Capitolo
11 : Sanguemisto
Or drizza il viso a quel ch'or si
ragiona:
questa natura al suo fattore unita,
qual fu creata, fu sincera e buona
ma per sé stessa pur fu ella sbandita
di paradiso, però che si torse
da via di verità e da sua vita.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto VII
Silvia fissò l’ennesimo autobus
che partiva sferragliando, mani in tasca e sguardo cupo come il cielo plumbeo
sopra la sua testa. La sua faccia esprimeva esattamente quello che provava in
quel momento: un misto di irritazione, inquietudine, noia, paura, malinconia…
una dannata mistura di incertezza che alla fine le inchiodava sempre i piedi
all’asfalto. Un atavico istinto che aveva sempre la meglio su di lei: lei, che
odiava gli spazi troppo aperti e che si trovava sotto il cielo da ore, sperando
senza speranza che alla fine i suoi maledetti piedi si sarebbero mossi finalmente
portandola su uno di quegli autobus, uno qualsiasi, per qualsiasi direzione…
dovunque, lontano da Modena.
La città era diventata una bomba
a orologeria per lei: scappare il più lontano possibile era l’unica cosa
vagamente sensata da fare. Scappare e nascondersi: e invece se ne stava lì,
sotto il cielo gravido di pioggia, a guardare gli altri andar via senza trovare
la spinta necessaria per seguirli. Colpa del suo mezzo demoniaco: suo padre, Mezzo
Demone in istanza a Modena, le aveva lasciato in eredità oltre a una discreta
agilità fisica anche una snervante tendenza a non riuscire a prendere
decisioni. Silvia non l’aveva mai conosciuto, suo padre: era stato Recuperato e
rispedito all’Inferno prima ancora che lei nascesse. Ma sua madre, un Mezzo Angelo
di discreta caratura, le aveva raccontato tante cose di lui. Come sua madre
fosse riuscita a Perdersi, a innamorarsi di un Mezzo Demone mediocre come suo
padre (perché di mezza sega si trattava, Silvia l’aveva capito prima ancora
dell’età della contaminazione) e a continuare ad amarlo, rimaneva un mistero
insondabile per Silvia: ma aveva amato con tutta se stessa sua madre, che
l’aveva cresciuta, protetta e adorata ogni singolo istante della sua vita,
battendo qualsiasi record di permanenza clandestina sul quel Piano… un Mezzo in
gamba, un esempio e un sostegno che le mancava come e più dell’aria.
Oh, Silvia sapeva bene di essere
un Sanguemisto: saggiamente, mamma le aveva spiegato con cura il suo posto
incerto nel complesso mondo degli Ultraterreni e benché le crisi demoniache
l’avessero quasi uccisa, nell’età della contaminazione, aveva passato
un’infanzia tutto sommato gradevole. Sua madre aveva funto da filtro tra lei e
il mondo esterno: gli Umani la credevano epilettica, gli Ultraterreni non
sapevano della sua esistenza perché la prima cosa che Silvia aveva imparato,
prima anche di camminare, era stato nascondersi. Poi mamma se n’era andata,
recuperata da uno stronzo qualunque mentre andava a fare la spesa. E Silvia si
era trovata sola, in balia di un mondo ostile che non le apparteneva. In men
che non si dica, era stata catturata, valutata, studiata, soppesata: Angeli e
Demoni avevano un po’ bisticciato su chi dovesse avere diritti su di lei…
diritti!! Lei che era sempre stata libera di fare e agire come più le pareva!
Ma nemmeno questo era vero: mamma glielo aveva lasciato credere… in realtà era
una pura illusione. In realtà Silvia era solo una Sanguemisto e il suo destino
era già segnato: doveva diventare una Recuperante, anche se la sua età terrena
era già verso i trent’anni, non proprio una fanciulla in boccio, come si suol
dire. Era stata addestrata da Sanguemisto come lei, persone che avevano vissuto
una vita intera nell’occhio del ciclone, additati e disprezzati per il solo
fatto di essere se stessi: Silvia aveva imparato a essere come loro, a
reprimere e controllare qualsiasi istinto. Era quasi pronta a mettersi sul
mercato e diventare una Recuperante a tutti gli effetti: il suo precettore,
Alfredo, le aveva confessato riottoso che se la cavava piuttosto bene, per
essere quasi una vecchia ciabatta per quel mestiere.
Alfredo. Un altro che se n’era
andato.
In piedi, ferma con le mani in
tasca, grigia come i gas di scarico degli autobus intorno a lei, Silvia si
sentì improvvisamente sola e disperata. L’angoscia le pressò il cuore,
rallentandole il respiro e facendole appannare gli occhi. Perché era successo?
Che cosa aveva fatto di male per meritare tutto quello? Perché l’amarezza
pesava come un macigno sulle sue ginocchia stanche?
“Stai sempre all’erta,
Silvia.” le disse all’improvviso la voce di mamma nell’orecchio.
Glielo disse con una tale secca
convinzione che Silvia rizzò bruscamente la schiena e girò in fretta il viso,
come aspettandosi di vederla al suo fianco. Ma non c’era mamma, e nemmeno il suo
maestro, Alfredo: c’era invece una ragazza alta e snella che indossava un
impermeabile gualcito e che la fissava con due profondi occhi roventi come
tizzoni. Silvia la riconobbe all’istante, come riconobbe e decifrò come segnale
di pericolo la sottile angoscia che le pesava sul cuore… ma ormai era troppo
tardi. La ragazza che aveva tentato di farla fuori era alle sue spalle e le
puntava alle reni quella che era evidentemente una canna di pistola, nascosta
nella tasca dell’impermeabile.
“Ehilà” le disse quasi
giovialmente “Ci si rivede prima del previsto, non è vero?”
* * *
In verità, Eva non credeva che
trovare la sua preda sarebbe stato così facile: arrivati a Modena e sostituito
il camper malconcio con una jeep capiente e corazzata, i compagni l’avevano guardata
interrogativi, aspettando che lei decidesse il da farsi. Eva aveva aperto la
bocca per chiedere loro di non aspettarsi che lei sapesse dove andare, o forse
per mandarli al diavolo tutti quanti… e invece aveva detto “Stazione degli
autobus”.
Era stata ragionevolmente certa
che avrebbero fatto un buco nell’acqua, dando così l’opportunità a Vlad di
tediarla per ore con le sue punzecchiature: e invece Silvia Nirani era proprio
là. La riconobbe da lontano, di spalle, ritta a guardare gli autobus che arrivavano
e andavano via con una sorta di remota malinconia.
“Complimenti, scimmietta” le
aveva borbottato laconico Vlad stravaccato sul sedile anteriore della jeep “Ora
da brava, ce la fai a prenderla da sola, senza che io o Raperonzolo ti pariamo
il culo da qualche orda infernale di passaggio?”
“Certo che ce la faccio” aveva
ringhiato Eva di rimando “Ed è proprio il caso che tu stia qui… la tua puzza di
stronzo la farebbe scappare via prima ancora di poterla vedere in faccia.”
Vlad sorrise e le soffiò un bacio:
Raf si sedette al posto di guida e la fissò affettuosamente.
“Sicura di non aver bisogno di
aiuto?” le chiese soave.
“No” rispose Eva ammansita “Ho
idea che la ragazza abbia qualche componente Ultraterrena e tu e la faina col
sasso nel dente spandete troppa aura intorno… si insospettirebbe.”
“Io e la ragazzina andiamo a
farci un caffè.” decise Gino che aveva una faccia non proprio raccomandabile,
con la barba lunga e le occhiaie segnate: Eva ebbe un guizzo di preoccupazione
improvvisa.
“Tutto bene, capitano?” gli
chiese guardinga.
“Certo” rispose Gino scontroso
“Spero solo che questa nuova combriccola di amici che ci siamo fatti torni
presto da dove è venuta perché mi sta talmente stracciando le pelotas che prima
o poi faccio una strage.”
“Andiamo, rottweiler” sghignazzò
Vlad “Non sei contento di aver riempito la tua desolante solitudine con una
tale vulcanica compagnia?”
“Direi di no. Non dopo che la
nuova amichetta mortale…” e segnò Lorella come se non l’avesse mai vista prima
“…mi si è attaccata al collo come una cozza allo scoglio, per paura di te,
nuovo amichetto irlandese…” e segnò Vlad che sogghignò compiaciuto “… così che
mi è sembrato di dormire con un mucchietto d’ossa supplementare appeso alla
gola. E non mi ha aiutato il fatto che il nuovo amichetto alato…” e segnò Raf
che sbatté le ciglia con aria colpevole “… abbia deciso di intonare un bel
canto di gioia al Signore stamattina alle cinque.”
“E’ l’ora dei vespri mattutini.”
spiegò Raf e Gino si limitò a un gesto secco per esternare la sua opinione in
proposito.
“Comprati anche una merendina.”
gorgogliò magnanima Eva sbattendogli in mano un banconota da dieci euro.
“E tu stai attenta” le rispose
Gino, improvvisamente serio “L’ultima volta questa tizia ti ha colto di
sorpresa… non la sottovalutare.”
“Non lo farò.” promise Eva, lo
sguardo già rivolto alla sua ignara preda.
* * *
Silvia scattò a destra con una
tale agilità che per poco non le sfuggì: ma stavolta Eva era preparata e con un
guizzo indubbiamente demoniaco le sbarrò la strada, puntandole con decisione la
pistola al fianco.
“Non ti conviene, gioia” le
sibilò all’orecchio afferrandole il braccio con la mano libera “Stai buona. Non
ti voglio uccidere, almeno per il momento.”
“E allora che cazzo vuoi?”
ringhiò Silvia, e prima che Eva rispondesse tentò un’altra fuga scartando a
sinistra: Eva l’agguantò per un pelo e si decise ad arrabbiarsi.
“Ho detto di stare ferma, vuoi
che ti spari qui in mezzo a un milione di persone?”
Silvia accantonò per un attimo
l’idea di scappare: evidentemente la ragazza con l’impermeabile non era umana,
a giudicare dalla rapidità con cui si muoveva. Si girò a guardarla, sfidandola
con lo sguardo: sembrava nello stesso tempo più giovane e più vecchia di lei,
nella sua faccia incredibilmente bella gli occhi luccicavano senza tempo di
cupa determinazione. Doveva essere un Mezzo Demone, concluse Silvia
rapidamente.
“Ok. Che cosa vuoi?” chiese a
bruciapelo.
“Parlarti.” rispose Eva e Silvia,
all’improvviso, le spiaccicò una specie di capsula piena d’acqua sulla guancia,
accompagnata da una sberla ben piazzata. Silvia si era aspettata che il Mezzo
Demone cominciasse a fumare e a disintegrarsi, a contatto con l’Acqua Santa: la
ragazza invece accentuò la presa sul suo braccio e si girò a guardarla con la
guancia arrossata e bagnata e gli occhi sprizzanti di furia.
“Si può sapere cosa cazzo credi
di fare?” le ruggì nell’orecchio, cominciando a strattonarla e spingerla finché
Silvia non fu costretta ad assecondarla, ringhiando sottovoce.
“Dovevi fumare” rispose Silvia,
segretamente sorpresa “I Mezzi Demoni non sopportano il contatto con l’Acqua
Santa!”
“Buon per te che non sono un
Mezzo Demone, allora.” rispose Eva costringendola a dirigersi verso la jeep
accostata al marciapiede.
“E allora cosa cazzo sei?”
“Le domande le faccio io, bella.
Sali in macchina.”
Silvia lanciò un rapido sguardo
all’interno della jeep: inquadrò in un lampo un tizio dai capelli rossi, bello
da morire e altrettanto pericoloso; una ragazzina dall’aria disfatta che alzò
la mano in un fiacco gesto di saluto; un armadio umano brutto come il peccato
intento a ingozzarsi di croissant alla crema. Prima ancora che Eva finisse la
frase, Silvia si era bruscamente chinata, sfuggendo alla sua presa e
approfittando del suo sbilanciamento, l’aveva spinta facendola finire malamente
contro la portiera della jeep. Eva fece un verso strozzato, a metà fra il
frustrato e il sorpreso: si rialzò subito, ma Silvia stava già correndo via,
veloce come il vento. Eva, incredula, incontrò lo sguardo canzonatorio di Vlad
mentre girava su se stessa pronta al tallonamento.
“Certo che ce la faccio” le
gorgogliò dietro il Demone in una imitazione sorprendentemente calzante “Sono
troppo figa e cazzuta, figurati se quella mezza cozza mi può resistere!”
“Coglione!” ringhiò Eva, partendo
più furiosa che mai all’inseguimento di Silvia “Datemi una mano, presto!”
Silvia correva veloce e scartava
i passanti con la grazia di un cerbiatto, ma Eva non la mollò: ce la mise
proprio tutta, alimentata dalla bruciante umiliazione di essere stata gabbata
davanti ai suoi compagni, e quasi la raggiunse.
“Fermati, maledizione!” le urlò
dietro prima di agguantarla, ma Silvia virò improvvisamente ed Eva per poco non
andò a sbattere contro un palo.
“Stupida troia!” ululò furibonda.
Silvia si girò appena di profilo e
le sparò contro tre rapidi colpi con una pistola spuntata all’improvviso nella
sua mano destra.
“Ma allora vuoi morire!” berciò
Eva schivando i colpi e ruggendo di sorpresa e frustrazione: quella tizia si
stava dimostrando un osso incredibilmente duro, oltre al fatto che tra
l’inseguimento, le grida e gli spari stavano decisamente mettendosi in mostra…
cosa non affatto buona, quando si hanno alle calcagna due orde infernali pronte
a ridurti in poltiglia.
“Fermati!” strillò ancora Eva:
impugnò la pistola in corsa, prese la mira e sparò con precisione schivando un
cassonetto che Silvia aveva strattonato, tentando di frapporlo fra lei e Eva.
Il colpo giunse a destinazione: Silvia urlò di dolore, colpita di striscio a
una gamba e rallentò sensibilmente la sua corsa.
“Così impari!” sibilò vittoriosa
Eva arrivandole addosso: la spinse con decisione e Silvia crollò a terra,
sbucciandosi un ginocchio.
“Ahia!” grugnì Silvia, ma già
stava cercando di rialzarsi in piedi: Eva le sferrò un calcio a casaccio,
beccandola sul fianco.
“Via la pistola!” le intimò
tenendola sotto tiro e Silvia sollevò su di lei due furibondi occhi
lampeggianti.
“Regola uno: non mollare mai la
propria pistola!” strillò di rimando puntandole decisamente addosso la sua
arma.
Eva si bloccò sul posto, il viso
improvvisamente atteggiato a una comica espressione di sorpresa.
Regola uno… conosceva bene la
regola uno: il suo maestro di Recupero gliela aveva inculcata sottopelle, a
forza di calci e sangue.
“Alfredo…?” sfiatò, quasi
incerta.
L’effetto che quel nome ebbe su
Silvia fu altrettanto paralizzante: le due donne rimasero a fissarsi con gli
occhi spalancati, le armi puntate con precisione, i respiri ansimanti. Per un
lungo momento nessuno disse niente: Silvia valutò la possibilità di tentare una
nuova fuga, ma la tizia con l’impermeabile sembrava un po’ troppo tosta per una
Sanguemisto non ancora Recuperante ferita alla gamba…
“Cosa ne sai tu di Alfredo?”
sibilò alla fine senza abbassare la guardia.
“Cosa ne sai tu, puttana.”
rispose Eva sottovoce, ma a un tratto le parve tutto chiaro come il sole.
Un lampo, una reminescenza, le
fecero vorticare il nome di Silvia Nirani nei meandri della memoria. Anche a
Gino non era risultato un nome nuovo: e questo perché perché perché…
Era un nome che aveva già sentito.
Da Alfredo. Nella sua casa-scuola.
“Sei un Sanguemisto.” sentenziò
Eva con decisione.
Silvia non dovette nemmeno
annuire: un lampo di comprensione passò nelle pupille scure della donna.
“E tu devi essere Eva.” rispose
nello stesso tono.
Eva prese una decisione repentina
e abbassò l’arma, lentamente. Dopo un attimo di esitazione, Silvia la imitò:
nel frattempo una grossa Jeep si fermò stridendo sul marciapiede, che si era
vuotato magicamente alla vista di due donne che si sparavano allegramente nel
bel mezzo della strada.
“Salite” ordinò Gino aprendo la
portiera “Per oggi avete già giocato abbastanza ai cow boys.”
Silvia guardò Gino, poi Eva: si
alzò con leggera fatica.
“Ok, salgo” decise con fierezza
“Ma sia chiaro, la pistola rimane incollata alla mia mano, qualsiasi cosa
succeda.”
Eva annuì brevemente e seguì la
donna che saliva in auto con l’espressione corrucciata di chi non è affatto
sicuro di star facendo la cosa giusta. Ma le cose erano molto più chiare, per
lei: Cornelia le aveva fatto credere che Silvia avesse ammazzato Alfredo e due
Mezzi Angeli… ma aveva mentito.
Silvia non era l’assassino di
Alfredo: Silvia era stata la sua ultima allieva.
* * *
Silvia sedeva incuneata tra
l’armadio umano, che ruminava ancora croissant come se niente fosse, e la Sanguemisto con l’impermeabile: nel sedile davanti, al posto del guidatore, sfavillò un
attimo un bianco sorriso d’Angelo seguito dalla voce più soave che avesse mai
ascoltato.
“Benvenuta, Silvia: io sono
l’Arcangelo Raffaele. La pace sia con te.”
Silvia stava per rispondere,
rapita e sollevata, quando il tizio dai capelli rossi seduto al fianco
dell’Arcangelo si girò a guardarla, e tutto il sollievo di Silvia sparì come
neve al sole.
“Ciao, dolcezza” sogghignò il
tizio con una voce che la riempì di brividi incontrollati, schiacciandola
contro il sedile con un incredibile sguardo d’agata rovente e sensuale “Io
invece sono quello che vuoi… appena riusciamo a rimanere soli un attimino.”
“Vlad” lo sgridò con impazienza
Eva “Silvia ignoralo, per favore. E stai alla larga da lui: è pericoloso e
stronzo come mai potresti immaginarti. Al tuo fianco c’è Gino e questa qui
dietro è Lorella, invece.”
Accovacciata nel baule, la faccia
niente affatto allegra, Lorella alzò due umidi e umanissimi occhi su Silvia.
“Questa macchina è troppo piccola
per tutti” commentò sottovoce “So che sto dicendo quasi un’eresia, ma preferivo
il camper.”
“Anche io” si accodò subito Vlad
con quella sua voce di velluto che metteva il fuoco addosso “C’era quel bel
lettone comodo comodo…”
“Quello è un Demone.” sentenziò
Silvia con voce piatta indicando Vlad col mento.
“Accidenti, che acume” sbadigliò
Vlad agitando vezzosamente le dita verso di lei “Piacere, dolcezza, io sono
Vlad, Demone Capitale della Lussuria. Vuoi scopare?”
Silvia lo ignorò e si girò verso
Eva che provò una esultante e segreta ammirazione per la freddezza con cui
riusciva a trattare il Demone.
“Fammi capire” sferzò dura la
voce di Silvia “Un Arcangelo, un Demone Capitale, due Umani e una Sanguemisto.
Cos’è, una specie di comitato di accoglienza per alieni?”
“Chi siamo e cosa facciamo non ti
riguarda” rispose Eva con lo stesso identico tono di voce “Le domande le
facciamo noi. Per prima cosa, visto che mi preme abbastanza saperlo: hai ucciso
tu Alfredo?”
Gino, finalmente, degnò Silvia di
una breve occhiata curiosa mentre lei rispondeva, con estrema freddezza e
dignità: “No.”
“Lo supponevo. Hai ucciso due
Mezzi Angeli?”
“No. Senti, ti risparmio l’elenco
di quelli che potrei o non potrei avere ucciso, così facciamo prima: non avevo
mai ucciso nessuno, fino all’altro giorno quando tu hai tentato di uccidere me,
per inciso. Non ero ancora una Recuperante. Ero… ero in prova.”
“Conosci una certa Cornelia?”
Silvia fece spallucce,
impassibile.
“Per fama. Cornelia e Giacinta
sono i coordinatori dei Nodi sul nostro Piano qui a Modena.”
“E io e Rosaspina siamo i
coordinatori dei Nodi dall’altra parte” informò Vlad con noncuranza “Siamo
pezzi grossi, come vedi. Eppure, siamo qui stipati dentro una Jeep che gira
senza meta con alla guida una specie di Nonna Papera con la cataratta.
Piccione, non puoi andare più veloce? Esistono altre tre marce dopo la seconda,
sfruttale.”
“Devo rispettare i limiti.” si
difese Raf per niente scosso.
“Esatto. Ma se fosse qui una
tartaruga delle Galapagos ci supererebbe mettendo fuori la freccia.”
“Piantatela” si stizzì Eva “Vi
state comportando come dei maledetti neonati. Allora, Silvia, non hai mai avuto
contatti diretti con Cornelia?”
“No, mai.” rispose Silvia decisa:
suo malgrado, stava cominciando a rilassarsi in mezzo a quella bizzarra
accozzaglia di creature Ultraterrene e non.
Eva e Gino si scambiarono uno
sguardo a metà tra il deluso e il perplesso.
“Una Recuperante in prova che non
ha ancora Recuperato nessuno” mormorò Eva scoraggiata “Perché diavolo Cornelia
ti voleva morta?”
Silvia, suo malgrado, fece un
sobbalzo.
“Morta? Cornelia vuole morta…
me?”
“Tu eri il mio ultimo incarico”
spiegò Eva accademica “Ma da te in poi è andato tutto a rotoli.”
“Io ho una teoria” buttò lì Gino
compiaciuto “Chi ti vuole far fuori è Cornelia. Ti ha attirato nel suo covo con
la scusa di uccidere questa qui e ti ha scatenato contro l’orda infernale.
Semplice, no?”
“Non proprio” ribatté Eva
stizzita “Primo, che motivo avrebbe Cornelia di uccidermi? Lavoro per lei, e
lavoro anche bene. Secondo, come avrebbe fatto a scatenarmi contro un’orda
infernale, se il suo capo diretto che abbiamo l’onore di ospitare sul sedile
davanti a noi, non ne sa niente?”
“Esatto” approvò Vlad con un
sorriso leonardesco “Cornelia non dovrebbe alzare nemmeno il mignolo mentre
beve il tè senza la mia l’approvazione. Anche se la mano sul fuoco, come si
suol dire…”
“Terzo: chi e perché ha scatenato
la seconda orda infernale?”
“Fammi capire” la interruppe
Silvia allarmata “Tu hai due orde infernali alle calcagna?”
“Già” mormorò Lorella dal suo
angolino nel baule “E credimi, non è affatto divertente. Certo, con Raf e Vlad
siamo abbastanza al sicuro… ma Gino ci ha quasi lasciato le penne, l’ultima
volta che ne abbiamo incontrata una. E poi i Demoni puzzano come la morte.”
“Hai due orde infernali alle
calcagna… e non hai la più pallida idea di chi te le abbia scatenate contro?”
“Dovresti avere già capito che
Eva non è molto, come dire, socievole” gorgogliò Vlad di ottimo umore “L’elenco
di chi la vorrebbe morta è lungo come la Bibbia. E stiamo parlando di un mattone discreto, se non ricordo male gli studi di teologia.”
“E io che c’entro?” domandò
Silvia perplessa.
“Niente” rispose Eva scoraggiata
“E’ proprio questo il guaio. Tu non c’entri niente. Anche se continuo a non
capire perché Cornelia mi abbia dato il tuo nome: se avessi portato fino in
fondo il tuo incarico, che guadagno avrebbe avuto Cornelia con la tua morte?
Che se ne fa una come lei di un Recuperante che non ha mai avuto contatti con
un Demone?”
“Beh, ehm, questo non è del tutto
vero” tossicchiò Silvia imbarazzata “Un contatto l’ho avuto.”
Lorella, Gino, Eva e Vlad si
girarono tutti a guardarla, chi speranzoso, chi guardingo e chi semplicemente
curioso.
“Racconta.” la incalzò Eva, ma
Silvia la fissò con aria palesemente ostile.
“E perché dovrei raccontarlo a
te?” rispose infine con freddezza “Hai cercato di farmi fuori, e dalle mie
parti questo non è un buon presupposto per uno scambio di confidenze.”
Eva le ricambiò lo sguardo con
altrettanta freddezza.
“Allora forse ti conviene
scendere da questa macchina e aspettare che qualche altro zelante Recuperante
ti venga a far fuori… perché diciamocelo, come apprendista sei in gamba e mi
sei sfuggita di mano per ben due volte, ma se avessi deciso di fare sul serio
saresti già davanti al Comitato di Sorveglianza per sapere a che Girone saresti
stata assegnata.”
Vlad emise un basso fischio di
approvazione mentre Eva e Silvia si sfidavano con lo sguardo: avevano deciso di
non piacersi e quando intuirono che la cosa era reciproca, riuscirono persino a
rilassarsi.
“E va bene” cedette Silvia con
dignità “Vi dirò quello che so, che a dire il vero non è poi molto. Aveva
combinato tutto Alfredo e fino all’ultimo è stato fin troppo reticente su tutta
la faccenda. Comunque, mentre ero in addestramento mi ha confessato che aveva
per le mani un affare. Un grosso affare. Qualcuno gli aveva richiesto un
Sanguemisto ben addestrato. Per fare cosa non lo so… di sicuro non per un
Recupero, però. Alfredo aveva lasciato perdere le tecniche di Recupero con le
armi convenzionali e aveva passato gli ultimi tempi ad addestrarmi duramente
sul Potenziamento.”
“Cioè?” chiese Lorella incerta.
“Rafforzamento della personalità”
spiegò Eva telegrafica “Anche un Sanguemisto può avere dei poteri angelici o
demoniaci. Ad esempio, può avere un tocco taumaturgico, come Raf… o riuscire a
concupire con la voce, come Vlad. Dunque, questo Potenziamento…?”
“Ce la mettevo proprio tutta, ma
per Alfredo non era mai abbastanza. Alla fine, quando mi ha detto che avevamo
un appuntamento, non mi sembrava affatto sicuro di me. Ma nemmeno di se
stesso.”
Silvia sembrò assorta in cupi
pensieri.
“Era spaventato” ammise infine
riottosa “E Alfredo non si spaventava mai, per niente al mondo.”
“Lo so.” rispose Eva a bassa
voce.
“Eppure, mentre andavamo a
quell’appuntamento aveva paura, gliene sentivo l’odore addosso.”
“Chi dovevate incontrare?” chiese
Eva a bruciapelo.
“Non lo so” rispose Silvia con
sincerità “So solo che era un Demone. Un Demone con le contro palle, vorrei
specificare: avevamo appuntamento in una bettola in periferia e fino a un
soffio dalla porta non se ne sentiva minimamente la presenza. Pensavo che
magari non fosse ancora arrivato, o lo avrei captato. Ma non avevo nemmeno
messo piede dentro alla stanza che il Demone mi aveva lanciato addosso il suo
Potere… la sua aura… insomma, comunque lo vogliate chiamare, qualcosa mi ha
attaccato con la potenza di un treno merci. Quel Demone… non l’ho nemmeno visto
in faccia. Ho solo sentito una gran botta al petto e un attimo dopo ero stesa a
tappeto, incapace di respirare, la nausea che mi rivoltava lo stomaco come un
guanto e tanto di quel dolore addosso, tanta di quella cattiveria e angoscia
che avrei solo voluto morire.”
Eva lanciò un breve sguardo
circospetto verso Vlad, che le sorrise candidamente facendo scintillare il suo
diamante.
“Paura che fossi io, scimmietta?”
chiese divertito.
“Hai sentito qualcosa in
particolare?” domandò Eva a Silvia, ignorando bellamente il Demone.
“In che senso, scusa?”
“Qualche sensazione particolare…
qualcosa che possa farci capire che tipo di Demone era.”
Silvia sembrò vagamente
perplessa.
“Continuo a non capirti.”
“Sentivi rabbia particolare? O un
senso di assoluta inutilità? Manie di onnipotenza, invidia?”
“Voglia irrefrenabile di fare
sesso?” aggiunse Vlad amabilmente.
Eva sentì che scaldarsi la punta
delle orecchie, ma non si girò a guardare il Demone sogghignante.
“L’intento è quello di capire se
avevi a che fare con un Demone Capitale” spiegò poi a Silvia che sembrava ancora
confusa “Questi Demoni hanno la peculiarità di suscitare in particolar modo il
peccato che rappresentano. A parte il nostro carissimo Vlad, che riesce a
essere semplicemente e completamente stronzo e basta.”
“Perché tu mi hai chiesto di non
infierire, scimmietta” spiegò Vlad con una voce che era puro miele colato “Ma
se vuoi posso organizzare qualcosa di simpatico, qui dentro…”
Bastò un attimo e lo stretto
abitacolo si riempì di colpo di elettricità: con rabbia crescente e impotenza,
Eva sentì il cuore cominciare a battere sempre più veloce mentre una lenta
eccitazione diffusa le scaldava le viscere; Lorella già ansimava, occhi lucidi
e guance in fiamme, e anche la freddezza di Silvia sembrò incrinarsi in una
sorta di confusa vergogna.
“Che succede…?” balbettò infatti
in un ansito tremulo.
“Vlad, piantala” berciò Eva con
durezza “Ti sembra il momento?”
“Certo che sì” rispose il Demone
sorridendo “Siamo in sei e come sai il sei è un numero che va alla grande dalle
mie parti…”
“Vlad, basta.” ordinò Eva che cominciava
a sentire un calore mostruoso svilupparsi nello stomaco.
“Ne riparliamo dopo?” propose lui
strizzandole l’occhio: Eva girò lo sguardo determinato verso Silvia.
“Allora? Ricordi di aver sentito
qualcosa in particolare?”
Silvia aspettò qualche secondo
che l’imbarazzante e improvvisa eccitazione scemasse appena al di sotto del
livello di guardia.
“Dunque, vediamo… sentivo schifo”
rispose infine titubante “Freddo. Paura. Rabbia. Angoscia. Terrore. Male, male
dappertutto.”
“Un po’ di tutto, ma niente in
particolare.” commentò Gino deluso.
“Era terribile” ricordò Silvia
con un brivido “Io stavo per morire di orrore e quel Demone borbottava contro
Alfredo come se nemmeno si sforzasse di farmi tanto male.”
“Che diceva?”
“Diceva che non andavo bene”
rispose Silvia con voce piatta “Che Alfredo era stato un coglione a pensare che
io fossi quello che cercava. Ha ruggito che non avevo abbastanza potere nemmeno
per allacciargli le scarpe: aveva una voce stranissima, sembravano tante voci
messe insieme…”
“E Alfredo?”
“Alfredo ha ribattuto che io ero
il meglio che offriva il mercato.”
Fece una pausa e alzò gli occhi
verso Eva.
“A parte te.” aggiunse poi quasi
a malincuore.
“Me?” chiese Eva genuinamente
sorpresa.
“Te. Eva sei tu, no? E’ così che
ha detto Alfredo: Silvia è quanto di meglio offre il mercato, a parte Eva. Al
tempo non sapevo ancora che avresti tentato di farmi fuori: se avessi saputo
chi eri da subito, magari le cose sarebbero andate diversamente.”
“Poi che è successo?”
“Il Demone ha urlato qualcos’altro,
ma nel frattempo ero svenuta.”
“E dopo?”
“Non lo so: mi sono svegliata che
era notte e buio. Ero sola nella bettola vuota. Sono tornata a casa a piedi e
dopo qualche giorno ho saputo che Alfredo era morto.”
“Non l’hai più rivisto?”
“No. Non sapevo bene che fare, a
quel punto: il mio istinto mi diceva di andare, ma nello stesso tempo...”
balbettò e deglutì e per un attimo Eva la trovò quasi simpatica.
Eva non poté fare a meno di
cercare lo sguardo di Raf che aveva ascoltato tutto in silenzio e che si stava
girando verso di loro in quel momento, dopo aver doverosamente parcheggiato la Jeep.
“Che ne pensi, Raf?”
“Sembra che qui abbiamo un mistero”
commentò lui con la sua bella voce musicale e Silvia gli sorrise quasi senza
volere “Qualcuno sta cercando un Sanguemisto, giù all’Inferno. Vlad, ne sai
niente tu?”
“Io!” si scandalizzò il Demone,
irriverente “Certo che no! Te ne avrei sicuramente parlato prima, Pollicina
mia.”
“E adesso? Pensi che potresti
provare a indagare?”
La strafottenza di Vlad si
cementò appena appena.
“Senza offesa, piccione, ma non
ho nessuna intenzione di barattare di nuovo favori sessuali per informazioni
con i miei cari colleghi; l’esperienza di ieri mi è bastata per un po’.”
“Sei un bello spilorcio” commentò
Gino quasi piacevolmente “Non ti va di offrire in sacrificio il tuo corpo per
la tua adorata pupilla?”
“La mia adorata pupilla sa bene
che non faccio niente per niente” rispose Vlad con prontezza “Sono disposto a
tutto e anche di più se…”
Lasciò la frase in sospeso, ma lo
sguardo che calò su Eva era così pesante e carico di significato che la ragazza
fu a un pelo dall’arrossire. Tutti sentirono la densità di quello che non era
stato detto: persino Silvia abbassò pudicamente gli occhi, di fronte a quel
silenzio che urlato non sarebbe stato più esplicito.
“Non ci sono se che tengano,
Vlad” rispose Eva dopo un po’ e la sua stessa voce le sembrò pericolosamente
flebile “Sai bene quali sono i nostri limiti.”
Non le piacque la sua stessa
risposta: non sembrava affatto un no definitivo come doveva essere.
Stranamente, Vlad se lo fece bastare: accavallò le lunghe gambe, puntando i
piedi contro il cruscotto e le rivolse un irresistibile sorriso.
“Come vuoi, scimmietta” chiocciò
con leggerezza “Posso aspettare. E’ quasi divertente, ti dirò.”
“Che ne dite di andare a meditare
sul da farsi in un luogo più comodo?” sentenziò Gino in quel momento con
decisione “Qui dentro siamo pressati come tonno in scatola e mi si spaccano le
chiappe su questo sedile.”
“Ma come, rottweiler, avrei
giurato che ti piacesse.” tubò Vlad con un sogghigno.
“Di solito sì, ma a forza di
parlare di Demoni mi è passata la voglia. Allora, dove andiamo? Albergo?”
“A casa?” propose Lorella
speranzosa.
“Né l’uno né l’altro” dichiarò
Eva con freddezza “A casa ci troverebbero dopo due secondi e in albergo, non
potendo dividerci, dovremmo stare tutti uniti e ho paura che alla reception non
capirebbero le nostre necessità. Inoltre, con due orde alle calcagna, non
possiamo abbassare a guardia mai e dobbiamo stare sempre in movimento.”
“Ma io voglio andare a casa.”
mormorò Lorella con una vocetta così accorata che spezzava il cuore.
Eva le lanciò un lungo sguardo
insondabile.
“Mi spiace, per il momento non se
ne parla” rispose alla fine seccamente: capiva fin troppo bene lo smarrimento
di Lorella, ma a che pro piagnucolarci sopra? “Mi sa che la soluzione migliore
sia affittare un bunker antiatomico. Gino, come siamo messi a finanze?”
“Vorrei dirti malissimo e cavare
con le tenaglie il molare col diamante dalla bocca di Vlad per venderlo al
mercato nero, ma la verità è che sei schifosamente ricca, secondo gli standard
Umani; Cornelia paga bene per i suoi lavoretti.”
“Ehm, scusate ma ehm, io cosa
faccio adesso?” chiese Silvia: non guardava verso Eva ma teneva la testa alta
con una dignità naturale che suo malgrado Eva invidiò.
“Quello che ti pare, gioia”
rispose Gino intuendo il suo pensiero “Se riesci a sopportare il tiro incrociato
di scazzo sanguemisto e stronzaggine demoniaca allora resta con noi. Ma ti
avverto, dopo due ore in compagnia del famoso duo Eva/Vlad è statisticamente
provato che il gene dell’omicidio diventa dominante.”
“Se sei abbastanza sicura da
bastare a te stessa, invece, fila via più lontano possibile” aggiunse Eva con
improvvisa piattezza “Qui abbiamo due orde infernali che ci danno la caccia:
non vorrei averti sulla coscienza se ci lasciassi le penne per sbaglio.”
Silvia rimase zitta, fissando a
lungo Raf dallo specchietto retrovisore che le sorrideva incoraggiante
emettendo tiepida luce divina. Eva era ragionevolmente sicura della risposta
che Silvia avrebbe dato: rimase quindi di sasso quando la donna si voltò verso
di lei e le rivolse un freddo cenno di saluto.
“Allora addio” disse poi questa
con voce piatta “Puoi scaricarmi qui.”
Eva pressò perplessa le labbra.
“Non rimani?” chiese riottosa.
“No. Ci siamo dette quello che
dovevamo dirci e, come ha giustamente detto la ragazzina, siamo in troppi qui dentro.”
“Molta brigata, vita beata.”
chiocciò Gino convincente.
“Non ti piaccio, vero?” mormorò
Eva a voce molto bassa.
“Non mi piace il tuo Demone”
confidò Silvia con improvvisa sincerità “Mi sento debole nei suoi confronti e
non mi fido di lui. Non dovresti farlo nemmeno tu.”
L’ultima frase la aggiunse in un
soffio, solo per lei.
“Lo sapevo che alla fine avreste
dato la colpa a me” si imbronciò Vlad “E’ una congiura!”
“Resta” sospirò Eva controvoglia
“Potresti tornarci utile.”
“No, ma grazie per l’offerta. Se
dovessi scoprire per caso qualcosa che può interessarti, ti troverò io.”
Gino aprì la portiera e scese,
lasciando libero il passaggio per Silvia.
“Allora hai deciso.” tagliò corto
Eva.
“Sì. Però è stato… istruttivo
conoscerti. Alfredo aveva un’altissima opinione di te.”
“Oh. Beh, ciao.”
Silvia sgusciò fuori con agilità
seguita dai saluti sommessi di Raf e Lorella, poi Gino salì di nuovo, chiudendo
la portiera: Silvia fece due passi indietro, sempre fissando Eva negli occhi.
“Fai attenzione.” le disse Eva
sottovoce, anche se dietro il finestrino chiuso Silvia non poteva sentirla.
“Anche tu.” rispose Silvia nello
stesso modo ed Eva ne intuì il labiale mentre Raf si rimetteva in strada e si
allontanava senza fretta. Eva si girò a guardare la figura di Silvia che
rimpiccioliva mentre si infilava le mani in tasca e spariva lungo una viuzza
secondaria.
“Che peccato” sospirò Raf “Non mi
sembra abbastanza forte da farcela da sola. Spero proprio che Iddio la
protegga.”
“A me era quasi simpatica”
sentenziò Gino di buonumore “Senza offesa, ma era chiaro che non le andava giù
l’aria da night del nostro amico rosso. Comunque per noi è meglio così, se
qualcuno le dava la caccia avremmo avuto alle calcagna nuova compagnia e mi sa
che siamo già in troppi anche così.”
“Anche a me dispiace” mormorò
Lorella con tristezza “Ho paura per lei.”
Eva non disse niente. Guardando
Silvia aveva sentito come una sensazione di distacco che non poteva spiegare:
semplicemente, sapeva che Silvia doveva seguire la sua strada. Un’altra vita,
un’altra storia.
“Ma stai attenta davvero,
Sanguemisto” pensò con calore “Stanno arrivando tempi duri… per
entrambe, mi sa.”
“Allora, questi bunker
antiatomici?” interruppe con impazienza la voce di Vlad “Ne esistono di quelli
con dentro la Jacuzzi?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Devo essere essenziale e per una afflitta da diarrea verbale
come me è come andare contro natura.
Ma mi tocca:
Krisma, bocciolo mio, una parola solo per te, che sei dolce
e carinissima come la primavera (che non si decide ad arrivare!!) : grazie!!!!
Chamelion, mia adorata, mia riflessologia, mio occhio
interiore: queste definizioni per te non avranno senso, ma continua a essere
come sei, ti prego. Oltre che adorata mi sei utilissima x l’analisi postuma del
mio operato!!
Killer, dannazione, come faccio a condensare in una parola
tutta la debordante gratitudine per la tua magnifica recensione? Non ce la fo,
quindi grazie grazie grazie…
Lauraroberta87, che dirti, mio unico Uomo… ormai non mi
rimani che tu, sbrigati con quell’operazione che cominciamo col sesso x davvero…
o mandami una pagnottona così potente da stordirmi x un mese, grazie!
ReaderNotViewer, eh, ormai che ci rimane da fare? Avere una
tua parola è sempre il conforto/piacere più grande, quindi non smettere, dai…
Lon, mio piccolo loto londinese, grazie x il regalino che mi
inviasti via mail, lo usuro golosamente in queste giornate buie!!
White Shadow, dolcezza!! Ti prego ti prego, continua con
queste parole balsamiche, non hai idea dell’effetto ricostituente che hanno si
di me (e su Vlad, di conseguenza… he he he).
Moonwhisper, amore mio… basta, sposiamoci e mettiamo fine a
questo doloroso distacco. Ho capito che sei tu la donna della mia vita, anche
se poi ci serve almeno un maschio x le questioni fisiche…. Se hai qualche
candidato sottoponimelo, vedremo di accordarci.
Flori, un bacione anche a te…
E a tutti tutti tutti, grazie infinite, continuate così, non
abbandonatemi!!!!