Lo scontro
Alexia Black (5) e Matthew
White (11) – vicino
alla Cornucopia, quarto giorno
Matthew
aveva pensato e ripensato a un modo per uccidere Elaine e finalmente
aveva avuto un’idea. Aveva esposto il suo piano ad Alexia la
quale - dopo aver provato nuovamente a dissuaderlo – aveva
accettato. Per questo ora erano nascosti dietro gli alberi poco lontani
dalla Cornucopia, dove si trovavano i Favoriti. Il piano prevedeva che
gli alleati di Elaine si allontanassero da lei, altrimenti non
sarebbero mai riusciti nella loro impresa e quindi stavano aspettando
lì da ormai un’ora. Non erano così
vicini da intendere tutte le loro parole, ma erano riusciti a capire
che uno di loro, il ragazzo dell’1, li aveva lasciati e aveva
rubato anche alcune loro armi e delle provviste durante la notte e che
loro erano molto arrabbiati per questo.
-
Matthew, forse è meglio se ce ne andiamo. Non lasceranno mai
Elaine da sola, non dopo quello che è successo. Molto
probabilmente non si fidano più l’uno
dell’altro! – sussurrò Alexia, ma
invano, poiché il ragazzo era convinto dalle sue idee e
bruciava dal desiderio di vendicarsi, perciò non le rispose.
La
ragazza continuava a guardarsi in giro preoccupata e disse ancora:
-
Possiamo tornare domani. Se stiamo qui, rischiamo che ci vedano!
–
-
Aspetta, guarda! – rispose lui, indicando Merian e Cornelia
che si allontanavano da Elaine, lasciandola sola.
Matthew
sembrava al settimo cielo, mentre Alexia era quasi delusa. I due
cominciarono ad avvicinarsi piano e silenziosamente alla ragazza, che
dava loro le spalle. Erano ad un paio di metri di distanza, quando lei
si girò, ma non sembrava spaventata, né tanto
meno sorpresa, anzi, sorrideva.
-
Credevate davvero che non ci saremmo accorti di voi? Siete due sciocchi
ingenui! – esclamò prima di scoppiare a ridere.
Matthew
non ci vide più dalla rabbia, emise un suono che sembrava
quasi un ringhio e si scaraventò addosso a lei, brandendo il
suo coltello. Elaine si spostò in fretta e lui cadde a
terra. Alexia li guardava spaventata, mentre pensava a cosa fare per
aiutare l’amico. Merian, che si era nascosto tra gli alberi
insieme a Cornelia, nel frattempo li aveva raggiunti, mentre
l’alleata stava camminando verso di loro, ma non sembrava che
volesse sbrigarsi, forse perché era convinta che gli altri
due li avrebbero uccisi in fretta, senza bisogno di altri
aiuti. Anche Alexia la pensava così: non avevano speranze di
uscire vivi da quello scontro. Merian sorrise sadicamente, roteando la
sua spada tra le mani. Non fece nemmeno a tempo ad urlare che lui
l’aveva già colpita. Cadde a terra con un rantolo,
riuscì a vedere in maniera sfuocata Matthew guardarla con
aria colpevole e dispiaciuta prima che tutto divenne buio ed un colpo
di cannone risuonasse nell’arena.
Il
ragazzo dell’11 sapeva che era colpa sua, era tutta colpa
sua. Alexia era morta e l’unico responsabile era lui. Non gli
importava di uscire vivo da quella lotta, l’unica cosa che
voleva era che Elaine morisse e che la sua alleata non si facesse male.
Uno dei suoi obiettivi, però, non era andato a buon fine e
sperava solo di riuscire a portare a termine l’altro. Aveva
solo un arma e solo un tiro. Incrociò le dita della mano
sinistra, mentre con la destra tirava il suo coltello verso
l’avversaria. Poi iniziò a correre, il
più veloce possibile. Non sentì nessun grido e
nemmeno un colpo di cannone, l’aveva mancata. Qualcosa lo
colpì al fianco sinistro, un coltello, o una lancia, non lo
sapeva, ma faceva male, tanto male.
Si
fermò solo quando fu abbastanza certo di essere al sicuro
nascosto dagli alberi. Aveva perso molto sangue e sapeva che non
sarebbe riuscito a curarsi la ferita, anche perché nessuno
sponsor gli avrebbe mai mandato qualche medicina o delle fasce. Sarebbe
morto dissanguato, una fine brutta e dolorosa, che forse meritava, ma
non voleva che andasse così. Improvvisamente si
ricordò del laghetto in cui Nigel era morto misteriosamente.
Quindi si tirò in piedi e si trascinò fino alla
meta prefissata. Guardò l’acqua, che in quel
momento gli sembrava spaventosa. Poi puntò il suo sguardo in
alto, pensò ad Alexandra e ai genitori di lei, che ormai
considerava come suoi. Sussurrò uno
“scusatemi” e poi si lasciò cadere nel
laghetto. Delle creature, che gli sembravano sirene, lo trascinarono
giù, sempre più giù. L’acqua
gli entrava nei polmoni e lui non riusciva più a respirare.
Pochi secondi dopo un colpo di cannone rimbombò
nell’arena.
Kathleen Vince (3) e Riven
Cole (3) – Primavera, quarto
giorno
Da
quando Jake era morto, per Kathleen era molto difficile andare avanti.
Riven aveva bisogno di essere continuamente controllato, lei era a
conoscenza dei suoi problemi, quindi cercava di proteggerlo, ma ora si
sentiva sempre più stanca. Non dormiva da tempo: non poteva
permettersi che fosse Riven a fare i turni di guardia di notte e quindi
toccava sempre a lei. Di giorno non poteva riposare: se lo lasciava
solo, rischiava che il ragazzo si allontanasse o che mangiasse uno di
quei frutti dall’aria gustosa, ma che Kathleen era convinta
fossero velenosi.
Fortunatamente
era molto tranquillo: parlava poco e quando lo faceva era solo per
discutere sugli Hunger Games, la sua era una fissa quasi inquietante,
sapeva ogni dettaglio su tutte le edizioni e conosceva le tecniche
degli strateghi; il resto del tempo lo passava in silenzio, assorto in
chissà quali pensieri, si fermava a fissare il suo orologio
da polso o a guardare nel vuoto.
Kathleen
non aveva idea di cosa stesse pensando, forse semplicemente a niente.
Le
sarebbe piaciuto non preoccuparsi di nulla, almeno per un
po’; invece nella sua testa c’erano continui
pensieri rivolti alla sua famiglia, ai suoi amici, al suo fidanzato,
Jonathan, alla sua vita, all’arena. Non riusciva –
non poteva – smettere di pensare. Si aggrappava ai ricordi,
alle immagini dei suoi cari per non lasciarsi andare, per andare
avanti. Forse se avesse avuto per qualche minuto la mente libera
sarebbe riuscita a dormire, perché il problema in fondo non
era Riven: erano in una zona isolata, non vedevano altri tributi dal
bagno di sangue, si sarebbe quindi potuta concedere qualche ora di
sonno, ma non riusciva. I pensieri che le vorticavano in testa le
impedivano di chiudere gli occhi.
Aveva
paura, tremendamente paura. Aveva paura di morire, di non tornare a
casa. Aveva paura di dover uccidere qualcuno. E aveva anche paura di
vincere. Non sapeva se sarebbe mai riuscita a sopravvivere con il
pensiero di aver privato qualcuno della propria vita. Gli incubi
l’avrebbero perseguitata a vita.
Forse
non doveva preoccuparsi di questo, era convinta che non avrebbe mai
vinto. L’avrebbero uccisa prima. Non era forte, era solo una
ragazza proveniente dal distretto 3. Come avrebbe potuto vincere? Era
impossibile. Avrebbe dovuto rilassarsi, dormire un po’, tanto
a cosa serviva restare sveglia se poi sarebbe morta comunque?
“No, Kathleen. Non
devi pensare così. Devi essere forte e coraggiosa. Ce la
puoi fare, puoi tornare a casa”.
Era
come se dentro di lei vivessero due anime differenti: una che la
spronava a farsi forte e l’altra che le consigliava di
arrendersi. Più passava il tempo, però, e
più la voce della prima diventava fioca e debole e
più dentro di lei risuonava quella che le diceva di
lasciarsi andare, di smetterla di pensare. E forse prima o poi
l’avrebbe ascoltata.
Cornelia Banks (1) – Primavera, quinto giorno
Era
ormai giunta la mattina del quinto giorno nell’arena. Elaine
era stata ferita ad un braccio dal ragazzo dell’11, non era
nulla di grave, ma la principessina voleva fare la malata e starsene
seduta. Merian era quindi rimasto con lei per fare da guardia alle
provviste, perciò Cornelia era andata a caccia di tributi.
Questa
era l’occasione che tanto aspettava per uccidere la sua
preda, Felicity. S’avventurò per un po’
nell’arena in cerca della ragazza. Non aveva idea di dove
fosse, perciò si era portata delle provviste e un sacco a
pelo nel caso le fosse servito più di un giorno.
Verso
sera sentì delle voci poco distanti, una di esse apparteneva
a una ragazza. Si avvicinò al luogo da dove provenivano
e, da dietro un albero, riuscì a scorgere due
figure sedute vicino a un fuoco. La femmina era proprio la sua vittima,
mentre l’altro era il ragazzo del 12, Blake.
Cornelia
sorrise vittoriosa e uscì dal suo nascondiglio.
-
Bene, bene, bene. Guarda un po’ chi abbiamo qui. Felicity!
–
La
ragazza trasalì e la guardò spaventata, mentre
Blake afferrò la sua lancia e si alzò
immediatamente in piedi.
-
Oh, cara, ti sei fatta il fidanzatino? – la
provocò. – E tu, sei sicuro di volerti mettere in
mezzo? Potresti farti male, sai? –
-
Non ho paura di te – rispose lui.
-
E nemmeno io, Cornelia – aggiunse la ragazza che si era
alzata e aveva impugnato un coltello.
-
Beh, di certo io non ne ho di voi! – esclamò,
prima di scoppiare a ridere. Era una risata priva di allegria,
rappresentava solo odio e cattiveria. Voleva ucciderli e non aveva
certo paura di farlo. Lei adorava vedere la luce spegnersi negli occhi
delle sue vittime, adorava vederle pregare prima di risparmiarle e poi
di ucciderle, mettendo così fine alle dolorose torture che
praticava su di loro. Uccidere le faceva dimenticare i suoi problemi,
le sue debolezze. Non le importava di vincere: soffriva di una malattia
che l’avrebbe portata a morire comunque, l’unica
cosa che voleva era uccidere.
Cornelia
afferrò un coltello e lo lanciò verso Felicity,
non riuscì però a vedere se l’avesse
colpita, perché cadde a terra, ferita dalla lancia di Blake.
L’aveva colpita al centro del petto, di lì a poco
sarebbe morta. Per una volta poteva sapere anche lei com’era
il dolore, cosa provavano le sue vittime, poteva sentire in prima
persona la vita sfuggirle dalle mani. Pensava a questo prima che un
colpo di cannone rimbombò nell’arena.
Blake
la fissò finché chiuse gli occhi, poi si
voltò con un sorriso verso l’alleata, che
però giaceva a terra, ferita, con un coltello conficcato
nello stomaco.-
-
No! – urlò, prima di inginocchiarsi accanto a lei
con gli occhi umidi di lacrime. – No, resisti, Felicity. Gli
sponsor ci manderanno qualcosa che ti possa curare. Resisti, non
lasciarmi! Non anche tu! –
-
Blake, sai benissimo che, anche se ne avessimo di sponsor, non
avrebbero niente che possa curare questo –
sussurrò lei, afferrandogli una mano, mentre con
l’altra gli asciugava le lacrime che gli rigavano le guance.
-
No, non dire così. Non è vero! – diceva
lui, continuando a scuotere la testa.
-
Ascoltami: grazie, grazie di tutto. Sei stato un buon amico e un ottimo
alleato. Ti auguro di essere il vincitore e di tornare a casa.
–
-
Ti voglio bene, Felicity – disse, ma lei non
riuscì a ricambiare il suo affetto. Era morta.
SPAZIO
AUTRICE
Ehi,
ciao!
So
di essere in un ritardo tremendo, ma avevo già scritto il
capitolo da tempo, il problema è che mi si era cancellato :(
Poi non ho più avuto tempo di riscriverlo – causa
scuola – fino a ieri! Spero che mi perdoniate e che ci sia
ancora qualcuno disposto a leggere questa storia (esclusa mia sorella
XD).
Anyway,
ho deciso chi sarà il vincitore ... RULLO DI TAMBURI
… SQUILLO DI TROMBE … PREPARATEVI SIGNORE E
SIGNORI … IL VINCITORE SARA’… no, non
ho intenzione di dirvelo XD
Se
tutto va bene dovrebbero esserci altri cinque capitolo più
l’epilogo, che non so ancora bene come sarà.
Idee/consigli/suggerimenti sono ben accetti.
Mancano
ancora 10 tributi!! Se il vostro/a/i/e è/sono tra questi:
congratulazioni, avete superato la metà!
Vi
lascio i nomi dei tributi rimanenti e alcune domande alle quali mi
piacerebbe rispondeste con una recensione. Grazie <3
Alvin Lorcan Theroux
– distretto 1
Merian Oleg –
distretto 2
Kathleen Vince –
distretto 3
Riven Cole –
distretto 3
Elaine Claythorne –
distretto 4
Allison Thomas –
distretto 7
Reylen Sheed –
distretto 8
Vegas Ghellow –
distretto 8
Jack – distretto 10
Blake Dawnson –
distretto 12
DOMANDE:
1)
Qual è il vostro tributo maschio preferito?
Tributo femmina? E tra i due chi preferite?
2)
Qual è il tributo maschio che meno vi piace?
Tributo femmina? E tra i due chi vi piace di meno?
3)
Chi pensate che vincerà?
4)
Qual è l’alleanza che preferite?
5)
Per quale tributo morto vi siete dispiaciuto di
più?
6)
Il vostro tributo è ancora in vita? Se
sì, chi è? Pensate che potrebbe vincere?
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto e di aggiornare presto!
Un
bacione,
Felix
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