Premessa. Questa
storia fa parte della serie “Io non ho paura”, una raccolta di storie
incentrata sulla coppia Gale/Johanna. La one-shot è ambientata a qualche anno
di distanza dalla rivolta: Gale si è trasferito nel Distretto 2, dove sta
frequentando l’Accademia di Aeronautica Militare per diventare pilota.
Prompt
Utilizzato: Gale/Johanna – “ritrovarsi” lasciatomi da Little Redbird per la challenge del We are Out of Prompts del 3
aprile) | Gale/Jhanna – “Niente è meglio che immergersi nei problemi altrui per
dimenticarsi i propri.” (Carlos Ruiz Zafòn) sempre lasciatomi per la challenge del We are Out of
Prompts (purtroppo non ricordo più il nick la promptatrice!)
Ho to (re)start a Fire
Gale studiò il
contenuto del suo bicchiere, l’ennesimo, con aria distratta,
senza nemmeno sforzarsi di sembrare interessato alle farneticazioni di Quinn.
Le chiacchiere del compagno di Accademia stavano incominciando a frastornarlo –
o forse a stordirlo era il boccale sempre pieno, che l’amico non perdeva mai
occasione di riempire.
Non che gli
dispiacesse sentirsi così; le sere in cui lui e Quinn si facevano beffe delle
imposizioni rigide dell’Accademia per sgattaiolare al pub più vicino erano le
uniche in grado di strappargli qualche sorriso e in questo l’alcool giocava
sicuramente un ruolo decisivo.
Non poté fare a meno di
preoccuparsi, tuttavia, quando i suoi occhi incominciarono a canzonarlo, mostrandogli
l’arrivo nel locale di qualcuno che non poteva trovarsi lì.
Gale sbatté le palpebre e mise
meglio a fuoco la donna che si stava avvicinando al bancone con aria
accigliata e le braccia conserte, lo sguardo vagante per la stanza, come se
stesse cercando qualcuno.
“E questa bellezza da dove salta
fuori?”
L’esclamazione ad alta voce di
Quinn attirò l’attenzione della nuova arrivata, che gli rifilò un’occhiata
piena d’astio prima di piantare lo sguardo in quello di Gale.
Il soldato
ricambiò: l’osservò mentre li raggiungeva, il passo deciso e i modi
irriguardosi con cui si faceva spazio fra le persone che intralciavano il suo
percorso. Portava ancora i capelli corti, ma a parte questo era rimasto ben
poco in lei della ragazza debole e smagrita a cui aveva fatto più volte visita
nel Distretto 13, dopo averla tirata fuori da una cella di tortura a Capitol
City.
Johanna Mason
sembrava essere tornata la donna sfrontata e caparbia di una volta, la stessa
che aveva catturato la sua attenzione qualche volta, mentre seguiva i 75esimi
in televisione.
Johanna s’impossessò di uno
sgabello solitario e lo sistemò di fianco a Gale.
“Dallo stesso posto in cui
salterà fuori un mio pugno se non ti levi di torno all’istante” ribatté poi
rivolta a Quinn, senza degnarlo di uno sguardo.
Un sorrisetto divertito arricciò
le labbra del soldato.
“Oh, sì, è decisamente roba che
fa per te” osservò, dando uno schiaffo sulla gamba a Gale.
“Non so quanto bene tu conosca
Fuoco, ma a quanto pare ha un debole per le stronze” aggiunse, rivolto a
Johanna.
Gale sbuffò.
“Vai a farti un giro, Quinn.”
Con un ghigno, l’amico si strinse
nelle spalle e scese dallo sgabello.
“Agli ordini, soldato Hawthorne”
replicò, sgranchendosi sonoramente le nocche, prima di dirigersi nella stanza
sul retro del locale.
Gale posò il bicchiere e tornò a
scrutare Johanna con circospezione.
Rimasero in silenzio per qualche
istante, ognuno alla ricerca di qualche indizio nell’aspetto dell’altro.
“Perché sei qui?” chiese infine
Gale, pulendosi le labbra con il dorso della mano.
Johanna lo fissò ancora a lungo,
prima di scuotere la testa.
“Lampadina aveva ragione: sei più
morto che vivo” sbottò, rubandogli il bicchiere e vuotandone il contenuto in un
colpo solo.
Quella risposta infastidì il
ragazzo.
“Che cosa c’entra Beetee?”
Johanna si strinse nelle spalle e
fece roteare il bicchiere con le dita.
“Ogni tanto mi
telefona per fare quattro chiacchiere: sai, qualche scambio di pettegolezzi
fra due ex-vincitori nostalgici… L’altro giorno mi ha detto che è venuto a
trovarti in Accademia: non sapevo che foste così intimi…”
“Non lo siamo”
ribatté secco il ragazzo. “Abbiamo lavorato assieme nel Distretto 13: tutto
qui.”
Johanna gli scoccò un’occhiata
attenta, consapevole di aver centrato uno dei suoi nervi scoperti.
“Ad ogni modo, Lampadina mi ha
detto che non te la stavi passando molto bene… Così ho deciso di venire a dare
un’occhiata: l’idea di un viaggetto non mi dispiaceva. Al Distretto 7 si sta
bene, ma non si gode di molta compagnia. E poi, sai, speravo proprio di
trovarti in uniforme… ” aggiunse, facendo scorrere l’indice lungo i primi
bottoni della camicia di Gale. “… Il fascino della divisa è un cliché che non
invecchia mai.”
Gale le allontanò la mano e scosse
la testa, lo sguardo macchiato di scetticismo.
“Hai fatto un viaggio a vuoto”
concluse, facendo cenno al barista perché gli portasse da bere. “Io sto bene e,
anche se così non fosse, non sarebbero comunque affari tuoi.”
Johanna roteò gli occhi.
“Sono
diventati affari miei nel momento in cui sei spuntato fuori all’improvviso
nella mia cella a Capitol City … Anche se non ti trovavi lì per me” aggiunse,
indurendo la sua espressione. “Che ti succede, Hawthorne? Sembri un fantasma.”
Gli sollevò la
testa con fare rude, obbligandolo a guardarla negli occhi: aveva lo sguardo cerchiato
dalle occhiaie e l’aria spossata e risentita di chi vuole solo essere lasciato
in pace. Non c’era orgoglio, né stoicismo in quelle iridi grigie, un tempo così
accese da scottare chiunque osasse sfidarle.
La combattività del suo volto si
era spenta e i suoi occhi sembravano annebbiati dal fumo.
“Quel ragazzo… Il cretino di poco
fa…” proseguì Johanna, continuando a sostenergli il mento con le dita. “Ti ha
chiamato Fuoco.”
Ancora una volta, il ragazzo la
scansò.
“L’hai appena detto tu” replicò,
passandosi una mano fra i capelli arruffati. “È cretino.”
“E se un tale imbecille è
riuscivo a scovarti dentro qualche rimasuglio di fiamma, significa che non sei
messo poi così male” ribatté Johanna, scrutandolo con intensità. “Bisogna solo
trovare il modo di convincerti a darti una scrollata.”
Gale tornò a squadrarla con fare
innervosito.
“Perché sei qui?” la interrogò
ancora, spingendo da parte il bicchiere. “Non hai già abbastanza problemi di
tuo?”
Un sorrisetto sardonico inarcò le
labbra di Johanna.
“Non te l’hanno mai detto,
bellissimo?” replicò, avvicinando ulteriormente il suo sgabello a quello di
Gale. “Niente è meglio che immergersi nei problemi
altrui per dimenticarsi i propri. E poi non si può riaccendere un fuoco senza
legna” aggiunse, tornando a giocherellare con il colletto della camicia del
ragazzo.
Questa
volta, Gale non si scostò.
“E se io non volessi
riaccenderlo?” osservò poi, la serietà del suo sguardo a coincidere con la vivacità
beffarda di quello della donna.
Johanna si alzò dallo sgabello e
si avvicinò a Gale, sfiorandogli l’orecchio con le labbra.
“Prova a impedirmelo.”