Heart of Darkness

di AlexiaKH
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Ispira… Espira… Ispira… Espira… Niente da fare, non riesco a regolarizzare il battito.
Da quando avevo ripreso conoscenza, avvertii delle dolorose pulsazioni che partivano dal mio stomaco, opprimendo anche il mio respiro. Queste pulsazioni erano sincronizzate con il mio battito cardiaco e più mi agitavo e più aumentavano al secondo, se non mi calmavo rischiavo di impazzire dal dolore; sudavo freddo e non riuscivo nemmeno ad aprire gli occhi, con la netta sensazione che qualsiasi movimento superfluo avrebbe solo peggiorato la situazione.
Non sentivo niente, non vedevo niente, non avvertivo niente… era come se fossi sospesa nel nulla, sospesa mentre cercavo di non contorcermi dal dolore.
All’improvviso sentii una sensazione fredda sul mio viso, ad altezza occhi, e quella mi riportò alla realtà, facendomi spalancare gli occhi e alzare il busto mentre ispiravo a pieni polmoni, come se non avessi mai respirato in vita mia. Mi guardai intorno e, con la vista annebbiata, mi resi conto di essere stata riportata nelle stanze della Fortezza Oscura, con al mio fianco una figura vestita di nero, con i capelli argentei. Non riuscii però a capire chi fosse, non feci in tempo a metterlo al fuoco che il mio corpo cedette ancora, costringendomi a sdraiarmi, prima di riprendere di nuovo i sensi.
“Interessante…” Commentò fra sé e sé la figura.
“Xemnas…” Dissi sforzando le corde vocali, non appena riconobbi la voce. “… Cosa…”
“Non dovresti sforzarti.” Disse interrompendomi. “Sei stata in coma per tre giorni…”
Tre giorni? Non ci volevo credere, come avevo fatto a dormire così tanto? Cercai di focalizzare quello che mi era successo, e poco a poco cominciai a ricordare. Mi toccai istintivamente il ventre, avvertendo una sorta di corpo estraneo, nonostante non rilevassi alcuna traccia di una ferita. Non avvertivo una sensazione fisica, era più che altro una percezione fastidiosa. Senza muovermi, rivolsi di nuovo lo sguardo verso Xemnas, riuscendo a metterlo a fuoco; non ci furono bisogno di parole, capì al volo quello che volevo sapere.
“Ti è stato impiantato il codice genetico di un altro essere vivente, sotto forma di cristallo.” Iniziò a dire. “A quanto pare è stato per fortuna un fallimento, probabilmente per la presenza della Darkblade… anzi dovrei dire della Custode.” Aggiunse indicandomi dei fogli. “E’ interessante come tu sia riuscita a recuperare questo documento.” Commentò fra sé e sé. Si stava riferendo al documento che avevo recuperato da Tron, quello dove il fratello di Alisys lasciò la sua testimonianza e le ultime volontà.
“No…” Cominciai a dire, sentendo la gola bruciarmi. Xemnas, in risposta, mi fissò impassibile, in attesa che continuassi. “Lei…” Non riuscii però a continuare, mi sentii come se stesse per mancarmi l’aria, finendo per tossire. All’improvviso sentii sulle mie labbra un liquido freddo, che riconobbi subito; quando poi rilassai i muscoli e riaprii gli occhi mi accorsi che Xemnas mi stava forzando di bere una pozione. Mi sentii leggermente meglio, almeno abbastanza meglio da riuscire di nuovo a parlare.
“Lei è stata sigillata, in un certo senso…” Dissi alla fine, dopo aver preso un profondo respiro. “Quindi non è stato un totale fallimento… qualunque cosa mi abbia fatto Sephiroth.”
Xemnas non fiantò, ma per una volta riuscii a decifrare quello che stava pensando: non ci poteva credere, mi guardava dubbioso e confuso, scrutando ogni singolo millimetro del mio corpo. La cosa mi mise a disagio, sembrava che stesse guardando un fantasma.
“Ho l’aria di una che non stia parlando seriamente?” Chiesi scocciata.
“Una reazione inaspettata…” Commentò fra sé e sé, per poi iniziare a pensare, come se qualcosa fosse andato storto e contro le sue previsioni. Poco dopo se ne andò dalla stanza, senza più fare ritorno. Concentrandomi mi accorsi che non aveva abbandonato la Fortezza, ma si era solo rintanato da qualche parte, a fare chissà cosa. Rimasi lì a riposarmi, non potendo fare altro, per poi riuscire, con quel poco di Mana che avevo recuperato, a lanciarmi un Curaga e finalmente riuscire a muovermi. Non ero ancora rimessa in sesto al certo per cento, la sensazione di fastidio nel mio addome mi creava una certa spossatezza, ma almeno ero in grado di muovermi e stare in piedi da sola. Seguendo i miei sensi, raggiunsi Xemnas, che era sommerso di carte e libri in uno studiolo.
“Posso essere informata anch’io, o devo come al solito arrivarci da sola?” Commentai non appena varcai la soglia della porta. Non ottenni risposta, continuava a osservare i fogli che stava studiando. Decisi di avvicinarmi, curiosa dallo strano comportamento di Xemnas, era raro vederlo così. Sembrava così diverso dal solito.
All’improvviso mi ricordai che effettivamente mi sentivo diversa, e non solo nell’addome: sentivo mente e cuore più leggeri e liberi, come se mi fossi tolta un peso. All’improvviso divenne tutto più chiaro, non era troppo diverso da quello che succedeva con i ricordi, solo che era il procedimento inverso: non me ne ero mai accorta, essendoci nata, ma effettivamente la presenza di Alisys aveva il suo peso, ma ora non era più così, a causa di quel corpo estraneo che aveva bloccato tutto.
“Vedo che ci stai arrivando da sola…” Commentò Xemnas, osservandomi con uno sguardo indecifrabile. I miei pensieri sono davvero così facili da intuire? Pensai, mentre mi sentivo colta con le mani nel sacco. “Avvicinati.” Curiosa, obbedii e mi misi alla sua destra, osservando i fogli che aveva davanti. C’erano un sacco di raffigurazioni, scritture che non sapevo leggere, e veramente tantissimi dati. Da quel poco che riuscii a leggere, capii che erano tutti testi riguardanti la magia.
“Che cosa vuoi mostrarmi esattamente?” Chiesi dubbiosa.
“Mentre eri in coma, ho avuto modo di studiare ogni tuo singolo cambiamento fisico, ma a parte una leggera perdita della tua aura oscura, non notai molto. Ma ora…” S’interruppe, per poi schioccare le dita e far comparire uno specchio sulla scrivania. “Osserva.” Aggiunse.
Per poco non feci cadere lo specchio, quando osservai il mio riflesso: le punte rosse dei miei capelli erano completamente scomparse, lasciando come unico colore il castano, mentre i miei occhi… erano diventati un misto tra l’azzurro e il verde acqua, che per qualche motivo sembravano di risplendere di luce propria; mi ricordarono molto quelle di…
“Sephiroth…” Commentai inconsciamente, abbassando lo specchio. Ti è stato impiantato il codice genetico di un altro essere vivente. Non avevo prestato molta attenzione a quelle parole, ma adesso, con questo cambiamento, aveva tutto più senso. Con la Darkblade avevo preso le sue caratteristiche fisiche, gli occhi e le punte dei capelli rossi, ma al loro posto ne avevo altri. “Ma quando è su…”
“Dopo averti dato la pozione.”
Capii finalmente che cosa mi era successo, e che cosa mirasse quel Sephiroth: perché rischiare di morire nel tentativo di impossessarsi della Darkblade, com’era successo quando uccise mia madre, quando poteva impiantare il suo DNA per potermi controllare?
“Ecco perché stavo male…” Continuai a parlare, non curante se Xemnas mi stesse ascoltando o no. “Il mio corpo cercava di resistere alla trasformazione, ma adesso che sto meglio… è perché una delle due parti ha avuto la meglio.”Curandomi, avevamo involontariamente facilitato la trasformazione. Sentivo come se avessi perso una parte di me, una parte che avevo sempre avuto fin dall’infanzia e che mi aveva sempre caratterizzata, nonostante fosse una sorta di maledizione, ma una maledizione che avevo imparato ad accettare. Ora mi sentivo a metà.
“Forse possiamo annullare il processo.” Disse Xemnas
Lo guardai perplessa. Come faceva a essere tanto esperto di queste cose? La risposta poteva essere solo una: probabilmente rientrava nei suoi studi, esperimenti o scopi. Mi tornò in mente anche il progetto Replica che Xemnas commissionò a Vexen e Zexion, e in quel momento mi salì un brivido sulla schiena. Probabilmente voleva fare la stessa cosa, o forse lo aveva già fatto.
“Hai mai fatto questa cosa su qualcuno?” Chiesi semplicemente.
“La Darkblade avrebbe dato complicazioni e resistenze.”
“Per questo eri così sicuro che il tentativo di Sephiroth fosse fallito.” Iniziai a dire alzando la voce. “Non negare che hai accarezzato l’idea di farmi anche tu questo scherzo, se avessi avuto la possibilità.”
“In quanto Nessuno, non possiedo un cuore. Possiedo solo i ricordi e la volontà del me stesso che è esistito, non posso imporre la mia volontà su un altro essere vivente, dotato o meno di cuore.”
“Non hai comunque risposto alla mia domanda.” Anche se gli potevo dare buona questa sua giustifica, il fatto che ne sapesse così tante cose non mi tranquillizzava. Poteva aver detto solo una mezza verità, in modo da nascondermi qualcosa.
“Non è ovvio?” Disse semplicemente, e lessi sopra le righe della sua frase: lo aveva fatto, o almeno ci aveva provato. Lo fissai nei suoi occhi ambrati, anche loro che risplendevano di vita propria e mi vennero in mente due volti.
“Saïx e Xigbar, non è vero? Anche se dici di non poterlo fare come Nessuno, questo non significa che tu lo avessi fatto prima.” Se una caratteristica della trasformazione era l’avere gli occhi del tuo possessore, allora potevano essere solo loro due. Per Saïx mi venne quasi scontato, era il suo vice e gli ubbidiva ciecamente, oltre al fatto che Axel, da quello che vidi nei suoi ricordi, affermava che l’amico fosse molto cambiato; ma per Xigbar invece? A parte gli occhi non avevo altro, anche se nel suo modo di fare avevo sempre intuito che ci fosse ben altro nella sua amichevole spocchiosità.
Troppo scossa per quello che mi era successo, con un enorme bisogno di starmene in distarte a riflettere. Niente aveva in quel momento più importanza, avevo già scoperto fin troppe cose e dovevo schiarirmi le idee.
 
Giorno 165
 
Stavo sdraiata sul mio letto, a guardare il Kingdom Hearts dalla mia finestra. Mi venne quasi da sorridere pensando che nello stesso giorno, che il Kingdom Hearts cominciava ad avere un aspetto concreto, Sephiroth m’impiantò il DNA di questa entità che Xemnas chiamò Jenova. Con il passare del tempo, cominciai a soffrire di forti emicrania causati da fischi nelle mie orecchie, come se qualcosa mi stesse chiamando a sé, avendo una volta ogni tanto delle visioni simili a dei frammenti di ricordi che però non riuscivo a interpretare, dal momento che erano troppo confuse. Fino ad ora sono sempre riuscita a resistere, ma era estenuante e mi portava via un sacco di Mana e energie. Xemnas decise di annullare la mia missione riguardanti i documenti, per farmi ritornare al Castello, dove sarei stata più al sicuro, o forse era meglio dire che sarei stata più sotto stretta sorveglianza.
Sentii all’improvviso la porta bussare, sorprendendomi che avesse finito così presto. Alzai il cappuccio del mio soprabito dell’Organizzazione, coprendomi per bene il volto, per poi avvicinarmi alla porta ed aprire. Xion, da quando ero tornata, aveva preso l’abitudine di venirmi a trovare in camera, poiché decisi di trascorrere le mie giornate lì senza uscire. Anche oggi negli occhi aveva un’espressione cupa e preoccupata. Qualche giorno fa si accorse che non era più in grado di utilizzare la Keyblade, e questo la spaventò perché raccogliere cuori era il suo scopo, quindi ora si sentiva inutile e in debito con Roxas, che la stava coprendo.
La feci accomodare, per poi richiedere la porta e appoggiarmi sul muro, davanti a lei.
“Allora… che succede al castello?” Mi limitai a chiedere, nella speranza di evitare le sue domande. Sapevo perché era qui, era preoccupata per me.
“Niente…” Disse mentre guadava il Kingdom Hearts.
“Ancora niente?” Chiesi, riferendomi se avesse in qualche modo risolto il suo problema con la Keyblade.
“No… E non so più che fare…” Rispose con voce tremante.
Di certo Saïx non manderà per sempre lei e Roxas in missione insieme… In effetti anche il caso di Xion era strano. Potevo vedere chiaramente che la sua aura oscura era notevolmente diminuita, come se qualcuno gliel’avesse rubata in parte. Ma nemmeno io riuscivo a capire molto, del resto preferivo chiudermi in camera a combattere le mie crisi da sola. Mi avvicinai a lei, abbracciandola da dietro per dare conforto. Non so se poteva funzionare, del resto non avevo mai avuto questo tipo di esperienze con l’inferno che avevo vissuto prima del giorno 0, dopotutto stiamo parlando di una nessuno… anzi di una creazione di Vexen. Ma nei suoi confonti sentivo ancora una sorta di legame, come se in qualche modo ne fossi responsabile, e questo mi spinse e fare l’unico gesto che da piccola desideravo, nei momenti di sconforto.
“Se non rievoco la Keyblade… io…” Tremava ancora. Era incredibile quanto fossero genuine le sue reazioni.
“Andrà tutto bene.” Le dissi, staccandomi. Rimasi un po’ a rimurginare sul suo problema. Stare accanto a Roxas non l’aveva aiutata a ricordarsi di evocare l’arma, quindi forse ci voleva qualcosa di più diretto. “Che ne dici se domani chiedi a Roxas di prestarti la sua Keyblade?” La piccola Nessuno non capì che cosa volessi intendere. “Forse, maneggiandola, avresti più possibilità per ricordare.” Notai che i suoi occhi si illuminarono, per poi annuire. Non potevo dire che fosse una soluzione, ma di certo ha funzionato nel non far cadere Xion nello sconforto. La magia è strettamente legata all’emotività dell’utilizzatore e la Keyblade e la Darkblade non facevano eccezione. Me ne accorsi io con me stessa, quando all’inizio persi il controllo dei miei poteri, a causa dello sconforto creatasi qunado scoprii che cosa mi aveva fatto Sephiroth, ma avevo recuperato il controllo non appena tirai fuori la grinta necessaria per combattere i mal di testa.
“Grazie…” Mi disse timidamente, per poi ritornare con un espressione cupa. “Alexia…” Iniziò a dire, ma capendo al volo quello che volesse dirmi, la interruppi subito.
“Non è il momento di pensare a me, sto bene.”
Rimase in silenzio a guardarmi, non sapendo se provare ad insistere o accontentarmi. Di certo io non la aiutavo a stare tranquilla, standomene tutto il giorno chiusa nella mia stanza con il cappuccio alzato, ma non avevo scelte migliori da fare: non potevo rischiare di avere una crisi in missione, e questo modo di nascondermi evitava domande scomode da parte di quei membri che ancora non sapevano molto sui piani segreti dell’Organizzazione.
“Ok…” Disse alla fine, decidendo di non isistere. Prima di lasciare la stanza mi diede un ghiacciolo di colore azzurro, dicendomi che la prossima volta le piacerebbe che lo mangiassi con lei e gli altri. Non era un segreto a nessuno che lei, Roxas e Axel andassero a fine missione a Crepuscopoli, sulla Torre dell’Orologio, a rilassarsi.
“Ma è salato!” Esclamai non appena addentai il ghiacciolo, per poi sentire un bocca uno strano retrogusto dolce.
 
Giorno 166
 
“Lord Xemnas ti ha appena convocata.” Disse Saïx, facendo irruzione nella mia camera.
Buongiorno anche a te… Pensai infastidita della intrusione, anche se ormai non era la prima volta da quando misi piede al Castello, quindi ero in un certo senso abituata.
“Dove?” Mi limitai a chiedere.
“Sala dei tredici Troni.” Mi rispose dandomi le spalle. “A proposito, non intrometterti più con il fantoccio.”
“Se non vuoi assaggiare la mia lama, non chiamare più Xion in quel modo in mia presenza.” Risposi minacciosa, irrigidendo il corpo.
“Solo perché le hai dato un ricordo e il soprabito? Rimane sempre un fantoccio.”
“Tu non sei da meno.” Risposi, alludendo al fatto che aveva il DNA di Xeanort nel suo corpo, cosa che in un certo senso lo faceva assomigliare a un fantoccio tanto quanto Xion. Saïx non raccolse la mia provocazione, finendo per andarsene senza ribattere. Per parlare così, lui sapeva che Xion aveva perso la capacità di usare la Keyblade, e in qualche modo il mio suggerimento aveva funzionato. Probabilmente aveva in mente qualcosa o semplicemente se ne voleva sbarazzare, era pur sempre l’unico esperimento ben riuscito del Progetto Replica di Vexen, progetto che a lui dava fastidio.
Creai un corridoio oscuro e mi teletrasportai al centro della stanza indicatomi, ritrovandomi faccia a faccia con Xemnas, accomodato sul trono più alto.
“Se mi hai fatta chiamare, è perché hai finalmente trovato una soluzione.” Risposi.
“Sarò breve: ho studiato il modo per permettere alla Darkblade di riavere il predominio, a discapito delle cellule di Jenova.”
Era anche ora… Pensai. Per poi apparirmi, davanti a me, il classico fascicolo delle missioni e lo lessi molto attentamente. Era estremamente dettagliato, con una serie infinita di informazioni e dati.
“Mi sembra impossibile fare tutto in giornata.” Cominciai a dire. “Mi stai chiedendo di visitare ben quattro mondi.”
“Ne ho tenuto conto”
Rilessi di nuovo attentamente il fascicolo, cercando di stimare quanti giorni avrei impiegato. Ma era impossibile, perché non dipendeva esclusivamente da me. Era una missione capace di tenermi occupata anche per settimane, ed era tanto lunga quanto complessa.
A mente, schematizzai tutto in modo da avere le idee più chiare:
-Dovevo recarmi ad Atlantide, e recuperare almeno un frammento della Magia delle Origini.
- Ritornare alla Fortezza Oscura per rintracciare Aerith.
- Riportare Aerith nel suo mondo di origine, Midgar, e portarla in un luogo dove potesse creare un cristallo, o materia come la chiamano loro, capace di contrastare l’influenza di Jenova.
- Infine dovevo ritornare nel mio mondo di orgine, l’Antico Tempio, per trovare il luogo consacrato dove si narra che si trovino delle reliquie appartenute ad Alisys quando era in vita, impregnate della sua magia.
- Dopo aver ottenuto i tre oggetti, dovevo compiere un rituale per assorbirli dentro di me. L’unico rischio era calcolare male la quantità di Magia delle origini necessaria: essa fungeva da protezione ai miei poteri e al mio cuore di pura oscurità contro la magia bianca, quindi se non fosse stata abbastanza il rischio di perdere la vita era alto.
“Quando posso partire?” Chiesi alla fine. Xemnas non aveva motivi questa volta di ingannarmi. Gli servivo lucida e perfettamente in grado di agire secondo il mio volere, e non come marionetta manovrata da qualcun altro. Gli oggetti e le magie descritte nel fascicolo non avevano a che fare con lui, quindi non poteva essere una trappola, ma questo non mi avrebbe fatto abbassare la guardia. La missione comunque era tutto tranne che semplice.
 









 

Angolo dell'Autrice:


Buonsalve a tutti!
Che record, sono riuscita a pubblicare a distanza di due sole settimane e non di mesi... Sono fiera di me!
Comunque rieccomi qui con il nuovo capitolo che conclude anche questa terza parte. Inutile dire la quarta parte che cosa tratterà, è tutto anticipato nel capitolo! La nostra protagonista dovrà veramente fare un lungo viaggio...
Piccola nota: Con Atlantide non mi sto riferendo ad Atlantica, il regno di Ariel, ma quella del film Atlantis con la principessa Kida (se non conoscete il film vi ORDINO di andarvelo a vedere, perchè è una vera chicca della Disney che purtroppo è stata sottovalutata). Sembra una cavolata, ma vi posso assicurare che qualcuno in passato me le confuse.
Non ho molto da dire questa volta... quindi spero che vi sia piaciuto e che i prossimi capitoli che arriveranno possano ancora catturare la vostra attenzione.
Ci sentiamo al prossimo capitolo!




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