THE WINTER SOLDIER
L'esperimento Der Wintersoldat, come lo chiamava l'associazione HYDRA,
era stato rubato dai sovietici, e ribattezzato con il nome di Другая
война (Druga'ja vojna). Si trattava di un tentativo di ricreare un
modello di supersoldato pronto ad opporsi al Captain America negli
U.S.A. durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il caso volle che il soldato prescelto fosse una persona che meno di
tutti avrebbe dovuto avere questo onore -se così si poteva
dire-, James Buchanan Barnes, il migliore amico di Captain America.
Il suo corpo era stato rivenuto nelle Alpi dopo un attentato al Teschio
Rosso da parte degli Howling Commandos, un gruppo speciale guidato da
Captain America. A causa della violenta caduta e dell'altezza il
sergente della 107ª fanteria aveva perso un braccio, e
stranamente era ancora vivo. O meglio, era *in fin di vita*.
Era perfetto per il loro scopo. Non ricordava nulla, il fisico era
già abituato a situazioni estreme e tutti lo avevano dato
per disperso e morto. Era più che perfetto.
Sembrava tutto un sogno. Un incubo. La testa mi faceva male in modo
assurdo: la sentivo girare, la sentivo pesante e non mi aiutava con la
nausa che mi bruciava lo stomaco, poiché me la faceva
peggiorare. La nuca mi tirava il capo all'indietro, lo stomaco si era
chiuso e nonostante avessero provato a darmi dell'acqua la rimettevo.
Anche le palpebre erano pesanti. Non riuscivo a sollevarle eppure non
c'era nessun ostacolo davanti, se non la forza gravitazionale.
Pregavo, pregavo. Mi ero salvato? Ero morto? Ero in purgatorio? Dove
esattamente ero? Perché sentivo voci e non le capivo? Cosa
dicevano?
Mi inarcai in un sussulto. Qualcosa mi aveva punto il braccio, qualcosa
me lo stava trapanando. Qualcosa faceva male e provavo ad urlare! Ero
disperato, non usavano nulla per ammorbidire il dolore! Dio, dov'eri!?
Sentivo la pelle squarciarsi sotto quel trapano, pinze pulire, tubi.
Sentivo tutto...
Quando il rumore ebbe finito speravo che il dolore cessasse, ma nulla.
Mi avevano poggiato alla spalla un qualcosa di metallo, che stranamente
era leggero e finalmente riuscii ad aprire gli occhi.
Vedevo persone. Queste erano strane. I dottori, infermieri. Militari e
generali. Tutti erano attorno a me, ed io li guardavo dal basso.
Dov'ero? Perché ero lì? Chi erano loro?
Provai a sollevarmi ma qualcosa mi fece perdere tre battiti. La vista
di quello che era il mio braccio.
No, non era il mio braccio. Non poteva essere il mio braccio. Il mio
braccio non era una lattina di metallo!
Urlai a pieni polmoni il mio strazio, il mio dolore, la mia confusione
e mi buttarono giù con i pugni. Battei la testa e poi buio.
Quando ripresi i sensi ero in un letto. Le lenzuola profumavano di
bucato fatto con le ceneri, ed erano bianche maculate. Sembrava la
stanza dove dormivo sul fronte inglese. Ero tornato lì?
Dov'erano gli altri?
Mi alzai e l'incubo divenne realtà. Il mio braccio! Dov'era
finito?!
"Aiuto!" urlai ma non accorse nessuno, e non riuscivo a muovere le
gambe.
"Aiuto!" urlai ancora e si avvicinarono delle donne. Silenzio...
Erano due donne sulla trentina, alte e dai tratti russi. Erano tratti
russi, li sapevo riconoscere. Entrarono nella stanza e speravo fossero
sole, ma non lo erano. A loro seguito entrarono due militari che mi
afferrarono di peso e mi portarono via.
Tornai dove avevo passato l'inferno, ma questa volta,
anziché distendermi mi fecero sedere.
Piangevo per quello che succedeva. Avevo perso tutto! I ricordi, il mio
nome. Avevo una famiglia? Avevo amici? Chi si struggeva per la mia
assenza, perché l'avranno notata?
Qualcosa mi afferrò le tempie, la nuca e mi infilarono in
bocca lo stesso aggeggio che ti infilano i dentisti per prendere lo
stampo dei denti e scariche, scariche elettriche di chissà
quale potenza mi...
Riaprii gli occhi. Davanti a me c'era un uomo che recitava delle
parole, ed io conoscevo quelle parole.
Brama. Arrugginito. 17. Alba. Fornace. 9. Benigno. Ritorno a casa. 1.
Vagone merci.
Mi alzai di scatto. Petto in fuori, testa alta e spalle dritte. Il mio
unico movimento era quello che faceva il petto nel respirare. Guardavo
di fronte a me, aspettando l'ordine.
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