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Avevo rischiato troppo quel giorno. Rimasi sola per qualche minuto a
pensare al grave errore che feci.
M’imposi di non piangere, anche se era difficile.
“Sono stata una stupida!”.
Mi dissi in preda alla rabbia, mentre stringevo i pugni. D’un tratto
sentii il vociare fuori dalla porta, alzai il viso e vidi i miei. Mio
padre, mia madre, mio fratello e la sua compagna, e infine i miei
amici. Erano tutti lì.
Abbozzai un sorriso, mentre mia madre si avvicinava a me. Ricominciò le
sue infinite ammonizioni, sulla mia stupidità. Sulla mia immaturità.
Io sospirai, mentre lei a ruota libera parlava. Ciarlava.
“Hai ragione”.
Biascicai, mentre guardavo Inu Yasha. Cercavo in lui gli occhi d’ambra
di Sesshoumaru. Ma ciò che vidi era altro. Lui aveva capito cosa era
successo. Abbassai il viso mortificata.
“Glielo avrà detto di sicuro”.
Pensai, mentre intorno a me le loro voci non avevano alcun senso.
Sospirai sconfitta, mentre mi lasciavo cadere sul cuscino.
“Rin, tesoro sei stanca?”.
Era mia madre preoccupata. Annuii, mentre socchiudevo gli occhi. Ero
stanca. Sfinita.
“Su, ora uscite lasciamo riposare
Rin. Ne ha bisogno dopo quello che le è accaduto”.
Era Inu Yasha che esortava gli ospiti a lasciarmi a riposare. Come al
solito mia madre pretese che lei rimanesse a dormire con me, ma io la
obbligai a uscire e a non preoccuparsi.
“Mamma non sono sola c’è Izayoi e gli
infermieri”.
“Ma…”.
“Niente ma…non temere starò bene”.
Cercai di rassicurarla.
“Tesoro non temere la nostra Rin è in
buone mani”.
Di nuovo mio padre mi salvò. Ricordai quella scena di tre anni fa.
Rammentai il suo aiuto.
“Grazie papà”.
Dissi con un sorriso, lui mi baciò sulla fronte e portò fuori mia madre
che singhiozzava. Provai pena per lei. Capii la sua sofferenza di
essere madre.
“Perdonami mamma, ma devo. Voglio
restare sola…voglio solo una persona qui”.
Pensai, mentre li vedevo uscire.
“Inu Yasha! Puoi fermarti un minuto
per favore?”.
Lo chiamai. Volevo parlare solo con lui. Lui capì . Chiese a Kagome di
aspettarlo fuori e che non ci avrebbe messo molto. Kagome mi
salutò con un sorriso e uscì.
Lui lentamente si avvicinò a me.
“Dimmi Rin?”.
“Sesshoumaru è furioso?”.
Fui diretta. Volevo. Dovevo sapere.
Lo vidi sospirare e ammettere che lui era alterato nei miei confronti.
Io abbassai il viso e mi morsi le labbra.
“Dannazione! Sono la solita stupida!”.
Mi dissi in preda alla rabbia, mentre stringevo con forza la coperta.
D’un tratto la mano di Inu Yasha mi calmò. Io alzai il viso e lo
guardai dritto negli occhi. In quelle calde pozze dorate.
“Calmati, non temere gli passerà. Lui
tiene a te. Ora lascialo sbollire”.
Io annuivo, mentre lo ascoltavo. Doveva far passare la rabbia.
“Okey…anche se…vorrei parlargli.
Vorrei spiegarmi”.
“No, Rin io lo conosco bene. Lascialo
stare. Ti ho già detto di non temere, lui tornerà”.
Mi lasciò la mano e la posò sul mio ventre.
“Ora riposa, anche la mia nipotina è
stanca. Ora dormi”.
Io sorrisi, mentre lo vedevo far così. Era diverso dal solito Inu
Yasha. Era più maturo di quando pensassi.
Annuii, mentre mi accomodavo meglio nel letto.
Lui si allontanò da me, ma prima di uscire mi disse.
“Non ti preoccupare gli parlo io e
vedrai che tutto si risolverà. A domani Rin e buon riposo”.
Mi fece l’occhiolino e uscì dalla stanza. Sorrisi sollevata. Inu Yasha
gli avrebbe parlato.
Chiusi gli occhi e sospirai stanca.
“Sesshoumaru perdonami”.
Lentamente caddi in un sonno senza sogni. Ero davvero stanca. Sfinita
nel corpo e nell’anima.
Quel giorno fu denso di emozioni e di tristezza, come anche i due
giorni che seguirono. Lui non venne, forse fu un bene per
entrambi…anche se io ero distrutta.
Non rimasi mai sola, anche se lui mi aveva lasciato un gran vuoto.
Sorridevo, anche se era una maschera. Una pesante maschera.
“Non fare così! Anche se lui
non viene , non significa che non gli importi di te…anzi chiama sempre
per sapere come stai. Come state”.
Era Izayoi che mi destava dai miei pensieri tormentati. Io la guardai
con una punta di curiosità, mentre lei continuò.
“Visto ormai sei fuori pericolo,
domani ti dimettiamo. Non temere vedrai che lui verrà a prenderti”.
“Lo spero con tutto il cuore, Izayoi”.
Dissi tristemente. Avevo il timore di illudermi. Abbassai il viso,
mentre Izayoi amorevolmente mi riprese.
“Smettila Rin! Lui arriverà, mi ha
già detto che verrà lui a prenderti e nessun altro. Quindi su con il
morale”.
Si avvicinò e mi tolse la fascia intorno al mio ventre, mentre
sorrideva. Ormai quell’arnese rumoroso non serviva più…per adesso.
Mi accarezzò il viso e mi salutò. Mi sentivo sollevata, il giorno dopo
l’avrei rivisto. Avrei rincontrato Sesshoumaru. Chiusi gli occhi e
cercai di dormire, ma non ci riuscii ero troppo emozionata. Ero felice,
anche se il dubbio mi martellava nel cervello.
“Se lui non venisse?”.
Mi domandavo, ma ogni volta mi rispondevo che ero una stupida. Lui
sarebbe venuto. Era, e lo è tutt’ora, un uomo di parola.
Le ore passavano, ma il sonno non arrivava. Sbuffai irritata, mentre
alzavo la coperta e scendevo dal letto.
Ricordo ancora il freddo delle mattonelle di ceramica sotto i miei
piedi. Traballai. Le gambe erano ancora intorpidite per via del riposo
forzato.
Feci un profondo respiro e mi avviai verso la porta. La aprii e guardai
il fuori. La silenziosa penombra del corridoio. Mi guardai intorno, ma
non vidi nulla. Solo la desolazione. Sospirai, mentre mi incamminavo
nel lungo corridoio.
Vidi molte porte, alcune socchiuse con dentro altre ammalate. Sentii
anche il pianto di un neonato. Mi fermai di botto. Uno squarcio. Un
ricordo di un incubo. Mi poggiai alla parete, intanto il mio cuore
accelerava.
“Rin è stato solo un incubo”.
Sussurrai, per rincuorarmi. Ma non ci riuscii, solo il canto di una
dolce nenia fu in grado di calmarmi. Mi affacciai al piccolo spiraglio
della porta e vidi una puerpera che cullava il suo dolce cucciolo.
Sorrisi, intanto toccavo il mio ventre pensando a lei. A mia figlia.
Mi spostai e ripresi il mio cammino. Dovevo uscire da quel mondo così
asettico. Uscire da quel odore fastidioso.
Arrivai nella saletta di attesa dei parenti dei pazienti. Era così
vuota. Sospirai e mi guardai intorno e vidi un balcone. Sorrisi, mentre
camminavo verso di esso.
“Ho bisogno di una boccata d’aria”.
Pensai, mentre aprivo il balcone e uscivo fuori. Un dolce e tiepido
vento accarezzò il mio viso. Sorrisi soddisfatta, intanto mi dirigevo
verso la balaustra. Poggiai i gomiti sul freddo marmo e ammirai il
panorama.
Ricordo ancora l’eco delle sirene delle ambulanze, il loro luccichio,
le luci della vita notturna…il grande oblio.
Non ricordo quando tempo rimasi lì, ma qualcosa mi destò…un odore
nauseabondo…
Continua…
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