Spring - di fornai offesi e terribili biscotti

di _Gia
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 Spring - di fornai offesi e terribili biscotti

« Questi biscotti sono terribili »
Un mio biondo sopracciglio si inarca, nel momento in cui la sua voce calda riempie l'aria, con quella frase che quasi mi fa andare di traverso il pezzo di pane - con sopra della marmellata accuratamente spalmata - che sto sgranocchiando. 
Il cinguettare degli uccelli riempie il silenzio che, accompagnato dai raggi di un sole radioso appena spuntato, dona all'aria il senso di pace che da un po' si era perso, il senso di primavera.
I raggi solari filtrano all'interno attraverso le finestre aperte, illuminando le nostre figure ancora intorpidite dal sonno e la tavola imbandita, ricca di delizie che qualche anno prima non ci saremmo mai azzardati a sognare, al tempo di una ricchezza troppo distante ed irraggiungibile. 
Sgranocchia il suo biscotto macchiato dalle gocce di cioccolato scuro e velato di una sottile patina di zucchero, le cui briciole lambivano gli angoli della sua bocca, in un disordinato modo di mangiare che riporta alla primitiva fame che ha accompagnato la nostra infanzia. 
Nessuno aveva mai detto una cosa simile, né dei miei friabili biscotti né tantomeno del mio pane, e sentirlo dire per la prima volta mi lascia di stucco, quasi come se avesse punto sul vivo la mia dignità di panettiere - e forse era proprio così; tutti i miei sforzi, i miei impegni, crollano al suono di quella frase. Uno sguardo torvo si abbatte su di lei che, ancora intenta nello sbocconcellare quel dolce biscotto, sembra rendersi conto di quanto quella frase mi abbia colpito in modo negativo.
« Da quando sei così schizzinosa sul cibo, Everdeen? »
Rispondo, con una dura nota di sicurezza, tentando di nascondere l'evidente imbarazzo che le sue insinuazioni hanno suscitato nel mio tenero e anch'esso friabile cuore da fornaio fiero e convinto.
Una fragorosa risata mi giunge all'orecchio, ulteriore sfumatura del suo attuale prendersi gioco di me.
« Stavo scherzando, sei il panettiere migliore del Distretto »
La sento rispondere, in quello che - mi pare - sia uno stentante accento Capitolino, una vaga riproduzione dello stridulo tono crescente di parola in parola. 
Rimango a guardarla per un istante; le grigie iridi fisse nelle mie - azzurre come il cielo che ci sovrasta -, le lievi lentiggini appena accennate sulle sue goti messe in risalto da quella flebile luce diurna che si abbatte sul suo volto. 
Indeciso se prendere o meno sul serio quella frase, mi perdo tra i dettagli del suo volto, soffermandomi sui delicati e sottili petali di rosa che costituiscono le sue labbra dolci, adesso curvate in un sorrisetto divertito. 
« Non è un grande traguardo, visto che sono anche l'unico in circolazione. »
La sento ridere, vedo il suo sorrisetto trasformarsi in una risata, per poi sentirla più vicina e chiudere gli occhi in quello che è un gesto istintivo. 
Un bacio si posa sulle mie labbra, facendomi saggiare l'odore del caffè e del primo mattino, lasciando che una scossa interiore mi scuota le membra, almeno finché il contatto non si interrompe e, in un tono che più le appartiene, in una risatina persistente che riempie l'aria, la sento aggiungere: « appunto, altrimenti col cavolo che lo saresti. 
Questi biscotti sono davvero terribili. »




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