Lei aveva vissuto

di MairTonks
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Luglio 1997

Charity si sveglio dall’altro lato del grande letto matrimoniale, il lenzuolo rosso avvolto in malo modo attorno alle gambe e con un braccio sotto il cuscino. Si passò una mano sul volto tenendo gli occhi ancora chiusi e si allontanò con un gesto rapido una ciocca ribelle. Anche se aveva deciso di tagliarli da parecchi anni, continuavano ad andare in tutte le direzioni e non c’era modo di tenerli in ordine. 

Quel giorno non aveva voglia di alzarsi e, soprattutto, non aveva nessun valido motivo per abbandonare il comodo letto. Nessuno dei suoi tre figli era in casa, non doveva andare a lavorare e non aveva nessun incontro in programma. Appoggiò nuovamente la testa sul cuscino nella speranza di riaddormentarsi ma un grosso barbagianni prese a picchiatore con insistenza contro la finestra. A malavoglia si alzò dal letto e si diresse verso la fonte del rumore. L’uccello arruffò le piume prima di spiccare il volo e iniziare a lottare contro le forti folate di vento. Quella giornata era stranamente grigia, non pioveva ma tirava un forte vento e grandi nuvole cariche di pioggia coprivano il sole. 

Ritornò a letto e si sedette dalla sua parte, quella più vicina alla finestra, e si appoggiò al cuscino perfettamente intonso. Erano tredici anni che, la sera, si metteva a dormire in quella che ufficialmente era il suo lato del letto e puntualmente, la mattina dopo, si svegliava dalla parte in cui era solito dormire suo marito. Ricacciò il ricordo di un uomo che era solito dormire a pancia in giù, una mano sotto il cuscino e l’altra a penzoloni fuori da letto e aprì il giornale.

Il tempo cupo fuori dalla finestra rispecchiano perfettamente il clima di paura e terrore in cui era caduta la comunità magica. Man mano che svegliava la gazzetta del Profeta,  non poteva non pensare che tutto quello che i giornalisti riportavano era meno della metà di quello che accadeva realmente. Ogni giorno veniva perseguitati decine di nati babbani, colpevoli secondo alcuni, di aver rubato la magia ai purosangue e altrettanti babbani venivano brutalmente uccisi solo perché considerati inferiori. Ogni giorno Charity ribolliva di rabbia per quelle notizie taciute, ogni giorno doveva ripetersi che non poteva irrompere al ministero e far fuori con un semplice e diretto incantesimo tutti quegli assassini a piede libero che lavoravano tranquilli dietro le scrivanie. 

Ma ogni giorno Charity si svegliava con la consapevolezza che c’erano altri modi per combattere quella guerra, altre armi da usare e altre strategie da mettere in atto. Ogni giorno si svegliava consapevole che il suo non era un semplice lavoro, che insegnare babbanologia a giovani maghi e streghe era più che fornire semplici nozioni per superare gli esami. Ogni giorno lei entrava in aula e faceva il possibile per insegnare ai suoi giovani allievi che il mondo è bello per la sua diversità e che discriminare qualcuno solo perché non possedeva la magia era ingiusto. Magari i babbani non erano in grado di far levitare una piuma, ma erano stati in grado di costruire macchine in grado di volare e trasportare un gran numero di persone. I babbani non erano inferiori, solo diversamente organizzati.

Nutriva la speranza di riuscire ad aprire gli occhi ai giovani, insegnargli fin dalla più tenera età a non aver paura del diverso ma di imparare a conoscerlo. Con gli adulti era sicura di non avere neanche la minima spaventa ma voleva tentare. Era per questo che, dopo il funerale di Silente, aveva contattato un suo vecchio compagno di scuola e lo aveva supplicare di pubblicare sulla Gazzetta del Profeta un suo articolo. Aveva dovuto inviare decine di gufi, supplicarlo e ricordargli della loro amicizia ma alla fine lui aveva ceduto e la settimana scorsa era riuscita ad incontrarlo e parlargli di persona. Lui si era limitato a dire che la sua era un’idea folle, che era una pazzia pubblicare un articolo in difesa dei babbani dopo gli ultimi avvenimenti. Ma Charity si era limitata ad alzare le spalle e a ricordargli che per lei era davvero importante. Lui l’aveva abbracciata prima di salutarla, assicurandole che avrebbe fatto il possibile e chiedendole di fare attenzione perché ci sarebbero state delle conseguenze dopo la pubblicazione del pezzo. 

Era passata una settimana e Charity stava iniziando a pensare che si fosse tirato indietro e bruciato la pergamena su cui aveva scritto l’articolo. Stava per arrendersi, era quasi arrivata alla sezione sportiva del giornale, quando lo vide. Scritto nell’angolo sinistro della pagina, con caratteri minuti e un titolo lungo che non avrebbe attirato l’attenzione di nessuno, c’era il suo articolo. Non era esattamente quello che si era aspettata, era convinta che fosse una buona idea rivolgersi a lui per ottenere la giusta considerazione ma si rese conto di essersi sbagliata. Lui aveva avuto paura e tentato di far passare inosservato il suo articolo e Charity stava giusto scendendo di sotto per mandargli un gufo di protesta quando sentì un forte rumore provenire dal soggiorno. Afferrò la bacchetta e corse giù per le scale, incurante di avere addosso solo una vecchia maglia di suo marito. 

Cinque figure nere avevano iniziato a mettere a soqquadro il soggiorno e la cucina con la chiara intenzione di rompere più cose possibili. La libreria era crollata sul pavimento con un forte tonfo, vecchie cornici erano in frantumi e qualcuno aveva dato fuoco alle tende. 

-Charity, che piacere vederti. Io e alcuni amici eravamo venuti a complimentarmi per il tuo articolo- disse il mangiamorte più vicino a lei abbassandosi il cappuccio.  

Riconobbe Travers dalla brutta cicatrice che gli solcava il viso e, con piacere, notò che non era riuscito a rimarginarla. I suoi occhi avevano una luce folle, la stessa di un cacciatore che vede comparire davanti la propria preda. 

-Ma c’è qualcun altro che vorrebbe discuterne con te. Il Signore Oscuro in persona ci ha chiesto di accompagnarti da lui- continuò mentre avanzava lentamente verso di lei. Intanto le altre quattro figure aveva iniziato a sghignazzare e a puntare le bacchette verso di lei. Era in trappola e al primo movimento l’avrebbero colpita.     

-Ne sono lusingata. Dimmi un po’, perché non e’ venuto lui di persona?- non sapeva da dove provenisse quel sarcasmo ma, se non poteva colpirli senza essere raggiunta da quattro diversi incantesimi, poteva almeno continuare a ribattere con le parole. 
-Lui ha altri progetti per te, Charity. Ha pensato di invitarti a cena- 

Il tono con cui Travers aveva pronunciato l’ultima parola non aveva nulla di rassicurante e Charity si trattenne dallo scappare. Non voleva fare la figura della codarda, avrebbe combattuto fino all’ultimo in ciò che credeva. Ringraziò Merlino che nessuno dei suoi figli fosse in casa e strinse saldamente la bacchetta. Non avrebbe mai accettato l’invito a cena del Signore Oscuro, avrebbe preferito morire che seguire quegli uomini incappucciati e avrebbe fatto in modo di portarne con se’ il più possibile. 

-Mi dispiace, ma stasera ho un impegno- disse prima di alzare la bacchetta e colpire l’uomo davanti a lei. Non sapeva chi fossero gli altri e non gli importava. Travers aveva reso un inferno la vita di Oliver e della piccola Ophelia, aveva contribuito alla morte di suo marito e quasi provocato la morte di Vivienne. 

Travers fu colto alla sprovvista e l’incantesimo lo colpì in pieno. Con un po’ di fortuna, la cicatrice che gli aveva provocato Oliver sarebbe sembrata un graffio. Come previsto, quattro schiantesimi la raggiunsero e l’ultima cosa che vide fu Travers gridare in preda al dolore. 

                                                                                                                 ****

Charity aprì gli occhi e vide un lungo tavolo sotto la sua testa. Dopo una settimana rinchiusa in una piccola cella, qualcuno l’aveva appesa per i piedi, legata con un incantesimo e, anche se provava a muoversi, non sarebbe riuscita liberarsi. Stava girando lentamente, qualcuno stava parlando e notò alcuni volti pallidi fissarla impassibili. 

Non sarebbe dovuta finire così, avrebbe preferito di tutto che quella fine. Lei voleva lottare, voleva guardare negli occhi il suo avversario e tenergli testa. Stava andando incontro ad una fine orribile, ingiusta. Non aveva neanche detto addio ai suoi figli, ai suoi amici e alla sua famiglia. Sarebbe scomparsa nel nulla, per mano di un pazzo con idee folli.

Ad un certo punto incrociò un paio di profondi occhi neri, occhi che aveva già visto e che conosceva bene. Severus Piton la stava fissando impassibile, il volto pallido incorniciato dai capelli neri dello stesso coloro della veste che indossava. Forse, se avesse provato…magari avrebbe avuto una possibilità…

Qualcuno pronunciò il suo nome ma lei era troppo impegnata a supplicare Piton che a dargli retta. Non voleva morire così, non appena al soffitto e con le lacrime che scendevano copiosamente sui suoi capelli. Ma Piton la ignorava, aveva distolto lo sguardo e lei si concesse un ultimo pensiero alle persone che aveva amato. I suoi genitori, i suoi fratelli, i suoi amici e alla famiglia che aveva costruito. Ripensò per l’ultima volta ai volti sorridenti dei suoi figli. 

Sarebbe morta in una maniera orribile, ma aveva vissuto una vita fantastica. Lei aveva vissuto una vita degna di essere chiamata tale. Aveva amato ed era stata amata, aveva lottato per quello in cui credeva e cercato di rendere il mondo un posto migliore. 
Incontrò nuovamente gli occhi di Severus Piton prima di essere avvolta da una luce verde. Poi il nulla.            

                                                                                                      ****

A chilometri di distanza, un uomo dai capelli ricci era chino sulla scrivania del suo ufficio e, in lacrime, osservava la foto di una ragazza dai folti capelli biondi e vivaci occhi azzurri. Era stata scattata in una ventosa giornata di ottobre, lei sorrideva spensierata e i suoi ricci biondi venivano sollevati dal vento. Era così diversa dalla donna che aveva incontrato due settimane prima. Charity Burbage si era tagliata i capelli, aveva delle piccole rughe solo volto lentigginoso e aveva perso il sorriso che tanto aveva amato. Ma una cosa non era cambiata, gli occhi azzurri aveva la stessa luce e voglia di vivere di quando aveva diciassette anni. Era stato per colpa di quelli che aveva ceduto, non era mai stato in grado di resistere ai suoi occhi. 

L’uomo guardò per l’ultima volta la copia del giornale che avrebbe fatto uscire tra qualche ora. I suoi occhi furono catturati da titolo di un articolo posto in prima pagina e lui si ritrovò a sorridere pensando alla reazione che lei avrebbe avuto se lo avesse visto. Charity Burbage lo avrebbe preso a pugni se avesse scoperto che un articolo sulle sue dimissioni aveva avuto una visibilità maggiore quello che aveva scritto lei in difesa dei Babbani. Ma Charity non lo avrebbe mai visto, non avrebbe mai potuto prenderlo a pugni.  Charity Burbage non avrebbe fatto più nulla. 

-Papà- 

Una ragazza con i suoi stessi capelli ricci era in piedi davanti alla sua scrivania. Non si era accorto dell’arrivo di sua figlia e cercò di ricomporsi prima di risponderle. Aveva le braccia incrociate e lo stesso sguardo confuso della madre mentre fissava la foto che lui aveva fatto cadere sulla scrivania. 

-La mamma ti cerca- gli disse senza smettere di fissare la fotografia. 

-Va bene Marietta- rispose lui togliendo la foto da sotto gli occhi della figlia. -Arrivo subito- 

Lei annuì e si allontanò senza aggiungere altro. Lui lanciò un ultima occhiata alla giovane Charity prima di riporre la foto in un cassetto.            


 




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