translucent

di winterlover97
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Prologo

Le dita scorrevano sui tasti del vecchio pianoforte diffondendo nell'aria una melodia struggente e dolce, a tratti malinconica. Terminata la melodia tirai giù il coperchio e, presa la borsa, uscii fuori casa chiudendo la porta a chiave. 
Camminai verso il parco cittadino e mi sedetti su una delle panchine tirando su il bavero della giacca. 

Mi ero trasferita solo pochi mesi prima ed ero riuscita ad ambientarmi bene e a trovare un buon lavoro presso una rivista cinematografica in qualità di addetta alle recensioni e ai piccoli articoli. La vita sociale non mancava, uscivo una volta o due a settimana con i colleghi di lavoro per bere un drink (in genere al mercoledì e al venerdì sera), poi andavo in palestra altre due volte a settimana e uscivo a correre ogni mattina. Non mi definivo una cultrice o fanatica della forma perfetta, però da un paio di anni era diventata un'ottima distrazione contro tutto quello che mi accadeva. 
Mi impediva di pensare.

Decisi di tornare a casa a prepararmi per la solita corsa mattutina. Non appena arrivata, presi un paio di leggins termici, una felpa abbastanza larga, un cappello e infine cuffie e telefono. 
La musica echeggiava nei miei canali uditivi e aumentai il ritmo della corsa percorrendo il sentiero vicino al laghetto. 
Quella mattina, complice il freddo (c'erano solo 8-9 gradi) vi erano solo poche persone in giro per il parco, il più delle quali erano quelle abitudinarie. 
Solo un paio di persone, per l'esattezza tre, erano nuove del contesto: avvolti da una tuta chiara e dall'aria pesante, correvano a ritmo sostenuto. Non me ne curai e andai avanti a correre per la mia strada. 

Terminai il mio giro quotidiano poi ritornai a casa infreddolita e sudata. L'aria tiepida di casa mi avvolse tutto e mi scaldò la punta del naso. Inaspettatamente le dita non erano fredde come il solito, piuttosto erano coperte da una leggera brina, ghiaccio che me le avvolgeva fino alle nocche. 
Rimasi parecchio sorpresa poi decisi, vista l'ora, di andare a farmi una bella doccia e poi dritta in ufficio. 

L'acqua emanava vapore e appannava i vetri della doccia, tanto da poterci scrivere sopra se solo lo si volesse. Finii di insaponarmi poi la riaprii. Finito di sciacquarmi la chiusi e avvolsi il mio corpo nel morbido asciugamano, mentre i capelli in un turbante.  Finito di vestirmi presi la tracolla con il necessario e uscii di casa per la terza e ultima volta quella mattina. Abbassai il cappello fino a coprirmi le orecchie, gelide per il freddo, poi sistemai i guanti, a cui avevo tagliato le punte delle dita mesi prima e mi avviai verso l'ufficio.

Quel mattino il traffico era più intenso del solito, sembrava che le persone si fossero svegliate in ritardo e che si stessero intralciando a vicenda perdendo molto tempo. Aspirai l'aria gelida poi continuai a camminare per la mia strada, facendomi largo tra i passanti. Nel caos, improvvisamente, il conducente di un taxi, di quelli gialli tipici americani che si vedono nei film, aveva perso il controllo del suo mezzo, probabilmente a causa del ghiaccio, e tamponò una macchina parcheggiata con violenza. Quest'ultima si spostò in avanti e investì un idrante. 
Il getto dell'acqua era molto potente. Fu come se fosse esplosa una pentola a pressione. Alzai le mani come per ripararmi il viso dal getto imminente. 
Tuttavia questo non arrivò. 
Una lastra di freddo ghiaccio si era formata di fronte a me e ad altri passanti che erano nei dintorni. Essa era proprio sulle mie mani e la toccavo. 

"Chiamate la polizia presto! Una sporca mutante!"

Una vecchia signora stava urlando e quel che era peggio, non fu la sua voce, stridula, bensì che mi stava indicando con le sue dita ossute.
Altre persone la imitarono, poi fuggii di corsa.

Se c'era una cosa che non volevo, di certo è di essere protagonista di una caccia alle streghe, come nel film Salem. Discreto film tra l'altro. 

Strinsi maggiormente a me la borsa e attraversai la strada, dove le macchine stavano andando a passo d'uomo a causa del traffico.
Sentivo le urla dietro di me essere come vicine alle mie orecchie. 
Accelerai il passo correndo per il parco cittadino. Gli anfibi neri calpestavano mozziconi di sigarette, terra, foglie. Il mio cuore batteva all'impazzata a causa dell'adrenalina. 
Tirai su il cappuccio della giacca poi sentii qualcuno prendermi per un braccio, vidi una nube rossa e svenni. 






Angolo autrice...
Ok. So di avere una storia in processo, anzi più di una, però diciamo che ho deciso di imbarcarmi in una long, stavolta su Capitan America. Per ora è solo un prologo. 
Se vi va sentiamoci nelle recensioni! 







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