Capitolo
10 : Gola, Accidia, Ira, Avarizia
Poi caramente mi prese per mano
e disse: "Pria che noi siam più avanti,
acciò che 'l fatto men ti paia strano,
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l'umbilico in giuso tutti quanti".
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto XXXI
“Qui?” chiese Gino dubbioso: si
girò a guardare Eva che si stava ammirando le unghie della mano con aria
tediata.
“Sì, qui” rispose lei con voce
piatta “E non mi chiedere perché o per come: il solo fatto di esserci liberati
di Vlad per dieci minuti vale pure una rispettosa e silenziosa ignoranza.”
“Ok, ma qui?”
Gino girò di nuovo lo sguardo sul
tetto sbilenco della graziosa villetta in puro stile tirolese incorniciata
dalle fronde pesanti dei pini: fissò con aria incerta gli scuri di legno con
inciso un cuore panciuto, le tendine a quadretti bianche e rosse che si
intravedevano dietro i vetri, i cespugli fioriti e ordinati di narcisi e
lavanda, le pietre gialle del lindo vialetto di ingresso.
“Sembra la casa della nonna di
Cappuccetto Rosso” sospirò Lorella tristemente “Non è giusto.”
“Che cosa non è giusto?” chiese
Gino comprensivo.
“Che i Demoni usino le immagini
umane più belle per camuffare le loro schifezze” rispose Lorella stancamente “Guarda
questa casa, com’è bella, pulita, rassicurante. E invece dentro ci sono…
loro.”
Eva comprendeva perfettamente il
pensiero di Lorella: ma era proprio quello il gioco dei Demoni, inquinare
tutto, forzare a pensare sempre male, non lasciare niente di puro e intonso.
Per quanto bazzicasse quell’ambiente da una vita, nemmeno lei riusciva ancora
ad accettare quel sopruso, e forse la sua parte angelica non l’avrebbe mai
fatto.
“Niente nonnina ma un branco di
lupi” commentò sempre concentrata sulle sue unghie “Tipico dei Demoni. A loro
piace da impazzire deturpare le cose belle.”
“Quello che non piace a me è il
fatto che siamo qui soli nel bel mezzo del bosco” borbottò Gino “Se i tuoi
simpatici amici puzzolenti di zolfo decidessero di saltare fuori tutti insieme
e di farsi collane con le nostre budella, nessuno verrebbe a saperlo;
semplicemente, ci ritroverebbero a valle al prossimo disgelo.”
Erano infatti dispersi in una
viuzza di montagna sulle alpi austriache, verso il confine con la Svizzera: le indicazioni di Vlad erano state vaghe e contraddittorie e fino all’ultimo erano
tutti convinti che si fosse perso. Quando aveva fatto fermare il camper
malconcio davanti al piccolo cottage ed era sceso con indolenza, senza degnare
gli altri di una sola spiegazione, Gino e Lorella erano rimasti doverosamente
ammutoliti.
“E pensare che è un posto così
bello” mormorò ancora Lorella con rimpianto “C’è una pace, qui…”
“Non penseresti così se potessi
Vedere.” commentò laconica Eva.
“Vedere cosa?”
“Vedere come vedono gli Ultraterreni.
Non ti sembrerebbe così carino, fidati.”
Continuava a guardarsi le unghie
per non guardare fuori: già l’odore di Inferno che arrivava dalla casetta e
aleggiava denso e oleoso le aveva completamente chiuso lo stomaco, figurarsi
guardare. Quel posto era un vero e proprio buco infernale: una specie di
nebbiolina violacea imbruniva i contorni, ruotando angoli impossibili, creando
ombre minacciose e vuoti angoscianti. Persino Raf in quel miasma claustrofobico
era impallidito e respirava rapido come un uccellino malato, le palpebre
saldamente chiuse sui begli occhi celesti.
“Allora mi spiegate cos’è questo
posto?” insistette Lorella.
“Di sicuro non un centro
benessere” sbuffò Eva impaziente “Per me ha tutta l’aria di essere un Nodo non
autorizzato.”
“Nodo?” si spaventò Lorella
spalancando di scatto gli occhi “Ma il Nodo non è quel posto dove i Demoni
vengono su?”
“Non è che la fuoriuscita di
Demoni dall’Inferno sia proprio tipo un’eruzione vulcanica, sennò staremmo
freschi!”
“Come fa un Nodo a non essere
autorizzato?” continuò Lorella “Non dovrebbero esistere, vero?”
Eva le lanciò un lungo sguardo di
sufficienza.
“No, non dovrebbero. Ma i Demoni,
chissà perché, sono notoriamente insofferenti alle regole e cercano sempre di
aggirarle. Comunque, non è che uno stronzo infernale qualsiasi possa farsi il
suo personale Nodo ultraterreno e venire su questo Piano a cazzeggiare: ci
vuole un certo potere per poter stare qui…”
“Roba d’elite” sogghignò Gino
esilarato “Il Country Club dei Demoni! Non è da scompisciarsi?”
In quel momento la porticina
ovale con il battente di ottone a forma di cuore si aprì facendo sbucare la
testa di Vlad: con un cenno secco della mano, fece segno a Eva di entrare, poi
sparì di nuovo dentro, lasciando la porta socchiusa. Il cuore di Eva diede un
balzo doloroso mentre Gino, tornato serio, si girava a guardarla aggrottato.
“Tocca a te.” mormorò serio.
“Eh, già.”
Il presagio che le bloccava il
respiro non era affatto dei più buoni: le ondate di potere demoniaco che
uscivano da quella leziosa casetta facevano impallidire di vergogna quelle del
Nodo di Bersaba, e già là Eva aveva rischiato di morire…
“Stai all’erta, piccola, ho idea
che là dentro non si stiano facendo una sessione di yoga.” meditò Gino come
intuendo i suoi pensieri.
“Sì, Eva, stai attenta” si scaldò
anche Raf, socchiudendo gli occhi e afferrandole con delicatezza un polso “Devo
dirti la verità, non so quanto potrò aiutarti da qui. Il potere che si
sprigiona lì dentro è… davvero fortissimo. Troppo forte persino per me che sono
un Arcangelo. Questo è molto, molto pericoloso: fortuna che c’è Vlad dalla tua.
Ti prego, fai del tuo meglio per resistere.”
“Grazie tante, Raf” pensò
Eva annuendo rigidamente “Avevo proprio bisogno di un po’ di
incoraggiamento!”
“Buona fortuna.” mormorò Lorella
con le lacrime agli occhi mentre Eva apriva la portiera.
“Riporta il culo a casa.”
borbottò invece Gino quando già Eva camminava spedita sul vialetto giallo, come
Dorothy nel mondo di Oz… peccato non avere un bel paio di scarpette rosse per
tornare a casa, meditò lei in uno sprazzo di umorismo nero. Come se lei ce
l’avesse ancora, una casa!
“Dio sia con te” aggiunse Raf
accorato “E stai vicino a Vlad! Solo lui può proteggerti!”
Eva evitò accuratamente di
riferire all’Arcangelo quello che pensava della sua proposta. Arrivò davanti
alla porta a passo di marcia e prese un lungo respiro a occhi chiusi; relegò la
sua essenza di Angelo più a fondo che poteva, riaprì gli occhi, spinse la porta
risoluta ed entrò.
* * *
Eva catalogò la mezzora
successiva come la più orribile della sua vita… e di schifezze ne aveva viste
abbastanza perché quello risultasse un primato di tutto rispetto.
Era buio, dentro la casa. Un buio
violaceo e marrone, angosciante, umido. La porta si chiuse sbattendo alle
spalle di Eva e immediatamente potenti spire di denso e acre fumo bruno le
avvilupparono le caviglie, attirandola verso il basso. L’odore intorno era
nauseante, un misto di costosa Eau de Toilette e marciume, ma ancora peggio
erano i rumori… suoni folli, sottili, fruscianti. Qualcosa di viscido e umido
si strinse intorno a una caviglia di Eva che dovette fare forza su se stessa
per non scalciare e gemere dal disgusto: rimase immobile a gambe divaricate,
guardinga, scrutando nel buio i movimenti lenti delle ombre.
“Eva.” la chiamò Vlad facendola
sobbalzare: era vicinissimo dietro di lei, ne poté sentire l’alito caldo sulla
nuca: poi, di colpo, era davanti a lei a petto nudo, il buio opprimente che
riempiva le cavità del suo corpo di ombre inquietanti.
“Dove siamo?” chiese Eva
seccamente e fu sorpresa dal suono afono della propria voce.
“Un piccolo posticino segreto per
noi Demoni capitali” rispose Vlad “A volte veniamo qui quando abbiamo voglia di
trastullarci un po’. Ma non dirlo a Lucy, è un nostro piccolo segreto.”
Il suo tono strafottente era
forzato, se ne accorse persino Eva nonostante il buio e i rumori e la paura.
“E gli altri?” si sforzò di
chiedere con calma.
“Qui.” rispose Vlad con
noncuranza: Eva poté allora vedere una specie di lungo tentacolo membranoso
avvilupparsi alla vita di Vlad, circondargli il petto lasciandogli addosso una
scia collosa e giallastra.
“Chi c’è.” gorgogliò una voce
liquida, così irreale da far accapponare la pelle.
Attaccata a quella specie di
tentacolo antropomorfo, dietro la spalla di Vlad sbucò una testa fornita di
piccoli occhi lattiginosi e una bocca sorprendentemente larga, dalla quale uscì
una lunga lingua rosea e umida che prese a lambire il collo di Vlad.
“Alana” sospirò Vlad senza
scomporsi, benché Eva avesse notato una leggera contrazione delle sue spalle
armoniose “Vorrei ricordarti che non sono un pasticcino alla crema.”
“Ma sei buono.” farfugliò la voce
e la lingua continuò a lambirlo golosamente.
Eva distolse lo sguardo nauseata,
mentre all’altro fianco di Vlad compariva un’altra figura di chiara
impostazione femminile: due lucidi occhi di giaietto nero spiccavano in una
faccia bianca e aguzza come quella di un topo, due occhi che sembravano la
quintessenza della furia che si propagava involontariamente in tutto il corpo,
squassato da piccoli tic nervosi.
“E’ questa la tua pupilla, Vlad?”
domandò la donna con una voce isterica da pazza che gelò il sangue nelle vene
di Eva.
“E’ lei” rispose Vlad mentre la
lingua rosea della sua vicina continuava a leccargli il collo con voluttuosa
costanza “Eva, questa è Morgana.”
Eva arrischiò uno sguardo e
Morgana fremette come un animale devastato dalla scabbia: lunghe braccia
cianotiche sbucarono dal buio e fecero per ghermirla, ma con un gesto imperioso
Vlad le blocco a mezza strada.
“Lei non si tocca.” disse in tono
neutro mentre le dita di Morgana, feroci e dotate di violacee unghie
frastagliate, si conficcavano nella pelle dorata del suo braccio.
Eva trasalì ma Vlad sembrava
immune al dolore: girò con calma il viso verso Morgana e le baciò una guancia
con la bocca sensualmente aperta, trovandosi subito dopo con la lingua di
Morgana a dardeggiarli in bocca. Nauseata da quella sfacciata esibizione, Eva
abbassò lo sguardo e con orrore si accorse di una terza figura strisciante che
si stava arrampicando laboriosamente lungo le gambe di Vlad.
“Questo è Linus.” spiegò Vlad
interrompendo per un attimo le turpi effusioni con Morgana, forse intuendo che
Eva stava per gridare dallo schifo: la ragazza si morse l’interno delle guance,
sforzandosi con tutta se stessa di sopportare il raccapriccio per quelle figure
disumane.
“Che meraviglia incontrare tutti
voi.” gracidò mentre con orrore crescente si accorgeva che la testa piccola e
bitorzoluta di Linus, ignorando bellamente tutto e tutti, stava armeggiando con
la patta dei pantaloni di Vlad con chiare intenzioni carnali. Il cuore di Eva
batteva doloroso nel petto e quasi le veniva da svenire con tutto quella
pestilenza infernale che le premeva intorno: la presenza di tanti Demoni aveva
reso l’aria densa e pulsante, calda e malata come una ferita purulenta.
“Facciamo fuori la puttana”
strepitò d’un tratto la voce di Morgana, gli occhi pieni di luce folle che la
trapassavano quasi con dolore “Uccidiamola, tagliamola in pezzi…”
“Mangiamola.” gorgogliò liquida
la voce gutturale di Alana, così ripugnante che Eva suo malgrado sentì la pelle
accapponarsi su tutto il corpo.
“Veramente non siamo qui per uno
spuntino” gracchiò Eva cercando di controllare il panico “Volevo solo fare
qualche domanda…”
“Tesoro, non ti basto io?” la
interruppe Vlad con voce ammaliante rivolto a Morgana “Dicevi che era troppo
tempo che non facevamo qualche giochetto. Ora sono qua. Non hai niente da farmi
fare?”
Morgana rise, un’agghiacciante
ululato di pura follia, e si ficcò la mano di Vlad sotto al vestito nero,
cominciando a strusciare con violenza: non staccava gli occhi furiosi da Eva
che dovette distogliere lo sguardo per non vomitare dalla nausea e dall’orrore.
Rapidamente, incrociò lo sguardo di Vlad: i suoi occhi angosciati sondarono il
duro topazio del Demone, che era incredibilmente freddo e distante, come se
niente fosse di suo interesse: e tuttavia, la piega feroce della sua bocca,
l’impassibile linea delle sue sopracciglia fecero intuire con struggente
malinconia che in qualche modo lui era lì, che la stava davvero proteggendo.
“Di solito non siamo così
infoiati, ma era un po’ che Vlad non veniva a trovarci.” sibilò una voce alle
sue spalle, così vicina che Eva registrò l’alito tiepido e marcescente quasi
sulla guancia. Sobbalzò e per un pelo non strillò di raccapriccio quando scorse
una figura rattrappita, con due braccine orrendamente corte e due occhi piccoli
e malvagi che la scrutavano affamati nel buio.
“Tu devi essere Demetrio.” disse
Eva, constatando che parlare le risultava piuttosto difficile visto che aveva
la bocca secca come il deserto del Sahara e il cuore pesante come un macigno.
“E tu sei la puttana di Vlad.”
Eva non osò girarsi a guardare
verso il Demone Tutore: il corpo tentacolare di Alana l’aveva quasi fagocitato
e la testa di Linus ondeggiava su e giù, con la mano di Vlad che lo dirigeva
imperiosa: Morgana emetteva squittii e suoni orribili, sempre con l’altra mano
di Vlad sotto al vestito. Tutti insieme erano un quadro così osceno che era
impossibile non rimanerne disgustati.
“Posso farti una domanda?”
balbettò Eva, cercando di aggrapparsi disperatamente al vero motivo per cui era
lì a massacrarsi l’anima in quel lembo d’Inferno.
“No” rispose subito Demetrio,
stringendo le orribili braccine al corpo “Non ti do niente di mio, mio, mio!”
Maledetto spilorcio, pensò Eva
freneticamente: però dopotutto Demetrio era il Demone Capitale dell’avarizia.
Come poteva aggirarlo e sapere qualcosa nello stesso tempo?
“Scusa” disse facendo spallucce
“Pensavo che uno scambio di informazioni sarebbe stato utile anche per te… per
recuperare qualcosa che ti appartiene.”
Demetrio tentennò, gli occhi
piccoli e porcini improvvisamente attenti.
“Qualcosa che mi appartiene?”
pigolò con voce acuta e furiosa “Qualcuno ha preso qualcosa di mio?”
“Non so” buttò lì Eva, giocando
le sue carte a casaccio e sudando freddo copiosamente “Ma se un’orda infernale
passasse dal tuo Nodo, allora sarebbe anche un po’ tua, no?”
“Non credo” ansimò Demetrio
dubbioso “Non è passata nessuna orda infernale dal mio Nodo.”
Altro buco nell’acqua, pensò Eva
amareggiata.
“Morgana ha avuto un’orda
infernale” commentò Demetrio fra sé e sé “Ma solo perché l’ha fatta passare non
significa che fosse sua.”
Il cuore di Eva fece un balzo nel
petto e prese a battere forte come un tamburo.
“Davvero?” disse cercando di
mantenere un tono neutro “E chi l’ha autorizzata?”
Demetrio agitò appena le piccole
mani deformi.
“Qualcuno da sotto” borbottò
riottoso “Ma l’aveva chiesto qualcuno da sopra. Non so. Non ricordo. E
comunque, che importanza ha? Ehi, ora è il mio turno!”
Eva arrischiò un’occhiata, ma
distolse subito lo sguardo schifata. Linus aveva evidentemente esaurito le
forze ed era più o meno crollato a terra senza aver mai davvero alzato al
testa: in quel momento sembrava un inutile ammasso di carne molliccia disossata
buttata ai piedi di Vlad che aveva ancora la patta aperta e umida dopo
l’intervento del Demone. Alana aveva allacciato il corpo di Vlad con lunghi
tentacoli e la sua instancabile lingua rosata lo lambiva dovunque potesse
arrivare, assaporandolo e accompagnando ogni leccata con un mugugno
soddisfatto. Morgana invece stava mordendo con ferocia il braccio di Vlad,
facendolo sanguinare e spalmandosi il sangue addosso con voluttà. Guardarli era
una cosa disgustosa. Come attirato da quelle oscenità, con piccoli passi rapidi
Demetrio raggiunse gli altri Demoni, rattrappito e disgustoso come uno gnomo
deforme.
“Aspetta!” soffiò fuori Eva, ma
Demetrio era arrivato a ridosso di Vlad e le sue orribili braccine lo stavano già
toccando dappertutto con vorace lussuria.
“Ora è il mio turno”
scricchiolava la sua vocetta “Alana, Morgana, toglietevi dai piedi! Ora sei
mio, Vlad… Solo mio, mio, mio…”
Vlad lo lasciò fare: la sua
faccia era di pietra quando si chinò per farsi ghermire dal piccolo Demone che
lo spinse nel buio, misericordiosamente lontano dagli occhi agghiacciati di
Eva.
“Sei fortunata, Sanguemisto, a
non essere già morta” gorgogliò una voce flebile flebile che Eva intuì arrivare
dal corpo molliccio di Linus “Ma era tanto che Vlad non veniva da noi… ci
mancava.”
“Sì, me lo ha detto Demetrio.”
rispose Eva, così disgustata che persino quell’ammasso di carne informe le
risultò piacevole, piuttosto che vedere Vlad nelle mani degli altri Demoni.
“L’ha trattato bene, lui” confidò
ancora Linus, la voce impastata come se il proprietario parlasse con una patata
in bocca “Ha promesso a Demetrio che sarebbe stato solo suo, se avesse parlato
con te.”
Eva deglutì e represse qualcosa
di appuntito e doloroso che le stava per trapassare il cuore, prima di rendersi
conto che era pietà.
“Oh” mormorò sottovoce “Davvero.”
“A me ha lasciato le briciole”
continuò la vocetta querula di Linus “Come sempre. Mi sottovaluta, Vlad, e mi
disprezza. Ma ha fatto male, stavolta. Anche io sono un Demone Capitale. Doveva
trattare bene anche me. In fondo, l’ho fatta passare io la seconda.”
Un diffuso senso di gelo sostituì
l’umido calore dell’aria putrida intorno a Eva: sbattendo le palpebre, cercando
di mettere a fuoco l’ammasso informe di membra che era il corpo di Linus, si
chinò leggermente verso di lui.
“La seconda cosa?” chiese, ma in
un lampo intuì da sola la risposta e il gelo le attraversò le ossa.
“La seconda orda infernale.”
rispose infatti Linus, ed Eva meditò che in fondo lo sapeva già: le era sembrato
che gli attacchi fossero troppo ravvicinati, che fosse impossibile per un’orda
sola scovarla così in fretta.
Due orde infernali. Due nemici? O
solo uno, più determinato che mai a distruggerla con tutti i mezzi? Chi poteva
saperlo, se non quei mostri rivoltanti che aveva davanti?
“Tu sai chi l’ha scatenata?”
domandò a bruciapelo e per un attimo, in mezzo alla carne molliccia e
raggrinzita, Eva intuì il guizzo malvagio di un occhio cisposo.
“Non essere sciocca, ragazza: tu
lo sai già chi è stato.” rispose il Demone in un gorgoglio.
In quel momento un lungo lamento
uscì dal buio inquieto dove si trovavano gli altri Demoni; un miagolio così
raccapricciante e atroce che i nervi di Eva si congelarono offesi
nell’assorbirlo. Non aveva idea di chi l’avesse emesso e sapeva che non doveva
guardare, se voleva mantenere intatta la propria essenza di Angelo… ma lo
stesso le scappò un’occhiata, rapida e involontaria. C’era il corpo nudo e
indifeso di Vlad in mezzo a un groviglio fremente di arti, tentacoli, buio e
sangue: c’erano lingue, c’erano denti, c’erano organi sessuali e c’era terrore
che permeava tutto come una patina gelatinosa e opprimente da film dell’orrore.
Quello che Eva vide fu così orrido, così blasfemo che la sua mente si rifiutò
di accettarlo. Sentì lo stomaco, il suo povero stomaco mortale, ribellarsi
dolorosamente a quello scempio e dovette rizzarsi in piedi quasi contro la sua
volontà. Scattò verso la porta, una mano premuta sulla bocca e il sudore freddo
che le imperlava la fronte, incespicando nei propri piedi con la vista
annebbiata e la testa che roteava impazzita. Crollò contro la porta, armeggiò
con la serratura e dopo un attimo di violento panico riuscì ad aprirla. Si
gettò fuori e le sue ginocchia si schiantarono sul vialetto di mattoni gialli
mentre le narici le si riempivano di aria e gli occhi di cielo. Non riuscì
nemmeno a fare un respiro: vomitò carponi, con violenza e dolore, la testa che
vorticava come una trottola impazzita. Vomitò ancora e ancora, lunghi conati
che la spezzavano in due, finché qualcosa di tiepido non le si posò sulla
fronte e il dolore alle membra e all’anima scemò rapidamente come dopo
un’iniezione massiccia di morfina. Eva respirò rumorosamente dal naso, gli
occhi chiusi, il corpo tremante, mentre le braccia di Raf la cingevano tiepide
e accoglienti e la sua voce la consolava con parole rotte e balsamiche.
“Coraggio… è tutto è posto… sono
qui…”
Eva si lasciò andare contro di
lui, stremata e grata di poter scappare via da quel male, da quell’orrore.
“Oh, Raf” gracidò nascondendo la
faccia contro la sua camicia “Che schifo, che schifo, che schifo…”
Raf la cullò a lungo, poi la
prese in braccio senza sforzo e la portò dentro al camper. Eva intuì le voci
allarmate e note di Gino e Lorella ma non riusciva a staccare il viso dal petto
di Raf: il suo nido sicuro, la sua medicina. L’Angelo in lei stava ancora
strillando di raccapriccio ed Eva non era affatto sicura di poter controllare i
suoi centri nervosi e non scoppiare a piangere come una bambina davanti a
tutti.
“Che le è successo?”
“Sembra sconvolta!”
“E ti credo, ci pensi là dentro
con un’intera delegazione di stronzi come Vlad!”
“Senti da che pulpito!”
“Perché mi guardi con quella
faccia? Non ce l’ho mica mandata io là dentro!”
“Ah, no? L’idea del summit non
era stata tua, genio?”
Il ronzio indistinto di voci
seguitò a lungo ed Eva lo assorbì, grata dell’effetto normalizzante che aveva
sulla sua povera anima bistrattata.
“Chissà cosa ha visto là dentro.”
“Eh, già.”
“Povera Eva…”
“Adesso non esageriamo.”
“Deve avere proprio avuto una
brutta visione dell’Inferno.”
E invece no, pensò Eva
amareggiata: la cosa che le faceva più male era proprio quella.
Sapeva purtroppo che ancora
dell’Inferno non aveva visto niente.
* * *
Quando Vlad tornò era notte
fonda: Gino e Lorella dormivano, dopo aver mitragliato Eva di domande per ore.
Lei aveva risposto laconicamente, come meglio poteva: poi si era stufata, li
aveva mandati al Diavolo e aveva fatto una doccia eterna, senza tuttavia
riuscire a sentirsi meno sporca e contaminata. Alla fine i due umani erano
andati a letto, vagamente perplessi e insoddisfatti. Eva d’altronde non aveva
nessuna voglia di spiegare loro perché non voleva renderli partecipi
dell’orrore che aveva vissuto nella baita montana: era il suo modo personale
per proteggerli, senza ovviamente farglielo sapere. Lei e Raf rimasero a
vegliare, in attesa del ritorno di Vlad, scambiandosi a malapena qualche frase
smozzicata. Quando sentirono i passi di Vlad nel viale, scattarono in piedi
senza sapere bene che fare. Il Demone entrò nel camper, fece un fiacco e
arrogante saluto senza dire una parola e si stravaccò con indolenza sul
divanetto, coprendosi la faccia con una mano. Eva e Raf si scambiarono uno
sguardo e di tacito accordo Raf si mise alla guida del camper. Partì guidando
dolcemente lungo la stretta strada di montagna mentre Eva, titubante, si
avvicinava a Vlad e si inginocchiava davanti a lui.
“Hai il braccio ferito.” disse
cercando di mantenere una voce neutra ma non poté risparmiarsi un singhiozzo
ben mascherato alla vista del braccio martoriato di Vlad.
“Passerà” disse il Demone in tono
piatto e impersonale fissando la ferita come se non fosse sua “Sono di tempra
Ultraterrena, ricordi? Domattina non avrò più niente.”
“La ferita è profonda” insistette
Eva tamponando con un panno umido lo squarcio sul braccio “Quella Morgana è
davvero… è…”
“Un Demone?”
Vlad si tolse la mano dalla
faccia e ridacchiò senza allegria.
“Sono tutti Demoni. Cosa pensavi
che avrebbero fatto, centrini all’uncinetto?”
“Non lo so” ammise Eva
francamente “Pensavo che avrebbero fatto come te. Che sarebbero stati stronzi,
insopportabili, crudeli… ma non pensavo che sarebbe stato così atroce. So solo
che quello che ho visto, quello che ti hanno fatto, è stato… orribile.”
Vlad vece un gesto fiacco con la
mano.
“Non è poi così male” ribatté
acidamente “Sono il Demone della Lussuria ed è normale che gli altri mi
vogliano strapazzare un po’, sessualmente parlando. Certo, Alana è un po’
antiestetica, e Morgana si fa sempre prendere la mano dalle sue novità
sadomaso… con Linus non si riesce mai a fare qualcosa di serio, schiatta sempre
prima! E Demetrio… beh, l’hai visto anche tu: pretende un bel po’ di cose, e
non sempre sono piacevoli. Ma tutto sommato sono bravi ragazzi. Fortuna che
mancava Amelia, all’appello: quella sì che è un osso duro.”
Le fece un sorriso strafottente
che Eva non ricambiò. Suo malgrado, apparentemente senza motivo, sentiva gli
occhi stanchi che le si riempivano di lacrime. Lo guardò da sotto in su,
sostenendo la durezza di quei due topazi insondabili, sentendo qualcosa di
innominabile che le riempiva il cuore. Non sapeva se era pietà o rimorso o
gratitudine… sapeva solo che era qualcosa che non avrebbe mai associato a Vlad
prima di quel giorno. Prima di sapere che lui l’aveva protetta, a modo suo,
dall’orrore dell’Inferno.
“Vlad, io…”
“Hai i capelli umidi.” la
interruppe lui con voce stanca: la fissava cogitabondo ed Eva non si era mai
sentita vulnerabile come in quel momento.
“Io ho… fatto la doccia.”
“Hai delle gocce d’acqua tra i
riccioli” continuò lui quasi accademico “E la tua pelle sa di sapone. Sei senza
reggiseno e un po’ ti dà fastidio perché il maglione che hai addosso non è tuo,
è ruvido, ti sta largo e odora di naftalina. E prima hai pianto, ma solo quando
eri certa di essere sola.”
Era tutto così vero. Vlad fece
una pausa, come se si aspettasse che lei dicesse qualcosa.
“Sei bellissima.” concluse
infine, quasi con rimpianto; Eva non riusciva a respirare.
“Mi dispiace.” sussurrò a
sproposito: ma sarebbe morta se non l’avesse detto.
Lentamente, come se si aspettasse
di essere respinto, Vlad si chinò verso di lei; la guardava fisso negli occhi
con quello sguardo serio, ruvido e indifeso insieme. Il cuore di Eva schizzò
impazzito per incastrarsi in gola e lei pensò vagamente che non poteva
assolutamente permettere che Vlad la baciasse… benché in quel momento lo
volesse, lo volesse con ogni cellula del suo corpo mortale.
Ma Vlad non la baciò: la sua
schiena si curvò e la sua testa si posò sul petto di Eva, pesante e stanca, accompagnata
da un lungo sospiro.
“Quanto vorrei poter dormire.”
mormorò il Demone quasi con rabbia.
Inopportuna e incontenibile, una
dolcezza struggente invase il cuore di Eva che batteva già a un ritmo tutto
suo, pesante e leggero insieme: quasi con titubanza, alzò le mani e le posò fra
i riccioli scomposti di Vlad che mugugnò appena di apprezzamento. Vergognandosi
e esaltandosi insieme, Eva cominciò a carezzare lentamente i suoi capelli
rossi: erano serici, tiepidi, bellissimi da toccare. La testa di Vlad si agitò
ed Eva sentì il suo naso premerle contro l’attaccatura dei seni: intuì che lui
la stava annusando e lo lasciò fare, invasa da una sorta di timida meraviglia.
“Profumi.” le mormorò Vlad con le
labbra a sfiorarle la pelle; poi si mosse ancora ed Eva sentì il tocco leggero
e umido della sua lingua sfiorarle lo sterno timidamente. Le sue mani tra i
riccioli di Vlad ebbero una leggera contrazione mentre le sfuggiva un piccolo
gemito a metà tra la sorpresa e qualcos’altro che non volle identificare… ma
non si scostò. Non si sarebbe scostata per niente e nessuno al mondo, in quel
momento. Sentì le braccia di Vlad che le circondavano la vita, delicate e quasi
titubanti: le sue labbra calde mormorarono qualcosa di indefinito premute sulla
sua gola poi le lasciarono una breve e umida scia sul petto prima di tuffarsi
oltre il bordo slabbrato del maglione, andando a cercare la morbidezza del suo
seno. Di nuovo Eva gemette quando sentì la sua bocca arrivare a destinazione e
iniziare a lambirla con lenta sensualità, incendiandole il sangue di fuoco
improvviso e violento.
“Vlad…” gorgogliò allarmata e
confusa, ma lui non la lasciò parlare: la sollevò per la vita con rude facilità
e se la caricò cavalcioni, facendola sussultare penosamente quando i loro
indumenti strusciarono gli uni contro gli altri.
“Vlad…” lo chiamò di nuovo, ma
non riusciva a pensare coerentemente perché quella bocca, oh, quella bocca
esperta e calda… quella bocca sapeva esattamente come farla tacere.
“Eva?”
La voce di Raf, proveniente
dall’abitacolo di guida, penetrò come una rovente lama affilata nel burro.
Stranamente, fu Vlad a recepirla per primo: si staccò da Eva sollevando il viso
che aveva un’aria strana, confusa e arrabbiata.
Eva si alzò di scatto e incespicò
all’indietro, il maglione sbilenco sulla spalla, le guance in fiamme e il
respiro zoppo.
“Tutto bene?” continuò la voce di
Raf, vagamente preoccupata: forse aveva captato qualcosa, forse la captava
ancora, pensò Eva vergognandosi a morte: sentiva delle incontenibili onde
anomale partire dal suo corpo e spargersi tutte intorno, infrangersi contro le
pareti del camper, contro Vlad…
“Eva, va tutto…?”
“Tutto ok, Raf.” si affrettò a
interromperlo Eva, e si sorprese di come riuscì a essere convincente. Eppure,
era quasi una bugia. La prima che avesse mai detto a Raf.
Vlad, al suono della sua voce,
sembrò recuperare il suo sangue freddo: si accomodò sul divanetto riprendendo
la sua solita indolente posizione e atteggiò le belle labbra morbide a un
sorriso sprezzante.
“Stavolta ci siamo andati vicini,
eh, scimmietta?” buttò lì con arroganza stiracchiandosi come un gatto.
Eva non si lasciò ingannare dal
suo tono strafottente.
“Grazie per avermi risparmiato,
oggi” buttò fuori tutto d’un fiato “Io non avrei sopportato… quello che ti
hanno fatto è stato orribile… se solo Morgana… o Alana… io non avrei mai…
insomma, volevo dirtelo. G-grazie.”
Vlad inarcò un sopracciglio e la
guardò canzonatorio.
“Grazie a me?”
“Ehm, sì.”
“Insomma, un grazie vero e
proprio, coi fiocchi e i controfiocchi?”
“Ti aspetti il certificato in
carta da bollo? E’ un puro e semplice grazie, non un trattato di pace.”
“E’ o non è la prima volta che mi
ringrazi in tutta la tua vita, scimmietta?”
“Sai bene che lo è.”
“Quindi sei qui, contrita e
profumata di sapone, per dirmi grazie nel migliore dei modi?”
Eva arrossì appena appena.
“Sì.” rispose, ed era quasi
sincera.
Vlad accavallò le gambe
continuando a sorridere con aria saputa.
“Ti dirò, scimmietta… sarebbe
davvero caritatevole da parte tua fingere di cedere alle mie avances solo per
gratitudine. Sono quasi sicuro che è di questo che ti stai convincendo. Ma il
fatto è, vedi, che io non ci credo, e in fondo nemmeno tu. Ti nascondi dietro
questa scusa perché è più facile per te credere di essere animata da nobili
intenzioni, ma in realtà se ti sei lasciata baciare è perché tu mi vuoi…”
Eva arrossì e tutto d’un tratto
riscoprì intatta la montagna di odio che aveva accumulato e poi accantonato per
Vlad.
“Io non ti voglio affatto!”
ragliò con aria ben poco convincente.
“E invece sì” rispose Vlad con
pacata convinzione “Due minuti fa ne abbiamo avuto la prova lampante. Se
Biancaneve non ti avesse distratto, a quest’ora saremmo di là sul letto a
conoscerci biblicamente, una volta per tutte.”
“Stronzate!” sibilò Eva, ma solo
perché sapeva bene quanto Vlad avesse ragione.
“Tu mi vuoi almeno quanto io
voglio te” infierì Vlad con sadica convinzione “La tua pelle non mente, Eva: mi
chiama, profuma di desiderio solo per me. E’ davvero puerile continuare a
negarlo.”
“Io… tu…” balbettò Eva iniziando
a tremare di rabbia repressa.
“Appunto. Io e te, scimmietta.”
Eva capì d’un tratto che non
poteva lasciargli condurre quel gioco pericoloso: non aveva idea di dove
sarebbe finito, ma di sicuro non dove voleva lei.
“Ci sono due orde infernali che
ci inseguono.” buttò allora fuori precipitosamente.
L’espressione di Vlad si incupì
sensibilmente.
“Due?” domandò piatto, cambiando
discorso come Eva aveva ardentemente agognato “E chi te lo ha detto?”
“Linus. Demetrio ha detto che la
prima orda è passata dal Nodo di Morgana… ha vaneggiato di qualcuno dall’alto e
qualcuno dal basso… non ho capito bene. Comunque, Linus ha detto che c’è una
seconda orda infernale che è passata dal suo Nodo.”
“Immagino che non ti abbia detto
chi l’ha richiesta.” commentò Vlad fissandosi cupo le unghie della mano destra.
“No” sospirò Eva vergognandosi
“Ha detto che lo so già. Il fatto è che invece non so un cazzo. E’ chiaro che
ho più di un nemico, all’Inferno, ma due orde infernali in una volta…
dev’essere per forza un complotto a questo punto.”
“Chissà” rispose Vlad noncurante
“Quindi che hai intenzione di fare adesso?”
Eva meditò a lungo mentre un’idea
si faceva largo nella sua mente.
“Non è che abbiamo molte opzioni”
sospirò “Con due orde infernali alle calcagna… c’è solo una cosa da fare.”
“Una?” la canzonò Vlad sorridendo
“Accidenti, che ottimismo. Sarebbe?”
“Trovare Silvia Nirani.” rispose
Eva decisa.
“Oh. Bene. Una femmina,
interessante. Chi è?”
“Il mio ultimo incarico. O una
trappola. O, forse, un prezioso indizio.”
“Insomma, non lo sai nemmeno tu.”
“Il mio istinto mi dice di
partire da lì.”
“Il tuo istinto ti ha portata a
gettarti in mezzo a un’orda infernale per salvare il tuo rottweiler umano: no,
grazie ma non mi fido un granché del tuo cosiddetto istinto!”
“Quella era un’altra cosa.” si
difese Eva scaldandosi.
Vlad alzò i palmi delle mani in
segno di resa.
“Come vuoi, scimmietta, come
vuoi… personalmente ho solo una domanda in proposito.”
“Quale.” chiese Eva incrociando
le braccia sul petto mentre Vlad, cogitabondo, si sporgeva verso di lei. La
guardò in faccia, gli occhi lucenti di malizia.
“Questa Silvia Nirani… Ha due
belle tette?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Incredibile ma vero, riesco a essere puntuale anche questa
volta. Pubblico il capitolo di straforo dal server, con i refrigeratori che
creano strane stalattiti sotto il mio naso, di nascosto come i carbonari…
Apprezzate lo sforzo, come io apprezzo i meravigliosi
commenti di tutti voi!!
Levsky, Flori, quel tesoro di Roby, cicha, il mio bocciolo
Krisma, Marika, la Beneducata, he he, le evergreen Londonlilyt e MarzyPappy, e soprattutto
i gioielli di riflessione e alto contenuto artistico di White Shadow, Killer, moonwhisper
e Chamelion, che mi fanno sempre immensamente piacere con le loro osservazioni
azzeccatissime.
Grazie infinite a tutti, per favore, non smettete mai di
venire qui a lasciarmi un abbraccio virtuale, ne ho troppo bisogno!!!