Il primo stregone dell'aria
William Sherlock Scott Holmes discendeva da una lunga stirpe
di
stregoni. Nonostante il fatto che i sovrani che si erano susseguiti
negli anni dopo l'ultima guerra magica e la distruzione degli ordini,
avessero cercato in tutti i modi di debellare gli antichi fondatori dei
quattro ordini, molte famiglie erano sopravvissute in
clandestinità, cambiando nome e adattandosi ad una vita
senza
magia. O quasi.
Sherlock era cresciuto in una bella casa, molto lontana da
ogni centro
abitato. I genitori sapevano che non sarebbero stati in grado di
giustificare la magia involontaria dei due figli, che già da
piccoli avevano dimostrato doti eccezionali.
Quello che sorprese, però, più di
tutto i genitori di
Mycroft e Sherlock, non furono le precoci capacità dei figli
ma
il particolare potere di Sherlock. Tutti i membri della famiglia, sia
dalla parte del padre che dalla parte della madre, erano stregoni del
fuoco, mentre il piccolo di casa dimostrava di aver sviluppato una
magia molto più affine agli stregoni dell'aria.
Inizialmente, siccome il piccolo privilegiava i venti caldi
del sud, con incantesimi simili a quelli degli stregoni del fuoco, i
genitori non avevano compreso la diversità di Sherlock, ma
successivamente, notando le capacità dell'intelletto e lo
straordinario potere di capire immediatamente le menzogne, avevano
compreso che era il primo stregone dell'aria di casa Holmes.
Raramente accadeva che membri di una stessa, antica, stirpe,
possedessero poteri diversi da quelli del capostipite e il fatto aveva
destato stupore e non poche perplessità.
Dal canto suo, Sherlock si sentiva quello "diverso" e proprio per
evitare commenti da parte degli altri membri della famiglia, avevano
sempre evitato di parlare del fatto, incoraggiando il piccolo a
padroneggiare i venti caldi, in modo da essere più simile
agli altri Holmes.
Inizialmente di indole aperta, il piccolo Sherlock aveva
cominciato nel tempo a chiudersi sempre di più in
sé stesso, non potendo competere con i poteri comunque
superiori degli stregoni del fuoco ed infine, dopo i terribili
avvenimenti accaduti l'inverno del secondo anno di regno di Re Trevor,
Sherlock aveva abbandonato ogni calore e aveva definitivamente scelto
di diventare uno stregone dei venti del nord.
Raramente una scelta del genere era reversibile, se
abbracciata in età adulta.
***** *****
Quella mattina Sherlock stava stancamente camminando per la
radura appena fuori da un villaggio di cui ignorava il nome, diretto
verso il borgo con lo scopo di incontrare suo fratello.
Avrebbe voluto utilizzare i suoi poteri per volare qualche centinaia di
metri, giusto per riposare le gambe, ma non mangiava da giorni e aveva
bisogno delle poche forze che gli rimanevano per arrivare a
destinazione.
Decise comunque di utilizzare una leggera brezza, giusto per
velocizzare il suo cammino. Non si era nemmeno reso conto che la
leggera brezza lo aveva sollevato da terra, appena pochi centimetri,
quel tanto che bastava però per essere visto dagli abitanti
dei boschi.
La stanchezza, infatti, non gli aveva fatto notare un gruppo
di uomini, briganti quasi sicuramente, accampati appena al di
là del ruscello.
Appena si accorse che in quattro si
stavano dirigendo verso di lui, affrettò il passo.
I venti del nord erano più difficili da controllare rispetto
a quelli del sud, soprattutto quando si era stanchi ed affamati e non
era di certo in grado di scatenarli contro gli uomini in maniera
efficace in quel momento.
- Guardate che nobiluomo abbiamo qui, uno stregone che tenta
di nascondersi - gridò uno di loro.
Sherlock iniziò a correre, sempre favorito dalla
brezza, quando in lontananza vide un carro con i vessilli reali. Nella
foga di raggiungerlo inciampò, nelle orecchie risuonavano i
passi dei briganti pronti a catturarlo, quando notò che
l'uomo del carro era sceso e sguainava una spada.
I briganti non sembravano molto colpiti, così
Sherlock diresse una piccola raffica di vento verso il carro,
abbastanza forte da staccare un vessillo reale e farlo finire in faccia
agli uomini, in modo che lo notassero.
Come immaginava lo stregone, non avevano intenzione di
mettersi contro il Re, così rinunciarono alla loro preda.
- Tutto bene? - chiese il biondo. Aveva un aspetto
amichevole, a cui Sherlock non era abituato. I suoi poteri uniti alla
sua propensione a non tenere la bocca chiusa e a cacciarsi nei guai, lo
avevano sempre tenuto lontano dal resto dell'umanità.
- Vuoi dell'acqua? O del pane? - continuò John,
avvicinandosi.
Sherlock si tolse il cappuccio, stupito dal comportamento
dell'uomo. Perché aiutava un perfetto estraneo? Se avesse
saputo quanto poteva essere pericoloso non lo avrebbe aiutato, eppure
quel biondo sembrava disponibile e Sherlock aveva un disperato bisogno
di un passaggio.
Per tutto il viaggio, finché non decisero di
accamparsi in una radura, John aveva passato il tempo a fare domande
inutili. Il moro non capiva se fosse normale per le persone, perdere
tempo raccogliendo dati sulla vita degli altri o se fosse una
prerogativa del suo compagno di viaggio.
Stava ancora cercando di capire la personalità di
quel curioso soggetto che era John, quando un orso li
attaccò alle spalle. John stava per essere sbranato ma
Sherlock, con gli ultimi sprazzi di energia, invocò il
fidato vento del Nord e mandò l'orso lontano, verso le
profondità del bosco.
John sgranò gli occhi e fu l'ultima cosa che
Sherlock vide, prima di svenire.
***** *****
John aveva sentito parlare degli stregoni e delle leggende
che ormai si tramandavano di padre in figlio, ma non gli era mai
capitato di incontrarne uno. Credeva che ormai la magia fosse stata
quasi del tutto debellata. Avrebbe dovuto averne paura, aveva usato il
vento per cui sicuramente era uno stregone dell'aria; subito dopo
quelli del fuoco erano i più potenti.
Eppure c'era qualcosa in quel moro che gli ispirava
un'incondizionata fiducia.
Si era avvicinato per guardarlo meglio, non era poi diverso
da un qualunque essere umano. Alzò leggermente una mano, per
provare a toccargli una guancia, giusto per vedere se la pelle di uno
stregone era diversa al tatto, da una persona normale.
Aveva le dita sulla guancia, quando Sherlock si
svegliò di scatto e John si scansò
immediatamente, rimettendosi a sedere al suo posto.
- Cosa stavi facendo? - sbottò Sherlock, la testa
gli stava ancora girando.
- Scusa - rispose John imbarazzato - Grazie di avermi
salvato -
Sherlock lo guardò storto, temeva lo avrebbe
consegnato alle guardie reali appena messo piede nel borgo. Stava
già meditando di legarlo da qualche parte e rubargli il
carro, quando il biondo riprese a parlare, per nulla preoccupato ma
anzi molto sicuro di sé.
- Non dirò niente di quello che hai fatto, se
è quello a cui stai pensando. Ti devo la vita, questo conta
molto più che ogni Legge del Re -
Il moro notò che non c'era ombra di bugia nelle
sue parole, il suo potere glielo avrebbe immediatamente rivelato,
nessun uomo poteva ingannarlo, soltanto alcuni stregoni di livello
molto elevato.
- Ho ricambiato il favore che mi hai fatto con i briganti,
siamo pari adesso - rispose il moro.
- Bene. Per cui non mi farai volare lontano e non mi
sacrificherai al dio dei venti o qualcosa di simile? - chiese John, con
una leggero sorriso.
Anche Sherlock trovò un lato comico nella
domanda, per cui si ritrovò involontariamente a sorridere a
sua volta. Non capitava da talmente tanto tempo che aveva dimenticato
l'utilizzo dei muscoli della faccia.
- No, John. Non lo farò -
***** ****
Alle prime luci dell'alba erano di nuovo sulla strada che li
conduceva verso il palazzo reale.
Sherlock e John, a turno, si sbirciavano di sottecchi, per
poi guardare in una direzione diversa, quando l'altro se ne
accorgeva.
Erano entrambi pieni di domande e stupore. Sherlock non aveva mai avuto
a che a fare con qualcuno che lo trattasse in maniera gentile ed era
davvero incuriosito da John. Voleva sapere com'era vivere in un
villaggio e fare tutto senza magia. Non era domande che poteva porre in
giro, senza rischiare di essere arrestato o peggio.
Anche il biondo era incuriosito, si chiedeva come fosse
poter controllare gli elementi della natura a proprio piacere. John li
avrebbe sicuramente usati per il bene. Avrebbe curato e protetto le
persone, come già faceva anche senza sfruttare gli elementi
magici.
A volte si era trovato a sperare di essere uno stregone,
quando era ancora bambino. Voleva dare una vita migliore ai suoi
genitori e alla sorella, moltiplicando il cibo e le coperte.
Anche i suoi sogni erano particolari, a volte ne aveva
parlato alla sorella che era rimasta molto colpita da quelle che
sembravano il preludio di capacità magiche. A
volte, quando era felice, sognava cascate da cui nascevano arcobaleni,
altre volte, quando era triste, acquazzoni che sommergevano l'intero
villaggio.
Scherzando aveva anche provato a moltiplicare il cibo sulla
tavola e agli occhi di un bambino di dieci anni, era persino sembrato
di aver aumentato l'acqua raccolta nella brocca, ma la madre si era
molto spaventata dei suoi tentativi, temendo che qualcuno lo scambiasse
veramente per uno stregone e gli intimò di non provare mai
più.
John obbedì e smise anche di sognare.
John stava ancora pensando alle speranze dell'infanzia,
quando Sherlock sospirò un po' più forte e gli si
rivolse paziente - Andiamo John, inizia con le domande. Cosa vuoi
sapere? Se ho sempre saputo di essere uno stregone? Se anche i
miei genitori lo erano? Cose del genere? -
Il biondo sembrò rifletterci, ma poi disse
soltanto - In realtà vorrei sapere se hai mai paura -
- Scusa? - rispose, credendo di aver capito male. John
doveva essere una persona molto più attenta alle emozioni
che alla conoscenza, se gli aveva fatto quella domanda.
- Re Trevor ha dato il via ad una caccia agli stregoni, che
non avveniva dai tempi dell'ultima guerra magica. Non sei preoccupato
di essere scoperto? - si spiegò il biondo.
John sembrava avere una curiosità genuina, ma la
domanda riapriva vecchie ferite nel moro. Sherlock abbassò
lo sguardo e mantenne un'espressione seria.
- Scusa, non volevo turbarti - fece il biondo, capendo di
aver toccato un tasto dolente.
Sherlock non disse niente, ma pensò tra
sé "Uccidere
persone solo perché hanno dei poteri magici è
un'atrocità. Non capisco cosa abbia in mente Re Robert
Trevor, ma il suo regno del terrore non sta portando a nulla di buono"
ma non disse niente, non gli sembrava il caso di esporre
così i propri pensieri, nonostante John sembrasse davvero
degno di fiducia.
Non aprì bocca ma al biondo parve come di
intercettarne i pensieri, come se quello che stava pensando, fosse
passato per la testa anche a lui.
- Aspetta, non mi hai detto che tuo fratello è
consigliere del Re? - chiese il biondo.
- Sì, l'ho detto - rispose Sherlock, stupendosi di quanto
poco ragionasse quando era senza forze. Si era lasciato scappare un
sacco di informazioni con leggerezza, durante il viaggio.
- Quindi lui non è uno stregone? -
continuò John.
- No - mentì Sherlock.
Il sentiero curvò e i due poterono intravedere in
lontananza le guglie del palazzo reale.
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Angolo autrice:
Si, lo so, a volte non aggiorno
per settimane e poi aggiorno due giorni di fila. Approfitto
dell'entusiasmo che mi prende quando inizio una nuova storia e il fatto
che mi vortica in testa tutto quello che vorrei scrivere e che ho
finito per condensare in questi due capitoli, quasi due prologhi di
quello che accadrà.
Ringrazio tanto mikimac,
CreepyDoll e Athena_Laufeyson, per aver recensito e tutti quelli che
hanno letto e inserito in qualche lista.
Alla prossima!!!
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