Barry?"
"Joseph."
"Gli abbiamo dipinto tutta l'auto di rosa e si è
così arrabbiato,
anche se la vernice non era di quelle
indelebili e sarebbe bastato poco a toglierla e..."
"Joseph." ripete Chris, questa volta con più decisione.
Un pettirosso si posa sul ciglio della finestra, infreddolito.
"Com'è?" gli chiede, e Frost tace.
Scrolla le piume, le gonfia, si guarda intorno pensieroso - indeciso.
"Puoi dirmelo?"
Joseph gli sfiora le guance nel punto in cui la barba è
più ispida, percorrendo la linea dura dello zigomo.
Il pettirosso regala al cielo plumbeo una breve occhiata, poi vi si
butta in mezzo con un coraggio rassegnato.
Chris si chiede se quel piccolo uccellino vedrà un'altra
primavera.
"Sta peggiorando rapidamente; la temperatura corporea è
quasi a trentaquattro gradi e delira.
"Allucinazioni?"
"Credo siano più ricordi; ha nominato un certo Joseph Frost
nel sonno, voi lo conoscete? Era per caso un suo amico?"
Claire si porta le mani al volto e comincia a piangere.
È così imbottito di morfina che non sentirebbe
niente neppure se lo prendessero a calci.
Inspira, espira; memorizza la consistenza ruvida del lenzuolo sotto le
mani, addosso al suo corpo spezzato.
"Ti ho visto meglio." lo apostrofa una voce femminile "Certo, a ognuno
il suo, sai come si dice, no?"
Chris socchiude gli occhi, si umetta le labbra screpolate - dio, gli
sembra d'avere ingoiato foglie morte e terra marcia.
"Non ti aspettavi di vedermi, uhm?"
"No."
Excella si scrolla nelle spalle, torna a limarsi un'unghia
già perfetta.
"Sei tu che chiami; noi rispondiamo solo."
"Non mi sei mai piaciuta."
"Ma ti ho fatto pena."
Silenzio.
"Forse è per questo che sono qui; per il tuo contorto senso
morale."
"L'amore non è qualcosa che posso biasimare, per quanto
stupido e distruttivo."
"Oh, abbiamo un filosofo tra di noi." lo schernisce Excella, studiando
il proprio profilo nello specchio del bagno "Chris Redfield, il
cavaliere senza
macchia e senza
paura, l'eroe
della favola." respira
tra i suoi capelli e Chris percepisce un odore metallico e dolciastro -
sangue e patchouli.
"Perché sei qui?"
Excella si allontana dal suo corpo, si nasconde dietro una cortina di
capelli nerissimi e pesanti quanto i suoi rimpianti.
"Non lo so."
"È così brutto morire?"
Excella solleva lo sguardo e Chris si rende conto per la prima volta di
quanto sia giovane; di quanto Wesker le abbia portato via anno dopo
anno.
"Tu chiami, noi arriviamo." ripete, chiudendo la mano a pugno sotto il
mento "È così che funziona."
"Ma io non ti ho chiamato."
"L'ha fatto la tua solitudine."
"E la tua."
Excella abbozza un sorriso, alza un sopracciglio - blandisce un uomo
che cammina già con la Morte sulle spalle - ed allora che
Chris la vede.
Vede Excella Gionne come è stata (disinibita, sprovveduta,
innamorata)
e come avrebbe potuto essere (viva)
e le restituisce il
sorriso - il cuore.
"Ci vediamo presto,
Redfield."
Chris annuisce e lascia che la malattia lo divori un altro po'.
"Abbiamo alzato i livelli di morfina; adesso si tratta solo di
aspettare."
"Non posso accettarlo."
"Nessuno ha detto che deve farlo."
"È mio fratello."
"Lo so."
"È l'unica cosa che mi è rimasta."
"Mi dispiace."
Aveva sempre pensato che sarebbe morto in battaglia; che avrebbe speso
l'ultimo fiato di vita per qualcun altro - per l'ennesima vittima di
una guerra che aveva intrapreso con il coraggio dei martiri. (degli
sciocchi e di chi non ha altra scelta)
"Capitano." lo chiamano, e il dolore è adesso un pugno che
lo soffoca.
"Piers." mormora, e sorride "Mi sei mancato."
Nivans è ai piedi del letto, invincibile come il primo
giorno. Vivo come l'ultimo.
"Mi dispiace."
"Non deve." replica, stringendogli la mano "Io sono morto, lei
è vissuto: va bene così."
Chris non trova la forza di annuire; gli sembra ipocrita - immorale -
anche solo pensare di farlo.
"Spero di non averti deluso."
"Mai."
"Dio,
Piers..."
Nivans scuote la testa, rafforza la presa sulla sua mano - sorride, lo
cerca in un abbraccio che significa
tutto.
Chris piange per quell'unica volta che non è stato
abbastanza.
"È quasi in coma."
"Può sentirmi?"
"Signorina Redfield..."
"Sono troppo vecchia per le stronzate, dottoressa; mio fratello
può sentirmi o no?"
"Non lo so."
"Ci proverò comunque."
"Sapevo saresti venuto."
È quasi il tramonto sulla città che non dorme
mai; è un'oscurità densa quella che prende forma
al fianco di Redfield.
"Era il minimo sindacale, d'altronde."
Un sospiro, esasperato. Divertito.
"Sto morendo, Wesker; dovresti esserne contento."
Albert lo soppesa con occhi asciutti e scoperti, la pupilla che si
allarga impercettibilmente nella penombra della stanza.
"Non per mano mia."
"Immagino che questo tolga la soddisfazione, vero?"
Wesker arriccia le labbra, lascia vibrare una risata tra i denti
socchiusi.
"Sarebbe inutile chiederti il perché, uhm?"
"Dipende."
"Siamo in vena di chiacchiere?"
Wesker si scrolla nella spalle, cammina avanti e indietro per la camera
- una pantera inquieta e nervosa.
"Nessuno ha voluto rispondermi."
"Perché poni la domanda sbagliata, Redfield."
Chris aggrotta le sopracciglia, si rigira tra le dita l'ossimetro.
"Cosa dovrei chiedere, allora?"
Albert si ferma a pochi centimetri dal suo letto, lo studia con
un'intensità quasi fastidiosa.
"Ne valeva la pena, Redfield?"
"Cosa?"
"Morire. Morire vecchio e stanco. Morire sentendo i propri organi
putrefarsi dall'interno e abbandonare ogni funzionalità.
Valeva la pena di soffrire per un'umanità che ti
dimenticherà non appena avranno inciso il tuo nome sulla
lapide?"
Chris quasi
sorride, quasi
comprende.
"E per te, Wesker?" ribatte invece, affondando la testa nel cuscino
"Valeva la pena di morire solo come un cane e con due RPG-7 a
spappolarti il cervello? Valeva la pena passare una vita all'ombra
dell'Umbrella e di Spencer? Valeva la pena inseguire il tuo delirio
fino a lasciare indietro tutto e tutti,
compresa tua sorella?"
Wesker ringhia,
un serpente messo all'angolo e pronto a colpire.
"Tu non sai
niente."
"Ho letto i file."
"Menzogne."
"Ho letto del progetto Wesker Children, del T - Phobos e di tutto il
resto." Chris gli cerca gli occhi e trova solo un profilo durissimo e
spietato che attraversa il buio come una lama "Io so, Wesker."
Il silenzio deflagra,
la notte brucia.
"Non puoi più mentire."
Un cuore che batte; uno che sta per smettere di farlo.
"Non ne vale più la pena."
La linea immaginaria tra giusto e sbagliato è appena stata
varcata.
"Sono arrivata appena ho potuto."
"Grazie."
"È...?"
"Non ancora."
"Non me ne vado, Claire; non fino a quando non sarà tutto
finito."
"Non te ne sei ancora andato."
"Non posso."
"Lo sapevo che il mio fascino avrebbe colpito, prima o poi."
Un sibilo; una risata abortita.
"Certo, come no."
replica Wesker, sfogliando distrattamente il giornale
"Credici."
Chris chiude gli occhi, sorride al silenzio.
"Voglio andare a casa." dice all'improvviso, e Wesker gli regala
un'occhiata in tralice "Non voglio morire qui."
"Non tutti abbiamo una scelta, Chris."
Redfield si volta di scatto, quasi si strappa l'ago della flebo nella
fretta.
"Ciao, Chris."
"Jill."
Jill si raggomitola sul fondo del letto, incrociando le gambe
e sorridendogli come se nulla fosse mai successo; come se non l'avesse
vista morire
e poi rinascere
e infine morire
ancora.
"Scusa se ci ho messo tanto." mormora, e Chris ingoia un grumo di
saliva e lacrime.
"Sei bellissima." le dice, e Jill amplia il sorriso, scostandosi una
ciocca di capelli dal viso.
"Bugiardo." e gli stringe la caviglia attraverso il lenzuolo,
rassicurante "Sei il solito Chris. Il mio impavido eroe; il mio fedele
partner."
Crack.
I ricordi lo schiacciano, la memoria diventa solo un fardello - un
rimorso troppo pesante perché possa continuare a portarlo da
solo.
Chris comincia a piangere; per se stesso, per le persone che non ha
potuto salvare, per quelle che ha perso e per chi non ha mai avuto.
Piange e lo fa senza vergogna, senza paura.
Piange fino a quando ha fiato per farlo, fino a quando non si sente
spogliato d'ogni emozione, arido d'ogni speranza.
Morto.
"Voglio andare a casa." ripete, e la sua voce si spezza "Vi prego,
portatemi a casa."
E non sa se lo sta dicendo a Piers, a Jill, oppure a Wesker, e non gli
importa; vuole solo andare a casa.
Ovunque essa sia.
Jill guarda Wesker, poi Chris. Poi di nuovo Wesker.
Casa
è ormai l'unica cosa che sia rimasta a tutti loro.
"Signorina Redfield?"
Claire deglutisce, chiude gli occhi.
"Lo so."
La dottoressa china il capo, il guaito dell'elettrocardiogramma lacera
il silenzio del corridoio.
"Ha sofferto?"
"No."
"Bene."
Sherry conta i caduti di Raccoon City e si chiede quando mai tutto
avrà fine.
I sat
at home and cried alone and on my own I scratched your name on
the side of a bullet.
Sotto i piedi l'erba è fresca, umida di rugiada; tra i
capelli un vento tiepido, pieno di profumi.
Liberatorio.
"Dove siamo?" chiede, e il suo corpo è di nuovo giovane,
privo delle cicatrici che la malattia e il tempo gli avevano inflitto.
"Non riesci a indovinare, Chris?" replica Jill, e lo supera di qualche
passo, spalancando le braccia e circondando l'orizzonte.
"Io..."
"Siamo a casa, Redfield." s'intromette Wesker, occhi azzurri come un
cielo invernale "Siamo dove avremmo sempre dovuto essere."
Chris storna lo sguardo, coglie la sagoma di Barry salutarlo da
lontano.
Sorride, deponendo le armi: la guerra (la sua)
è appena
finita.
Ora può finalmente riposare.
Una lapide bianca, un nome d'oro.
Nulla più, nulla meno.
Un eroe vicino a mille altri - Jill Valentine, Barry Burton, Joseph
Frost, Albert Wesker
(nemico, vittima, carnefice, eroe della sua stessa
ossessione)
La pioggia scivola su tutti quei nomi, su quelle lettere che il tempo e
la polvere si porteranno via come fossero stati nulla.
Eppure hanno raccontato una storia intera. Eppure hanno cambiato il
mondo.
Le camelie di Claire si sono appassite, le rose di Sherry petali
sgualciti e secchi.
Testimoni silenziosi di una realtà che ripete sempre se
stessa; di un ciclo che neppure un dio può fermare.
Nasci, vivi, muori. Ripeti. Vivi, muori, credi. Ripeti.
Il vento sussurra più forte tra gli alberi, fantasmi senza
voce omaggiano la loro stessa memoria.
Tutto ciò che rimane delle loro speranze e dei loro sogni;
dei loro incubi senza più risveglio.
Alla fine, solo occhi morti per un mondo morto.
"Someone told me love would all save us
But, how can that be, look what love gave us
A world full of killing and blood spilling
That world never came."
- Nickelback -
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