Luci nel giardino
Autore: MaxT
Titolo: Luci nel giardino
Genere: fantasy
Serie: W.I.T.C.H. (fumetto)
Rating: verde
Il Principe Phobos è ritratto in un momento segreto
all’inizio del suo potere assoluto, anni prima dell’inizio della storia
delle W.I.T.C.H.
Cullato dalle energie misteriose che aleggiano nel suo
giardino, Phobos dimentica le amarezze quotidiane, progredisce nella magia
e prende la decisione fatale che farà di lui uno spietato tiranno.
Luci nel giardino
Notte. Solo poche guardie sonnacchiose pattugliano i corridoi
semibui del palazzo di Meridian, illuminati fiocamente dalle lanterne a
olio e dal chiarore che penetra dalle finestre.
Ogni notte, da due secoli, migliaia di corolle luminescenti
brillano nel giardino interno, tra le cinque altissime torri, rivaleggiando
con le stelle e le due lune che ornano il cielo del Metamondo.
Chi entrasse in questa oasi proibita sentirebbe sulla
pelle una vibrazione, come il canto di diecimila fiori, come l’inno di
alberi immensi che si levano a nascondere il cielo e rimpiazzarlo con i
tenui bagliori dei loro germogli.
Mille profumi fanno a gara per tingere di sé l’aria.
Inoltrandosi verso il centro di quel paradiso di perfezione,
oltre le folte cortine di rampicanti rossi e verdi, al canto silenzioso
si sovrappone il sommesso scroscio di una cascatella che sgorga da una
bassa rupe ammantata di muschio.
Il Principe Phobos, alto e solenne nella sua lunga veste
turchese, si avvicina lentamente alla pozza nel cuore del giardino. Osserva
la sua superficie riflettere, tremolante, il firmamento di corolle sovrastanti.
Viene sempre qui, di sera, quando l’animo oppresso gli
rende insopportabile qualunque altro luogo.
Riunioni, udienze, decisioni, non è questo che
mi stanca: governare è dovere e privilegio di un principe reggente.
Non mi pesa nemmeno più tanto l’aspetto sgraziato
di questa specie di umanità sulla quale comando, ma mi è
impossibile abituarmi al disgusto quotidiano dei loro mille pensieri inespressi,
servili e meschini, che la mia mente superiore non può fare a meno
di percepire.
Non so come tu faccia ad amare così questa
gente, madre.
Io vorrei tanto essere circondato da esseri leggiadri,
i cui pensieri siano delicati come il mormorio sommesso di questa cascatella.
Phobos respira a fondo il profumo inebriante dei fiori
di konnestras. La bellezza di questo giardino e delle energie misteriose
che vi aleggiano è sempre riuscita ad avere la meglio su ogni amarezza.
Ripeterà questo miracolo anche stasera?
Madre, lo so che mi eviti. Lo so che mi temi. E’ perché
ho letto i tuoi pensieri contro la tua volontà, o per quella tua
folle profezia?
Io, un tiranno sanguinario ed odiato? Io, tentare
di uccidere mia sorella? Io, morire solo e braccato? Cos’ho fatto perché
tu mi ferisca così?
Sei stata una grande regina ed una grande maga, una
Dea per il nostro mondo. Ora, però, quel tempo è al tramonto;
sono ormai decenni che la bellezza inalterabile della famiglia reale si
spegne, vita dopo vita, a mano a mano che andiamo verso l’estinzione.
Mille e più anni di unioni fra consanguinei
stanno reclamando il loro terribile prezzo.
A trecento anni, hai ancora le fattezze di una giovane,
ma guarda in faccia la realtà: la vita ti sta abbandonando lentamente,
nonostante gli sforzi della tua guaritrice.
Tra poco tempo anche tu perderai la tua battaglia,
come mio padre Adleric… papà, tuo cugino e sposo. Raggiungerai nel
Paradiso degli Dei tutte le Regine che ti hanno preceduta, ma con un rimpianto:
non aver trasmesso la tua magia ad un’altra piccola te in grado di perpetuarla.
Ma perché ti illudi ancora? Anche questa figlia
che stai aspettando, questa Elyon, non vivrà. Forse riuscirà
a vedere la luce del giorno, forse riuscirà a distinguere il tuo
viso stanco e a gioire del tuo sguardo amorevole. Ma anche lei, infine,
seguirà il triste destino di quelle che l’hanno preceduta nella
culla.
Nonostante la mia amarezza, non posso fare a meno
di ammirare il tuo coraggio nel riprovarci, ora, con la morte che ti alita
sul collo.
Phobos resta immobile a lungo, con gli occhi persi nei
lucori sempre diversi di quel luogo magico.
Alcune corolle si sono affievolite, mentre altre cominciano
lentamente a rilucere di colori nuovi, aggiungendosi alla silenziosa sinfonia
visiva, musicata solo dal suono sommesso e ipnotico dell’acqua.
Ad un suo gesto, la cascatella comincia dall’alto ad
illuminarsi di una fosforescenza verdina che raggiunge la pozza e vi si
diffonde con mille lentissimi vortici fluttuanti, finché il luccichio
dell’acqua, interrotto solo dalla sagoma delle ninfee, sovrasta tutti i
riflessi.
Con pochi gesti misurati, Phobos si slaccia i suoi paramenti
principeschi, lasciandoli cadere sull’erba soffice della riva.
Lentissimo, passo dopo passo, s’inoltra nella pozza,
immergendosi fino alla vita.
Quando si lascia andare all’indietro, la sua sagoma spicca
come un’ombra che galleggia sull’acqua luminosa, poi le ninfee si stringono
attorno a lui.
Chiude gli occhi, e sente l’energia di quella sorgente
entrargli dentro attraverso la pelle, risalire le sue vene fino a pervadergli
corpo e mente, lenendo ogni debolezza.
Ora insegue i suoi pensieri, gli stessi d’ogni sera,
con rinnovata lucidità.
Madre, la legge, e ancora di più la tua volontà,
mi precluderebbero il trono. Come qualche crudele mistero della genetica
impedisce ai maschi della nostra stirpe di trasmettere la loro magia alla
discendenza, così la legge prescrive che solo le donne possano ambire
al Trono della Luce di Meridian.
Dopo di te, resterò io solo. Che tu lo voglia
o no, è chiaro per tutti che io ti succederò e governerò
di diritto, come lo sto già facendo di fatto da quando sei malata.
Ora il dolcissimo profumo di quei fiori sommerge ogni
amarezza. Quei discreti bagliori floreali illuminano le sue visioni. La
sua rinnovata decisione delinea il suo futuro.
Io non credo alla tua sinistra profezia. Io non mi
rassegnerò a ciò che tu credi inevitabile. Costruirò
il mio avvenire con la mia volontà.
Riapre gli occhi, sicuro di sé. L’energia di quel
bagno gli brucia nelle vene. Una volta di più, sa esattamente cosa
fare.
Sarò il primo Re Mago della nostra dinastia,
e al tempo stesso l’ultimo.
Ma la nostra famiglia, che ha dominato questo mondo
per più di mille anni, non finirà in sordina: le farò
toccare il suo momento più alto, la sua gloria suprema, il suo canto
del cigno.
Io imparerò i misteri ultimi del Creato. Io
plasmerò questo mondo a mia immagine.
Ho deciso: non avrò discendenti. Non misurerò
la mia grandezza con quella di alcun successore.
Il caos che sorgerà dopo di me sarà
la più perfetta cornice per la gloria del mio regno.
Si rimette in piedi ed esce a passo deciso dalla pozza,
facendosi largo tra le ninfee e raccogliendo nelle mani a coppa un po’
di quell’acqua prodigiosa.
Torna sulla riva muscosa, solenne nella sua nudità,
con una luce d’esaltazione negli occhi.
Si avvicina ad una splendida pianta con un unico fiore
candido e grandi foglie affusolate, screziate di verde scuro. Apre le mani,
lasciandovi cadere gocce fosforescenti, e pronuncia parole inudibili.
Lentamente, la pianta sembra mutare: tratti umani si
disegnano sul suo gambo; le foglie paiono dividersi in dita, strozzarsi
in polsi, piegarsi in gomiti; due occhi immobili sembrano ricambiare lo
sguardo orgoglioso del loro creatore.
Sìììì!
Le sue dita sfiorano la corolla candida.
Lentamente come erano apparsi, questi tratti svaniscono,
sfumandosi nella bellezza sobria delle foglie.
Un sorriso di trionfo biancheggia sul viso di Phobos:
la sua magia ha appena fatto un nuovo progresso. Presto riuscirà
a dominare la natura, a dare forma ad esseri di una perfezione mai vista
prima.
Presto sarà anche lui un Dio.
Ringrazio Rowena, Silen Arpia e Solitarie per
i loro pazienti suggerimenti per migliorare questo racconto.
Resta inteso che, se questi non fossero stati sufficienti
a farvelo piacere, la responsabilità è solo dell’autore.
Disclaimer: il fumetto W.I.T.C.H. e il personaggio
di Phobos appartengono alla Disney. Qui sono ripresi solo in omaggio
a questa bella saga, senza finalità di lucro, e senza intenzione
di infrangere alcun copyright.
Note di approfondimento:
Phobos è l’antagonista della prima e
quarta serie di W.I.T.C.H., il fumetto della Disney.
Quella a cui assistiamo non è propriamente
una rivincita, ma un momento della sua ascesa in cui il principe non è
ancora un personaggio completamente negativo.
Dal fumetto, ambientato una quindicina di anni
dopo questo episodio, noi sappiamo:
che Phobos aveva preso il potere subito dopo la morte
dei genitori, diventando uno spietato tiranno;
che aveva un’età apparente sui venticinque
anni;
che, mentre i membri della stirpe reale discendono
da terrestri e ne hanno l’aspetto, gli abitanti della città sono
molto eterogenei, spesso niente affatto attraenti;
che si celava agli occhi dei suoi stessi ufficiali,
manifestandosi attraverso i mormoranti: esseri artificiali ottenuti trasformando
piante;
che passava molto del suo tempo nello splendido giardino;
che ha prosciugato la città di Meridian delle
sue risorse, compresa una fonte di acqua magica, verdina e luminescente,
che ha riservato a suo uso personale;
che non è mai diventato re, ma solo principe
reggente, in quanto il trono era ereditabile solo per via femminile;
che avrebbe voluto far sparire la neonata sorella
Elyon, designata al ruolo di Luce di Meridian, dopo averne assorbito il
potere magico;
che disprezzava la città al punto di dare ordine
al suo esercito di distruggerla per sedare la ribellione che poi lo ha
deposto;
che, più di un anno dopo la sua sconfitta,
ha tentato una rivincita e, nuovamente perdente, si è suicidato.
Altre cose sono mie invenzioni, costruite coerentemente
con le mie long-fiction Profezie, già in corso di pubblicazione,
e La luce al tramonto, ancora in fase di prima stesura.
Tra queste:
che i personaggi della stirpe reale possano utilizzare
la magia per prolungare la vita e controllare il loro aspetto, che resta
giovanile fino alla morte;
che hanno poteri telepatici;
che le regine abbiano il discutibile dono di fare
profezie infallibili;
che la predisposizione di nascita ai poteri magici
possa essere trasmessa solo da madre a figlia, e in misura minore da madre
a figlio (giustificabile come correlata ai mitocondri e ai cromosomi X
delle ovocellule);
che in giardino ci siano fiori bioluminescenti ed
altri, i konnestras, il cui polline profumato ha proprietà psicoattive.
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