Rebirth
Disclaimer: Albert
Wesker, Alex Wesker, Excella Gionne, Jill Valentine e tutti gli altri
personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi
detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta
per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo.
Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto
rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne
è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia
autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.
“ - I was waiting for the longest time, she said, I thought
you forgot.
- It's hard to
forget, he said, when there is such an empty space when you are
gone.”
-
Brian Andreas -
Rebirth
Giappone, 2032
Heizo strizza le palpebre verso il margine della strada, si assicura di
aver visto bene.
"Ha bisogno d'aiuto?" chiede, e la donna inclina il mento nella sua
direzione "Si è fatta male?"
La donna lo fissa in tralice, occhi così scuri da sembrare
neri - il colore del
sangue coagulato, pensa.
Heizo nota i pesanti stivali da combattimento che porta ai piedi, i
pantaloni militari e il contrasto insolito che generano con il camice
bianco che si stringe al petto.
"Signora." ripete, e si sporge un altro po' in avanti "Ha per caso
avuto un incidente?"
Non vede macchine nelle vicinanze (e nemmeno ne ha incontrare prima) ma
l'aspetto stravolto della donna non gli suggerisce altro.
La donna tace, capelli biondi e labbra esangui.
"Signora?" riprova, e qualcosa si muove tra le sue braccia.
Heizo alza un sopracciglio, scende dall'auto.
"Se vuole posso portarla all'ospedale più vicino. Ha un
telefono? Vuole per caso contattare..."
Il pianto di un bambino inghiotte ogni altra parola.
Giappone, 2032
L'ha fatta salire in macchina.
Non potevo fare altro,
no? Aveva un bambino con sé,
d'altronde.
La donna non ha aperto bocca; si è limitata a fissarlo con
quei suoi strani e inquietanti occhi troppo grandi e troppo...
È rosso
quello che vedo intorno alla pupilla?
Il bambino è un fagotto di un mese, forse due.
Cerca la pelle della donna con un'insistenza quasi anomala, si
nasconde
nell'incavo del suo braccio.
Heizo sorride quando nota il colore dei suoi capelli (così
biondi da essere quasi bianchi) e allunga una mano per accarezzarlo.
No.
Il bambino sgrana gli occhi all'improvviso, l'iride che si scioglie in
un rosso cupo e la pupilla che si assottiglia fino ad assomigliare a
quella di un serpente.
Heizo ritrae la mano spaventato, rialza lo sguardo.
Splatch.
Natalia Alex fissa il cranio di Heizo
frantumarsi sotto le sue dita e
sfracellarsi contro il finestrino in un unico getto.
Giappone, 2032
C'è un vecchio laboratorio dell'Umbrella abbandonato sotto
tutta quella terra - uno sperduto pugno d'alberi e bestie selvatiche a
nord di Kesennuma.
Alex studia il suolo con lo sguardo, batte il piede un paio di volte
tra l'erba alta.
Il bambino si agita tra le sue braccia (ha fame) e il
Progenitore le
ruggisce nelle tempie - nel cuore.
"Ci sono quasi." gli dice, e si ferma quando tocca qualcosa di
metallico "Ancora cinque minuti."
Il bambino singhiozza un'ultima volta e fissa un cielo vuoto di stelle.
Giappone, 2032
La cicatrice è una linea pallida che le attraversa l'addome
dal pube al processo xifoideo.
Alex ci passa un dito sopra, la sente ancora tenera e debole sotto i
polpastrelli.
Le luci del laboratorio non sono tutte funzionanti e l'acqua calda
è durata solo due minuti, ma per Alex sono stati
più che sufficienti - nonché una fortuna
inaspettata.
Si volta, fissando il bambino da sopra la spalla.
È
così piccolo.
Ha trovato del latte in polvere (vecchia gloria di un'azienda sempre
pronta a fuggire dalla propria apocalisse) e ha sperato che andasse
bene.
Il bambino ha storto prima il naso, poi ha serrato così
forte la bocca da farle temere di dovergliela aprire a forza.
Alex aveva sospirato, scuotendo il biberon improvvisato e sentendo un
moto di frustrazione salirle fino in gola.
Il bambino doveva averlo percepito perché si era rassegnato
a bere quella brodaglia inguardabile - non senza prima averle
assestato una manata in un occhio.
Il solito stronzo.
Il bambino borbotta qualcosa nel sonno, Alex finisce di vestirsi e si
siede in una delle stazioni operative.
Vediamo se questi
aggeggi funzionano ancora.
I monitor partono con un singulto sfiatato ma costante.
Spagna, 2032
Natalia Burton è morta; ufficialmente, questa volta.
Alex scorre la notizia senza alcun apparente interesse, accavalla le
gambe sotto il tavolino.
"I Burton seppelliscono un'altra vittima del bioterrorismo." dice, e
intanto spinge avanti e indietro un passeggino "Un vero peccato."
Il cameriere le porge un caffè freddo e due torrijas, Alex
accenna un sorriso.
"Vuole che le scaldi il biberon per il bambino?" le chiede, indicando
il passeggino.
"Certo." replica Alex, e amplia il sorriso "Mi farebbe un immenso
piacere."
Il cameriere rientra all'interno del bar, il bambino la fissa ostile.
"Che c'è?" replica Alex, chiudendo di scatto il giornale
"Mica posso farmi venire il latte per davvero; dovrai accontentarti di
quello il polvere. Se vuoi qualcosa di più solido fatti
spuntare i denti."
Albert aggrotta le sopracciglia e le lancia addosso l'unica cosa che
riesce a sollevare; il suo misero orsacchiotto di pezza.
Spagna, 2032
"Stai fermo."
Albert schiaccia
il papero fino a fargli esplodere la testa, gioca
divertito con il gatto.
Abbiamo capito; le
papere non ci piacciono, i felini sì.
"Stai. Fermo." gli ripete Alex, ma il bambino la ignora, sollevando un
pugno d'acqua che va a bagnarle tutta la camicia.
"No." sibila Alex "Non è che perché sei piccolo
puoi far finta di passare per cretino."
Albert stira le labbra in un sorriso inquietante sul viso di un bambino
di soli sette mesi, emette una serie di sillabe fin troppo chiare.
La mente di un uomo
intrappolata nel corpo di un neonato.
"Hai davvero detto
quello che penso?"
Albert amplia il sorriso, snuda i denti (quei pochi che hanno
cominciato a spuntargli)
Alex sospira e medita di lasciargli scivolare tutto il sapone
negli
occhi.
Spagna, 2033
"Non so montarlo."
Una risatina nervosa; gelida.
"Io,
che ho piegato virus interi al mio intelletto e la morte stessa
alla mia volontà, non so montare un dannato lettino."
Albert distoglie lo sguardo dalla televisione, lo posa sul viso
contratto di Alex.
A un anno e due mesi è già in grado di completare
frasi di senso compiuto e precede ogni altro bambino - divora lo spazio
che lo divide dalla completa e corretta sintassi di un adulto.
Alex sbatte al suolo un pezzo del lettino, frustrata.
Albert si avvicina, le cerca le mani, il volto.
"Non so neanche come ho fatto a portarti fino a qui."
Il lettino giace sul tappeto, piegato
- rotto.
"Ho rischiato di ucciderti più volte di quante riesca a
ricordare."
Albert alza un sopracciglio, scettico.
"A momenti affogavi nella vasca."
Albert soppesa l'informazione, si scrolla nelle spalle.
"Quasi ti davo fuoco sul fornello."
Un'altra scrollata di spalle.
"E non dimentichiamoci di quando ho rischiato di farti cadere dalle
scale."
Albert sembra valutare anche quel ricordo, abbozza un mezzo sorriso.
Alex sospira e decide che il lettino lo comprerà
già assemblato.
Germania, 2034
È nero il cielo sopra Berlino, solido e grumoso come fango
secco.
Alex osserva le nubi aggredire l'orizzonte, cani rabbiosi che
stracciano le ultime tracce di luce rimaste.
Domina la città dall'attico che hanno affittato, scivola con
lo sguardo sulle persone sottostanti - vite intere che dondolano sul
filo della fine.
"Mi piace." la sorprende Albert, una mano nella sua e occhi
così da azzurri da essere quasi trasparenti.
Alex non distoglie lo sguardo dalla tempesta in arrivo, rafforza la
presa attorno alle sue piccole dita.
"Non ci rimarremo molto; Claire Redfield è sulle nostre
tracce."
Albert inclina la testa in avanti, aggrotta le sopracciglia.
"Claire... Redfield?"
"Non te la ricordi?"
Wesker emette un verso irritato, si scosta dal suo fianco.
"No." e ingoia frustrazione e sconfitta.
"È tutto a posto." lo rassicura Alex "Torneranno." continua
"La tua mente non è ancora pronta ad accettarli, ma i tuoi
ricordi ci sono ancora tutti. Devi solo aver pazienza."
Il primo tuono scuote la vetrata, la pioggia è densa e
pesante come sangue.
Albert si siede sul pavimento spoglio e aspetta.
Germania, 2035
"Chi è William?"
Alex chiude lo sportello del frigorifero, lo fissa con ancora in mano
una tagliata di manzo grondante sangue.
"William?" ripete, e la butta in padella, accendendo il fornello.
"William Birkin." specifica Albert, e la sua voce ha una piega quasi
adulta.
Alex osserva la carne cominciare a cuocersi, il sangue e le proteine
raggrupparsi in piccoli grumi mollicci.
"Un tuo collega."
"Era più di questo." ribatte Wesker, e adesso ne
è sicura; la sua voce ha
indubbiamente una sfumatura adulta.
"Un amico." ammette poi, e gira la bistecca dall'altro lato.
"È morto." e non è una domanda.
"Sì."
"È morto e io
l'ho abbandonato."
Alex aggiunge un rametto di rosmarino, controlla l'orologio.
"Ho abbandonato lui e Annette. E Sherry."
Alex stringe le labbra in una linea sottile, i ricordi un pugno di
vetri giù per la gola.
"È colpa mia."
Alex si volta, Albert evita il suo sguardo.
Il senso di colpa è un sentimento nuovo per entrambi.
Grecia, 2036
Natalia Dubrova, agente turistico.
Dietro questa maschera Alex ha nascosto il suo volto; attorno a questa
menzogna ha costruito un altro breve
istante di felicità.
Il sole le ha colorato la pelle, il cuore; sorride più
spesso, ride
più spesso.
Ha imparato che esisteva un altro modo di
vivere oltre le mura
dell'Umbrella (sepolcri a cielo aperto) e che valeva
la pena di
scoprirlo.
Albert socchiude gli occhi al suo fianco, lascia che il mare gli
blandisca le caviglie.
È un bambino silenzioso (più degli altri)
intelligente (troppo)
Ha quattro anni adesso e il suo profilo già ricorda l'eco di
un passato che sarà anche futuro.
Affilato - spietato. Una
lama nell'oscurità che l'aveva
sempre circondato.
Inspira, e il mare ruggisce
- un'onda che scuote l'intero orizzonte.
Alex gli accarezza una spalla e torna a osservare il sole morente.
Francia, 2037
All'ombra della torre Eiffel le hanno regalato una rosa.
È nel pieno della sua bellezza e profuma già di
morte (questione di poche ore.)
Alex può vederne i parassiti intaccarne i petali, il nucleo.
Può vedere la decomposizione aggredirne i bordi,
accartocciarli su se stessi e lasciarli grondare nero e veleno.
Alex sorride al venditore, gli rivolge un tiepido cenno del capo.
Albert invece fissa la rosa come incantato, allunga le dita nella sua
direzione.
Verso di lei.
La morte è sempre stata la sua puttana preferita.
Scozia, 2038
La memoria è un pungolo rovente nella mente, un morso che
non concede requie.
Strappa, sbrana, strazia
senza alcuna pietà.
Albert trattiene un singhiozzo, si raggomitola su se stesso.
"È normale." cerca di rassicurarlo Alex "I ricordi sanno
essere dolorosi."
Albert apre la bocca, la richiude.
Cerca di resistere alle immagini che lo schiacciano tra le lenzuola, ma
sono troppe - troppo.
Uomini squarciati, donne sventrate nel silenzio di un laboratorio
sterile.
Bambini strappati alle loro famiglie, cresciuti per essere sudditi di
un Crono malato e putrescente.
Città distrutte senza un rimorso, vite spezzate come
valessero nulla.
Fiducie calpestate, tradite, svendute.
Amori bruciati nella sua ambizione, possibilità divorate
dalla sua arroganza.
Albert serra le palpebre, si nasconde nell'esplosione di luci che
accompagna il suo gesto.
"Albert." lo chiama Alex, e intreccia le dita nei suoi capelli
"Guardami."
Wesker sospira, apre gli occhi.
Alexandra.
Il vecchio Albert Wesker avanza di un altro passo.
America, 2039
Raccoon City è polvere e ricordi - macerie che dicono ancora
troppo.
Alex si arrotola la sciarpa attorno al collo, un nastro di sangue con
cui il vento si diverte a giocare.
Osserva l'erba muoversi attorno alle sue caviglie, il cielo tingersi
d'una sfumatura più scura - quasi una contusione.
"Adesso ricordi?"
Albert strappa un ciuffo d'erba, ascolta il silenzio.
"Sì." dice, e batte la mano un paio di volte nel terreno
"Laboratorio 5, settore A." rialza lo sguardo, la cerca "Abbiamo perso
i contatti con loro almeno cinque giorni prima di Villa Spencer."
Affonda le
dita nella terra umida, inclina il capo verso destra.
Ascolta.
Sotto, la triste marcia di chi non ha mai smesso di morire.
Inghilterra, 2040
Claire è una regina senza corona; una giovinezza bruciata in
pochi istanti.
Raccoon City. Rockfort.
Sushestvovanie.
Aveva fissato Albert, lei.
Aveva osservato un bambino che mangiava un biscotto al miele e sua
madre.
Aveva cercato una risposta che non potevano darle; l'orribile paradosso
di una storia arrivata al suo ultimo capitolo.
"Non... non ricorda
nulla?"
"Non sempre."
Alex si era protesa in avanti (attacco)
Claire aveva lasciato cadere la
pistola (resa)
Ucciderlo non era mai stata la soluzione.
Svizzera, 2041
Un peso dall'altra parte del letto; il materasso che s'inclina, mani
piccole che le cercano la spalla, la scuotono.
"Sei sveglia?"
Un pigolio fragile; infantile.
"Ho avuto un incubo."
Un ricordo.
"Alex." la chiama, e lei risponde - sempre.
"Chris Redfield mi ha ucciso."
Gli cerca il volto nell'oscurità della stanza; trova solo
lacrime asciutte e un profilo sgualcito.
"Quel figlio di puttana
mi ha colpito con un RPG - 7 dritto in faccia."
Alex si solleva sui gomiti, gli blandisce la curva delicata della nuca.
"Nella lava. Mentre soffocavo in un
dannato vulcano."
Kijuju.
"E sai qual è la cosa
peggiore di tutte?"
Alex arresta i movimenti della sua mano, ascolta.
Conosce già
la risposta.
Nel buio della camera gli occhi di Albert assumono una sfumatura
rossastra, lucciole infernali che ne illuminano gli zigomi, le labbra.
"Che aveva ragione."
"È finita,
Wesker; sei solo, ormai. Non c'è
più nessuno che possa aiutarti. Non sei altro che l'ennesimo
avanzo dell'Umbrella."
L'Uroboros si era rivelato il suo fallimento peggiore.
Spagna, 2042
"Per quanto?" chiede, e Alex scruta con occhi critico la loro nuova
casa.
"Per un po'." risponde, e scivola con lo sguardo nella sua direzione.
"Ci stanno ancora cercando." dice Albert, e appoggia la sua piccola
valigia contro il muro.
"Non i Redfield."
"Ma le Famiglie
sì."
Alex scosta le tende, regala al panorama solo una debole occhiata.
"Ti ricordi di loro?"
"Purtroppo."
Alex ispeziona la cucina, il terrazzo; annuisce, soddisfatta.
"Per adesso siamo al sicuro."
Albert sposta il peso da un piede all'altro, la segue su per le scale.
Ci vorranno almeno quattro anni perché il pericolo torni a
bussare alla loro porta.
Austria, 2046
Conti offshore, vestiti costosi.
Alex si presenta a tutti come una giovane madre divorziata con un
adolescente di cui prendersi cura e una triste storia d'amore alle
spalle.
Una verità a
metà.
Ascolta le parole dei professori, sorride.
Vanessa le mima gesti annoiati da lontano, Alex risponde con un cenno
del capo.
Stupida puttana.
Ha provato a integrarsi tra di loro; ad ascoltare i loro insipidi
discorsi e le loro vuote lamentele.
Ha provato a comprenderle, anche solo per un istante.
Ha provato a dimenticare le sue origini, la tragedia da cui
è nata e per la quale è morta.
Ci ha provato.
Non ha funzionato.
Alex sospira, gioca con l'anello che porta al dito (Bulgari, oro rosa
diciotto carati e marmo blu)
Vanessa chiama il suo nome (basta)
e Alex si chiede che sapore
avrebbero le sue grida se le strappasse la faccia mentre ancora
respira.
Svezia, 2049
Una puntura improvvisa, inaspettata.
Una strana irritazione che prendeva il sopravvento ogni volta che
fissava il suo
viso (capelli pallidi, occhi castani. Un'espressione
dolce, un sorriso sincero) l'inquieto ringhiare del Progenitore tra le
radici dei suoi pensieri.
Il desiderio di schiacciarla,
di smembrarla
- pezzo per pezzo.
Il bisogno
di saperla in ginocchio, soffocata dal suo stesso sangue,
agonizzante nella sua stessa carne.
La brama
di sentire le sue ossa rompersi tra le mani, incastrarsi sotto
le unghie - distruggerla,
fino a trasformarla in un'inutile pozza
molliccia e umida sotto i piedi.
Alex fissa il caffè scendere nella tazza, stringe le dita
sul bancone della cucina.
Ingoia aria e rabbia.
"Hilda." dice, e alza un sopracciglio "Sembra una ragazza interessante."
"Dipende." replica Albert, e cerca i suoi occhi "È un po'
noiosa."
Alex si porta la tazza alle labbra, lo soppesa in silenzio.
La gelosia è un veleno a cui nessuno dei due è
immune.
Marocco, 2053
Lo spettacolo è al suo ultimo atto, le maschere non reggono
più.
Albert le cerca la bocca, la curva morbida dei fianchi.
Alex gli artiglia la nuca, stringe
- mormora il suo nome.
Sulla carta sono ancora madre e figlio - due identità senza
valore.
Sotto la lingua, quello che erano sempre stati - Albert e Alex Wesker,
enfant prodige.
Bambini distrutti,
adulti spezzati.
Alex sorride all'unico uomo mostro per cui sia mai valsa la pena morire
vivere.
Italia, 2055
"Prima o poi dovrai farlo."
"Lo so."
"Il virus deve essere attivato prima di poter esprimere il suo pieno
potenziale."
Alex sospira nel cuscino, si rilassa sotto il tocco di Albert.
"Conosco il funzionamento del Progenitore."
"Ma non lo vuoi fare."
Le percorre le vertebre con la punta delle dita, respira tra i suoi
capelli.
"Non ancora."
Alex gli appoggia una mano sul petto, ascolta un cuore che pulsa e vive
e batte.
"Non ancora." ripete, e chiude gli occhi - gli cerca le labbra, il
corpo.
Il tempo giace adesso ai loro piedi, sconfitto.
Portogallo, 2061
"E quello cosa sarebbe?"
Alex fissa il piano della cucina interdetta, incrocia le braccia al
petto.
"Un tentativo." replica.
Albert alza un sopracciglio, trattiene una risata.
"Di cosa?"
Le labbra di Alex si stringono in una linea sottile, le narici si
dilatano.
"Una torta."
Silenzio.
"Una torta al limone."
Imbarazzante
silenzio.
"Cosa?" incalza "Credi che non ne sia capace?"
Ulteriore, terribile,
silenzio.
Albert arriccia un angolo della bocca, studia in tralice la sagoma
informe che giace sul tavolo.
"Dico solo che forse
Lisa Trevor avrebbe saputo fare un lavoro
migliore."
Alex esce dalla cucina sbattendo la porta e masticando una serie
interminabile d'insulti.
Brasile, 2066
C'era qualcosa di grottesco e magnifico nella loro relazione; una
complessa dinamica di ruoli che si erano modificati di anno in anno.
Erano nati cent'anni prima, mentre Kennedy vinceva le elezioni e in
Italia usciva La Dolce
Vita di Fellini.
Erano cresciuti all'ombra di un'azienda che aveva dominato il mondo (e
lo faceva ancora.)
Allevati per
essere quello che erano, spronati
a combattersi a vicenda
- a scalare la gerarchia del comando.
I Wesker Children erano figli di una guerra che ancora bruciava nel
cuore dell'Europa, i sogni deliranti di un uomo che credeva di poter
creare gli alfieri perfetti per la propria apocalisse.
Avevano attraversato l'epoca del Vietnam, del Progetto Gutenberg e
della presidenza di Reagan.
Si erano conosciuti come rivali, colleghi, amanti.
Si erano separati quasi
umani - erano tornati a incontrarsi da mostri e
dèi.
Avevano lottato insieme per abbattere Crono (sorella e fratello) erano
morti da soli (Alex e Albert)
E poi era stata data loro una seconda possibilità; una nuova
pagina su per cui riscrivere l'epilogo.
Natalia
Alex e Albert.
Di nuovo, ancora - sempre.
Madre e figlio,
sorella e
fratello, uomo e donna.
Personaggi e maschere;
identità rubate, indossate come una
seconda pelle - sempre troppo piccola, troppo scomoda.
Alex sobbalza quando l'aereo dà uno scossone per una
turbolenza, si aggrappa al suo braccio.
Albert le rivolge uno sguardo in tralice, abbozza un sorriso divertito.
Soggetto #12, soggetto
#13.
Alla fine solo due creature troppo sole
uniche per non cercare
consolazione una ragione l'una nell'altra.
Russia, 2070
Avrebbe dovuto farlo lei; avrebbe dovuto dargli ascolto.
Farà male.
Alex osserva il suo corpo cadere, il petto squarciarsi - le
costole
rompere la pelle e schiudersi come una bocca ingorda e grottesca.
Sa che questa non è la fine (ma solo l'inizio.)
Sa che sarebbe dovuto succedere comunque (ma avrebbe potuto farlo lei:
evitargli tutto quel dolore - quella sofferenza.)
Sa che il Progenitore è più forte delle loro armi
(della morte) ma ciò non cambia quello che prova.
Quello che minaccia di
schiacciarle il petto e il cuore.
Albert crolla sulle ginocchia, vomita sangue e bile.
Sbavature rosse lungo il
mento, tra i denti.
I proiettili scivolano tra di loro - uggiolano.
Albert le cerca gli occhi (tornerò)
Alex li osserva
spegnersi e diventare pezzi di vetro opachi e senza alcun colore.
Non di nuovo.
I mercenari avanzano, calpestano il suo corpo senza vita.
Alex snuda i denti e scatta in avanti.
Russia, 2070
Il Progenitore non uccide, non permette di vivere.
Ti lascia lì,
sospeso in quel nulla senza colore e senza
odore.
Nel mezzo Wesker è tutto e niente - bambino, adulto,
vecchio, vivo
e morto -
eterno.
Non c'è suono, non c'è sapore; il Progenitore
è una medicina insipida, un parassita pallido e smorto.
Aggredisce
le sue cellule, le loro membrane.
Spinge la
mitosi a una velocità impossibile, protegge i
telomeri.
Espande i suoi polmoni, stringe
il suo cuore - lo costringe a battere,
a vivere.
Il Progenitore è tutto quello che ha conosciuto - che
è sempre stato.
Inspira (fa male),
su per la gola un grumo di sangue coagulato e
saliva.
I primi movimenti sono scoordinati, dolorosi.
Qualcosa gli sfiora il fianco (un piede) la sua mano scatta prima dei
suoi pensieri (istinto)
Crack.
Qualcuno cade. Qualcuno muore.
Il Progenitore (Albert) ringhia,
scivola sul corpo di uno dei mercenari
(affonda fino
al gomito dentro l'addome sventrato, si veste di morte e
rovina)
L'odore di Alex lo induce a voltarsi verso destra (cordite e
adrenalina) una sagoma gli esplode
davanti.
Braccia divelte e viso
tumefatto; tutto ciò che resta dopo
aver incontrato la rabbia di Alex.
Alex incrocia i suoi occhi, penetra
nei suoi pensieri.
Gronda sangue e altro
- membra umane e frammenti d'ossa.
Ha il respiro spezzato, la pupilla dilatata - un animale in caccia.
"Una donna può diventare vecchia mentre ti aspetta, Albert."
Wesker sorride e ascolta i passi degli altri mercenari affrettarsi su
per le scale.
Russia, 2070
Diversa nazione, laboratori sempre uguali.
Pareti metalliche, pavimenti bianchi; ovunque il logo
dell'Umbrella.
Alex conosceva a memoria tutte le loro locazioni, ogni codice di
accesso, tutti gli esperimenti che vi erano stati condotti.
Essere stata il braccio
destro di Spencer le aveva regalato qualche
vantaggio, almeno.
Controlla la ferita di Albert, ne percorre i bordi slabbrati con la
punta delle dita.
"Ti fa male?" gli chiede, e intanto comincia ad applicare le garze.
"No."
Alex annuisce, osserva piccole gocce di sangue fiorire a ogni respiro.
"Il Progenitore ha fatto il suo dovere." nota, e ferma il bendaggio
"Ironico come tu abbia la stessa età della prima volta."
Albert inspira bruscamente, percepisce l'odore di Alex - sulla pelle,
tra le cosce.
"Non eri più abituato?"
Alex si sfila la camicia intrisa di sangue e parti mollicce, la lascia
cadere a terra con un plof
umido e soffice.
Albert inclina il mento nella sua direzione, percorre con lo sguardo il
profilo elegante del collo, la curva piena dei seni, la linea piatta
dell'addome.
Si stupisce di quanto
il Progenitore abbia modificato; della forza
della memoria genetica.
Natalia era morta sotto
il peso di Alex e persino il suo corpo si era
dovuto piegare alla brutalità della sua coscienza - occhi
né castani né azzurri, capelli sempre
più chiari.
Albert rialza lo sguardo, cerca il suo.
Il cerchio è
completo, la storia conclusa; l'Uroboros ha
trovato il suo inizio e la sua fine.
Il desiderio è un morso al cuore e sulle labbra.
Russia, 2070
Egoisti entrambi; affamati sempre di troppo.
Alex percorre la sua erezione con la lingua, la bocca; stringe.
Albert le rovescia la testa all'indietro, la costringe a guardarlo
mentre la cerca tra le cosce - mentre la porta così vicina
all'orgasmo e...
"Figlio di puttana." mastica, e gli affonda le unghie nelle spalle.
Albert ride
nell'incavo del suo collo, scende poi a lambire l'areola
chiara del seno.
Pelle umida di sangue e sudore, ansiti spezzati.
Alex scivola lungo la parete (gelida), morde.
Albert reprime un gemito, l'afferra per la gola e preme.
Gambe nude attorno ai suoi fianchi, un abbandono che ha lo stesso
sapore della morte (della vita)
Le solleva il mento con il pollice, preme l'indice nella pelle tenera
della guancia.
Gli occhi di Alex brillano
(una luce malata, insana)
la sua bocca cede
sotto quella di Albert.
Non ha paura, non ha
limiti.
Il dolore ha una qualità squisitamente
sessuale per Alex, un
corpo nuovo che le permette di fare tutto (di provare tutto)
Lo colpisce al petto, lo costringe a rafforzare la presa sui suoi
fianchi - a lasciarle le impronte violacee di quell'amplesso vorace.
Albert emette un verso a metà tra il ringhio e il sospiro,
la schiaccia tra sé e il muro - affonda.
Oh.
Alex sgrana gli occhi, incide
mezzelune di sangue e voglia.
"Questo..." e stringe i denti quando Albert comincia a muoversi tra le
sue natiche "Questo
non me l'aspettavo."
Albert sorride (crudele)
percorre in punta di lingua un filo di sangue
ormai rappreso.
Alex s'inarca all'indietro e libera un gemito che non ha quasi nulla
d'umano.
Cina, 2072
Il mondo è cambiato (loro no)
Alex osserva l'economia asiatica crollare, l'Europa affondare tra le
sue stesse macerie.
Ci sono voluti più anni del previsto, ma nulla è
davvero eterno (forse nemmeno loro)
Albert evita una scarica di proiettili, si chiede se questa
sia l'anticamera della terza guerra mondiale.
Se l'Uroboros non sarebbe stato solo in anticipo sui tempi.
La letteratura li avrebbe chiamati vampiri, il mito dèi.
La storia li avrebbe consacrati come immortali, la religione come
risorti.
La verità avrebbe invece parlato di due esperimenti, due
cavie da laboratorio, non poi così diversi dai topi sui
quali avevano lavorato per anni.
Soggetto #12, soggetto #13.
Un numero a due cifre; un nome sbiadito in un elenco spuntato.
Due bambini soli e dimenticati.
Il cielo si tinge di rosa, l'alba infrange il silenzio della notte.
Il mondo va avanti e loro con lui.
America, 2075
La quotidianità è qualcosa di strano - caldo
vicino al cuore, inquietante per la mente.
Le Famiglie sono distrutte (quelle che conoscevano il loro segreto) il
mondo muta senza morire mai (come loro)
Si erano trovati a fare i conti con lavori fittizi, nomi falsi,
appartamenti provvisori.
Si erano sorpresi a discutere per una scemenza, a litigare
per l'ultima vaschetta di gelato.
Avevano assistito alla nascita dei loro vicini, c'erano il giorno della
loro morte.
Non avevano mai stretto amicizie (bastavano l'uno all'altro) erano
rimasti fermi mentre tutto il resto crollava - cresceva e poi
appassiva.
Alex incrocia le gambe sotto il corpo, osserva con occhio critico il
sacchetto di biscotti.
"Cosa stai facendo?"
Alex rovista nel sacchetto, alza un sopracciglio.
Albert sospira, si stringe la radice del naso tra il pollice e
l'indice.
"Alex?"
"Trovato!"
Albert la osserva ritirare la mano trionfale e brandire una calamita a
forma di cupcake.
"Non ci posso credere." mormora, e scuote la testa.
"Che c'è?" replica Alex, e si alza "Mi mancava solo questa."
Albert accenna un sorriso a quel breve istante di normalità.
America, 2078
"Sta morendo."
Silenzio.
"Forse dovresti andare a vederlo."
"No."
Alex si avvicina, gli sfiora una spalla.
"È tutto ciò che resta di te - di noi - Albert."
Un suono strano - contrito.
"Non posso."
Alex china il capo, sospira.
"Mi ha salvato. Ci ha salvato."
Un singulto. Un gemito trattenuto.
"È tuo figlio, Albert. È Jake."
Wesker storna lo sguardo e abbandona ogni altra replica.
America, 2078
È così che apparirei se potessi invecchiare,
pensa mentre scivola con lo sguardo sul profilo esangue di Jake.
Sherry sembra leggermente più giovane (un regalo del virus
G) dorme raggomitolata sulla sedia vicina.
Alex è due passi dietro di lui, contrae le labbra in una
smorfia dolorosa - piena di rimorsi.
"Assomiglia terribilmente a William. E ad Annette."
Albert annuisce, continua a fissare Jake.
"Ha i tuoi occhi."
"Lo so."
"È stato un buon guerriero."
Silenzio.
"Era persino diventato amico di Redfield; l'ironia, eh?"
Alex stringe le mani in pugni chiusi dentro le tasche del cappotto,
ingoia bile e lacrime.
"Dio, mi sono proprio rammollita."
Albert allunga le dita verso il suo viso, gli sfiora la fronte.
Jake non apre gli occhi, non fa nulla; affida ciò che resta
della sua vita al monotono suono delle macchine ospedaliere.
"Forse se Aelita..."
"Non sarebbe cambiato niente." la interrompe Albert "Le cose sarebbero
solo peggiorate. Per lei, per lui. Per tutti noi."
Alex si morde il labbro, distoglie lo sguardo.
"Non manca molto."
"Lo so."
Il cuore di Jake è un battito incostante, debole; fragile.
"Vuoi..."
Restare?
Albert chiude gli occhi, li riapre; si chiede se sia giusto esserci
adesso - in questo momento - quando non c'è mai stato prima
(quando ancora poteva)
Sherry si muove nel sonno, cerca la mano di Jake - stringe.
"No." replica, e abbandona le mani lungo i fianchi "Non voglio. Non
posso."
Non ne ho il diritto.
Sherry libererà le lacrime che ha trattenuto solo quando li
percepirà uscire dalla stanza e diventare nuovamente cenere
e ricordo.
Giappone, 2080
Ciò che era rimasto è ora polvere e memoria.
Non c'è più niente che parli di loro, nessuno che
possa raccontare la verità.
Raccoon City è ormai un trafiletto nei libri di storia, il
Kijuju e Sushestvovanie cronache di anni difficili per il
bioterrorismo.
Di Spencer rimane solo il profilo di un uomo che ha distrutto la sua
stessa azienda, un vecchio corrotto e non più folle di molti
altri che l'hanno seguito.
Albert e Alex Wesker sono due nomi morti, un retaggio che continua solo
nei figli di Jake e Sherry - in una linea di sangue che il tempo sta
bevendo con sempre più avidità.
Alex alza lo sguardo verso il cielo, raccoglie un petalo di ciliegio
appena caduto.
Il parco di Ueno si è riempito di profumi e suoni, una
tradizione che ha attraversato i secoli immutata - resistente come il
paese a cui appartiene.
Albert si porta il bicchiere alle labbra, ascolta gli alberi fiorire e
morire - un ciclo senza fine, eterno.
Uroboros.
"Vorrei chiederti cosa faremo." mormora Alex, e si porta le ginocchia
al petto
"Vorrei chiederti perché lo faremo; se c'è ancora
spazio per noi adesso che tutto ciò che conoscevamo
è morto."
Albert osserva l'orizzonte, il sole ancora alto.
"Ma conosco già la risposta."
Alex strappa un filo d'erba, lo arrotola attorno al dito.
Wesker la studia in tralice, il profilo rilassato, il viso pulito; tra
i capelli una corona d'oro e rosa.
Petali di ciliegio e riflessi di luce.
Alex inclina il mento nella sua direzione, occhi limpidi come un cielo
invernale.
Zigomi alti, labbra sottili; il volto di Albert assomiglia a uno di
quegli idoli antichi, sgretolati dalla storia, ricostruiti dal bisogno
della memoria umana.
Sorride, e gli porge la mano, intrecciando le proprie dita
alle sue.
"Quando vuoi andiamo." gli dice, e Albert annuisce - le cerca la bocca,
la piega morbida del collo.
I ciliegi liberano nel vento tutto ciò che resta delle loro
ombre.
"They say war is hell,
so peace should be holy,
but darling, the only
thing I ever held sacred
was your name in my mouth.
They said do not take the
lord's name in vain,
so I muffle the sounds
against your neck,
and hope the heaven are
not listening."
- Unknown -
Note dell'autrice:
Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e
sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti
nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e
distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento
incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione
genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e
"sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del
progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione
di comportarsi come tali.
Secondo la legge
italiana non sono né discendenti
né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il
reato d'incesto non sussiste.
Per meglio comprendere
lo svolgersi degli eventi qui narrati si
consiglia la lettura delle one-shot "The biology of evil","Beautiful Life","Let us burn" e "Cupid carries a gun".
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