Lo Specchio delle Anime.
“Hello, it's me
I was wondering if after all these years you'd like to meet
To go over everything
They say that time's supposed to heal ya
But I ain't done much healing”.1
[Adele - Hello]
ATTENZIONE: Scene leggermente crude verso la fine
del capitolo, soprattutto se siete un po’ sensibili. Possibili riferimenti ad
atti di violenza e aborto.
Atto
XVI – Parte V
Gloria della Madre.2
Sapeva cosa avrebbe dovuto affrontare ben prima che Eracle
arrivasse al suo fianco, il viso gentile colmo della tristezza di chi aveva
subito un dramma molto simile. L’aveva saputo nell’esatto istante in cui
l’avevano avvertita che avrebbe affrontato il suo difetto fatale, perché non
c’era nessun altro orrore nel suo passato che fosse più grande di quello.
Che fosse più grande di Ronald.
«Ce la faremo, Hermione» le aveva detto Draco, quando
avevano ricominciato a muoversi lungo il corridoio di marmo, la mano ancora
stretta nella sua ed il viso ancora chiazzato di rosso dopo il salto nell’acqua
gelida. I suoi occhi erano così pieni di speranza che, per un momento, lei si
sentì terribilmente in colpa. Lui non aveva idea. «Insieme possiamo fare
qualunque cosa».
Non ci sarebbe stato alcun insieme, una volta che
il suo momento fosse giunto. Non ci sarebbe stato più un noi,
probabilmente.
Rivederlo l’avrebbe uccisa.
«Come è stato?» la domanda, così improvvisa che lei stessa
non realizzò immediatamente di averla posta, colse di sorpresa sia Draco che
Eracle, cui lei si era rivolta. Il suo sguardo triste sembrò attraversarla, ma
non le rispose.
«Di cosa stai parlando?» chiese quindi Malfoy, alternando
lo sguardo fra lei e l’eroe, sempre più accigliato. Non doveva essergli
piaciuto il modo in cui l’aria si era improvvisamente raggelata. Lui,
diversamente da Ron, era sempre stato abbastanza bravo a captare i cambiamenti
d’atmosfera. Doveva esserlo, considerando il lavoro che lo aveva
impegnato in quegli anni. «Hermione?».
«Vuole sapere com’è stato uccidere la mia famiglia» rispose
l’eroe, senza guardare nessuno dei due, il mento alto ma la testa quasi
incavata fra le spalle in una posa quasi difensiva. Si stava difendendo dai
suoi ricordi o dai fantasmi del passato che ancora lo tormentavano? «Com’è
stato perdere la ragione e sterminare mia moglie ed i miei tre figli3» continuò, la voce improvvisamente rasposa, stentata.
Dolore e rimpianto lo circondavano come una seconda pelle,
una troppo stretta per permettergli di respirare.
Hermione conosceva bene quella sensazione, conosceva fin
troppo bene l’oppressione all’altezza del cuore. Avrebbe preferito non
riportare a galla certe emozioni, ma se davvero stava per cadere, voleva che
qualcun altro si sentisse miserabile come lei, condividendo, forse, un po’ del
dolore.
Non si sarebbe sentita meglio, una volta che anche lui si
fosse ritrovato schiacciato dal peso del passato, ma la certezza di non essere sola
nella pena era qualcosa cui non poteva rinunciare.
Improvvisamente preoccupato, Draco strinse la presa sulla
mano di lei, tirandola automaticamente più vicina a sé. La guardò, quasi avesse
voluto capire il motivo di quella sua curiosità soltanto osservandola. Hermione
non se la sentì di spostare gli occhi dall’eroe, temendo di non reggere
l’intensità che quelle lame argentee le avrebbero riversato addosso.
«Com’è stato?» insistette allora la strega, la voce
incolore. «Ho bisogno di saperlo».
Eracle sospirò, sollevando lo sguardo verso il soffitto.
Il suo bel viso era pallido, le mani improvvisamente tremanti. C’era orrore nei
suoi movimenti e questo spaventò Hermione.
Erano passati millenni, ma il dolore era ancora lì. Il dottor Crave
le aveva assicurato che l’avrebbe superato, prima o poi, ma in quel momento lei
non ne fu più tanto sicura.
«È stato peggiore della morte» le disse, in un sussurro
angosciato. «Peggiore di qualunque fatica io abbia affrontato dopo» mormorò,
voltandosi a guardare entrambi i giovani maghi. «È stato come assistere alla
più brutta rappresentazione tragica della storia. Io ero uno spettatore, nulla di
più. Osservavo le mie mani chiudersi intorno al collo di mia moglie, la mia
spada distruggere i fragili corpi dei miei bambini, l’unica mia ricchezza-» la
voce gli si strozzò in gola, gli occhi gli si velarono di lacrime impossibili
da trattenere. Era l’uomo più grande e forte che Hermione avesse mai
conosciuto, eppure, in quel momento, gli sembrò estremamente fragile.
Avrebbe voluto abbracciarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene.
Ma non era vero, non sarebbe mai andato tutto bene.
Non erano mai esistiti eroi felici.
«Credevo fossi impazzito e li avessi scambiati per dei
mostri» si intromise Draco, il tono della voce estremamente cauto, seppur
velato da una innegabile curiosità. «La leggenda è questo che dice: hai perso
il senno e li hai scambiati per dei demoni».
Il sorriso amaro sul viso di Eracle fece venire la pelle
d’oca ad Hermione. «Ah, capisco» mormorò, scuotendo leggermente il capo. «Mi
dispiace deluderti, giovane Malfoy, ma non è stato così. Io ero lì, ero
cosciente, ma non avevo potere sul mio corpo. Ero folle, sì, ma solo per il
dolore di dover sopportare una tale disgrazia. Non esiste un incantesimo che
possa mascherare l’amore, è l’amore che riesce a spezzare qualunque
incantesimo» spiegò, stringendo i pugni lungo i fianchi. «Ho capito si trattasse
delle mie mani e della mia spada solo quando tutto fu finito. Credevo davvero
di star osservando il massacro da fuori. Se fossi stato più attento, se… se
avessi prestato maggiore attenzione, forse sarei riuscito ad impormi e ad
evitare quella strage» ammise infine, il senso di colpa che aleggiava intorno a
lui come un’aura pesante e densa.
«Non avresti potuto far nulla» gli fece notare Hermione,
consapevole, comunque, che quella non fosse la verità. Aveva imparato a
mentire in quel luogo? 4 «Non è colpa
tua».
Eracle le lanciò uno sguardo carico di compassione, mentre
in fondo al corridoio sembrava essersi aperto un piccolo varco luminoso. «Come
puoi dirlo a me, se poi tu non ci credi, mia cara?» le domandò, gentile.
«Ricorda, in questo luogo non si può mentire, ma dire la verità a volte non
basta. A volte, devi accettare di non avere altre possibilità, di essere
arrivata ad un vicolo cieco».
Lei sentì un dolore sordo all’altezza del petto, come se
il cuore avesse deciso di darsi alle fiamme.
«E cosa si fa, davanti ad un vicolo cieco?».
Con gentilezza, Eracle le posò le mani sulle spalle e la
fece voltare, mettendola faccia a faccia con Draco, la cui espressione aveva
raggiunto picchi di preoccupazione degni della signora Granger quando lei aveva
raccontato le vicende della guerra. «Quando non puoi andare avanti, devi
voltarti indietro e affrontare ciò che ti è stato riservato dal destino».
Un attimo dopo, l’eroe sparì nel nulla e la luce alla fine
del corridoio li circondò, accecandoli per qualche istante.
***
Era quasi arrivata la primavera, eppure Londra era ancora
immersa nel più profondo clima invernale. Hermione ricordava di aver assistito
a più nevicate fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo di quante non ne avesse
viste nel cuore di dicembre. Non aveva mai messo da parte i suoi stivaletti da
neve, quelli che aveva comprato più di due anni prima ma che l’avevano servita
fedelmente per tutti gli inverni che avevano passato insieme.
Non li avrebbe più indossati.
Fu proprio il rumore delle scarpe, inconfondibile sul
marciapiede alle loro spalle, che la fece voltare di scatto, in tempo per
notare la se stessa di quasi nove mesi prima, completamente avviluppata in un
cappotto pesantissimo e con i capelli raccolti sotto il berretto di lana che la
signora Weasley le aveva regalato il Natale passato.
«Quel cappello è imbarazzante, Granger» le disse Draco,
forse cercando di risollevarle il morale, mentre a sua volta osservava il
doppione della giovane attraversare le trafficate vie di Londra, diretta in un
luogo a lui sconosciuto. «Ti prego, non indossarlo quando uscirai con me»
aggiunse, tranquillo, posandole la mano dietro la schiena, come a volerla
abbracciare, senza tuttavia appiccicarsi troppo.
Lei gliene fu grata, aveva bisogno di contatto, ma non
voleva sentirsi soffocata.
«Non temere» gli rispose, mentre osservava se stessa
entrare in un locale babbano praticamente deserto. Le tremavano le mani, ma le
nascose immediatamente incrociando le braccia al petto. Non si illuse di aver
celato la sua debolezza agli occhi attenti di lui, ma non se ne preoccupò. A
breve avrebbe visto ben altro, di lei. «Quel cappello l’ho buttato via. Così
come tutto il resto» continuò, atona, mentre lo scenario intorno a loro
cambiava e, improvvisamente, si ritrovavano davanti al tavolo occupato dal suo
doppione.
Non si era tolta il cappotto, non aveva voluto mostrare a
Ronald il bambino. Ricordava cosa l’aveva spinta ad agire in quel modo
e, nonostante tutto, non poteva che darsi della sciocca. Forse, in quel modo,
lo avrebbe mantenuto tranquillo. Forse lo avrebbe fatto ragionare.
«Non hai l’anello della donnola al dito»5 notò Draco, accigliato. «Immagino ci
troviamo all’inizio di quest’anno, poco dopo la rottura del fidanzamento»
constatò, accigliato e vagamente preoccupato. «Il tuo segreto è che l’hai
malmenato? Se è così, mia cara, non hai motivo di tenerlo nascosto».
Hermione provò l’improvvisa voglia di mettersi a piangere,
ma si trattenne. Tuttavia, preferì allontanarsi di un passo da lui, proprio
mentre Ronald, gli inconfondibili capelli rossi tutti arruffati, faceva il suo
ingresso nel locale, il viso pallido e l’espressione colma di disappunto.
Espressione che si calmò leggermente quando la scorse già all’interno.
«Hermione, sapevo che saresti venuta» aveva detto,
accomodandosi al tavolino. Il suo tono era dolce, incredibilmente dolce, tanto
simile a quello che l’aveva conquistata da giovane. «Come stai? Io…».
«Starò bene quando sistemeremo questa faccenda» il tono della sua
versione passata era secco, orgoglioso, l’Hermione presente provò tantissima
compassione per lei. «Harry ha detto che volevi parlarmi, quindi io ti
ascolto. Ti prego di sbrigarti, però, ho un appuntamento con la mia nuova
padrona di casa».
Quelle parole non erano piaciute a Ronald, lei l’aveva
notato immediatamente. La sua mano, veloce e forte come quella di ogni bravo
portiere, era scattata ad afferrarle il braccio in una presa ferrea. A distanza
di mesi, lei non riuscì a resistere all’impulso di massaggiare la parte
colpita. Alle sue spalle, udì distintamente Draco masticare un’imprecazione.
Come avrebbe reagito al resto?
«Hermione, ti prego, possiamo ancora…» tentò
Ronald, il tono un po’ più nervoso, mollando la presa solo quando lei gli
sibilò contro. «Scusami, non volevo» aggiunse, con un’espressione così
disperata che, a distanza di mesi, era riuscita a far stringere il cuore di
Hermione, anche se solo un po’. Col senno di poi, naturalmente, non sarebbe più
caduta nella sua trappola.
«Non volevi neppure l’altra volta6» gli fece notare infatti la ragazza del
passato, ritirandosi in posizione difensiva contro lo schienale della sedia. I
suoi occhi erano ancora rossi. Ricordava di aver pianto, quella mattina, e di
non esser riuscita a liberarsi della sensazione di tristezza immensa che
l’aveva colta. Almeno, non finché non era successo. «Ti ho chiesto
cosa vuoi, Ron. Non ho tempo da perdere».
Il modo in cui lui strinse i denti avrebbe dovuto farle
annusare il pericolo. Era un Inquisitore, era sempre stata brava nel
riconoscere i segnali… eppure, con lui, aveva fallito.
L’amore è l’incantesimo più forte di tutti, capace di
nascondere i mostri dietro visi d’angelo.
«Hermione», Draco, con urgenza nella voce, si era
avvicinato a lei e le aveva poggiato la mano sul braccio, che però lei aveva
subito allontanato, come scottata. Non si voltò a guardarlo, ma riuscì a
sentire il calore del suo sguardo proprio sulla nuca. «Lui ti ha picchiata? Ti
ha fatto del male?» chiese, infastidito e preoccupato. Aveva voglia di
toccarla, ma fortunatamente si trattenne. Lei non era pronta.
«Devi venire a casa a… uhm… trovare le tue cose»
aveva appena detto Ronald, accennando un sorriso nervoso. «Se proprio non
vuoi tornare con me, allora non c’è altro che io possa fare».
La sua resa l’aveva sorpresa anche a quel tempo, come
probabilmente si evinceva dalla piega assunta dalle sopracciglai della sua
versione passata. Se fosse stato qualcun altro, lei avrebbe immaginato che
qualcosa fosse sul punto di andare incredibilmente storto. Se solo avesse
capito, a quel tempo… se solo avesse visto tutti i segnali!
Era stata colpa sua.
Hermione del passato sospirò, indecisa. «Non potevi
mettere tutto negli scatoloni, come ti avevo chiesto?» domandò, sbuffando
quando lui si strinse nelle spalle, mostrando la vecchia espressione scanzonata
che l’aveva fatta innamorare tanti anni prima. «D’accordo, verrò questa
mattina stessa. Ma dobbiamo sbrigarci, come ti ho già detto-».
«Sì, ti sta aspettando la tua padrona di casa» il
sibilo con cui sputò quelle parole avrebbe fatto preoccupare chiunque l’avesse
conosciuto fin da ragazzo, forse chiunque in generale, ma lei aveva
pensato che si trattasse soltanto di stizza da separazione. Dopotutto, era
sempre stato un bambinone. «Ti aspetto a casa, fai con comodo» disse
poi, alzandosi in piedi con uno scatto e dirigendosi, quasi di corsa, verso la
porta del locale.
Hermione del passato, allora, sospirò sconfitta. Incurante
degli sguardi dei due dal futuro puntati su di lei, si asciugò gli occhi e
raddrizzò le spalle, animata da una decisione che l’altra se stessa ricordava
ancora benissimo.
«Volevo farla finita con lui» disse proprio lei, senza
guardare Draco. «Volevo mettere fine a… a qualcosa che non sentivo più. Era la
scelta migliore, ma ho sbagliato tutto».
«In che senso hai sbagliato tutto?» chiese Malfoy, che
ormai sembrava aver rinunciato a porre alcun tipo di freno alla sua ansia. Era
una presenza costante dietro di lei, una fonte di calore confortante ma, al
tempo stesso, spaventosa: come sarebbe stato, una volta sparito? «Hermione-».
«Lo vedrai» gli rispose lei, secca, mentre la ragazza si
alzava dal tavolo e si dirigeva di gran carriera fuori. Sarebbe andata a
parlare con la padrona di casa immediatamente, così da non dover avere fretta.
Così che nessuno potesse preoccuparsi per lei.
Che stupida era stata…
La scena intorno a loro cambiò.
L’ingresso del piccolo appartamento che lei e Ron avevano
diviso per oltre tre anni era sempre stato molto ordinato, pur senza scadere
nell’ossessività. Sulla sinistra c’erano i cappotti di Ron – lei aveva portato
via i suoi – e sulla destra il tavolino che avevano comprato il giorno stesso
in cui avevano deciso di convivere. La versione passata di Hermione aveva
appena fatto il suo ingresso, naturalmente sola, naturalmente ignara del
pericolo che si nascondeva proprio dietro l’angolo.
«Ron?» aveva appena chiamato, passando praticamente
fra Draco e la sua controparte, iniziando a togliere la sciarpa e l’orripilante
cappello. Gli stivaletti da neve squittivano contro il pavimento di finto
legno, un suono che era passato dall’essere simbolo di familiarità a memento
perpetuo del peggiore dei suoi incubi.
«“Cappuccetto Rosso arrivò a casa della nonna con le
mani piene di fiori”» mormorò proprio la versione futura, osservando se stessa
con il cuore carico di commiserazione e rabbia. «“Si sorprese nel non trovare
la donnina in cucina, ma continuò comunque verso la camera da letto,
convincendosi che si fosse messa a dormire a causa della malattia”».
Draco, preoccupato da quella sua improvvisa voglia di
raccontare fiabe, fece qualche passo avanti, seguendo la ragazza del passato
verso la camera da letto. Anche la sua accompagnatrice lo seguì, naturalmente,
ma solo per la consapevolezza di dover assistere a quell’orrore. Non si
preoccupò neppure del fatto che, tolto il cappotto, ormai il suo segreto fosse
a portata d’occhio per lui. Lui che aveva tentato di darle una nuova speranza.
«Ron? Cosa diavolo ci fai qui?» aveva appena
chiesto la ragazza, aprendo la porta della stanza per cercare l’ormai ex
fidanzato. «Ron? Possibile che tu debba sempre dormire?».
«“Che grandi orecchie che hai, nonnina”, aveva chiesto Cappuccetto, una volta vista
la vecchia», il tono di Hermione era diventato gelido, la preoccupazione di
Draco era tangibile come se l’aria intorno a lui si fosse congelata. Non sapeva
a chi dare la sua attenzione, se alla versione passata oppure a quella
presente. «“È per poterti sentire meglio, nipotina mia”».
«’Mione 7, sono bloccato nella cabina armadio, mi sono caduti in
testa i tuoi libri» la voce di Ronald era arrivata quasi contemporaneamente
alla sua, creando una confusione fastidiosa. Hermione scorse una terribile
consapevolezza nello sguardo di Draco, quando finalmente la ragazza entrò in
camera da letto e, voltatasi leggermente, mise in mostra il piccolo
rigonfiamento sul ventre.
Tre mesi erano tutto ciò che le era stato concesso.
«Oh, Merlino…» il tono angosciato delle sue parole le
confermò che avesse visto. Draco non era un uomo stupido e di certo
sapeva fare i suoi conti. Erano i primi di marzo e lei era incinta di pochi
mesi, a settembre erano stati assegnati al caso e lei non aveva nessun bambino
ad attenderla a casa. «Hermione, non-».
«“Che grandi denti che hai, nonnina” aveva detto ancora Cappuccetto, avvicinandosi
alla vecchia» continuò invece Hermione, entrando a sua volta nella stanza
mentre la ragazza passata allungava la mano verso la porta della cabina
armadio.
In quell’istante, tutto fu nuovamente chiaro, rivivendolo
dall’esterno. Aveva dimenticato, aveva eliminato, ma la crudeltà del passato
era tornata a tormentarla in tutta la sua infinita spietatezza.
La cabina armadio era vuota, naturalmente. Ronald, invece,
era apparso improvvisamente alle sue spalle, la lunga ombra ad oscurarle la
luce del giorno. Quello che all’inizio era stato confuso, in quell’istante le
si mostrò in tutto il suo orrore: il forte dolore e la sensazione che il mondo
stesse crollando sotto i suoi piedi, Ronald con ancora in mano il vecchio
candelabro che lei aveva preteso di acquistare in un mercatino dell’usato e che
lui aveva sempre odiato. Il suo sangue che macchiava il pavimento, sgorgando
copioso dalla ferita alla testa.
«Adesso non andrai mai più via».
«“È per poterti mangiare meglio, nipotina mia”».
***
Aveva assistito a quelle scene con uno spirito di pacato
lutto. Era la morte della sua anima, quella cui stava partecipando, ed aveva
intenzione di prendervi parte con tutto il contegno di cui fosse in possesso.
Aveva passato il momento dell’umiliazione, aveva passato il momento della
rabbia.
Voleva soltanto che tutto finisse.
Draco non era stato della sua stessa opinione. Lo aveva
sentito imprecare, lo aveva sentito urlare improperi e bestemmie che non si
sarebbe mai sognata di ripetere.
Non le importava. Quella storia non lo riguardava, il suo
dolore non la colpiva. Quanto avrebbe potuto soffrire, in fondo? Lui non capiva. Nessuno avrebbe mai capito,
se non la creatura che giaceva abbandonata, colpita da colui che era stato il
grande amore della sua vita, il sangue che scorreva libero dalle sue ferite,
fisiche e non, macchiava le lenzuola
candide che lei aveva scelto.
L’aveva scelto
lei.
Il silenzio stava diventando insopportabile, ma Hermione
non aveva alcuna voglia di spezzarlo.
La ragazza era rimasta immobile dal momento stesso in cui
Ronald l’aveva ferita a tradimento. Era rimasta immobile mentre la trascinava
per la stanza, bloccandola sul letto e togliendole la bacchetta, così che non
potesse difendersi. Lo aveva osservato muoversi nervosamente per la stanza,
ridacchiando fra sé e sé come ogni bravo psicopatico avrebbe fatto.
Si era ribellata, sì, ma solo dopo il suo risveglio
confuso, quando lui l’aveva baciata con una gioia animale, quasi si fosse
aspettato di averle fatto una sorpresa gradita. Allora erano arrivate le urla
e, con quelle, gli altri colpi.
Sei mia,
Hermione! Posso farti quello che voglio!
Quando Ronald, prima di andare via, le aveva morso il
collo fino a farlo sanguinare, Hermione aveva sentito Draco imprecare ed
allungare la mano per tentare di afferrare quella creatura infida per il collo8, quando gli era passato vicino. Allora,
quando ormai avevano assistito a quasi tutta la violenza che quel mostro le
aveva usato contro, si era accasciato in un angolo, pallido, tenendosi la testa
fra le mani e badando bene a non guardare la versione futura ma esclusivamente
il guscio vuoto che era rimasto incatenato sul letto.
Il silenzio era diventato insopportabile.
«Hermione». La sua voce, improvvisa, la fece trasalire.
Quando si voltò, venne fulminata da due pozzi di ferro fuso, profondi e colmi
d’ira. «Perché non mi hai detto nulla?» le chiese, la voce roca, tuttavia
spostando gli occhi sulla poverina nell’angolo. «Perché lo hai tenuto
segreto?».
Naturalmente, pensò lei, con amarezza, perché si
sarebbe tenuto alla larga, se avesse saputo.
Avrebbe provato
pena per lei.
«Non è qualcosa che si racconta facilmente» gli disse, con
una apatia che non le apparteneva. «Perché avrei dovuto? È qualcosa che
appartiene al mio passato, non riguarda nessun altro».
Draco strinse i denti, pronto a ribattere, ma in
quell’istante un improvviso pop annunciò l’apparizione di qualcuno,
nell’altra stanza. Lui si voltò in quella direzione, evidentemente speranzoso
che fossero arrivati a salvarla, così come la ragazza del passato. I loro occhi
si illuminarono allo stesso modo, ma così non fecero quelli di Hermione.
«Signora Weasley!» le parole della ragazza uscirono
in un gemito, mentre la donna sulla cinquantina faceva il suo ingresso nella camera
da letto, il viso pallido ma chiazzato di rosso, come se avesse appena finito
di urlare, ed i capelli rossi totalmente sconvolti. Aveva un’espressione
strana, assente, ma la giovane del passato non vi aveva prestato attenzione.
Quella del presente, invece, riusciva già a cogliere il
germe del mostro sul fondo del suo sguardo.
«Hermione cara, quanto sei pallida» furono le prime
parole che le disse, accarezzandole il viso con una gentilezza forzata. Le sue
mani, poi, arrivarono al ventre della ragazza. Non un accenno al labbro che suo
figlio le aveva spaccato quella mattina stessa, con un ceffone. Non un accenno
all’occhio nero che le aveva causato sbattendole la testa contro la testiera
del letto. Nulla. Ma la ragazza del passato era troppo speranzosa,
troppo disperata, per capire. «Nelle tue condizioni dovresti riguardarti di
più!».
«Cosa cazzo sta dicendo quella vecchia?» il sibilo
di Draco arrivò dal suo fianco, segno che si fosse rialzato. Il suo sibilo
divenne un ringhio, quando la signora Weasley scosse il capo e sollevò la
maglia della ragazza, come a volerla esaminare.
«Signora… deve aiutarmi, Ron… Ron mi ha rinchiusa qui…»
esalò proprio lei, disperata ed ad un passo dalle lacrime. «La prego, la
prego mi faccia uscire…».
La donna le dedicò un’occhiata confusa, quasi avesse
appena sentito una sciocchezza. «Ron ti
ha rinchiusa qui perché tu volevi scappare, Hermione cara» le fece notare,
con un sorriso bonario, abbassandole la maglietta ed iniziando a sistemare le
coperte intorno a lei, come se avesse voluto rimboccargliele. «Se tu avessi fatto la brava ragazza, non te
ne saresti andata e lui non avrebbe dovuto ricorrere a queste misure anticonvenzionali».
Il peso di quelle parole fece male alla Hermione del
presente esattamente come ferirono quella del passato. Ancora una volta percepì
il dolore della perdita e lo shock dell’abbandono, sentendosi sola ed incapace
di salvarsi.
Ancora una volta avvertì nettamente la fitta al basso
ventre.
«Signora Weasley… la prego… Ron è impazzito… per
favore…» pregò ancora la ragazza imprigionata, le lacrime che ancora le
scendevano lungo le guance pallide, toccando le labbra tumefatte. «La prego,
il bambino… devo salvare il mio bambino…».
«Il tuo bambino?» il tono esasperato della
donna le fece venire la pelle d’oca. Ancora una volta percepì la stretta delle
coperte intorno al corpo come una ulteriore costrizione. «Mia cara, questo è
il bambino di Ron. Se non ti deciderai a mettere la testa a posto, stai
pur certa che non ti faremo avvicinare al nuovo, piccolo Weasley». Sentendo
il singhiozzo della povera ragazza, la signora le prese il mento fra pollice ed
indice, costringendola a guardarla. «Smettila di piangere, sciocca! Cos’hai
da piangere? Devi essere grata che mio figlio ti voglia ancora con lui!».
«Grata che suo figlio mi abbia rapita?» urlò allora
Hermione del passato, incredula, dimenandosi con sempre maggiore violenza man
mano che il dolore al basso ventre aumentava. «Io non voglio stare con suo
figlio! Non voglio avere niente a che fare con lui!».
Il suono dello schiaffo che la signora Weasley le diede9 risuonò per le mura della stanza,
rimbalzando fra le pareti dello stomaco di Hermione. In quel momento come nove
mesi prima si sentì impotente, sconfitta.
La donna che per anni aveva considerato una seconda madre
aveva appena condannato il suo bambino non ancora nato. Col senno di poi,
Hermione sapeva bene che se non l’avessero salvata, probabilmente Ron e sua
madre l’avrebbero uccisa subito dopo la nascita del piccolo. Sapeva che la sua
vita sarebbe stata comunque segnata.
«Nessuno potrebbe mai volerti, sei così insignificante»
continuò la donna, lasciandola andare. «Non ti faremo andare via. Ron ed io
ti terremo qui e tutto andrà bene» aggiunse, con tono di voce stranamente
cantilenante. «Sì, Ron ha detto che tutto andrà bene. Saremo tutti insieme,
sì, proprio tutti insieme!».
La follia nelle sue parole sembrò ancora più terrificante,
a distanza di tutti quei mesi. Osservarla dall’esterno, senza i dolori del
sequestro ad offuscarle i sensi, le fece tremare le ginocchia. La donna che
aveva ucciso Bellatrix Lestrange si era ridotta
ad un pupazzo nelle mani di suo figlio, il trauma della guerra così forte da
averle completamente tolto il senno.
Molly, la donna che Hermione avrebbe conosciuto, avrebbe
raggelato l’inferno prima di permettere che Ron sollevasse un solo dito su di
lei. Quella bestia che, invece, si era accanita sulla creatura innocente non
era nulla più di un mostro. Un mostro che aveva appena distrutto ogni sua
speranza.
«Harry verrà a
salvarmi!» le disse allora, disperata, dimenandosi a più non posso,
soffocata dal calore delle coperte e dal dolore al ventre che sembrava volerla
spezzare in due. «Harry verrà da me!».
Molly Weasley sorrise, ridacchiando in un modo che, col
senno di poi, le avrebbe sempre ricordato Dolores Umbridge all’apice della
sua follia. «Mia cara, nessuno verrà a
salvarti. Come potrebbero, quando Ron ha detto a tutti che andrete via insieme,
per sistemare il vostro rapporto? 10» le disse,
scuotendo leggermente il capo ed allungandosi per darle un buffetto sulla
guancia. «Sei sola con noi, se farai la
brava forse ti terremo».
Quando la signora Weasley se ne andò, la ragazza del
passato urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e, a lei, si unì anche Hermione
del presente. Non riuscì a trattenersi, non riuscì a calmarsi. Urlò, mentre un
dolore acuto le scuoteva il ventre ormai orribilmente vuoto. Urlò, allontanando
le braccia che Draco aveva provato a metterle intorno alle spalle.
Non c’era più salvezza.
Il lupo l’aveva mangiata.
Ronald tornò una manciata di minuti dopo che sua madre era
andata via. Sorrideva, sembrava felice. Si avvicinò al corpo abbandonato sul
letto per lasciargli un bacio sulla fronte.
Erano passate
delle ore, ma lei non se n’era mai resa conto.
La ragazza non aveva più la forza di ribellarsi.
«So che mamma è venuta a trovarti» le disse, con un
gran sorriso, sistemando dei fiori nel vaso all’angolo. Ogni giorno c’erano
fiori diversi e lei li ricordava tutti. Rose, tulipani e gigli. Ogni
giorno Ronald sembrava più tranquillo, quasi la situazione fosse
improvvisamente tornata normale. «Ha detto che ti ha vista un po’ pallida,
così ti ha preparato della zuppa. A pranzo ti imboccherò io personalmente, che
ne dici? Ti piace l’idea?» le chiese ancora, dolce, tornando verso il letto
per poterla osservare in viso.
La ragazza si voltò a guardarlo solo per un istante, gli
occhi ormai iniettati di sangue. «Non ho intenzione di mangiare la tua
stupida zuppa. Preferisco morire di fame» proferì, funerea, voltandosi per
dargli le spalle. C’era una rassegnazione così forte, nelle sue parole, da far
stringere il cuore. Non era apatica, no, non poteva esserlo.
Non quando i dolori al ventre la stavano dilaniando.
«Cosa stai dicendo?» sbottò allora lui,
improvvisamente arrabbiato, avvicinandosi abbastanza da poterla afferrare per
la spalla e costringerla a girarsi nuovamente per fronteggiarlo. «Tu
mangerai quella stupida zuppa, oppure…!».
«Cosa?» chiese la ragazza, secca. «Mi
picchierai? Mi terrai qui contro la mia volontà? Non c’è nulla che tu possa
togliermi, ormai. Non ho nulla da perdere».
La verità nelle sue parole fece gemere Hermione, che,
senza poterne fare a meno, arretrò di un paio di passi e si ritrovò
improvvisamente bloccata fra le braccia di Draco. Percepiva la rigidità del suo
corpo, la pesantezza del respiro era un chiaro segno della sua furia
incontenibile.
Non aveva nulla da perdere. Aveva perso il suo bambino,
ormai. La sensazione del sangue fra le gambe era ancora bene impressa nella
sua mente.
«Sei una stupida! Una stupida che crede di essere la
regina del mondo!» urlò, scuotendola con violenza. «Tu sei mia, non sei
nient’altro!».
«Io non sono niente» a parlare furono entrambe le ragazze,
una con tono piatto, l’altra nella disperazione del momento. Aveva perso ogni
ragione di vivere, la donna del presente, e non provava più alcuna emozione.
Sapeva cosa sarebbe successo, era rassegnata ad affrontarlo.
«Tu sei Hermione Granger» le sussurrò Draco, che ancora la
stringeva. La sua voce aveva una intonazione strana, quasi si stesse sforzando
per parlare. Forse era disgustato, lei non avrebbe potuto dargli torto.
«Sei una stupida, sciocca ragazza… cosa vali, senza di
me? Nulla!» aveva urlato però Ronald, crudele. «Adesso ti faccio vedere
io! Adesso vedrai… sei mia, solo mia…» la sua voce era delirante, assente,
mentre lottava con lei per strappare via le coperte.
Pazzo.
Come aveva fatto a diventare in quel modo? Come aveva
potuto permetterlo, lei?
Il sangue sulle lenzuola era ovunque, un disgustoso mare
rosso che circondava il corpo incatenato. La terribile camicia da notte di raso
che lui l’aveva costretta ad indossare era appiccicata al suo corpo, il cremisi
assumeva sfumature di nero dove aveva iniziato ad asciugarsi, l’odore di ferro
era così forte da far venire la nausea.
Hermione aveva rimosso i dettagli, naturalmente. Il dottor
Crave le aveva detto che sarebbe successo.
Rivedere la scena, però, aveva riportato tutto a galla,
ogni minima percezione che aveva dimenticato.
L’aborto non era ancora finito. Forse non era neppure
davvero iniziato11.
«Ron… no, Ron» stava esalando la ragazza del
passato, dimenandosi quando lo vide trafficare con i propri pantaloni,
intenzionato a toglierle l’ultima cosa che le era rimasta, dopo aver perso la
libertà ed il suo bambino.
L’onore.
«Il tuo stupido
sangue… credi che mi faccia schifo?» le domandò lui, con un sibilo, salendo
sul letto, incurante di sporcarsi in modo irrimediabile. C’era sangue, sangue
ovunque, ma a lui non importava.
E a lei non importava più.
Draco ringhiò un’imprecazione così orribile che, se avesse
avuto la forza di rendersene conto, avrebbe lasciato Hermione allibita. Sentì
la presa delle sue mani farsi più ferrea sulle sue spalle, il suo corpo emanare
puro gelo.
«Harry sta arrivando» gli disse, quasi a volerlo
tranquillizzare, pur non riuscendo a provare nulla. «Harry entrerà da quella
porta, lo tirerà via da me. Lo ha quasi ucciso» spiegò, apatica. Osservò Ronald
tirarle via la camicia da notte, con difficoltà, ed attese il suono della smaterializzazione di Harry.
Ma Harry non arrivò.
Attese irrimediabilmente, mentre Ronald si avvicinava
sempre di più alla povera creatura. Attese quell’aiuto che non sarebbe più
arrivato.
Il suo cuore perse un battito, un gemito d’orrore lasciò
le sue labbra.
«Al diavolo!» urlò invece Draco, alle sue spalle, partendo
come una furia e lanciandosi di peso contro Ronald, che, sorprendentemente
venne colpito. Ancora una volta, il passato venne modificato. Ma era troppo tardi. «Maledetto figlio di puttana!»
continuò ad urlare, dimentico della bacchetta che aveva addosso, colpendolo con
una violenza tale da ridurgli la faccia ad un cumulo di carne viva, il rosso
del sangue di Hermione che si univa al suo in un miscuglio che mai più
ci sarebbe stato.
La ragazza del passato aveva osservato la scena
pietrificata, i grandi occhi scuri ed il viso tumefatto sporco del proprio
sangue. Si era girata verso se stessa, disperata, ma quasi immediatamente si
era dovuta voltare dalla parte opposta a Draco e Ronald per poter dare di
stomaco. I suoi erano conati inutili, ovviamente, ma Hermione ricordava
perfettamente quanto quel singolo gesto le fosse stato utile per uscire dal
breve momento di shock.
Allora ricordò cos’era successo subito dopo, ricordò ciò
che Harry le aveva impedito di fare12.
«No! No, fermati!» urlò, avvicinandosi a lei prima che
riuscisse a raggiungere la scheggia di ceramica che era arrivata al suolo,
quando Ron, cadendo dal letto, aveva rotto anche il vaso nell’angolo.
Aveva perso la sua dignità.
Aveva perso la libertà.
Aveva perso il suo bambino.
«Lasciami stare! Lasciami!» sbraitò la ragazza,
combattendo con tutte le sue forze per liberarsi e poter concludere quel gesto
orribile che aveva deciso di portare a termine. «Lasciami, io devo farlo!».
Harry le aveva tolto l’arma dalle mani e l’aveva stretta
forte, senza dirle più nulla. Le aveva impedito di agire, ma quell’idea
orribile era rimasta sempre nel retro della sua mente, bloccandola fino a quel
momento.
«No, non devi» le disse allora Hermione, sentendo una
fitta di nausea scuoterle lo stomaco. La prese per le spalle, scuotendola con
delicatezza. La vista di tutti i lividi su quel corpicino scarno le stava
facendo stringere il cuore.
«Perché non dovrei?» le domandò la ragazza,
combattendo nonostante le poche forze a disposizione, gemendo per i dolori di
quel parto arrivato dannatamente troppo presto. Era stata Madama Chips ad aiutarla,
perché Harry l’aveva trascinata nell’unico luogo che sapeva essere sicuro. La
professoressa McGranitt li aveva accompagnati personalmente in infermeria,
mentre erano nascosti dal mantello dell’invisibilità.
Avete chiamato gli Auror?
Non li avevano chiamati. Lei non aveva voluto. Non c’era
stato il tempo. Non ne aveva l’intenzione. 13
«Perché non dovrei farla finita? Io non ho più niente!»
urlò ancora la ragazza, dimenandosi con violenza nella sua stretta. «Io
non ho nulla, ho rovinato tutto!».
Cosa avrebbe potuto risponderle? Aveva ragione. Aveva
rovinato tutto il giorno stesso in cui aveva sopportato il primo atto di
violenza da parte di Ronald. Aveva rovinato tutto il giorno in cui aveva
pensato di potersi liberare di lui.
«Hermione».
Draco si era rialzato da terra, la tunica greca
completamente ricoperta di un sangue che lei sapeva appartenere all’uomo steso
a terra. Era morto, non aveva dubbi al riguardo. Nessuno gli aveva urlato di
fermarsi e, comunque, lui non l’avrebbe fatto.
Avrebbe ucciso Voldemort in persona, pur di difenderla.
«Perché non dovrei farlo?» gli domandò, realizzando
improvvisamente di essere lei la vittima. Di essere lei la ragazza
ricoperta di sangue, con il ventre colmo di morte e la disperazione nel cuore.
Era lei quella ragazza tremante e con il viso tumefatto. Era lei.
«Perché non dovrei farla finita? Ho perso tutto».
«Tu non hai perso niente» le disse lui,
avvicinandosi lentamente, puntandole addosso uno sguardo fiammeggiante. «Hermione!»
urlò allora, quando lei non sembrò essere intenzionata a dargli ascolto. Non
allungò neppure una mano per toccarla, quando lei sussultò, prendendo un
cipiglio a dir poco furioso. «Tu non hai perso, lui ha provato a
toglierti tutto. Ma non ce l’ha fatta» specificò, secco, senza mostrare
alcun tipo di compassione.
«Ce l’ha fatta» gli rispose, mentre la ragazza del passato
si raggomitolava su se stessa, piangendo tutte le sue lacrime. «Ho perso
tutto».
«Ti ho detto di no» ringhiò quindi Malfoy, facendo un
passo avanti. «Tu sei Hermione Granger, sei la strega più brillante delle
ultime tre generazioni, la migliore fra i giovani Inquisitori» continuò,
piegandosi in avanti per poterla guardare negli occhi. «Lui non ti ha tolto te
stessa. Non ti ha tolto l’anima, non c’è riuscito. Sai perché?».
La migliore della sua generazione.
La migliore inquisitrice.
Hermione Granger.
«Non c’è riuscito, perché tu sei più forte e non è colpa
tua, non l’hai meritato, non l’hai provocato» le rispose, la voce
improvvisamente più morbida, più dolce. «Non pensare più come la vittima, amore
mio. Tu non sei una vittima, tu sei un’eroina di guerra, un Inquisitore. Tu sei
Hermione Granger, inizia a pensare con la tua testa».
Pensa come Hermione Granger.
Pensa come un’eroina.
«Salva te stessa, Hermione, perché nessun altro potrà
farlo. Lui ti ha tolto qualcosa che tu puoi riprenderti» le mormorò ancora,
allungando le mani per accarezzarle il viso. Per un istante, memore del ricordo
che aveva appena rivissuto, lei temette di star per essere colpita. Ma Draco
non l’avrebbe mai fatto. Nessuno l’avrebbe più fatto. «Hai perso il tuo
bambino, quella è una perdita che non potrà essere ripagata. Lo ricorderai per
sempre ed è giusto che sia così. Ma hai tutto il resto, non vedi? Hai
una famiglia che ti adora, degli amici che ti staranno sempre vicini…»
improvvisamente incerto, strinse le labbra. «Hai me, per sempre, se mi vorrai.
E ti giuro che farò di tutto per essere alla tua altezza. Perché tu meriti
il meglio».
«Non è stata colpa mia». Quella rivelazione la
sorprese così tanto che, per un istante, dubitò di aver parlato. Ricambiò lo
sguardo di Draco per qualche istante, ricolmandosi di tutto l’amore
incondizionato che leggeva in quello di lui, poi si voltò verso se stessa del
passato, un guscio vuoto che la fissava dal letto. «Non è colpa tua. Non è
colpa nostra. Lui è il mostro, non
tu. Lui ha ucciso il nostro bambino, non tu».
«Avrei dovuto capire!» urlò la ragazza, uno scoppio d’ira e disperazione che la investì in
pieno, ma non la spaventò. Non più.
«Non avresti potuto» le rispose Hermione, gentile,
allungando le braccia verso di lei, stringendola al petto. Lei tremava, ma non
si scoraggiò e strinse più forte. Nessuno poteva salvarla dal suo orrore, se
non lei stessa. Nessuno poteva tirarla via dal baratro, se non si fosse convinta
di voler essere salvata. «L’amore riesce a mascherare il peggiore fra i
mostri e tu eri innamorata, tanto innamorata. Ma non devi gettare la spugna, va
bene?» continuò, improvvisamente in lacrime, ma non erano più dettate dalla
paura. C’era speranza, in lei. Così tanta speranza. «Avrai tanto amore
nella vita e ne avrai sempre di più. Hai perso il tuo bambino, sì, ma mai come
in questo momento devi farti forza. Guarda avanti, perché sei stata una madre e
lo sarai ancora, se non resterai fossilizzata nel passato. Guarda sempre avanti
e qualcosa arriverà da te, quando meno te lo aspetti» disse alla ragazza del
passato, voltandosi per un attimo per osservare Draco, un passo dietro di lei,
l’espressione che riusciva ad essere rassicurante nonostante fosse totalmente
coperto di sangue non suo.
Il cadavere di Ronald non era nulla più che un cadavere.
Non le importava nulla, perché nonostante sapesse che in realtà lui fosse stato
soltanto mandato via – ancora vivo per quanto senza più memoria del suo passato14 -
non sarebbe stato un problema per lei.
Mai più.
«Non mollare, Hermione. Non è stata colpa tua».
«Non è colpa tua» ripeté Draco, avvicinandosi a lei per
poterla stringere a sé, quasi sollevato dalla piega che la situazione, infine,
aveva preso. «Tu sei libera».
Presa da un impulso irrefrenabile, gli gettò le braccia al
collo, lo baciò e pianse.
Cappuccetto Rosso non
avrebbe più avuto bisogno del cacciatore, per liberarsi.
Cappuccetto Rosso ce
l’avrebbe fatta da sola.
Finalmente era libera.
Dopo quella realizzazione improvvisa, mentre ancora le
braccia di Draco la stringevano e le loro labbra erano unite, le mura intorno a
loro iniziarono a crollare, uno scoppio di luce li circondò e l’aria stantia di
sangue sparì, sostituita dalla fresca brezza dell’inverno greco.
«Ci siete riusciti» disse una voce conosciuta. Patroclo.
«Avete superato le prove».
»Marnie’s Corner
Bentrovati e bentornati,
cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook! Seguitemi per futuri
aggiornamenti!
Sto organizzando il club “Gente che vuole uccidere Ronald Weasley”,
i primi dieci posti sono stati occupati da Draco, io sono all’undicesimo ed
Harry al dodicesimo, ma gli altri sono liberi!
Per chi non l’avesse ancora saputo, ho pubblicato la one-shot rossa relativa al capitolo 23 (Ragione e Sentimento): A thousand kisses – Lo Specchio delle Anime.
Punti importanti:
» 1 – Perché questa canzone? Perché Hermione sta dicendo addio ad una parte
di se stessa, in un certo senso, e la musica è stata di grande ispirazione,
durante la revisione, motivo per cui ho preferito inserire il link all’inizio. [Ciao, sono io. Dopo tutti questi anni ho pensato ti sarebbe piaciuto
incontrarci per superare tutto. Dicono che il tempo guarisce, ma io non sono
guarita molto]
» 2 – Il titolo è, prima di tutto, una “traduzione” del nome
dell’eroe. Eracle, infatti, significa letteralmente “Gloria di Era” (sorvoliamo
sull’ironia della cosa). E lei era la madre degli dei. Ergo, ho pensato di
prendere due piccioni con una fava: riferimento all’eroe (cosa che ho fatto in
tutti i quattro capitoli precedenti) e ad Hermione e Molly.
» 3 – Eracle ha sposato la figlia di
Creonte (ve lo ricordate dal capitolo scorso?), Megera, di cui era innamorato.
Era, particolarmente incazzosa perché lui era figlio di Zeus (simbolo delle sue eterne corna) e perché
aveva ucciso il suo protetto, decise di farlo impazzire e lo spinse ad uccidere
moglie e figli (che mi pare fossero
tre). Distrutto dal dolore, l’eroe cercò di uccidersi ma Teseo (sì, quello là) lo convinse ad andare a Delfi
per sentire l’oracolo (che poi gli affiderà le future dodici fatiche).
» 4 – No, non può ancora mentire. Semplicemente, quella che dice è la
verità, per quanto non ne sia convinta. La verità è sempre verità, a
prescindere che qualcuno ci creda o no.
» 5- Hermione ha lasciato Ron verso la fine di febbraio, mentre questo loro
incontro è stato verso il tre marzo.
» 6 – L’altra volta, sì, perché
Hermione lo ha lasciato quando lui le ha assestato il primo ceffone. Prima di
allora c’erano stati episodi di gelosia compulsiva e crisi isteriche a livello di psicosi. Lei ha resistito per tanto tempo
per amore del bambino (cosa che, purtroppo, tante donne fanno), ma quando lui
ha iniziato a picchiarla ha preferito porre fine a tutto, con le conseguenze
che avete letto.
» 7 – E niente, io odio quando la chiamano così. Giusto per farvelo sapere.
Per questo motivo soltanto Ronald la chiamerà così, in tutta la storia.
» 8 – Come Hermione ha detto, è come trovarsi in un pensatoio. All’inizio
loro stanno solo rivivendo il passato,
non possono interagire, non posso fare nulla. Più avanti, invece, “l’illusione” diventerà realtà e loro
potranno affrontare le reciproche prove (spiegherò meglio dopo).
» 9 – Non mi stancherò mai di dirlo, Molly Weasley qui è pazza.
Non è una degenerazione normale, questa, lei è ha perso la testa dopo la morte
di Fred. Io amo Molly Weasley, ve lo giuro, ma qui mi serviva che fosse
impazzita. Lei non comprende più la differenza tra bene o male, ciò che vuole è
solo mantenere unita la famiglia. E
per restare uniti non possono permettere che Hermione se ne vada con il
bambino. Ed è pronta a fare tutto, anche ucciderla se necessario. Dopo Fred, il
sangue del suo sangue non si allontanerà.
» 10 – Ron è uno psicopatico, non
è pazzo. Un pazzo avrebbe lasciato
tutto al caso, uno psicopatico no, lui si è organizzato benissimo. Una volta
capito che la padrona di casa non si fosse preoccupata per Hermione, ha cercato
un modo per evitare che gli altri si interessassero, inventandosi questa storia
del viaggio. Il problema qual è stato? Hermione aveva detto a Ginny della gravidanza
e le aveva rivelato di avere paura di
Ron. Quando suo fratello è andato da lei ed Harry per spiegargli perché lui e la sua “fidanzata”
sarebbero spariti di lì a breve, la ragazza si è preoccupata ed ha mandato
subito Harry. Ron è andato da loro mentre la signora era da Hermione, per
questo Harry è arrivato poco dopo.
» 11 – Io non sono un’ostetrica, ma ho sfortunatamente conosciuto persone
che hanno subito un aborto. Fra il sanguinamento e “l’espulsione” può passare molto tempo. Per il bambino non c’era nulla
da fare, ma in quel momento era ancora “al suo posto”.
» 12 – Hermione ha cercato davvero di uccidersi, sì. In quel momento
l’orrore è stato troppo per permetterle di pensare. Lo so che nei capitoli
passati si è schierata contro il suicidio, ma è stato solo per “dovere”. La
razionalità della legge ripudia il suicidio e lei difendeva quella posizione,
nonostante nel profondo del suo cuore pensasse ancora a quella possibilità.
Perché Crave non l’ha aiutata a superarla? Perché Newton non sapeva nulla del bambino, non sapeva quanto grave fosse stato il suo trauma. Quando
l’ha scoperto era in procinto di perdere sua figlia, dategli tregua.
» 13 – Hermione non lo ha voluto denunciare. Perché? Complicato da
spiegare. Forse per amore di “Ron”, forse per amore del passato. Un processo
avrebbe significato rivederlo ancora ed ancora e, nonostante tutto, lei non
voleva dare un altro dolore alla famiglia Weasley, dopo la morte di Fred. Gli
altri fratelli non avevano fatto nulla per meritare la vergogna di un fratello
mostro, non quando uno era stato sfigurato in guerra, uno aveva perso
l’orecchio ed un altro era morto. In generale, Hermione non voleva più avere a
che fare con lui. E qui si ricollega il suo desiderio a non voler avere a che
fare con i Weasley: per Molly è come se non fosse successo nulla, Hermione fa
parte della famiglia. Gli altri Weasley (tranne Ginny, ovviamente, e
relativamente Percy, che ha capito il dramma ma ha preferito non allontanarsi
dalla madre) non hanno avuto il coraggio di far internare Molly e chiedere
scusa per Ron, ergo lei non vuole più vederli, così come Harry e Ginny.
» 14 – Cosa è successo a Ron, in realtà? In questa versione è morto a causa
di Draco, lo avete letto, mentre in realtà (come detto da Hermione) è stato
Harry a tirarlo via e riempirlo di botte. Lui non l’ha ucciso perché lei ha
iniziato a dare di stomaco e, dopo averlo tramortito, ha preferito metterla al
centro delle sue attenzioni. A quel punto ha chiamato Seamus (unico, oltre al dottor Crave, ai Weasley,
la McGranitt e Madama Chips, a sapere cos’è
successo davvero) e gli ha chiesto di prendere Ronald in custodia. Dopo aver
discusso con Hermione, Ginny e Bill ed averli messi davanti al bivio (o se ne va per sempre o lo ammazzo con le
mie mani), ha provveduto a cancellargli completamente la memoria e mandarlo
in Australia con una identità totalmente ricostruita. Ron non tornerà mai più,
soprattutto perché in Australia è stato arrestato e rinchiuso in un ospedale
psichiatrico magico.
» Nelle note precedenti ho accennato al fatto che “entrambi” stessero
sostenendo delle prove. Ebbene, per quanto possa sembrare che qui in prova sia
stata solo Hermione e nel capitolo precedente solo Draco, in realtà entrambi
hanno dovuto “collaborare”. Nel capitolo scorso, infatti, Hermione ha dovuto
imparare a superare il suo “pregiudizio”
verso i codardi, comprendendo che non sempre si può scegliere di essere
coraggiosi. In questo capitolo, invece, Draco ha sia ucciso Ron (dimostrando a
se stesso di poter difendere
Hermione) e sia incoraggiato Hermione (dimostrando di saper essere abbastanza). Tutti hanno conquistato qualcosa, quindi!
Finalmente è venuta fuori tutta la storia di Ron ed Hermione. Spero vivamente
di non aver deluso le vostre aspettative e di non essere stata troppo cruda.
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie