Left Behind

di eugeal
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Robin scese da cavallo e guardò i soldati che entravano nel cortile del castello. Altri uomini di Re Riccardo erano giunti al castello prima di lui, rendendolo sicuro per l'arrivo del re, previsto a breve.
Avrebbe dovuto essere felice, il re era tornato in Inghilterra ed era scampato agli attentati di Vaisey, ma in quel momento il sovrano non era al primo posto nei suoi pensieri.
Marian.
Il pensiero della scena a cui aveva assistito poco prima continuava a tormentarlo e aveva paura di quello che gli avrebbe detto la ragazza di lì a breve. Avrebbe voluto evitare di affrontarla, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo, chiederle una spiegazione per quello che aveva fatto.
Come aveva potuto baciare Gisborne?
Marian gli era passata accanto senza nemmeno vederlo per correre dal cavaliere nero. Gli sembrava impossibile e lo faceva ardere di odio per il rivale.
Perché Gisborne era rimasto a Nottingham? Perché non si era unito ai complotti di Vaisey? Sarebbe stato tutto molto più semplice.
Guardò il carro guidato da Allan che passava attraverso il cancello del castello e cercò con lo sguardo i soldati più vicini per ordinare loro di mettere sotto chiave sia Gisborne che Allan, ma prima che potesse farlo, Guy scese dal carro e si diresse verso di lui.
Robin lo guardò, chiedendosi se dovesse prepararsi a un nuovo scontro, ma Gisborne non fece nulla per attaccarlo e si limitò a fermarsi di fronte a lui, incrociando le braccia davanti a sé.
- Dobbiamo parlare, Hood. In privato.
Robin stava per rispondergli in tono duro, dicendogli che non aveva nulla di cui parlare con uno dei complici di Vaisey quando qualcosa gli toccò le gambe all'improvviso, facendolo sussultare.
Guardò in basso e si trovò a fissare un cane piccolo e nero, dal pelo arruffato che gli si era seduto su un piede e lo guardava a sua volta, con la lingua di fuori e la coda che batteva freneticamente a terra.
Robin si chiese distrattamente da dove fosse arrivato e se il suo umore non fosse stato tanto tetro per via di Marian e della minaccia di Vaisey, si sarebbe sicuramente chinato a fargli una carezza.
Ma rimase a bocca aperta quando fu Gisborne a sollevare il cane da terra, con un'espressione vagamente imbarazzata sul volto.
Il cucciolone si rilassò tra le braccia di Guy, perfettamente a suo agio e Gisborne gli concesse una breve carezza sul capo.
- Allan non è riuscito a insegnargli l'educazione. - Disse Guy, senza guardarlo e Robin ebbe l'impressione che quella fosse una specie di scusa. Non sapeva se fosse più assurdo vedere Gisborne alle prese con un cane di quel genere oppure ricevere delle scuse da lui.
- Allora? - Chiese Guy.
- Allora cosa?
- Possiamo parlare?
Robin lo fissò e alzò le sopracciglia.
- Dovresti chiederlo più gentilmente, Gisborne.
Guy si adombrò.
- Dico sul serio Hood, è importante.
Robin rimase in attesa.
Guy gli lanciò un'occhiata feroce, poi scosse la testa con uno sbuffo irritato.
- E va bene, Hood. Per favore, ora possiamo parlare?
Robin gli rivolse un sorriso sfrontato.
- Perché no? Vieni con me.

Robin gli fece strada fino a una delle stanze vuote del castello e Guy lo seguì.
- Allora, Gisborne, cosa vuoi?
Robin chiuse la porta alle loro spalle e Guy notò che non c'erano guardie nei dintorni. Si chiese se Robin Hood volesse semplicemente parlare in privato senza rischio di ascoltatori indiscreti o se non volesse testimoni nel caso che le cose si fossero messe male.
Con un brivido si rese conto che Robin era armato e lui no, ma si affrettò a respingere quel pensiero inquietante: Hood era l'eroe, non avrebbe ucciso un uomo indifeso. Se avesse voluto la sua vita lo avrebbe denunciato al re e lo avrebbe fatto giustiziare pubblicamente.
Mise giù Lupo, lui e Robin dovevano parlare di cose serie e lui si sentiva uno sciocco a iniziare un discorso di quel tipo tenendo in braccio un cucciolone scodinzolante. Il cane non sembrò prendersela e iniziò ad esplorare la stanza, annusando ogni angolo.
- Quello che è successo… - Iniziò Guy, un po' esitante. - Non è colpa di Marian. Non prendertela con lei.
- Io me la prendo con te.
- Forse dovresti prendertela col tuo re e con lo sceriffo, invece. È per causa loro che l'hai lasciata sola così a lungo.
- E tu ne hai approfittato, ovviamente.
- Approfittato di cosa? Di una donna che mi ha detto chiaramente che ama te? So che hai una pessima opinione di me, ma ho ancora un po' di onore.
- Certo, lo stesso onore che se non ti fossi ammalato ti avrebbe portato a uccidere il re.
- Non mi sono ammalato.
- Questo è quello che ha detto Marian.
- All'inizio lo pensava anche lei.
- Vuoi farmi credere che hai finto di stare male e che lo sceriffo ci ha creduto?
- Non ho finto, ho preso del veleno per non essere costretto a seguire Vaisey. Se non credi a me, chiedilo alla strega.
Robin lo guardò, scettico.
- A Matilda? E pretendi che ti creda? Matilda ti avrebbe dato più volentieri il colpo di grazia piuttosto che curarti.
- Probabilmente lo avrebbe fatto se Marian non l'avesse convinta. - Guy sorrise tra sé. - Quella ragazza è buona e generosa anche con chi non lo merita affatto. Ed è per questo che adesso io e te stiamo parlando.
- Cosa vuoi, Gisborne? Ancora non ho capito cosa vuoi da me.
- Voglio che io e te troviamo un accordo perché lei non debba soffrire.
Robin lo fissò.
- Spiega cosa intendi.
Guy si appoggiò al muro con la schiena e incrociò le braccia con un sospiro.
- Se non mi avessi fermato, buona parte dei nostri problemi sarebbero stati risolti: me ne sarei andato e né tu né Marian avreste più sentito parlare di me.
- Saresti fuggito con i soldi sottratti al popolo.
- No! Quello che avevo preso con me erano solo i profitti di Locksley e del castello, soldi che ho guadagnato onestamente.
- Locksley non ti appartiene.
- La riavrai, ma l'ho amministrata in tua assenza, quei profitti spettano a me. E se sei preoccupato per gli abitanti dei villaggi, lo hai visto prima, ho ottenuto il loro rispetto abbassando le tasse ingiuste imposte dallo sceriffo. Se non ti fidi chiedilo in giro, chiedi pure come ho amministrato la contea in questi mesi. Non ho preso nulla che non mi appartenesse.
- Perché stavi scappando?
- Perché Marian mi ha detto che tu stavi tornando. Voglio essere sincero, Hood, speravo che non lo facessi. Ho pregato di non dover rivedere né te né Vaisey, perché questi mesi trascorsi senza di voi non finissero mai. Ma non mi faccio illusioni, col tuo ritorno qui non c'è più posto per me.
- Ti ha baciato.
Guy sorrise, ma nel suo sguardo c'era solo una profonda tristezza.
- Lo so ed è la cosa più bella che mi sia capitata, ma era te che stava aspettando. Era la tua assenza che la rendeva triste. Credi che se pensassi di avere anche solo una minima speranza di essere ricambiato me ne andrei? No, Hood, lotterei con tutte le mie forze per conquistarla, ma non posso costringerla ad amarmi se il suo cuore è già tuo. Ci ho provato una volta e hai visto quanto è andata bene, no?
Si sfiorò con un dito la cicatrice che aveva sullo zigomo.
- Senza di te sono stato felice, Hood, forse per la prima volta da quando i miei genitori erano ancora vivi. È stato bello illudermi per un po', immaginare che la mia vita potesse continuare come in questo periodo, ma non sono uno sciocco, ora è il momento di Marian di essere felice e per questo devi permettermi di andare via, perché posso accettare di perderla, ma non sopporterei di vederla insieme a te.
- E cosa faresti se ti lasciassi andare? Torneresti dal tuo padrone a complottare contro il re?!
- Quello mai! Piuttosto di cadere di nuovo nelle mani di Vaisey preferirei morire!
Robin lo osservò. Gisborne poteva essere un traditore e un criminale, ma doveva ammettere che non era mai stato un bugiardo. Anche quando Robin aveva scoperto il suo ruolo nell'attentato a re Riccardo, Guy non aveva mai negato esplicitamente quello che aveva fatto.
- Attento a quello che dici, Gisborne, potrei prenderti in parola.
Guy impallidì appena.
- Vuoi uccidermi, Hood?
- No, ma potrei chiederti di provare quello che hai appena detto.
- Ovvero?
- Cosa sei disposto a fare per la tua libertà?
- Ciò che è necessario.
- Allora, vediamo se ho capito bene: vorresti che io ti lasciassi andare via da qui e che magari ti permettessi di portare via il contenuto del tuo carro?
Gisborne annuì.
- Anche Allan.
- Anche Allan, ovvio. E se te lo permettessi, tu ti terresti alla larga da Marian senza tentare in alcun modo di sedurla?
- Quello non lo farei a prescindere. Amo Marian, farei qualsiasi cosa per lei, ma non le imporrò mai più i miei sentimenti. Se lei ama te, io andrò via.
Robin avrebbe voluto essere altrettanto certo dei sentimenti della ragazza, ma non avrebbe mai espresso quel dubbio e di certo non a Gisborne.
- Potrei fare di meglio, potrei chiedere al re di farti assegnare delle terre lontane da qui, qualche piccolo villaggio senza troppa importanza, ma comunque delle terre che potresti chiamare tue.
Guy lo guardò, incredulo.
- Certo, e poi? Il sole inizierà a tramontare a est e i cani inizieranno a parlare. Che ne dici, Lupo, vuoi raccontarmi anche tu qualche storia? Di certo sarà meno assurda di quella di Hood.
Il cane alzò il muso verso di lui e scodinzolò allegramente, mentre Robin lo fissò, serio.
- Dico davvero, Gisborne.
- Ah sì, e perché dovresti farlo? Per il tuo buon cuore?
- C'è un prezzo per la tua libertà, Gisborne, non è un regalo. Dipende da te decidere se sei disposto a pagarlo.
- Quale sarebbe?
- Aiutami a catturare Vaisey.
Guy lo guardò.
- Finirà sulla forca?
- Sì.
- E mi garantisci che io non finirò accanto a lui?
- Parlerò col re, non sarai accusato per le azioni che hai commesso ai suoi ordini.
- Ho la tua parola, Hood?
- Sì. Collabora alla cattura dello sceriffo e sarai libero.
Gisborne tese una mano a Robin e sorrise.
- Affare fatto. Distruggiamolo.




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