Ringrazio anche
solo chi legge.
Un amore tra i fiori
Trunks
versò la terra concimata dentro il vaso della pianta e mise
a terra il sacco,
il sudore gli scendeva lungo la fronte. Se lo deterse con il braccio e
si
chinò, piegando le ginocchia, richiudendo il sacco.
“Quante
volte te lo devo dire? Non devi flirtare con i clienti” lo
rimproverò Mr.
Satan. Trunks si passò le mani tra i capelli color glicine e
negò con il capo.
“Voglio
solo essere gentile con i clienti” ribatté. Prese
una paletta ed iniziò a
livellare la terra dentro il vaso. Mr. Satan dilatò le
narici ed incrociò le
braccia al petto muscoloso.
“Senti,
ti ho preso qui da quando eri solo un ragazzino e ti ho dato un
lavoro…”.
Iniziò ad enumerare. Trunks recuperò da terra un
annaffiatoio.
“E ti
sono molto grato per questo, ma tranquillo. Voglio solo essere gentile,
non
essere denunciato per molestie” lo rassicurò. Il
proprietario del negozio si
grattò il collo e sbuffò.
“E che
hai l’età in cui si inizia ad essere interessati a
quel tipo di cose” borbottò.
Raggiunse la porta del negozio e la aprì.
“Vado a
parlare con il nostro fornitore di azalee. Ti occupi tu del negozio fin
quando
non torno?” domandò. Trunks sorrise.
“Certo”
rispose gentilmente.
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Pan
entrò nel negozio tenendo la borsetta stretta al petto, ad
ogni suo passo
faceva ondeggiare i suoi lunghi capelli neri ed i suoi orecchini con la
forma
di mezzelune.
“Disturbo?”
domandò, mentre la porta a vetri si chiudeva dietro di lei,
con dei tintinnii.
Le iridi azzurre di Trunks brillarono e il giovane la raggiunse.
“Signorina
Son, che bello rivederla” disse gentilmente, passandosi le
mani sporche di
terra sul grembiule verde che indossava. Pan deglutì a vuoto
e sorrise, tenendo
lo sguardo basso.
“Mi
dispiace disturbarla sempre, ma di nuovo il mio bonsai non sembra stare
tanto
bene” ammise. Trunks si passò la mano tra i
capelli.
“Gli ha
messo il medicinale per i parassiti che si era preso? Si è
ricordata che in
questa stagione, deve tenerlo a mollo nel lavandino per più
tempo rispetto
all’inverno?” domandò. Pan si
mordicchiò il labbro ed annuì un paio di volte.
“Ho
fatto tutto, ma temo di avere il pollice nero. Tutte le piante che
tocco,
muoiono” gemette. Trunks si grattò un sopracciglio
color glicine e si avviò
dietro il bancone.
“Se me
lo porta, vedo di vedere di persona qual è il problema. Per
ora posso darle
queste vitamine per il terreno” rispose. Raggiunse uno
scaffale e ne prese una
confezione con dentro dei contagocce colmi di liquido verdino.
Tornò indietro e
lo porse alla giovane, che sfiorò la sua mano quando li
prese. Sia Trunk che
Pan avvamparono, distogliendo lo sguardo. Pan mise la confezione dentro
la
borsa e ne tirò fuori il portafoglio.
“Quanto
ti devo?” domandò. Trunks scrollò le
spalle.
“Per ora
niente. Mi paghi stasera, quando mi porti il bonsai. Va
bene?” domandò. Pan gli
sorrise.
“D’accordo.
Spero di non darti altri problemi. Ho visto che il tuo datore di lavoro
si era
parecchio seccato qualche giorno fa, quando ci ha visti
parlare” disse. Trunks
ridacchiò.
“Serena.
Si lamenta, ma poi non farebbe niente di male” la
rassicurò.
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Pan si
passò le mani sulla gonna decorata con dei disegni floreali.
“Lo si
può ancora salvare?” domandò. Trunks si
premette la montatura di un paio di
occhiali al viso ed annuì.
“Penso
di sì, ma è meglio se me lo lasci un paio di
giorni” rispose. Pan avanzò e
l’orlo della sua gonna sfiorò dei papaveri in un
vaso.
“Ci sai
davvero fare con le piante” disse. Trunks si passò
le mani tra i capelli.
“E’
l’unica cosa con cui ci so fare, ma non è che i
miei genitori ne siano tanto
entusiasti” ammise. Pan si mordicchiò il labbro e
intrecciò le dita dietro la
schiena.
“Non
dovrei farmi gli affari tuoi, ma…
perché?” domandò. Trunks si
allontanò dal
bancone su cui era adagiato l’olivo bonsai.
“I miei
genitori sono persone d’affari, divorziati, ed entrambi
volevano che diventassi
un uomo importante. Io, invece, voglio fare il fioraio”
rispose. Si massaggiò
il collo pallido. Pan gli sorrise.
“Io
penso che sia un lavoro stupendo e che ti si addice. Non ti vedrei bene
in
completo” lo rassicurò. Trunks alzò lo
sguardo ed osservò l’orologio,
posizionato sopra gli alti tronchetti della felicità.
“Si
è
fatto tardi, penso che ormai non verranno più altri
clienti” disse. Pan si
portò una mano alla bocca.
“Accidenti,
non volevo rimanere qui fino all’orario di chiusura.
Scusa” disse. Trunks mise
il blocco alla cassa e aprì un cassetto, tirandone fuori un
paio di chiavi.
“Senti,
visto che è tardi, ti dispiace se ti invito a prenderti un
pezzo di pizza con
me?” chiese. Le sue gote erano vermiglie e le orecchie gli
bruciavano. Pan
sorrise e le sue iridi nere brillarono.
“Con
piacere. Conosco un posto vicino a casa mia” rispose. Trunks
si sciolse i lacci
del grembiule.
“Allora
chiudo il negozio e andiamo” le rispose.
********************
Pan si
sporse in avanti e passò un fazzolettino sul naso di Trunks.
“Ti sei
sporcato di sugo” disse gentilmente. Trunks
deglutì a vuoto ed incrociò le
gambe sotto il tavolo.
“Sono un
po’ imbranato. Non volevo farti fare una cattiva
figura” disse. Pan prese una
forchetta e la ondeggiò accanto alla sua guancia.
“La
cattiva figura te la faccio fare io, che taglio la pizza con coltello e
forchetta. Non sai che è illegale in almeno dieci
paesi?” domandò ironica.
Trunks scoppiò a ridere e si appoggiò alla sedia.
“Nelle
pizzerie dove mi portavano i miei, la pizza era un quarto di questa e
probabilmente bisognava tagliarla con almeno dieci tipi di
forchette” la
rassicurò. Pan lo osservò sorseggiare una birra
scura e si guardò le mani, il
suo smalto blu notte si era scheggiato in più punti.
“A
quest’ora non c’è quasi nessuno in
pizzeria, è presto. Però devo andare a letto
presto” spiegò. Piegò il proprio
tovagliolo ripetutamente.
“Anche
io! Alcune piante vanno curate sin dalla mattina presto”
rispose Trunks. Si
grattò il mento un paio di volte.
“Senti,
dovrò avvisarti quando la pianta starà
meglio” le disse gentilmente. Pan tirò
fuori il cellulare dalla borsetta.
“Ti
lascio il mio numero, se vuoi” propose. Trunks tolse dalla
tasca della giacca
giallo senape il proprio cellulare.
“Non
potevo chiedere di meglio” rispose.
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Trunks
sbadigliò, la sua suoneria risuonava nella stanza.
Aprì il cellulare e rispose,
portandoselo all’orecchio.
“Pronto”
disse con voce impastata. Sentì un sospirò
dall’altra parte del telefono ed
inarcò un sopracciglio.
“Scusami,
Trunks. So che non è orario, ma pensavo fossi già
al negozio” sentì la voce di
Pan. Strinse più forte il cellulare e sentì il
battito cardiaco accelerare.
“Non
disturbi affatto. Sono felice di sentirti, ma il tuo bonsai non
è ancora ben
rimesso” le disse con voce tremante. “No, no, ho
fatto un disastro. Una persona
speciale per me oggi fa il compleanno e non ho niente da regalarle. E
ti volevo
chiedere se dopo scuola potevo passare da te, per potergli comprare dei
fiori”
rispose Pan. Le iridi azzurre di Trunks divennero liquide.
“Il tuo
fidanzato?” domandò con voce roca. La giovane
ridacchiò.
“No, non
sono fidanzata, parlavo di mio padre. Sai, è un professore
universitario sempre
di corsa tra un convegno e l’altro. Io e mamma non pensavamo
nemmeno sarebbe
riuscito ad essere a casa per il compleanno” rispose. Trunks
sorrise, strinse
un pugno e diede una gomitata all’indietro.
“E
tu?”
s’informò Pan.
“No, per
nulla. Sai, non ho mai trovato la ragazza giusta. O forse non ho il
tempo
nemmeno per conoscerne, a lavoro. Al massimo potrei iniziare ad uscire
con una
pianta. Ok, questa battuta era pessima, da vero idiota. Però
sto parlando solo
io. Sono felice che tu mi abbia chiamato” disse Trunks
velocemente. Deglutì e
si passò la mano tra i capelli color glicine.
“Allora,
posso venire?” domandò la mora. Trunks si
grattò il sopracciglio e si alzò un
paio di volte sulle punte dei piedi.
“Certo.
Ci vediamo quando esci da scuola e ti faccio vedere varie
possibilità di
regalo” le rispose, gentilmente.
“Ti
ringrazio. Le tue premure mi fanno sentire importante. A più
tardi” lo salutò
Pan. Trunks sentì il click della chiamata che si chiudeva e
sospirò.
“Penserà
che sono tonto” mormorò.
********************
“Poi non
ti ho più chiesto come è andata con tuo
padre” disse Trunks. Si morse l’interno
della guancia e piegò di lato il capo.
“Lo so
che è passato da una settimana il suo compleanno e non te ne
ho più parlato”
sussurrò Pan. Prese il vaso del bonsai tra le mani ed
espirò rumorosamente dal
naso.
“Però
poi non è venuto. Si è scusato tanto su skype, ma
si era proprio dimenticato un
convegno importante e improrogabile, come sempre” si
lamentò. Trunks si grattò
il mento e deglutì.
“Sai, i
miei non hanno mai festeggiato i loro compleanni, neanche da soli,
figurarsi in
famiglia. Nei miei non venivano nemmeno i miei compagni, credo
odiassero mio
padre e me la facessero pagare”. Si grattò la
spalla un paio di volte. “E
quindi so cosa vuol dire” sussurrò. Pan
spalancò gli occhi ed appoggiò il
bonsai su ripiano. Raggiunse il giovane e lo abbracciò.
“Tra noi
due sei messo peggio tu. Mia madre mi ha sempre fatto festeggiare i
compleanni
migliori e mio padre mi manda dei regali bellissimi. E ora, i tuoi
compleanni
sono migliori?” domandò. Trunks deglutì
rumorosamente, il suo viso era
accaldato ed i suoi occhi lucidi. Abbracciò Pan a sua volta.
“Veramente
non sono abituato” ammise. Pan gli sorrise ed alzò
il capo.
“Ormai
si può dire che siamo amici, vero?”
domandò. Trunks annuì un paio di volte. Pan
si staccò da lui e mise le mani dietro la schiena.
“Ti
invito a pranzo a casa mia il giorno del tuo compleanno già
da oggi” propose.
Trunks strinse un pugno e si chinò verso di lei.
“E lo
passerò con una ragazza bellissima”. Le
sfiorò la fronte con le labbra e il
Briefs arrossì. Pan indietreggiò, riprese il
bonsai e se lo mise davanti al
petto.
“Però,
dobbiamo vedere dei gusti simili. Ti andrebbe di venire a pranzo da me,
domani?” domandò Trunks. Pan si
mordicchiò il labbro.
“Certamente…”
sussurrò. Gli diede le spalle.
“Adesso
vado, prima che torni il proprietario” disse. Trunks la
guardò allontanarsi.
“A
domani” mormorò.
***********************
Pan
giocherellò con la bretella del vestito, si alzò
sulle punte delle scarpe e
bussò un paio di volte sul portone di legno. Tolse dalla
tasca della gonna,
decorata con dei gigli violetti, un bigliettino di carta.
“Spero
che l’indirizzo sia giusto” sussurrò.
Sentì scattare la porta, richiuse il
biglietto e lo rimise in tasca. Trunks aprì la porta e se la
trovò davanti. Pan
avvampò vedendo il petto del giovane fasciato da una camicia
nera e si grattò
la guancia rosata.
“Ciao”
sussurrò. Trunks si scostò e Pan entrò
nell’appartamento.
“E’
tutto pulito qui. Complimenti” disse la mora.
Osservò le finestre splendenti.
Raggiunse la cucina e si portò la mano alla bocca, sgranando
gli occhi.
“Bellissimo”
sussurrò, guardando il bouquet sul tavolo, le candele
spente, sui piatti
decorati al centro del tavolo svettava un’anatra ripiena.
Trunks chiuse la
porta.
“Ammetto
che a parte le decorazioni floreali, tutto il resto è merito
di mia sorella
minore” ammise. Pan ridacchiò e si
voltò verso di lui, facendo ondeggiare la
gonna.
“Non
sapevo tu avessi una sorella. Io sono figlia unica” rispose.
Trunks scrollò le
spalle.
“Se non
avessi avuto una sorella pronta a diventare importante al mio posto, i
miei non
mi avrebbero lasciato andare. A costo di rapirmi. Ora, invece, mi hanno
solo
disconosciuto come figlio” spiegò. Pan si
avvicinò e gli prese le mani.
“C’è
un
motivo speciale per cui hai costretto una giovane impegnata ad aiutarti
in
casa?” domandò. Trunks le tose una mano dalla sua
e tossì, arrossendo.
“Beh,
una cosa molto importante. Oggi la ragazza che mi piace
passerà con me la
giornata” disse con voce roca.
Pan lo
abbracciò, chiudendo gli occhi e gli sorrise.
“Che
coincidenza, anche io sono insieme al ragazzo che mi piace
già da un bel po’”
rispose. Trunks si abbassò e le sfiorò le labbra
con le proprie.
“E posso
sperare di averti come fidanzata?” domandò. Pan lo
baciò a sua volta.
“Beh,
Trunks… assolutamente sì” rispose.
Trunks le mise le mani ai fianchi e
approfondì il bacio.
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