Thorin nel Paese delle Meraviglie

di ThorinOakenshield
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Prima di cominciare, ci terrei a ringraziare la mia dolcissima Pry (Innamoratahobbit96), semplicemente perché, senza di lei, non sarebbe mai nata questa fanfiction.
In ogni caso ci siamo anche noi nella one shot: io sono Seraphina, mentre Pry è Sasha U.U. Ciò non è rilevante, lo so, ma ci tenevo a dirlo xD.
Enjoy!
 
Thorin nel Paese delle Meraviglie
 
“Stai ancora scrivendo?!”
Bilbo Baggins alzò lo sguardo dal suo quaderno – uno dei tanti, tutti riservati alle sue formidabili storie – e rivolse a Thorin uno sguardo interrogativo, quasi piccato. “Beh? Cosa c’è di male?”
Il nano alzò un sopracciglio. “Cosa c’è di male? Uhm… beh, vediamo un po’: l’ultima volta che hai scritto una storia ci siamo tutti ritrovati in un altro mondo!” *
Lo hobbit sorrise, deliziato da quei bei ricordi. “Forse dimentichi che hai incontrato una persona speciale, durante il soggiorno a Dublino.” Chiuse il quaderno e vi posò le mani sopra, rivolgendo al nano un sorrisetto malizioso.
Thorin lo incenerì con lo sguardo. “Forse dimentichi che, per la maggior parte del tempo, sono stato perseguitato da un fidanzato rabbioso e geloso… oh, e vogliamo parlare di tutti quei mocciosi scalmanati e con il naso pieno di moccio?”
Il sorriso scomparve dalle labbra dello scassinatore: da un bel po’, il Re sotto la Montagna aveva preso la brutta abitudine di assegnare nomignoli decisamente poco carini, a quelle creaturine, a quelle creaturine di sua creazione. Ma, come al solito, Bilbo non aveva voglia di mettersi a litigare, così sorvolò. “Beh, puoi star certo che in questa storia non ci sono né bambini moccolosi, né fidanzati gelosi.” Gli porse il quaderno. “Ti andrebbe di darci un’occhiata? Vorrei un parere.”
Il nano mise le mani avanti, chiuse gli occhi e voltò il capo, come se il suo amico gli avesse proposto di cambiare il pannolino a un bambino. “No, per Durin, no! Non le leggerò mai più le tue storie!”
Il signor Baggins sospirò amareggiato: per uno scrittore, non c’è piaga peggiore di non avere nessuno a cui far leggere le proprie storie, nessuno che possa darti consigli, pareri. “Come vuoi” disse superato il dispiacere. “Vado a prendere un po’ d’aria fresca.” Si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza, senza aggiungere parola alcuna.
Non appena la porta fu chiusa, Thorin lanciò un’occhiata al quaderno verde posato sul tavolo, e una smorfia di disgusto si disegnò sul suo volto. Dopo un sospiro, si accomodò sulla sedia e, giusto per far contento Bilbo, cominciò a leggere la prima pagina, con moltissima noncuranza.
Lo hobbit era molto bravo a scrivere, doveva ammetterlo, ma quella storia non lo stava prendendo più di tanto: i libri non erano mai stati suoi grandi amici, preferiva di gran lunga brandire una spada.
Il Re sotto la Montagna stava giusto per chiudere il quaderno, quando una vocina buffa e misteriosa richiamò la sua attenzione.
Confuso, il nano si voltò, e non poté credere ai suoi occhi: davanti alla porta aperta si trovava l’Arkengemma, dotata di un paio di braccine e gambine, che sembravano essere state disegnate da un bambino di cinque anni, tracciando delle semplici righe nere.
Il nano era troppo sbigottito per fare o dire alcunché, pensava di avere la febbre.
In ogni caso la pietra non gli diede il tempo di agire: gli fece una pernacchia, e scappò via.
Solo allora Thorin parve riprendersi: scosse il capo e sgranò gli occhi. “Ehi, tu!” sbottò alzandosi. “Torna qui!”
 
Le strade di Erebor non erano mai state gremite di nani come quella mattina: le vie pullulavano di minatori, dame, fabbri e bambini, tutti impegnati nelle loro attività quotidiane. Tra di loro si trovava Balin, intento a chiacchierare amabilmente con due nani di sua conoscenza. Rise alla battuta di uno di loro, subito dopo la sua espressione mutò: da divertita, divenne perplessa e preoccupata.
Thorin stava correndo come un pazzo, facendo spostare la gente che si trovava sulla sua strada.
Dopo essersi scusato con i suoi amici, Balin raggiunse Thorin, visibilmente in pensiero. “Thorin, ragazzo mio” disse con apprensione. “Che cosa succede?”
“Non ho tempo per parlare! Sta scappando!”
“Ma chi?”
“L’Arkengemma!”
Il vecchio nano spalancò gli occhi, mentre la gente intorno a lui stava iniziando a ridacchiare. A quanto pare, il Re non era ancora guarito del tutto, dalla pazzia.
 
Thorin Scudodiquercia rincorse l’Arkengemma per quasi tutta Erebor, finché non si ritrovò nella sala dal pavimento dorato, la stessa sala in cui Smaug era stato travolto dall’oro bollente.
Il nano si fermò e si guardò intorno, alla ricerca del Cuore della Montagna. Quando guardò innanzi a sé, lo vide davanti ad una profonda voragine.
Senza pensarci due volte, Thorin la raggiunse ma, prima che potesse afferrarla, essa si gettò giù.
Sul volto del nano si delineò un’espressione di sconcerto. Si sporse nell’immenso buco, e appellò l’Arkengemma con tono disperato, come se fosse stato uno di quegli erranti cavalieri delle ballate, che si disperano per la perdita della loro dama.
Ma le cose non stavano come il Re sotto la Montagna pensava…
Presto avvertì un leggero colpo sul sedere, e precipitò giù, dentro la stessa voragine che l’aveva risucchiato quando era in preda alla follia.
La piccola e birichina Arkengemma osservò il suo padrone cadere e gli fece ciao ciao con la manina, emettendo una risatina buffa e malvagia.
 
Quando, finalmente, quella caduta finì, Thorin Scudodiquercia si ritrovò in un prato verde come le belle colline della Contea.
Il nano decise di non alzarsi subito: doveva ancora riprendersi da quel lungo ruzzolone.
Non appena ebbe recuperato le forze, Thorin si alzò e si guardò intorno: si trovava in una valle circondata da alte montagne ricoperte di neve. Il vento fresco soffiava contro di lui, spostandogli i capelli, facendogli assumere un’aria maestosa più di quanto non l’avesse già.
Insomma: quel luogo era comunissimo (specialmente per un nano, abituato alla vista delle montagne). Niente di nuovo, nulla per cui meravigliarsi. La bizzarria si trovava leghe più avanti…
 
Dopo una lunga camminata, Thorin ammutolì: davanti a lui si trovava un fiumicello di lava, il quale circondava una barriera di fuoco che, a sua volta, proteggeva una maestosa montagna, una montagna talmente maestosa che avrebbe fatto invidia a Erebor.
Forse qui troverò qualcuno che potrebbe dirmi dove mi trovo, e come faccio a tornare a casa. Dopo questo pensiero, il nano montò su una pedina che galleggiava nel fiume di lava; facendo molta attenzione, saltò sulla prossima e via discorrendo. Si ritrovò in uno spiazzo erboso, vicino alla barriera di fuoco. Essa era controllata da degli strani esseri infuocati, parevano spiritelli. In quel momento sembravano impegnati in una conversazione pressoché futile, tornarono seri solo quando videro Thorin avvicinarsi. A quel punto cercarono a tastoni le armi, tutti scombussolati. “Chi sei? Cosa vuoi?” gli chiesero simultaneamente, con una vocetta stridula e buffa.
“Vorrei attraversare la barriera di fuoco, mi servirebbero un po’ di informazioni.”
Il folletto a sinistra inarcò un sopracciglio, diffidente. “Che genere di informazioni?”
“Beh, che posto è mai questo e come faccio a tornare a casa, per esempio” rispose il nano, seccato da quella perdita di tempo.
A quelle parole, entrambi i folletti sorrisero, e parvero rabbonirsi. “Ah, ma certo!” esclamarono con tono affabile, come se stessero conversando con uno dei loro migliori amici. Il folletto a destra, con lo scettro che stava saldamente tenendo in mano, diede un colpetto alla barriera, e in mezzo ad essa andò a formarsi un buco grande abbastanza da lasciar passare una persona. “Prego, entra pure, e scusa se abbiamo dubitato di te.”
Thorin non se lo fece ripetere due volte: avanzò verso l’ingresso, ma ecco che quei due esseri fastidiosi gli si piazzarono davanti, con aria severa. “Noto che l’ironia non ti è famigliare,” disse lo spiritello che aveva aperto il varco. “Nessuno può entrare nel castello della Strega del Fuoco, almeno che non abbia un appuntamento.”
Scudodiquercia corrugò la fronte e stava già pensando di ricorrere alle maniere forti, quando gli venne in mente un’idea migliore. Spalancò gli occhi e indicò un punto a caso, nel cielo.” Guardate! L’alce di Thranduil sta volando!”
I due folletti si riscossero e volarono leggermente più in alto, come se stessero cercando di vedere meglio una determinata cosa. “Dove?”
Veloce come la luce, Thorin attraversò il varco, lasciando i due folletti soli a guardare il cielo, come se fossero stati due babbei.
 
Una volta che il buco si fu richiuso, Thorin Scudodiquercia si guardò intorno: si trovava in un altro spiazzo erboso dove, poco distante, si ergeva quella maestosa montagna, una montagna alquanto singolare, dal momento che aveva un andamento obliquo.
Il nano non ebbe quasi il tempo di meravigliarsi per quel monte, che un drago rosso gli fu addosso.
Thorin e la bestia rotolarono sull’erba, dopodiché egli gli sferrò un potente calcio nel ventre, facendolo ruzzolare via da lui.
Scudodiquercia si alzò in piedi e sfoderò la spada, pronto a uccidere quell’infame creatura.
“Ehi, tu! Che stai facendo?” esclamò spaventata una voce femminile alquanto squillante.
Tutto ciò che Thorin vide, fu una giovane piuttosto minuta uscire dalla montagna e correre incontro al drago. Aveva dei lunghi boccoli castano ramato, mentre il suo corpo era celato da un lungo abito nero, ornato da dei lacci, delle maniche e da un cappuccio tutti di colore rosso.
Quando il drago si accostò alla fanciulla, il nano la raggiunse il più velocemente possibile e la strinse fra le sue braccia, tenendola lontana da quella fiera.
“Ma che state facendo?!” protestò lei.
“Non temete, madamigella! Questa bestia non vi torcerà un solo capello!” affermò Thorin con tono solenne, senza mollare la ragazza.
La giovane, a quelle parole, sgranò gli occhi. “Bestia?” esclamò contrariata. Subito dopo spinse il nano via da lei, liberandosi dalla sua stretta, e raggiunse il drago, cominciando ad accarezzarlo. “Il mio Ixen non è affatto una bestia! E potete star certo che non mi farebbe mai del male.”
Scudodiquercia guardò la fanciulla e il drago con tanto d’occhi, sempre più strabiliato. “Voi siete amica di questa creatura?”
“Ma certo,” rispose ella solleticando il mento a Ixen, provocandogli dei versi sommessi simili a delle risate, “e comunque non era il caso di tirare fuori le armi: il mio Ixen non voleva farvi nulla di male, è semplicemente un gran giocherellone, fa così con tutti quelli che vede.” Dopo queste parole, gli lanciò un ramo e il drago si affrettò ad andare a prenderlo.
Non appena l’animale si fu allontanato, la ragazza si voltò verso Thorin e gli rivolse un sorrisino malizioso. Si avvicinò a lui con fare sensuale. “In ogni caso siete stato molto gentile, nel preoccuparvi per me” disse con tono languido, giocherellando con il dito sul petto del nano.
Scudodiquercia ricambiò il sorriso, facendola restare senza fiato. “Figuratevi: non avrei mai permesso che, ad una fanciulla graziosa come voi, fosse capitato qualcosa.” Posò le sue grandi mani sulla schiena di lei, causandole una risatina di piacere.
“Qual è il vostro nome?”
A quella domanda, il nano si allontanò dalla giovane, facendola rimanere perplessa. Assunse un’aria fiera e solenne, e mise le sue mani sulla cintura. “Io sono Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re sotto la Montagna. Chiamato ‘Scudodiquercia’ dai più.”
“Piacere di conoscervi.” Fu tutto quello che disse la fanciulla, innervosita dal modo di fare altezzoso del nano. “Io invece sono Seraphina, la Strega del Fuoco, regina di questo territorio: tutte queste montagne, tutti questi boschi qui intorno mi appartengono, così come i draghi” aggiunse divaricando le braccia, come a voler indicare tutto ciò che le stava intorno. Nella sua voce c’era fierezza, la stessa fierezza che aveva animato Thorin nel momento in cui si era dovuto presentare. “Ma ditemi” disse subito dopo “come avete fatto ad entrare? I Puck non lasciano mai passare nessuno, a meno che non lo comandi io.”
Thorin Scudodiquercia si schiarì la voce. “Con tutto il rispetto, signorina, credo che dovreste cambiare le guardie: non brillano per intelligenza.”
Seraphina sospirò. “È la sesta volta che le cambio, a quanto pare dovrei scegliere altre creature, evidentemente i Puck non sono esseri particolarmente svegli.”
Scudodiquercia convenne chinando il capo, dopodiché, tra i due, scese un silenzio insopportabilmente imbarazzante. Seraphina si stava grattando il braccio, mentre teneva il capo voltato a destra, lo sguardo fisso sull’erba; Thorin non aveva aperto bocca, probabilmente stava pensando a qualcosa da dire, qualcosa che avrebbe potuto impressionare la fanciulla.
Mentre i due piccioncini erano impegnati nel non dire niente, Ixen stava ancora cercando il ramo che la padrona gli aveva lanciato. Povera ragazza, pensò il nano, non è circondata da esseri particolarmente svegli.
Alla fine, la Strega del Fuoco si mise dritta e guardò Thorin negli occhi. “Ma come mai siete venuto qui?”
“Io vengo da un altro mondo” rispose senza timore di apparire pazzo. “Sono misteriosamente capitato in questa terra meravigliosa, e non ho la più pallida idea di come fare per tornare a casa.” Fece un mezzo sorriso, e per poco Seraphina non gli svenne fra le braccia. “Rimarrei volentieri qui, soprattutto dopo aver incontrato una giovane alla mano e deliziosa come voi, ma sapete, ho faticato parecchio per riprendermi la mia terra natia e avrei un regno da portare avanti. Sapete come si fa ad andarsene da qui?”
La strega rimase ancora un attimo in silenzio, a fissare incantata quel gran bel nano che aveva davanti. Le piaceva tutto di lui: gli occhi, le labbra, la voce. Non aveva mai visto un uomo più affascinante. Dopo che ebbe smesso di fantasticare, scosse la testa, per riprendersi dal fascino del nano, e rispose: “Certo che conosco il modo. Bisogna andare dalla Strega del Ghiaccio, lei ha l’antidoto.”
Un’altra strega, pensò il nano grattandosi il mento, chissà se è piacente come quella che ho davanti! Ormai è da tempo che non mi do al piacere della carne: prima Smaug, poi Azanulbizar, poi la riconquista di Erebor, e adesso i miei impegni da re! Sento il bisogno di distrarmi un po’… e poi ha l’antidoto! Non poteva andarmi meglio di così.
Dunque, Thorin accettò di buongrado e decise di recarsi dalla cosiddetta Strega del Ghiaccio, in compagnia di Seraphina e del suo drago Ixen.
 
Durante il lungo tragitto verso il castello della strega Sasha, la fanciulla e Thorin ebbero un bel po’ di tempo per imboscarsi da qualche parte e darsi alla pazza gioia, mentre Ixen andava a caccia di qualche coniglio da abbrustolire sul fuoco.
 
Quando giunsero in vista della dimora di Sasha, Scudodiquercia rimase senza fiato, per l’ennesima volta: si trattava di un immenso castello di ghiaccio costruito su un lago gelato. Il nano non aveva mai visto nulla di simile in vita sua.
Seraphina rise dinanzi all’espressione stupefatta del nano, successivamente, facendo molta attenzione, si avviarono verso l’ingresso del castello. Spesso alla Strega del Fuoco capitava di scivolare sul lago, ma non cadeva mai: Thorin era sempre lì, pronto ad afferrarla fra le sue forti braccia.
 
“Buongiorno, carissima!” esclamò allegramente Seraphina dopo essere entrata nel castello – con il permesso delle guardie, ovviamente! La conoscevano, era una grande amica della Strega del Ghiaccio, sapevano che le sue intenzioni erano buone.
Da una lunga e scintillante rampa di scale, scese la fanciulla più bella che Thorin avesse mai visto, la trovava ancora più attraente di Seraphina: lunghi capelli neri legati in una coda alta, labbra carnose rese ancor più desiderabili dal trucco rosso. Il suo corpo era snello, fasciato da un lungo abito azzurro.
Il nano la fissò per tutto il tempo, completamente rimbambito.
“Seraphina!” Piena di gioia, Sasha abbracciò la Strega del Fuoco, mentre il suo lupo Shiba corse a giocare con Ixen.
Nel frattempo, Thorin non si era ancora ripreso.
La Strega del Ghiaccio veniva descritta da tutti come una persona molto riservata, si lasciava andare solo con Seraphina e il suo lupo Shiba. Lei e la Strega del Fuoco erano sempre andate d’accordo ed erano molto amiche, nonostante fossero stare tutte e due regine della stessa terra, nessuna aveva mai voluto prevaricare sull’altra.
Sciolto l’abbraccio, Sasha tenne le mani sulle braccia di Seraphina e continuò a sorriderle. “Quale buon vento ti porta qui?”
Prima che l’amica potesse risponderle, Thorin si fece avanti e prese la mano si Sasha. Le sorrise. “Perdonate la mia maleducazione: non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Thorin Scudodiquercia, dolce fanciulla, sono onorato di fare la vostra conoscenza.” Si portò il dorso della mano della ragazza alle labbra e glielo baciò, mentre lei lo guardava leggermente seccata: non le piacevano tutte quelle confidenze, lui era uno sconosciuto, non lo conosceva, come si permetteva di prendersi tutte quelle libertà? Sicuramente era l’ennesimo cascamorto, si vedeva dal modo in cui l’aveva guardata. Ma lei non si sarebbe lasciata incantare.
Ovviamente, Seraphina provò non poco fastidio: aveva notato il modo in cui il suo nano aveva guardato Sasha, e non l’era piaciuto per niente.
“Ehm, sì, anch’io sono onorata.” La Strega del Ghiaccio levò subito la sua mano da quella di Thorin.
Il nano rimase interdetto. Come mai questa reazione? Di solito, quando faccio così, svengono tutte. In ogni caso, arrendersi, non era nell’indole del Re sotto la Montagna, così decise di insistere oltre: “Sapete? In vita mia non ho mai visto fanciulla più graziosa.”
Per poco i capelli non si rizzarono sulla testa di Seraphina. Quello era decisamente troppo per lei: sferrò un potentissimo schiaffo al nano, facendogli voltare la testa dall’altra parte.
Sotto lo sguardo perplesso di Sasha, Thorin rimase con la mano poggiata sulla guancia rossa e pulsante. “Scusa, dolcezza, ma dopo tutto questo caldo sento il bisogno di rinfrescarmi un p…” Non riuscì a finire la frase: la Strega del Fuoco gli regalò un altro schiaffo.
“Scusate” disse Sasha massaggiandosi le tempie. “Potrei sapere cosa sta succedendo? Ma, soprattutto, cosa vuole quest’uomo da me?”
Seraphina afferrò Thorin per un orecchio e lo trascinò dalla sua amica. “Vorrebbe l’antidoto per tornare a casa, l’antidoto che serve per andarsene da qui, insomma.”
Tra tutte le richieste che aveva ricevuto, quella era decisamente la migliore che le fosse mai stata rivolta: l’unica cosa che Sasha voleva, in quel momento, era quel nano impertinente e pieno di sé fuori dai piedi. Infatti non temporeggiò oltre e si affrettò a tirare fuori la fialetta che custodiva gelosamente nel vestito.
Il nano dovette ammettere che un po’ gli dispiaceva andarsene da quel luogo meraviglioso: si era trovato benissimo con Seraphina, la considerava un’amante perfetta, e poi magari, col tempo, sarebbe anche riuscito a conquistare Sasha. Però doveva tornare a Erebor, aveva faticato così tanto per riprendersela che sarebbe stato stupido abbandonare tutto, proprio ora che era riuscito a riconquistarla.
Così il nano bevette la pozione. Prima di svanire come se fosse stato nebbia, si rivolse un’ultima volta alla Strega del Fuoco: “Mi mancherai, dolcezza.”
Seraphina corrugò la fronte. “Tornatene a casa, e bruciaci dentro.”
 
                                   ***
 
“Da quanto tempo è così?”
“Non lo so, sono appena arrivato.”
“Che tu sappia, ha mangiato o bevuto qualcosa di strano, oggi?”
“Non che io sappia.”
Mentre Balin era impegnato a rispondere alle domande di Oin, Fili e Kili si scambiarono un’occhiata e si morsero le labbra per non ridacchiare. Bilbo Baggins si trovava accanto a loro, e si stava tutto il tempo mangiando le unghie, nervosamente: Thorin aveva il capo chino sul quaderno, gli occhi aperti e dalla sua bocca stava uscendo della bava. Perlomeno non era morto, visto che respirava. Mi sa che non scriverò mai più storie, pensò abbattuto, a quanto pare provocano solo guai.
Dopo un paio di secondi, Fili e Kili non riuscirono più a trattenersi: scoppiarono a ridere, guadagnandosi un’occhiata interrogativa e accusatoria da parte di Balin, Oin e Bilbo.
Mentre i due fratelli stavano ridendo a crepapelle reggendosi l’uno sull’altro per non cadere a terra, Balin si posizionò davanti a loro, le mani sui fianchi. “Che avete combinato?”
“Ma niente di che Balin, davvero, presto si riprenderà” rispose Fili dopo che si fu un po’ calmato. Kili invece stava continuando a ridere.
Oin aggrottò la fronte. “Rispondete: cos’avete fatto?”
Continuando a ridere, il nano più giovane tirò fuori una busta e la porse al medico.
“Funghi allucinogeni” rise Kili. “Abbiamo preparato uno strano intruglio e l’abbiamo messo nella birra dello zio. Contento?”
Dopo quelle parole, lo hobbit si sentì leggermente sollevato: almeno non era colpa della sua storia, avrebbe potuto continuare a scriverne altre senza timore di far sparire qualcuno. E poi Radagast prendeva di continuo funghi allucinogeni ed era ancora vivo, Thorin non era in pericolo.
“Ma voi siete completamente pazzi!” Per la prima volta dopo tanto tempo, Balin si arrabbiò e alzò la voce. “Guardate com’è ridotto!”
Il destino volle che il Re sotto la Montagna si svegliasse proprio in quel momento.
Fili e Kili smisero immediatamente di ridere e si nascosero dietro a Bilbo.
Balin gli fu subito addosso. “Thorin! Ragazzo mio! Come stai?”
Thorin aveva un sorriso da ebete stampato in faccia, mentre i suoi occhi erano rossi come quelli di un ubriacone. Si guardò intorno con aria spaesata, dopodiché posò lo sguardo sul vecchio nano e gli rispose con aria tranquilla: “Molto bene, grazie.”
Oin, Bilbo e Balin sbatterono le palpebre, allibiti, ma felici che il nano stesse bene. Era da tanto che non lo vedevano così sereno e rilassato.
Dopo che si fu un po’ ripreso dagli effetti dei funghi allucinogeni, Thorin si alzò dalla sedia e raggiunse il signor Baggins. Gli mise le mani sulle spalle e tenne gli occhi puntati nei suoi. “Grazie” disse con tono riconoscente, facendolo restare a bocca aperta. “Mi ci voleva proprio un bel po’ di riposo. Inoltre mi sono deliziato della compagnia di due giovani veramente graziose.”
Lo hobbit corrugò la fronte. “Non devi ringraziare me.” Si liberò dalle mani del nano e si spostò, rivelando la presenza di Fili e Kili, i quali si stavano abbracciando, tremando come delle foglie al vento.
“Avanti” li incitò Bilbo con un tono stranamente duro e severo. “Raccontategli cos’avete fatto.”
Da bravo fratello maggiore, fu Fili a prendere in mano la situazione: si liberò dalla stretta di Kili e confessò tutto, senza smettere di tremare neanche per un secondo. Era bianco in volto: non c’era nulla che lo spaventava di più di suo zio arrabbiato con lui.
Ma la reazione di Thorin fu completamente diversa da quella che si aspettavano i due giovani nani. Infatti il Re li strinse forte a sé, come se gli avessero fatto chissà che favore, come se gli avessero salvato la vita.
Inutile dire che tutti nella stanza erano rimasti sbigottiti: si aspettavano una lavata di capo di quelle che la Terra di Mezzo non aveva mai visto prima. In ogni caso erano contenti che le cose fossero andate così: nessuno aveva voglia di sentire Thorin gridare come un forsennato.
In quel momento, giunse un funzionario del regno, tutto trafelato, come se avesse appena finito di fare una lunga corsa. “Sire!” disse. “C’è una delegazione di elfi mandata da re Thranduil, dicono che vogliono vedervi.”
A quelle parole, Thorin Scudodiquercia raggiunse Oin, il più velocemente possibile, e gli sottrasse i funghi allucinogeni. “Ridammeli subito!”
 
*Leggetevi Galeotto fu quell’oratorio, di Innamoratahobbit96
 
L’Antro di Lucri:
 
E’ Pry che mi ha dato l’idea per questa fanfiction, prendete lei!
Ahahahah scherzo <3 anzi, la ringrazio moltissimo, così come la ringrazio per il dolcissimo disegno che mi ha mandato su WhatsApp.
Che dite? Questa volta ho esagerato un po’ troppo? ^^” Povero Thorin! Se esistesse credo che vorrebbe la mia testa, il punto è che è più forte di me: nonostante lo ami alla follia, non riesco a non sfotterlo xD. Che posso dirvi? Ognuno ha i suoi modi per dimostrare il proprio affetto, e il mio è prendere in giro senza il minimo riserbo U.U
Spero che vi siate divertiti leggendo questa sciocchezza e… Ehi tu! Metti immediatamente giù la cornetta! Non chiamare il manicomio, pleaseeeeeeeee! ç_ç
Ok, direi che ho sclerato anche troppo xD.
Un bascio! (Sì, “bascio” era voluto u.u)
 
Lucri

 
 
 
 
 
 





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