Zattere sciolte

di Yunomi
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1

L'inizio della fine

 

Una macchina sfrecciava lungo l'Ocean Lane, in fuga da una piccola cappella sul mare che ricordava vagamente la Two Pines Church di Kill Bill.
Dentro la vettura, due individui evidentemente affetti da una pletora di disturbi psichiatrici comportamentali fumavano di eccitazione adolescenziale e Marlboro rosse.
La radio trasmetteva Don't go breaking my heart di Elton John.
Il sole cuoceva a fuoco lento i loro scalpi, spettinati dall'aria calda e salmastra di fine maggio.
Mi odia. E mi odierà il triplo, quando se ne accorgerà.” , disse la donna,
Aveva solo paura che le rubassi l'uomo.”
Ops.”
Dai, c'era da aspettarselo. Come Starsky e Hutch, ricordi?”
Non credo che alla fine della serie Starsky e Hutch scappino insieme dal matrimonio di uno dei due con la macchina del testimone alto due metri col
cuore difettato.”

Okay, sì, forse un pochino ti odierà.”
E invece tu ne saresti esente?”
Beh... Direi proprio di no. Però mi inventerò qualcosa, quando torneremo.”
Se torneremo...”
Ehi, ehi, piano, bambina, io ho una carriera da chitarrista da continuare. Sono troppo giovane per andare in pensione a soli 25 anni.”
29...”
Ti lascio qui in autostrada, giuro.”
Non ne avresti davvero il coraggio, Bry.”
Lui rise, appoggiando una mano al cambio, che venne prontamente raggiunta da quella di lei. Guardò la strada, l'orizzonte che si apriva davanti a loro
come se il rombo del motore di quella Mustang rubata aprisse uno squarcio verso il futuro, uno possibilmente privo di complicazioni di qualsiasi tipo.

La ragazza lanciò un veloce sguardo verso quella parodia di sposo al volante, coi capelli in aria spettinati ancora più del solito per colpa del vento che avvolgeva la vettura. Lo stava facendo. Stava rubando il marito a un'altra donna. Il giorno del suo matrimonio. Scostò la mano, come se le avesse dato la scossa, da quella di lui. Forse si stavano ficcando solo in un casino di dimensioni pantagrueliche. Era sicura che quella povera crista di Michelle l'avrebbe aspettata con un ascia bifronte davanti al cancello di casa sua. E ne aveva ben donde.
Chiuse gli occhi e li strinse, come se avesse voluto infossarli nel cranio e non vedere più quello che sarebbe potuto accadere.
Lui se ne accorse, e le accarezzò un ginocchio. “Stai bene?”, chiese, rabbuiandosi leggermente dietro gli occhiali da sole.

 

“Non ci posso credere... Non ci voglio credere!”
La situazione era molto più che critica: Michelle se ne stava orrendamente riversa sull'altare, come se l'avessero appena pugnalata 50 fottutissime volte nel petto. Il make-up, opera di uno dei migliori truccatori di Los Angeles, le colava sul volto, creando una lugubre maschera di lacrime nere di Dior sulle guance. Sua sorella le accarezzava la schiena, il bel viso corrugato in una espressione di puro odio nel confronti di quella sottospecie di chitarrista fedifrago e traditore.
“Lascia che mi capiti per le mani, quello... ”
Gli altri, dal canto loro, avevano sprecato abbastanza tempo a cercare di giustificare quell'idiota con i neuroni ipertrofici, e avevano gettato la spugna: dall'altro lato, tutto il resto della band – perché gli invitati, annusando puzza di tragedia, avevano battuto la ritirata – e rispettive consorti avevano convenuto silenziosamente di non avvicinarsi troppo alle due sorelle DiBenedetto, per paura che potessero riversare la loro vendetta su di loro.
E quindi cosa si poteva fare, se non intasare di chiamate e messaggi minatori l'esimio Synyster Gates e attendere in sagrestia una provvidenziale svolta degli eventi?
Matt Shadows, splendente nel suo completo Armani e nei suoi Rayban dalle lenti specchiate, trascinò Jimmy per la manica della camicia e rinchiuse lui e se stesso in un confessionale lì vicino.
“Dio perdonami, perché ho molto peccato.” , disse Jimmy, che nonostante l'incidente cardiaco di qualche mese prima non aveva perso la sua verve da buontempone.
“Taci, bestia.” , ringhiò Shadows, abbassando gli occhiali da sole. “E usa la capoccia per trovare una soluzione.”
“Io? E perché io?”
“Perché abbiamo fatto la conta e tu hai vinto il premio.”
“Vai a fare in culo.”
“Perché sei il migliore amico di quel dannatissimo figlio di buona donna, e confidavo che tu potessi saperne qualcosa.”
Jimmy sospirò. “Perché pensate sempre tutti che Brian mi venga a riferire ogni cosa che passa per quella sua testa di merda? Sono sorpreso quanto voi!”
Shadows si sfilò gli occhiali per trafiggerlo con uno sguardo laser da Superman.
“Non starai mica pesando che io abbia intuito le intenzioni di quel deficiente galattico e non abbia fatto nulla per fermarlo!”
“Ti dirò, il dubbio mi aveva colpito.”
“Ti dirò, a me invece vien voglia di colpirti ripetutamente con quell'ostensorio che vedi laggiù.” , disse Jimmy, acido.
Matt lo squadrò attraverso la grata del confessionale, pensando che forse non stesse raccontando balle.
“Mh.” , rispose solamente.
Jimmy sbuffò, spiaccicandosi una mano in fronte.
“Quindi?” , disse Matt.
“Quindi cosa?” , disse Jimmy.
“Come cosa.” , disse Matt.
“Cosa?” , disse Jimmy.
“TROVA UNA SOLUZIONE!” , urlò Matt, esasperato.
“CHE SOLUZIONE VUOI CHE TI TROVI, PER IL CRISTO REDENTORE!” , urlò di rimando Jimmy.
“SSHHHHHHHT!!!” , urlò la sagrestana, sputacchiando di qua e di là a causa della dentiera difettosa. “Maleducati! Questa è la casa del Signore!”
“Allora ci faccia il piacere di andarcelo a chiamare, perché per uscire vivi da questa merda avremo bisogno di un sacco di aiuto dai piani alti.” , rispose Jimmy, rischiando una violenta tirata d'orecchi da parte della donna.

 

Arrivarono in un motel sull'autostrada che erano quasi le due del pomeriggio. Il sole picchiava indecentemente forte, e se avessero voluto avrebbero potuto benissimo friggere un uovo sul cofano della Mustang di Jimmy.
La ragazza, che si chiamava Beth, aveva deciso di non lasciarsi divorare dai sensi di colpa, quindi si era schiaffeggiata mentalmente un paio di volte e si era concentrata solo ed unicamente su Brian davanti a lei, intento a liberarsi dalla camicia.
Fa un caldo del diavolo.” , esclamò. Lei annuì, accennando un sorriso appena percettibile. Brian si avvicinò a lei e le prese dolcemente il viso tra le dita, baciandola come se fosse stato troppo tempo che non lo faceva. E i dubbi di Beth svanirono all'improvviso, svanirono di colpo i sensi di colpa che le stavano facendo a brandelli la coscienza come un gatto stronzo che graffia le tende di broccato della sua padrona: si aggrappò alla vita di quell'uomo come se stesse per cadere in una voragine senza fondo, e, ridendo, si lasciarono cadere sul letto.

 

Trascinati a forza fuori dal confessionale da una sagrestana ottantenne e profondamente offesa dall'aspetto e dal comportamento di quei giovani adoratori di Satana, Matt e Jimmy vennero riportati dagli altri, al cospetto di Michelle – che non dava segno di voler smettere di piangere – e Valary, la quale si era presa la responsabilità di scotennare personalmente il suo cognato-per-un-pelo qualora avesse trovato le palle di tornare da sua moglie-per-un-pelo.
Zacky chiamava incessantemente, ma sia il cellulare di Brian che quello di Beth risultavano spenti. “Rispondi, lurido pezzo di-”
“Un momento di attenzione, prego.” , fece Matt, piantandosi al centro della navata e con le braccia aperte come un predicatore.
L'officiante lo guardò male.
Tutti gli occhi, compresi quelli gocciolanti di disperazione di Michelle, gli si appiccicarono addosso. “Jimmy qui ha qualcosa da dire.”
Jimmy qui lo guardò come se avesse voluto scuoiarlo e fare paralumi da soggiorno con la sua pelle. Matt, sconvenientemente solenne, gli fece spazio, e si piazzò di fianco a lui con le mani giunte all'altezza della cintura: sembrava un bodyguard di Madonna.
“Ehm...” , iniziò Jimmy, schiarendosi la voce, trovandosi a cercare le parole per la prima volta in vita sua. “Dunque... praticamente, in sostanza, essenzialmente, in concreto, alla luce dei fatti, effettivamente, realment-”
“JAMES OWEN PARLA, per cortesia.” , ululò Valary.
“L'unica cosa di cui siamo certi al centodieci per cento è che Brian ha abbandonato la cappella e mi ha fottuto la macchina.”
Silenzio.
Perfino le zanzare si fermarono a mezz'aria, per paura di fare rumore.
Il labbro inferiore di Michelle prese a tremare, e riprese a riversare tutto il suo sconforto sulle ginocchia della sorella, macchiandole il preziosissimo
tubino Prada di una soluzione assassina di muco e rossetto Mac.
“Complimenti vivissimi, Cicerone Tu sì che sai tranquillizzare una donna afflitta.” , chiosò Johnny, alzando un sopracciglio.
Una giovane donna, fasciata in un lungo abito color vino, conquistò il centro del presbiterio, parallela a Jimmy. Gli sorrise con gli occhi.
“Non ha senso incazzarsi, ora come ora, come non ha senso inviargli odio per via telepatica. Lo sappiamo tutti com'è fatto Brian: fa cazzate una dietro l'altra perché pensa di avere ancora diciassette anni, quando invece si sta avvicinando a grandi passi ai trenta. Posso dirvi solamente di portare pazienza, ancora una volta, di tornare alla nostra normale vita quotidiana, e aspettare, semplicemente, che torni. Perché lo fa sempre. Michelle, quante volte sei stata su fino alle cinque ad aspettarlo? Ed è sempre tornato.”
“E' facile parlare, Celeste.” , sbottò Valary, velenosa, guardando con un sopracciglio alzato la ragazza col vestito color vino – che, appunto, si chiamava Celeste. “Non sei tu quella che deve aspettarlo in piedi fino alle cinque.”

 

 

Passarono buona parte del pomeriggio nel letto sfatto, rincorrendosi le mani e le risate a vicenda, scopando, bevendo scotch scadente dal mini bar.
Ora si fissavano, le dita tatuate di Brian si perdevano nei folti capelli castani di Beth, come quando, l'anno prima, avevano fatto sesso per la prima volta.
Una dolcezza infinita aveva sempre guidato i suoi movimenti, anche quando si era ritrovato ad armeggiare con la cerniera del vestito color corallo di Beth, anche quando la guardava inginocchiata ai suoi piedi e le stringeva i capelli, spingendole il capo: in qualunque caso la dolcezza che riservava per la sua storica migliore amica non l'aveva mostrata a nessun altro essere umano. Nemmeno a Michelle.
Le baciò le palpebre, il naso, le labbra, sempre con le dita incastrate nei suoi capelli. A differenza di quanto aveva detto a Michelle quando erano tornati insieme, l'anno precedente, quando Beth era scappata da Huntington Beach per tornare dal suo amato fidanzato a San Francisco e lui pensava di averla persa per sempre, se avesse potuto tornare indietro nel tempo non avrebbe cambiato una virgola di ciò che era successo tra di loro. Nè la sua proposta di avviare un rapporto di scopamicizia, né tantomeno di aver tradito Michelle, la sua compagna di una vita, con lei.
Beth non era Michelle, e questo era evidente, ma era soprattutto la causa scatenante di tutto quello che aveva sempre fatto in vita sua. Compreso il piantare quella povera Crista all'altare, e anche se sapeva che non era giusto, se fosse tornato indietro nel tempo lo avrebbe fatto altre diecimila volte. Semplicemente perché Michelle si era macchiata dell'imperdonabile colpa di non essere Beth.
Si era chiesto, durante una delle sue consuete veglie dovute all'insonnia, perché il far soffrire Michelle così tante volte non lo scalfisse minimamente. Glielo aveva chiesto anche Jimmy, qualche volta.
Non diede mai una risposta a nessuno dei due.
Ma ora, con Beth che gli accarezzava il petto, e con i graffi di lei che gli bruciavano ancora un poco sulla schiena, e con la luce arancione del sole tramontante che si proiettava su di loro, infilandosi nei buchi delle tapparelle di quella squallida camera d'albergo, e con quel profumo paradisiaco della ragazza su di sé, Brian la trovò la risposta a tutto quel casino emotivo che stava provocando alla sua vera fidanzata senza rendersene conto: non si accorgeva di far soffrire Michelle perché era troppo preso a non far soffrire Beth.
Brian, abbiamo fatto una cazzata grande come una casa...” , sussurrò Beth.
Lo so.” , disse lui, guardandola con tenerezza.
Si guardarono intensamente, poi si liberarono l'uno dalle braccia dell'altra e, mentre Beth recuperava il suo vestito, Brian accese il telefono, che aveva abbandonato, spento ed indesiderato, sul fondo di una tasca interna dello smoking. Si accese una sigaretta, mentre lo schermo si riempiva di una fila infinita di chiamate senza risposta da parte di Zacky.
Compose il numero, aspettando la tempesta.

 

“E invece, Valary, l'ho fatto. Tutte le volte che Brian scompariva misteriosamente ero io che lo aspettavo con tua sorella.”
La calma con cui Celeste parlò innervosì Valary ancora di più.
“Io ho un figlio.” , rispose indispettita quella. Il figlio, sentendosi chiamato in questione, emise un versetto allegro dalle braccia di Johnny, allungando le mani grassocce verso il padre. Matt, colto contro piede, prese in braccio l'infante.
“Non mi sembra di averti accusata di niente, Valary.” , rispose Celeste, alzando lievemente le spalle.
Matt sussurrò un “She's got a point...” sperando con tutto se stesso che la moglie non l'avesse sentito.
Valary aprì la bocca per controbattere, ma la richiuse subito quando la suoneria di un cellulare rimbombò per la cappella come un tuono che si schianta a terra.
Jimmy strinse i pugni fino a far schioccare le falangi, lo sguardo sempre fisso su Celeste.
Zacky sussultò, e per poco non fece cadere il telefono a terra.
Gli occhi di Michelle diventarono grandi come due piattini da dolce, e la bocca prese la forma di uno zero.
Celeste rilassò le spalle e lo stomaco.
Matt e il bambino si guardarono, deglutendo.
La sagrestana si fece il segno della croce.
“Brian-”
“Passami Jimmy.”

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti.

Come state? Spero bene.

Sebbene possa sembrare una pretesa egoista, ho bisogno della vostra lucidità e attenzione per spiegare un paio di cosette.

Mi sono rimessa a scrivere.

Anche se ho abbandonato Acquiesce, che aveva appena visto la luce. Mi dispiace, ho passato un periodo di buio totale in cui non riuscivo a scrivere due parole senza eliminare il documento e cercare di sfracellarmi il lobo frontale contro lo spigolo più vicino. Capita.

E quando questo periodo è passato, è sopraggiunto quello in cui ho dovuto dedicare anima e corpo allo studio, con risultati più o meno soddisfacenti.
Ma comunque
Non so se qualcuno se le ricorda, ma avete presente “...and we ended up fucking” e “Con la testa nel forno”?
Ebbene, io sono quella pseudo scrittrice scapestrata che si è eliminata da efp in un impeto di ascetismo e odio profondo nei miei propri confronti.
MENO MALE, direte voi, PERCHE' NON SEI RIMASTA FUORI DA EFP??
Perché mi piace dare fastidio alle persone sfornando delle storie disturbate con personaggi disturbati partorite dalla mia mente disturbata.
E perché un po' mi mancava.
Ma, orsù, basta parlare di me.
Questa storia è nata perché avevo voglia di scrivere una specie di sequel di ...and we ended up fucking. Se non l'avete mai letta, meglio per voi, niente paura, seminerò qua e là, in questa storia, dei riferimenti che vi facciano capire la trama di quella cagata madornale ciò che scrissi.
Mi farebbe tanto piacere se sprecaste due minuti del vostro preziosissimo tempo per dirmi cosa ne pensate con una recensione, se è il caso che continui a scrivere perché siete curiosi, o se è meglio se mi trovi un altro hobby, tipo il lavoro a maglia o la lotta greco romana.
Confido in voi perché mi facciate questo regalo.

Bene, vi lascio liberi ora.

Tornate a fare quello che stavate facendo.

 

Con Affetto,

Yunomi. 





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