Fan Fiction - InuKag
Vi avverto: la sottoscritta
stessa, autrice, pensa che questa OneShot sia uno schifo. Eppure - non
riesco a capire perché - l'adoro al contempo. Se non
riuscite a capirmi, non importa. Sappiate che la strana sono io. xD
La vita è così strana.
Un giorno sei stravaccato dietro una
scrivania, attorniato da colleghi di lavoro, vestito con un completo
gessato e rigorosamente firmato, i soldi che traboccano da ogni dove. E
il giorno dopo sei seduto all'angolo buio di un vicolo, vestito di
stracci e coperto da un plaid chiazzato e consunto, mentre i tuoi
occhi osservano spenti il mondo circostante.
Coppie con le mani unite, le mamme e le loro bambine che fanno compere,
ragazzi che, con i loro amici, scorrazzano in bibicletta, schiamazzando
e facendo del loro meglio per disturbare la quiete pubblica.
La vita va avanti. Per tutti. Escludendo me, ovviamente.
Com'è possibile che, da un momento all'altro, dalla mattina
alla sera, la mia vita sia totalmente cambiata?
Tante volte mi sono posto questa domanda, eppure nessuna di queste
volte ho trovato la risposta. Ho forse sbagliato qualcosa? Sono stato
io a causare tutto ciò? O forse era destino che succedesse
ciò che è avvenuto?
E' proprio vero, non riesco a capacitarmi di niente. Le
novità
mi spiazzano e mi lasciano senza parole. Buttano giù le mie
barriere, lasciando che il mio corpo e la mia anima vengano investiti
dalla palese realtà. Sono abitudinario e lo sono sempre
stato.
Sarebbe il caso di mettersi l'anima in pace, un giorno o l'altro. Devo
accettare il fatto di essere ormai lontano da tutto ciò che,
in
passato, faceva parte della mia vita.
I miei vecchi amici mi hanno abbandonato al mio destino, tutt'altro che
preoccupati per colui che aveva tante volte scaricato la sua rabbia su
di loro, che altrettante volte li aveva abbandonati, non sapendo
realmente cosa fare per poterli aiutare. La mia mancanza di esperienza
e la propensione naturale per l'egoismo, al giorno d'oggi, mi lasciano
senza parole.
Sono sempre stato un bastardo coi fiocchi, sin da quand'ero un bambino.
Capriccioso e scansafatiche. Perennemente sul piedistallo e, nonostante
tutto, un passo avanti rispetto al mio caro fratello, Sesshoumaru. Lui,
così perfetto e così portato per fare qualsiasi
cosa.
Intelligente, bello, serio e perspicace. Tutto ciò che io
non
sono, per farla breve.
I miei genitori hanno sempre preferito me a lui, facendo in modo che io
avessi sempre a disposizione ciò che desideravo, viziandomi
come
mai con Sesshoumaru avevano fatto, perdonandomi per le innumerevoli
sciocchezze commesse. Io avevo tutto, dalla vita. Tutto.
Ed ora mi ritrovo qui, in un vicolo sporco, seduto accanto ad alcuni
cassonetti della spazzatura, intento a guardare i passanti che, a loro
volta, mi squadrano. Chi incuriosito, chi indifferente. Altri mi
rivolgono occhiate truci, altri ancora si allontanano, come se avessero
paura di uno scatto da parte mia. Anche io, un tempo, avrei fatto come
loro. Avrei gettato un'occhiata schifata, dopodiché mi sarei
allontanato e, armato di occhiali firmati e di chiavi di
chissà
quale macchina sportiva del costo di migliaia di yen, me ne sarei
andato, facendo sì che proprio il vagabondo potesse notare
il
mio amore per la fastosità e per le cose belle.
Ora che, invece, mi trovo nei panni opposti, sento di provare ribrezzo
per quello che ero in passato. Un damerino ingioiellato e riccamente
vestito, pieno di soldi, con cellulari di ultima generazione e un
atteggiamento spocchioso e superbo. Mi faccio schifo. Seriamente.
Da quando sono diventato un vagabondo, la gente mi ha sempre evitato.
Da un lato riesco anche a capirli, in quanto, avendo provato cosa
significhi essere ricchi, so come sia difficile riuscire a comprendere
le sofferenze che, giorno dopo giorno, un barbone subisce.
Tre settimane fa ho festeggiato il mio secondo anniversario per il mio
nuovo status sociale. Ho rubato un pacco di croissant confezionati da
un supermercato e, dopo aver seminato il mio inseguitore - un uomo
barbuto e grasso con in mano il cordless del negozio -, mi sono
nascosto nel mio solito rifugio, freddo e colmo di ragnatele, per
gustarmi in santa pace i dolcetti.
Non feci neanche in tempo a sedermi sulla fredda coperta. Mi accorsi
subito del fatto che, a pochi passi di distanza da me, vi era una
ragazza, che mi osservava incuriosita dall'alto. Inarcai un
sopracciglio, stupito di quell'apparizione. Non feci subito caso al
fatto che quella fanciulla fosse così bella. Mi resi conto
di
ciò solamente quando ella s'inchinò di fronte a
me,
piegata sulle ginocchia.
Aveva capelli neri e mossi, sciolti sulle spalle. Un tenero e perfetto
nasino all'insù, labbra rosee e carnose al punto giusto,
occhi
color caffé, brillanti e vivaci. Indossava una giacchettina
di
cotone azzurra, una gonna dello stesso colore e una maglietta bianca.
Al collo - un particolare che mi aveva subito attirato - era legato un
foulard bianco candido, i cui lembi erano leggermente ruotati verso la
sua destra.
Bellissima. E profumava di vaniglia, sì. Una dolce e fresca
fragranza che colpì le mie narici e che rimase impressa
nella
mia memoria per tanto tempo da quel giorno.
"Ciao!"
Mi salutò con un sorriso dolce e luminoso, avvicinandosi di
un
altro passo a me. Fra le mani reggeva una bustina gialla, ma in quel
momento non riuscii a capirne il contenuto.
La guardai negli occhi, puntando le mie fredde e penetranti iridi
dorate nelle sue, scure come la cioccolata. Da un po' di tempo il mio
status da vagabondo non mi aveva permesso di parlare con qualcuno che
non fosse uno come me. Una volta parlai con due poliziotti che volevano
arrestarmi. Ma quella è un'altra storia, no?
Approfittare o meno dell'occasione di parlare con qualcuno? Il mio
animo freddo e calcolatore m'impose di pensare qualche attimo prima di
fare qualsiasi cosa.
"Chi sei?"
Sgarbato come sempre. Perennemente sulla difensiva. Mai abbassare la
guardia.
"Sono Kagome. Piacere di conoscerti, ... ?"
Lasciò la domanda in sospeso, come se volesse proprio sapere
il
mio nome. In un angolo della mia testa, una vocina mi spronava a
parlare con la sconosciuta. Eppure pareva che la mia lingua fosse
impastata, o che la facoltà cerebrale del linguaggio fosse
andata a farsi fottere.
Fu quasi per miracolo che riuscii ad aprire bocca.
"InuYasha."
Risposi, appoggiando il pacco di croissant davanti a me. Una leggera
brezza primaverile mi travolse, scompigliando leggermente i miei
capelli argentati. Quello strano colore che a lungo ho cercato di
nascondere. Quel colore e non solo. Le mie fottutissime orecchiette da
cane erano in quel momento nascoste sotto una cuffia nera, anch'essa
rubata in un negozio d'abbigliamento. Meglio evitare di mostrare al
mondo anche la sua natura di hanyou. Avrebbe fatto di sicuro una brutta
fine.
"Bene, InuYasha."
Mi sorrise, contenta. Di sicuro ero più grande di lei di
qualche
anno. Da cosa potevo notarlo? Beh, da niente, in realtà. La
mia
era una semplice sensazione del momento.
"A cosa ti serve un intero pacco di croissant?"
Domandò, una nota di divertimento appena udibile nella voce,
le iridi ora puntate sul pacco di dolci.
Avrei tanto voluto mandarla a quel paese e dirle di farsi i cazzi suoi,
ma non ci riuscii proprio. Quel viso era così bello da
osservare
mentre ella sorrideva. Così tanto che permettere a quei
lineamenti distesi di mutare mi era parso crudele.
"Oggi festeggio il mio anniversario da pezzente."
Commentai, non riuscendo ad evitare che un po' d'acidità
s'intromettesse tra le mie parole. Affamato, stanco e sconsolato.
Possibile che quella là mi avesse fatto una domanda stupida
su
un pacco di dolci confezionati?
"Oh..."
La vidi in imbarazzo. Le guance si tinsero lievemente di un tenue rosso
e riuscii a reprimere a stento un sorriso spontaneo e pieno d'allegria.
"Mi dispiace... Però una festa è sempre una
festa, e i
croissant alla marmellata non mi paiono un buon modo per festeggiare.
Non sembra anche a te?"
La sua espressione facciale mutò così
improvvisamente che
quasi non me ne accorsi. Pensai che quella ragazza fosse stramba. O ero
io quello strano?
"Già."
Risposi, grattandomi la tempia sinistra con la mano. Mi chiesi ancora
una volta che cosa Kagome ci facesse lì con me. Ero talmente
abituato a stare da solo che parlare con qualcuno mi sembrò,
in
quel momento, una cosa totalmente estranea al mio essere e alla mia
persona.
Venni distratto dai movimenti repentini della fanciulla, che
rovistò nella famosa busta gialla, da cui estrasse una
candelina. Forse anche lei doveva festeggiare qualcosa?
Afferrò
il pacco di croissant, ne tirò fuori uno e, avendolo
scartato,
v'infilò al centro la candelina. La accese con un accendino
-
fumava? Un peccato - e mi guardò contenta, aspettando una
mia
reazione.
Io osservai a lungo quell'opera, basito dal gesto inaspettato. Non
riuscivo ancora una volta a spiccicare parola, segretamente sconvolto
per ciò che Kagome aveva fatto. Nessuno, in due anni, aveva
mai
fatto questo per me.
"Forza, esprimi un desiderio. E poi soffia."
M'incitò lei, gesticolando freneticamente con le mani nivee
e
ben curate. Mi permisi di guardare un'altra volta, ammirando i
lineamenti perfetti del suo volto, quindi chiusi gli occhi e, serrando
le mani a pugno, pensai intensamente.
Ovviamente non vi dico cosa pensai. E' pur sempre un segreto.
Però credo che, con uno sforzo, potreste arrivarci.
Mi sporsi in avanti e soffiai sulla candelina, spegnendo al primo colpo
la fiamma. Sollevai il viso verso Kagome e sciolsi la stretta del pugno.
"Grazie."
Sussurrai, come se avessi avuto paura che qualcuno potesse sentirmi.
"E di cosa?"
Ribattè lei, battendo le mani e riportandosi in posizione
eretta. Guardò l'orologio e strabuzzò gli occhi.
Estrasse
dal taschino della giacchetta azzurra un bigliettino e me lo diede.
"Questo è il mio numero, InuYasha. Per qualsiasi cosa, puoi
chiamarmi. Ciao!"
Si voltò e corse via, tenendo nella mano destra la busta
gialla,
i capelli che ondeggiavano leggeri per il movimento. Sorrisi, prendendo
fra le mani il bigliettino. Lessi la parola "Kagome", tracciata in
eleganti ideogrammi, e il numero di cellulare.
Aggrottai le sopracciglia, confuso. La cara e piccola Kagome, beata
nella sua ingenuità, si era dimenticata una cosa assai
importante, che mi fece sorridere ancora una volta.
Io non posseggo un telefono.
»
Angolo
dell'Autrice
Come ho scritto nell'introduzione e come avete potuto leggere, in
questa storia non è presente la coppia InuYasha x Kagome, ma
semplicemente compaiono i due personaggi, non legati da un legame
sentimentale.. Ho preferito, stavolta, occuparmi esclusivamente della
psicologia di un InuYasha che, nonostante l'ambientazione AU, spero non
sia risultato OOC in tutto e per tutto.
Ringrazio il mio computer, che oggi mi ha permesso di utilizzare al
meglio NVU, senza blocchi o impallamenti vari.
E ringrazio anticipatamente tutti coloro che, spero, leggeranno questa
rappresentazione di deficienza assoluta.
Abbracci,
Kade
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