The moment to fight

di BlueRoze
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Dedico questa storia alle mie Malandrine Prongs, Moony, Harry e Lily, grazie per esserci sempre per me e per sopportare i miei scleri, vi voglio bene!

La dedico soprattutto a te, Fra, la mia Prongs :3

 

la vostra Pad

P.s alla fine la dedica l'ho fatta, visto? :p

 

 

 

 

 

 

Poteva sentire la pioggia insinuarsi sotto la giacca, a contatto con la pelle nuda.

​Batté con il pugno alla porta sperando che qualcuno gli venisse ad aprire.

​Gli vennero i brividi pensando a quello che aveva appena fatto, a quello che si era lasciato alle spalle. La carne gli bruciava, lì dove la maledizione l'aveva colpito, ma facevano più male i ricordi che altro. Era appena scappato di casa -dalla sua famiglia- e si trovava davanti al portone di Villa Potter fradicio, furente e umiliato.

​Pensò di aver fatto la cosa migliore quando sulla soglia del portone apparve Dorea Potter con una sguardo preoccupato e sorpreso al tempo stesso.

​-Oh Sirius! Cosa ci fai qui a quest'ora, sono le due del mattino! Merlino, tu sanguini. Entra, prima che ti prenda una bronchite con questo tempaccio- disse lei mettendogli una mano sulla spalla bagnata dalla pioggia.

​Sirius poggiò il suo baule per terra e, con le scarpe fradicie e incrostate dal fango, sporcò il parquet dell'entrata.

​-Signora Potter, davvero, non è necessario. In questo momento vorrei solo vedere James. La ringrazio infinitamente, mi dispiace per...- la frase fu interrotta da una smorfia causata dal dolore al braccio, la giacca in quella zona leggermente bruciata.

​-Certo Sir, te lo vado subito a chiamare. Merlino come sei combinato, ma cosa è successo?- chiese con sguardo affettuoso mentre si avviava sulle scale.

​Si concesse un momento per ammirare l'arredamento di Villa Potter: ogni volta che entrava in quella casa ne rimaneva piacevolmente affascinato. Erano una delle famiglie più grandi del mondo magico, i Potter. Purosangue da generazioni e, di conseguenza, avevano un patrimonio niente male che non aveva niente da invidiare a quello dei Black. Il salotto -come le altre stanze- era basato sui colori del rosso e dell'oro, tipici di Grifondoro. Le tende rosse, -come i divani- i cui ricami erano di filo dorato. Il mobilio in stile moderno, i ritratti appesi alle pareti, la scala in legno scuro che conduceva al piano superiore... era tutto così diverso dalla casa in cui era cresciuto -quella era fredda e austera-. Appena si attraversava l'uscio di casa Potter si sentiva un piacevole profumo di gelsomino, una casa accogliente e luminosa.

​Sui mobili del salotto era possibile ammirare le foto di James da piccolo, foto babbane e foto magiche, in braccio ai suoi genitori o da solo, in giardino...

​Era un bel bimbo, James. Con la zazzera di capelli ricci e indomabili di sempre che rispecchiavano il suo essere ribelle e che mettevano in evidenza la sua scarsa considerazione delle regole. Il sorriso da pirata, sbarazzino, furbo, malizioso. Aveva imparato, con gli anni, ad apprezzare ogni lato di James, ogni fattezza. Dal suo essere malandrino, allegro e spensierato all'essere serio o deluso. E sinceramente, quest'ultimo lato preferiva vederlo il meno possibile. Continuò ad osservare le foto quando il ragazzo in questione -in boxer e canotta- si catapultò giù dalle scale con la bocca spalancata dallo stupore. Dorea poco dietro di lui, si stringeva nella sua maglia di lana lilla.

-Alla fine l'hai fatto davvero- fu l'unica cosa che seppe dire il riccio.

​-Già- proferì con un sorriso amaro. Ci era voluto tempo, molto tempo, ma alla fine ce l'aveva fatta, aveva preso la sua decisione. Era riuscito a lasciarsi tutto alle spalle per ricominciare una nuova vita.

​-Vieni qui-

 

 

Era molto raro che James esprimesse il suo affetto verso qualcuno con un abbraccio. Di solito si limitava a pacche sulle spalle, mai abbracci. Ma quella volta, dopo tanto tempo dall'ultima, James strinse un Sirius a pezzi tra le sue braccia, non curandosi del fatto che, facendo così, si sarebbe sporcato di fango e di sangue. E il Black si godette in momento.

​Una smorfia di dolore attraversò il volto di quest'ultimo interrompendo l'abbraccio. Lo sguardo del moro si fece duro nel momento in cui si posò sulla ferita al braccio dell'altro.

​-Sei anche ferito. Ma cosa ti hanno fatto quegli stronzi- represse un fremito di rabbia e con voce sicura disse:

​-Noi andiamo in camera mia, mamma. Lo aiuto io-

~•~•

 

 

 

​Una volta entrati nella camera da letto di James -le pareti coperte da stendardi di Grifondoro- egli costrinse Sirius a levarsi la giacca di pelle nera, a sbottonare la camicia e a lasciar scoperta la zona in questione. Il Black si sedette sul letto e James scomparve nel bagno, da dove fece ritorno qualche minuto dopo con del disinfettante e dell'ovatta. Si sistemò accanto all'amico e cominciò a disinfettare la ferita in silenzio, dandogli il tempo di rimurginare sull'accaduto.

​Era abbastanza superficiale come taglio, ma si estendeva per quasi tutto il bicipite. Cercando di non fargli troppo male, il riccio lavò via tutto il sangue colato intorno alla ferita, scusandosi ogni qualvolta sentiva un gemito di dolore da parte dell'altro e passando delicatamente sulla parte di pelle lacerata.

​Una volta finito di disinfettare la ferita, avvolse una garza su tutto il bicipite di Sirius, gli offrì degli asciugamani per asciugarsi i capelli alla bell'e e meglio e una camicia pulita.

-Grazie-

​-Figurati, piuttosto... ti va di parlarne?-ed ecco. Erano arrivati al punto della situazione.

​-In realtà non c'è molto da dire. Stavamo cenando e una volta tanto c'ero anche io a tavola, non stavo in camera mia. Erano giorni -anni- che mi sentivo stufo da quella situazione, stufo marcio. Mi ero rotto il cazzo di sentire tutti quei complimenti verso Regulus quando io venivo trattato peggio di un estraneo. Cercavo di intercettare il suo sguardo senza risultati. Lo osservavo parlare al momento giusto, offendere al momento giusto. Era arrivato a parlare di politica con mio padre, James. Ed ha un anno in meno di noi. Ormai è diventato la "gioia di mamma e papà"...

​Probabilmente non accetterò mai il fatto che lui voglia diventare un purosangue schifoso e razzista. Ero stufo di quella situazione, stufo della mia famiglia. E quando la cara Walburga ha iniziato ad insultare voi Potter, i Babbani, i traditori, i Nati Babbani non c'ho visto più, James. La rabbia ha preso il sopravvento su di me, ho "per sbaglio" rotto un bicchiere mentre loro ghignavano. Ho detto che sono degli infami codardi, non si dovevano permettere di offendere così. Sono salito in camera, è scattata una molla dentro di me. Ho preso qualche straccio, qualche spicciolo che avevo conservato, la bacchetta e mentre attraversavo l'uscio della porta li sfidavo con lo sguardo, come a dire "vediamo se riuscite a fermarmi". Walburga urlava cose che nemmeno stavo ad ascoltare e ho mandato a fanculo la Nobilissima e Antichissima casata dei Black. Orion ha tirato fuori la bacchetta e mi ha lanciato una maledizione. Ma la cosa che ha fatto più male, James, è stato lo sguardo di Regulus. Mi guardava da sopra le scale con uno sguardo supplichevole. Mi pregava di non andare via, di non lasciarlo da solo, ma non ce l'ho fatta. Era troppo per me e quel benedetto ragazzo prima o poi mi farà impazzire. All'inizio non mi considera, poi mi prega di non andare via ma non capisce che così facendo mi fa solo stare male!

​Non lo so James, sto impazzendo.

​So solo che in questo momento ringrazio il cielo per avere te al mio fianco-





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