(Banner di Pandamito)
ATTO I -
POV
Nicholas
-
Tutto ciò è inammissibile! Cosa ti ha fatto
pensare di poter mettere le mani addosso alla mia fidanzata? Guardami,
feccia umana!
-
Cal…
-
Che ti è saltato in mente?
Il
riccone
con la faccia da topo sembrava pronto a sputare fiamme e fumo su un
ragazzino smilzo dai capelli biondi, vestito piuttosto poveramente.
Nicholas picchiettò le dita sulla spalla del Colonnello
Archibald Gracie, domandando cosa diamine stesse succedendo.
Stava
tranquillamente portando a termine la propria ronda, quando delle grida
provenienti da poppa l’avevano costretto a correre sul posto
insieme ad altri ufficiali.
Prima
che
il Colonnello avesse il tempo di aprire la bocca per spiegare la
situazione, la bella ragazza dai capelli rossi, presunta fidanzata di
Faccia da Ratto, si fece avanti per svelare l’arcano e
placare le ire del futuro consorte. Da sotto la coperta che
l’avvolgeva, si poteva notare un vistoso strappo sulla gonna
del suo costoso abito cremisi.
-
È stato un incidente- assicurò, alterando
ingenuamente il tono di voce - Davvero. Banalissimo. Mi ero sporta e
sono scivolata. Mi ero sporta un po' troppo per vedere... ah... ehm...
le... le...
-
Eliche? – suggerì Faccia da Ratto perplesso.
-
Le eliche – annuì lei - E sono scivolata. Sarei
caduta in mare, ma il signor Dawson mi ha salvata, e per poco non
cadeva anche lui in acqua.
Gli
uomini
presenti aggrottarono la fronte con aria confusa.
- Volevi
vedere le... voleva vedere le eliche!
- Come
dico
spesso – rise il Colonnello Gracie - Donne e motori non
legano.
“Se
lo sentisse Nancy lo manderebbe a fanculo, lui e i suoi
motori”
sogghignò Nick, allontanandosi con flemma. Evidentemente era
stato solo un falso allarme e non c’era bisogno del suo
aiuto. E poi, l’espressione viscida del tirapiedi di Faccia
da Ratto lo infastidiva non poco.
Evitò
per un pelo di scontrarsi con una ragazzina di Prima Classe che stava
attraversando il ponte di corsa (forse era la stessa che cercava
disperatamente il gatto quello stesso pomeriggio), poi si
appoggiò distrattamente al parapetto, osservando le acque
scure che scorrevano diversi metri più in basso.
Non era
affar suo l’episodio della rossa e dell’eroico
biondino, eppure si ritrovò presto a rimuginare su un paio
di incongruenze: prima di tutto, dov’è che lo
smilzo aveva trovato il tempo di slacciarsi le scarpe,
nell’istante in cui la ragazza perdeva
l’equilibrio? E soprattutto, come poteva lei pretendere di
vedere le eliche della nave da quella postazione? Forse stava
sottovalutando l’ignoranza e la stupidità umana,
ma a Nicholas sembrava assurdo che una persona adulta potesse sul serio
partorire un’idea simile.
“O
non l’hanno mai fatta uscire di casa” pensò “Oppure
quella ragazzina è pericolosamente…”
-
Ingenua.
L’ufficiale
Brandy si voltò, rompendo il suo solito atteggiamento di
noncuranza. Per un attimo non vide nessuno dietro di sé,
così cominciò a credere di essersi soltanto
immaginato quell’inquietante voce femminile, poi
però, aguzzando la vista, notò una figura minuta
seminascosta dalla penombra. Era in piedi, immobile, si scorgeva appena
il luccichio maligno dei suoi occhi. Lo stava fissando.
Mantenendo
il sangue freddo, Nick raddrizzò la propria postura, facendo
scivolare la mano sulla pistola: - Prego?
La
figura
fece un passo in avanti, permettendo alle luci artificiali della nave
di rivelare parzialmente il suo volto. Era una passeggera di Prima
Classe, intravista durante i controlli il giorno
dell’imbarco.
- Ho
detto
che quelle persone sono stupidamente ingenue, se credono alle parole
della ragazza.
Nicholas
sostenne il suo sguardo ferino, ignorando il forte senso di disagio che
lo stava tormentando: - Lei ha quindi assistito alla scena,
signorina…
- Lady
Mildred Newell – lo interruppe lei in tono saccente
– E’ il mio nome, può tranquillamente
utilizzarlo per rivolgersi a me, mio
caro…
-
Ufficiale
Nicholas Brandy – la anticipò il ventiquattrenne,
giocando allo stesso gioco – Sarò certamente lieto
di adoperare il Suo nome, Lady Newell, così come suppongo
Lei sarà lieta di adoperare il mio.
- I nomi
sono importanti – convenne la donna con un sorriso velenoso
– Così come le parole ed i gesti. Ma è
raro che qualcuno dia ad essi il giusto peso, come hanno dimostrato
poco fa il signor Hockley ed i suoi compari.
Nick
trattenne con forza l’istinto di battere le palpebre.
Solitamente non ne avvertiva la necessità tanto spesso,
anzi, ma lo sguardo gelido e fisso di quell’inquietante
signorina gli provocava una sensazione di disagio mai avvertita prima.
Per un istante, in quelle terrificanti pupille vide il riflesso di una
tempesta, onde alte, pioggia fitta… percepì un
orrido gusto salato in bocca e le membra intorpidite
dall’acqua ghiacciata. Assi di legno spezzate che
galleggiavano attorno… la mano di Byron che scivolava via
dalla sua, scomparendo tra i flutti…
- Non
è stato un incidente, vero? – domandò,
cercando di scacciare dalla mente quell’incubo ricorrente
contro cui lottava da anni.
Lady
Newell
avanzò di un altro passo, portando l’interlocutore
a lottare contro l’impulso di indietreggiare. Sembrava in
procinto di rivelare un importante segreto, invece si limitò
a sollevare gli angoli della bocca in un gelido sorriso abbozzato,
rispondendo con aria sibillina: - Lei sì che è
perspicace, Ufficiale Nicholas Brandy.
Il
biondo
non replicò, la fissò per qualche istante mentre
si allontanava, sempre protetta dalla penombra, poi volse nuovamente lo
sguardo verso il mare, certo che quella notte avrebbe udito ancora per
un po’ nella testa il riecheggiare, ormai lontano, di quei
terribili passi.
“Quella
tipa sembra pericolosa” pensò “Non
so perché ma ho una brutta sensazione…”
Quasi
automaticamente, le sue gambe cominciarono a muoversi sempre
più rapidamente, portandolo a scendere sempre più
in basso.
La corsa
terminò di fronte all’ingresso delle cabine di
Terza Classe.
ATTO
II – POV Lily
Non le
importava che i capelli si scompigliassero durante la corsa, o che
l’abito rischiasse di impigliarsi da qualche parte,
strappandosi. In quel momento, Lily Sandler pregava con tutte le
proprie forze di non inciampare e di non perdere la sua migliore (e in
realtà unica) amica.
“Non
puoi, Rose. Non puoi farlo. Tuo padre non ha risolto nulla,
anzi.”
Non
sapeva
nemmeno perché stesse correndo con tanta sicurezza in una
determinata direzione, ma non importava, avrebbe setacciato la nave da
cima a fondo pur di impedire a Rose di compiere una stronzata.
Rischiò
di scontrarsi con un ufficiale (non era quello che l’aveva
portata da Theo solo poche ore prima?) e, proprio mentre aveva quasi
raggiunto gli scalini che portavano a poppa, la figura alta e impettita
di Cal fece capolino in cima alla scalinata, affiancato da una sagoma
più bassa e formosa, avvolta in una coperta.
Lily non
le
diede nemmeno il tempo di scendere.
- Rose!
Aveva il
volto arrossato, i capelli appiccicati alla fronte ed il respiro
affannoso, forse il suo abito si era pure macchiato di sudore, ma non
pensò nemmeno di darci peso, si lanciò tra le
braccia della migliore amica, rischiando di farla cadere. Non
avvertì nemmeno la scia bagnata delle lacrime che avevano
cominciato a rigarle le guance.
- Rose!
Oddio, sei qui… sei qui, stai bene…
-
Sto… bene – balbettò la rossa sorpresa
– Lily, cosa… che cosa ci fai qui?
- Potrei
farti la stessa domanda! – urlò l’altra
senza smettere di singhiozzare – Pensavo… pensavo
che tu…
- Lily,
calmati – disse Cal in tono viscidamente cortese –
Rose è molto scossa, stava per avere un incidente
terribile…
- Quale
incidente? – domandò sospettosa la castana,
cercando di prendere il respiro.
- La
signorina Rose, a quanto pare, era convinta di riuscire a vedere le
eliche della nave sporgendosi dal parapetto – intervenne
Lovejoy impassibile – Ha perso l’equilibrio e stava
per cadere in acqua, ma un giovane di Terza Classe è
intervenuto e le ha salvato la vita. Almeno, questo è quanto
la signorina Rose ha raccontato.
-
E’ andata così – asserì la
rossa, lanciando di nascosto un’occhiataccia al viscido
tirapiedi.
- Le
eliche?
Lily
sgranò gli occhi incredula. Di tutte le assurdità
che aveva sentito, quella occupava senza dubbio un posto sul podio.
Si
offrì di accompagnare l’amica in cabina,
permettendo a Cal e Lovejoy di tornare a godersi la compagnia dei
ricconi in sala, ma non proferì parola fino a quando non si
trovarono sulla soglia dell’alloggio delle Dewitt Bukater.
- Volevi
vedere le eliche – ripeté la Sandler in tono
ironico – Seriamente? Una scusa peggiore no?
-
E’ vero – borbottò la rossa, per nulla
convinta – Madeleine Astor mi ha detto che lei è
riuscita a…
- Primo,
non nominarmi quella lurida arrampicatrice sociale –
sbottò Lily, contenendo a fatica la rabbia
nell’udire il nome di una delle persone che più la
disgustavano – Secondo, forse un deficiente come Cal
potrà credere che tu sia in grado di commettere simili
idiozie, ma io ti conosco da troppo tempo, Rose Dewitt Bukater. Che
cosa è successo veramente?
- Ho
rischiato di cadere in acqua e un ragazzo mi ha salvata –
ribatté ostinata la diciassettenne – E’
la verità. Si è trattato solo di un incidente.
Stava
mentendo. Lily ormai aveva imparato ad interpretare i gesti ed il
linguaggio della migliore amica e non aveva alcun dubbio in proposito.
In più, non si era mai sbagliata quando presentimenti tanto
forti la coglievano all’improvviso, in particolare da quando
aveva cominciato ad indossare il ciondolo della nonna.
Ferita
per
quella totale mancanza di fiducia, la ragazzina alzò il
mento altezzosa e replicò in tono gelido: - Benissimo.
Grazie per la sincerità, Rose.
Girò
i tacchi, allontanandosi a passo svelto. Rose la chiamò
soltanto una volta, ma non si fermò. Quando raggiunse il
salone, aveva gli occhi ludici.
- Lily,
dove sei stata? – la accolse Violet, il volto segnato dalla
preoccupazione – Hai parlato con Rose? Ho sentito che ha
rischiato un brutto incidente…
-
Sì, le ho parlato – sibilò fredda la
minore – Adesso sta benissimo.
Suo
padre e
zio Eric stavano discutendo animatamente con Cal, attorniati da un
gruppetto di gentiluomini e dame. Ruth non aveva perso occasione di
avvinghiarsi al braccio del signor Sandler.
- Chiedo
scusa, Miss Sandler. Abbiamo udito di quanto è accaduto poco
fa, potrebbe fornirci delle delucidazioni?
A
parlare
era stato Lukas Volkov, avvicinatosi insieme alla domestica e due
sorelle. L’eleganza del biondo Principe, che aveva stregato
buona parte dei presenti, incuteva uno strano senso di gelo e distacco
nella mente della Sandler più giovane.
- Non
ero
presente – borbottò risentita – Posso
solo riferirvi quanto mi è stato raccontato. A quanto pare,
Rose si è sporta dal parapetto di poppa per vedere le eliche
della nave, è scivolata ma è stata salvata da
uno... da uno straccione di Terza Classe!
Sputò
le ultime parole quasi con rabbia, stringendo i pugni. Rose avrebbe
dovuto fare i salti mortali per ottenere il suo perdono.
Comprensibilmente,
i Volkov e Violet si scambiarono un’occhiata confusa.
-
Perdonami
ma la tua amica è un po’ tonta. A me non sarebbe
mai passato per la testa di fare una cosa simile –
asserì Nika Volkov, scuotendo poi il braccio della tata
– Vero, Lari?
- Non
l’avresti mai fatto – concesse la diciannovenne con
aria assente – No, tu sei una bambina giudiziosa.
- Non
serve
essere giudiziosi per evitare simili imprudenze –
osservò Lukas, bevendo un sorso di vino rosso –
Forse la signorina Dewitt Bukater aveva alzato un po’ il
gomito?
-
L’importante è che adesso stia bene – si
intromise Katrina Volkov in Sokolov con fare materno – Ha
bisogno di qualcosa? Se vuole, possiamo farle visita o portarle una
tazza di tè…
- Rose
sta
bene – replicò Lily lapidaria – La
ringrazio per il pensiero, Katrina, ma non si disturbi. Ho visto che
Trudy, la sua domestica, si è avviata di corsa verso le
cabine, ci penserà lei.
- Allora
speriamo che Miss Dewitt Bukater dimentichi in fretta il brutto
incidente – sorrise il Principe, sfiorando con un gesto
furtivo la mano di Larisa – Si sarà presa un bello
spavento e…
- Chiedo
scusa – lo interruppe la balia russa, fissando un punto
imprecisato alle spalle di Lily – Elena è
finalmente tornata.
- Oh!
– esclamò Lukas, portando Katrina a rabbrividire,
seppur per un attimo – Quale gioia! Cominciavo a credere che
la nostra cara sorella avesse lasciato la nave! Con permesso, signorine.
C’era
un qualcosa di strano nel modo in cui gli erano brillati gli occhi e
qualsiasi cosa fosse non portava a nulla di buono. Katrina si
congedò piuttosto spiccia, seguendo il fratello con sguardo
apprensivo, mentre Larisa, senza lasciar trasparire alcuna emozione,
prese in braccio Nika e la portò fino al divanetto dove si
era stravaccato quello squinternato di Charles Fitzherbert.
- Rose
si
è rincoglionita tutt’a un tratto oppure
c’è qualcosa che mi stai nascondendo? –
domandò Violet alla sorella – Perché
quella delle eliche, sinceramente, mi pare una storia assurda.
-
L’unica che nasconde qualcosa è Rose –
brontolò la ragazzina, tendendo istintivamente
l’orecchio per udire i bisbigli che Lukas Volkov stava
rivolgendo alla sorella fuggiasca. Il suo tono era basso, ma
più che sufficiente a darle i brividi. L’ultima
frase risuonò spaventosamente chiara.
“Adesso
in cabina facciamo i conti, stupida puttana!”
ATTO
III
– POV Joanne
- Mi domando ancora cosa mi
spinga ad avere a che fare con voi – brontolò
Sean, scendendo controvoglia le rampe di scale che portavano in Terza
Classe – Girare così, alla cieca, di primo
mattino… e giusto perché lo sappiate, non vi ho
ancora perdonato la buffonata dell’altra sera.
- Sei
piaciuto a tutti – lo rimbeccò Joanne con un
sorriso – Abbiamo soltanto reso la tua performance ancor
più indimenticabile.
-
Al-alcuni
hanno detto c-che è s-stata una trovata s-simpatica
– si giustificò timidamente Andy, che non aveva
ancora preso una gran confidenza col giovane pianista.
- E poi
fidati – soggiunse Charles con un ghigno furbo –
Poteva andarti peggio. Alla fine ero molto meno ubriaco del solito.
Sean
alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, e Joanne lo
abbracciò, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia.
Sapeva che, nonostante tutto, il suo migliore amico non
l’avrebbe mai piantata in asso. A differenza dei terribili
parenti che il caso aveva loro affibbiato, si erano consapevolmente
“scelti” come fratello e sorella ed avrebbero
felicemente convissuto con questa scelta fino alla fine dei loro
giorni.
- Ma mi
volete spiegare perché stiamo andando in Terza Classe?
La
bionda
si guardò attorno circospetta, l’immancabile
veletta calata sugli occhi verdi: - E’ successo un mezzo
casino ieri sera, pare che un ragazzo di basso rango abbia salvato una
giovane aristocratica…
- Rose
Dewitt Bukater – specificò Charles – Non
ero completamente lucido ieri sera, ma ho sentito strani discorsi. Poi,
mentre stavo tornando in cabina, passando per il ponte, una figura
indistinta mi ha suggerito di indagare un po’ sulla cosa. Ha
detto che sarebbe stato divertente.
- No, ma
quindi mi state dicendo che noi dovremmo investigare su un fatto che
non ci riguarda solo perché una “figura
indistinta” ha detto a Charles, miope e quasi perennemente
sbronzo, che ci saremmo divertiti?
Il
pianista
si coprì gli occhi con il palmo della mano: - Rettifico:
perché continuo ad aver a che fare con voi?
-
Preferiresti passare le giornate in Seconda Classe, bighellonando e
intrattenendo conversazioni noiose? – domandò Jo
con fare sarcastico – Dai, Sean, cosa
c’è di più affascinante di un mistero
da svelare?
- E
p-poi
– aggiunse Andrea – Ho s-sentito che in T-Terza
Classe c’è un altro pianista b-bravissimo.
M-magari potete con-confrontarvi un po’?
Il
trentaduenne aprì la bocca per rispondere, ma
sobbalzò quando, girando l’angolo, non si
scontrarono per poco con una ragazza bassa e formosa.
- Oh,
magnifico! – sbottò quella – A quanto
pare, su questa nave, la gente non fa altro che venirmi addosso!
- Scusa
– rispose Jo, nascondendo a fatica un sorriso –
Siamo qui solo di passaggio. Vorremmo sapere qualcosa di più
sul ragazzo che ieri sera ha salvato Rose… Dewitt Bukater o
qualcosa del genere.
- Mi
correggo – brontolo l’altra, piantando le mani sui
fianchi – La gente su questa nave non fa altro che scendere
in Terza Classe, venirmi addosso e cercare cose, animali o persone!
Ieri la mocciosa con il gatto, oggi voi con il tizio che ha salvato il
culo alla riccona! Ma perché non potete restare nei vostri
alloggi a mangiare caviale?
- N-non
volevamo of-offendere – balbettò Andy,
costringendosi in tutti i modi a non sbirciare la scollatura della
ragazza – S-se vuoi ce ne an-andiamo…
- Eh no,
ragazzi, non vi ho seguiti fino a qui per restare a mani vuote!
– proruppe Sean, beccandosi occhiate incredule fa parte del
gruppetto di amici – Signorina, non vogliamo dare fastidio e
non l’abbiamo urtata intenzionalmente. Ci farebbe un enorme
favore se ci indicasse dove trovare qualche informazione.
- E
perché dovrei farvi un favore? –
ribatté l’altra ostinata – Non vi
conosco nemmeno.
-
Perché siamo delle bellissime persone super simpatiche con
abilità interessanti. Lui è un pianista, lei una
scrittrice, lei una pasticcera e io invento filastrocche sconce
– rispose Charles con un sorriso a trentadue denti
– Beh, in realtà dovrei anche essere uno studente
di Medicina, ma sono più bravo con le filastrocche e gli
alcolici, e poi…
- Va
bene,
basta! Se lo fate star zitto vi porterò da qualcuno che
potrà testimoniare su quanto è accaduto ieri sera!
Il
ventunenne rivolse un’occhiata trionfante agli amici,
seguendo la moretta verso la sala principale di Terza Classe.
- Il
ragazzo che cercate si è appena allontanato con una rossa
ben vestita, però posso portarvi dai suoi compagni di
cabina. Sono svedesi ma qualche parola inglese la capiscono.
- Oh,
nessun problema – sorrise Jo – Io ho studiato lo
Svedese.
- Buon
per
voi allora.
Seduti
ad
un tavolo rotondo, due ragazzi robusti (uno moro sui
trent’anni, l’altro poco più vecchio)
stavano giocando a carte con una donna dai capelli scuri vicina alla
quarantina, abbigliata con una semplice camicia ed una lunga gonna
nera.
- Oh, ma
conosco uno di loro! – esclamò la scrittrice
entusiasta – E’ Olaus, l’ho visto
proprio…
Un
attimo
di silenzio calò in mezzo al quartetto: la loro guida era
sparita nel nulla.
- N-non
l’ho vista n-nemmeno andare v-via… -
borbottò incredula Andrea, scambiando un’occhiata
interrogativa con Charles.
-
Pazienza,
almeno adesso abbiamo una pista – replicò
distrattamente Joanne, avvicinandosi al tavolino da gioco. Non appena
la vide, Olaus si illuminò, posando subito il proprio mazzo
di carte: - Joanne!
-
God morgon,
Olaus – rispose la bionda, accomodandosi sulla sedia libera
accanto alla donna dai capelli scuri - Jag
är glad att se dig igen.
- Credo
l’abbia salutato e gli abbia detto qualcosa come
”è un piacere rivederti” –
tradusse Sean per intuizione, notando le espressioni confuse di Charles
e Andrea.
- De
är mina vänner –
continuò Jo, indicando il trio alle proprie spalle
– Charles, Andrea e Sean, min
antagna bror.
- Voi
prende sedia! – sorrise lo svedese castano, facendo loro
cenno di avvicinarsi, per poi rivolgersi nuovamente a Joanne - Han
är min bror,
Bjorn. E... han
är Mary.
– disse, indicando prima il tizio biondo seduto accanto a lui
e poi la donna con cui stavano giocando.
- Io
parlo
solo inglese – rise quella, gettando di tanto in tanto
un’occhiata di controllo in direzione di un bambino sui sette
anni che correva per la sala – Volete giocare?
-
Perchè no? – rispose Jo –
Così, già che ci siamo, potremmo parlare degli
eventi accaduti ieri sera...
ATTO
IV – POV Nine
Anche
quella mattina aveva scordato di pettinarsi. Probabilmente, prima o
poi, si sarebbe dimenticato pure i pantaloni o la camicia. O entrambi.
La vita
di
Jonathan Nihil Nine era stata avvolta nel mistero fin dai suoi primi
giorni: era stato abbandonato su una nave da crociera quando aveva poco
più di un anno ed in seguito adottato
dall’orchestra di bordo. Non recava alcun documento con
sé, nessun misero indizio riguardo la propria
identità: fu così che i membri della banda
decisero di creargliene una nuova. Lo battezzarono con due nomi:
Jonathan, come il fratello scomparso del direttore, e Nihil, che
significava “nessuno”. Ci volle un po’ di
più per decidere il cognome del bimbo, ma alla fine il
pianista propose un’idea che fu ben accolta da tutti: il
giorno stesso in cui fu abbandonato, il piccolo si era imbambolato ad
ascoltare il gruppo intento a suonare la Nona Sinfonia di Beethowen;
così Jonathan Nihil divenne Jonathan Nihil Nine.
Si era
staccato da propri genitori adottivi soltanto di recente: sarebbe
sempre rimasto grato a loro per averlo accolto e introdotto al mondo
della musica, ma non aveva accettato il loro sentirsi scoraggiati e
propensi a mollare tutto dopo esser stati soppiantati da
un’altra orchestra, più avanguardista e di lusso.
Lui non
voleva mollare. Lui voleva suonare il pianoforte sulle navi, navi di
qualsiasi tipo e in qualsiasi condizione; non gli interessava sguazzare
negli agi e nella ricchezza, né diventare famoso ed avere un
pubblico raffinato. Per essere felice, gli bastavano un piano ed un
mare su cui navigare.
Giunse
al
salone di Terza Classe, notando, non senza un filo di disappunto, che
qualcuno stava già suonando in quel momento. Con un sospiro,
si lasciò cadere su una sedia situata in un angolo della
stanza, in disparte rispetto al resto dei passeggeri.
Tirò
fuori il proprio orologio dal taschino del gilet, esercitò
una leggera pressione sul bottoncino posto accanto
all’attaccatura della catenella e, quando l’oggetto
si aprì, s’imbambolò a fissare le
scritte che lui stesso aveva impresso all’interno.
"JNN
– 9 Sett. 1879 – Pianista"
La sua
identità racchiusa in poche lettere. Certo,
l’unica cosa “vera” era la professione,
ma, in caso si fosse perso nuovamente o fosse stato vittima di amnesia,
non avrebbe dovuto ricominciare tutto daccapo.
Stralunato
sì, ma non sprovveduto.
-Chiedo
scusa…
Nine
batté un paio di volte le palpebre, riponendo istintivamente
l’orologio nel taschino. C’era un tizio dai capelli
biondi, medio –alto, in abiti militari; lo stava fissando con
uno stranissimo sguardo, quasi si aspettasse qualcosa… ma
cosa poteva volere un ufficiale sconosciuto da un pianista di Terza
Classe?
- Lei mi
sembra una persona per bene – continuò quello
– Sembra tanto distratto e fuori dal mondo, ma secondo me, in
realtà, Lei è un grande osservatore. Vorrei
chiederle un favore: potrebbe tenere d’occhio una persona ?
E’ una ragazza bassa, carina, con i capelli scuri…
aspetti, posso mostrarLe una sua foto. Sa, ieri sera sono accadute
delle cose che non mi fanno stare tranquillo e, anche se non mi va che
si sappia in giro, sono preoccupato per…
- Che
diamine stai facendo, Brandy?
Il
militare
si voltò di scatto, nascondendo nella tasca della giacca la
foto che stava per tirare fuori. Una giovane piccolina ma formosa lo
fissava con fare sospettoso.
“Bassa,
carina, capelli scuri…” pensò
distrattamente Nine, ripetendo le parole del biondo come una
filastrocca “Potrebbe
essere lei?”
-
Perché parli con questo tipo? Ti ho già spiegato
che vive in un mondo tutto suo e non ascolta una parola di quello che
dici!
- Volevo
solo provare a complimentarmi con lui, Nan – mentì
l’ufficiale – Solo perché non risponde
non significa che sia uno stupido o indegno di ricevere apprezzamenti,
giusto, amico?
- No,
non
sono uno stupido – mormorò il pianista, fissando
un punto imprecisato davanti a sé – La ringrazio
per gli apprezzamenti.
- Visto?
– sorrise il giovanotto con aria trionfante.
La
moretta
alzò gli occhi al soffitto, prendendo poi per mano il
compagno e trascinandolo in disparte: - Vuoi smetterla di farti vedere
da queste parti? La gente gira molto più di quanto dovrebbe:
ieri mi sono imbattuta in una mocciosa di Prima Classe, oggi sono scesi
anche quattro pazzi di Seconda… in questa nave iniziano a
succedere cose strane e sinceramente non vorrei rischiare di…
- A
proposito di cose strane – sussurrò
l’altro, avviandosi con lei verso l’uscita della
sala – Visto che sei qui, ho bisogno di metterti in
guardia…
Nine li
osservò allontanarsi per qualche secondo, poi diede
un’alzata di spalle: si erano dimenticati di lui quasi
subito, ma la cosa non gli dispiaceva in fondo. Non era mai stato bravo
ad interagire direttamente con le persone, preferiva esprimere emozioni
e sentimenti attraverso la musica.
Con sua
somma gioia, quando alzò nuovamente lo sguardo vide che il
pianoforte era libero: si avvicinò, camminando sulle nuvole,
poi, dopo essersi accertato che nessuno volesse accomodarsi prima di
lui, si sedette, accarezzando i tasti con amore.
Mentre
rifletteva rapidamente sulla melodia da eseguire, la sua attenzione
venne attirata da un qualcosa posizionato proprio accanto allo
spartito: petali cremisi, lungo gambo verdastro con impressi i segni
delle spine rimosse.
“Una
rosa”
pensò, afferrando delicatamente il fiore ed osservandolo con
curiosità. Un dubbio improvviso
s’insinuò nella sua mente: che qualcuno
l’avesse messo lì per lui?
“Strano” rifletté “Non
conosco nessuno… chi mai potrebbe farmi un regalo? Mi sembra
un po’ assurdo…”
Sì,
quel pensiero era abbastanza assurdo, azzardato. Eppure, lo
portò lo stesso a piegare le labbra in un lieve sorriso.
ATTO
V – POV Lily
- Per
quanto ancora hai intenzione di non parlarmi?
La
temperatura mattutina era piuttosto piacevole, spirava una leggera
brezza ed il cielo era limpido e sgombro dalle nubi.
Lily
incrociò le braccia, fingendo di guardare altrove, mentre
Rose sbuffava stizzita, scuotendo la testa.
- Va
bene,
come vuoi. Ma giusto perché tu lo sappia, una qualsiasi
bambina di tre anni è molto meno infantile di te.
- Rose,
lascia perdere, dai – sorrise Violet, scostandosi una ciocca
di capelli dagli occhi – Lo sai che ce ne vuole prima che le
passi un’arrabbiatura.
-
Violet,
puoi domandare alla signorina Dewitt Bukater perché stiamo
scendendo al piano degli straccioni? – la interruppe la
sorella minore in tono piatto – Vuole forse prendersi i
pidocchi?
- Molto
maturo da parte tua, Lily Sandler, davvero! –
sibilò la rossa – Se proprio vuoi saperlo, ho
intenzione di parlare con lo straccione che ieri sera mi ha salvata.
La
sedicenne alzò il mento con fare pomposo, rischiando di
scivolare su uno degli scalini. Pregò che le altre due non
se ne fossero accorte.
L’atmosfera
del salone di Terza Classe, sebbene un po’ grezza, era
allegra e rilassata, per nulla spiacevole. Qualcuno stava suonando un
vivace motivetto al pianoforte, anche se la musica cessò non
appena la gente si accorse della presenza delle tre ragazze
aristocratiche.
- Devo
dir
loro che veniamo in pace? – brontolò Lily a bassa
voce, strappando un sorriso alla sorella.
Rose si
guardò attorno per qualche secondo, poi si diresse verso una
coppia di panchine in legno, sulle quali sedevano diversi passeggeri.
Tre di essi avevano un’aria molto famigliare.
Lily
sgranò gli occhi, mordendosi nervosamente la lingua: - Non
ci credo…
Il trio
di
giovanotti che il giorno prima aveva recuperato Theo fissava incredulo
la rossa che si avvicinava lentamente. Il biondino smilzo e
l’italiano occupavano due posti sulle panchine,
l’irlandese invece si era accomodato su una sedia, le labbra
serrate su una di quelle orribili sigarette.
Rose si
fermò a distanza di sicurezza, senza perdere un solo istante
la sua aria composta e regale: - Buongiorno, signor Dawson –
disse rivolta all’americano.
-
Buongiorno – rispose lui un po’ incerto.
I suoi
due
amici ed una ragazza bionda seduta accanto all’italiano
sogghignarono sotto i baffi con aria maliziosa.
- Vorrei
parlarLe – continuò la diciassettenne –
In privato. Ragazze, vi dispiace se…
-
Tranquilla, ti aspettiamo qui – sorrise Violet, provocando un
sibilo disgustato alla sorella.
Il
signor
Dawson fulminò i compagni con un’occhiataccia, poi
si alzò, seguendo la rossa fuori dal salone. Non appena i
due uscirono dalla visuale, signor Napoli, signor Dublino e la biondina
scoppiarono in una risata sguaiata.
- Non
capisco cosa ci troviate di tanto buffo – disse Lily in tono
gelido – E’ così strano che una donna vi
rivolga la parola?
-
Sì, se si tratta di una donna appartenente al vostro ceto
sociale – spiegò l’irlandese riprendendo
fiato – Come credo risulterebbe strano a Lei se un rozzo
plebeo provasse a rivolgerLe la parola, signorina Londra.
La
ragazzina si morse il labbro, innervosita dalla palese provocazione, ma
il giovane napoletano bloccò qualsiasi risposta acida stesse
per sputare: - Come sta il nostro amico peloso?
- Theo
sta
bene – rispose lei distaccata, inorridendo quando Violet
occupò il posto lasciato libero dal signor Dawson.
- Quindi
siete voi i salvatori del nostro gattino! Piacere di conoscervi, io
sono Violet, sorella della Principessa Musona qui presente.
-
Incantato, Meraviglia! – trillò il ragazzo
italiano illuminandosi – Io sono Fabrizio e ho un debole per
le ragazze bionde. Beh, anche per le more e le rosse in
realtà. Lui invece è Tommy, mentre il guaglione che ha seguito la vostra
amica è Jack e lei… non ho ancora capito come si
chiama, ma so che è norvegese e già la
adoro… - concluse indicando la fanciulla seduta accanto a
lui.
Quella
si
lasciò sfuggire una risatina e strinse la mano che Violet le
stava porgendo: - Helga Dahl.
Lily
alzò gli occhi al soffitto, gettando occhiate nervose alla
soglia della sala. Rose non accennava a tornare e questo non fece che
aumentare il suo malumore.
“Dopo
di questa, puoi star certa che non ti rivolgerò mai
più la parola, Rose Dewitt Bukater” pensò minacciosa “Oh
sì, mia cara, ci puoi scommet…”
I
pensieri
si annullarono non appena puntò lo sguardo sotto una sedia
vuota situata a pochi passi da lei. Un musetto grigio scuro, munito di
baffi e orecchie tonde, fece capolino da dietro una delle quattro gambe
in legno levigato.
Spalancò
al massimo gli occhi in preda al terrore, emise uno strillo soffocato e
balzò all’indietro, perdendo però
l’equilibrio e ritrovandosi seduta sulle gambe del ragazzone
irlandese.
- Che
schifo! Avete perfino i topi qui! – urlò, mentre
la bestiola scappava a nascondersi nella propria tana – Oddio
adesso vomito!
- Non su
di
me, per favore – replicò signor Dublino,
trattenendo a fatica una risata – Forse Le
sembrerà strano, ma mi sono lavato giusto poco fa.
- Ma poi
non dovete preoccuparVi, Splendore – cercò di
rassicurarla Fabrizio – Questi topolini sono assolutamente
innocui, hanno più paura loro di Voi di quanta Voi ne
abbiate di loro.
- Questo
è tutto da vedere – ringhiò la piccola
Sandler, alzandosi in piedi e lisciandosi freneticamente le pieghe
dell’abito – Non mi tratterrò un secondo
di più in questo ricettacolo di sporcizia!
- Se
vuoi
torna in cabina – replicò Violet con
un’alzata di spalle – Io però vorrei
restare qui ancora un po’, le persone sono più
simpatiche in Terza Classe.
-
Fà come ti pare! Non c’è pericolo che
mi perda.
- Posso
accompagnarla io fino a un certo punto.
Lily si
zittì all’istante, voltandosi incredula. A parlare
era stato signor Dublino.
- Avevo
intenzione di fare due passi – continuò in tono
calmo – Naturalmente, se alla signorina Londra non fa
ribrezzo essere accompagnata da un rozzo popolano che vive in un
ricettacolo di sporcizia.
- Non mi
importa chi mi accompagna – soffiò la sedicenne
– Voglio solamente uscire da qui.
ATTO
VI – POV Danielle
Le dita
facevano ancora un po’ male, ma per fortuna avevano smesso di
sanguinare. Strinse i denti quando afferrò il grosso vaso di
ceramica che aveva poggiato a terra per spolverare meglio la piccola
cassapanca in legno, ma riuscì comunque a riposizionarlo
correttamente.
Sobbalzò
quando qualcuno la chiamò, posandole una mano sulla spalla,
e si girò di scatto, spaventando la futura interlocutrice.
Era una ragazzina dal viso tondo e grazioso, la chioma color biondo
scuro e gli occhi grandi ed espressivi.
Dietro
di
lei, due donne di Prima Classe ed una ragazza altissima con i capelli
biondi tagliati a caschetto si lasciarono sfuggire una risatina alla
vista delle loro reazioni.
- Non
volevo spaventarti – si giustificò la minore,
arrossendo leggermente – Mi chiamo Joelle, domestica della
famiglia Browning. E… beh, Mrs Browning e Mrs Richardson
vorrebbero chiederti un favore.
- Se non
ti
arreca disturbo, cara – soggiunse una delle due
aristocratiche, quella con i capelli scuri – Dimmi, per caso
conosci il pianista che ha suonato l’altra sera? Quello che
è stato presentato dai propri amici con un siparietto comico?
- Il
signor
Grimm – rispose Danielle, tenendo lo sguardo basso
– E’ il pianista di riserva…
-
Splendido! – trillò l’altra signora,
riccia e formosa – Per caso saresti in grado di trovarlo e
riferirgli un messaggio?
-
Sì, signora…
-
Vorremmo
proporgli un duetto con mio fratello, James Richardson –
continuò la ragazza col caschetto – Lui suona il
violino e gli giacerebbe molto essere accompagnato al piano dal signor
Grimm, sfortunatamente è troppo timido per farsi avanti da
solo.
-
Riferirò – promise la rossa, eseguendo un piccolo
inchino.
Stava
per
allontanarsi, quando Joelle fece cadere distrattamente lo sguardo sulle
sue mani, trasalendo: - Cos’hai fatto alle dita?
- Oh,
povera cara! – esclamò quella che doveva essere la
signora Browning – Ti sei ferita con delle schegge?
-
S-sì – mentì Dany, indietreggiando
– Non è nulla, sto bene. Vado a riferire al signor
Grimm il vostro messaggio.
- Ti
suggerisco di passare dal medico di bordo! – si
raccomandò la donna, osservandola allontanarsi.
Danielle
sospirò, scendendo rapidamente le scale che portavano in
Seconda Classe. Non sarebbe successo nulla se avesse raccontato a Mrs
Browning la verità (“punta
più volte togliendo le spine ad una rosa”), ma, per una misteriosa
ragione, considerava quelle ferite come un piccolo segreto.
Il
signor
Grimm non si trovava nel proprio alloggio, così si
trovò costretta a fermare il direttore
d’orchestra, Wallace Hartley, per domandargli notizie del
secondo pianista.
- Ho
visto
Sean recarsi in Terza Classe insieme a tre suoi amici – disse
il trentaquattrenne con un sorriso – Non so cosa sia andato a
fare, ma penso proprio che lo troverai lì.
-La
ringrazio – rispose la cameriera, avviandosi a falcate verso
la mèta indicata. Aggrottò la fronte confusa,
mordendosi le labbra: perché i passeggeri di quella nave
sembravano insofferenti di restare nei propri spazi?
Riuscì
finalmente a trovare il musicista in mezzo all’allegro caos
popolano: sedeva ad un tavolo rotondo insieme ad altre persone, tutto
intento a giocare a carte.
La rossa
provò a schiarirsi la voce, avanzando timidamente, ma
inciampò sul giocattolo in legno di un bambino e
piombò di peso in mezzo al tavolo, provocando un
sussulto nei presenti.
-
Tombola!
– esclamò ridendo uno dei giocatori, un ragazzo
castano dagli occhi azzurri che Dany aveva già visto in
Seconda Classe – Questa sì che è una
partita col botto!
- Ti
senti
bene? – domandò una donna bionda, la stessa che
aveva incontrato due giorni prima quando le erano caduti gli
asciugamani – Aspetta, ti aiuto…
- S-sto
bene – balbettò mortificata la cameriera,
lisciandosi le pieghe del grembuile – Sto cercando il signor
Grimm…
- Oh
cazzo,
Sean, se hai qualche oggetto fragile con te nascondilo subito!
– scherzò il ragazzo moro, beccandosi uno schiaffo
sul braccio dalla ragazzina che gli sedeva accanto.
-
Sm-smettila, Charles, n-non è carino da p-parte tua!
- Dimmi
pure – s’intromise il pianista, facendo un cenno
con la mano ai due che avevano iniziato a battibeccare – Hai
un messaggio da parte di Wallace?
- In
realtà, da parte di Mrs Browning e Mrs Richardson
– sospirò Dany, sforzandosi di ignorare le
occhiate perplesse dei due svedesi e della donna inglese che non
avevano ancora aperto bocca – Volevano chiederLe se avrebbe
avuto piacere ad accompagnare il signor James Richardson al violino.
-
Vogliono
sul serio che sia io a farlo? – domandò
l’uomo con aria piacevolmente sorpresa – Sicura che
vogliano proprio me?
-
E’ sicuramente merito della nostra presentazione –
sorrise la sua amica bionda, strizzandogli l’occhio.
Dany si
limitò ad annuire: - Se vuole accordarsi per
l’orario, le consiglio di recarsi in Prima Classe per
discuterne con la signora Richardson.
- Ti
ringrazio, vado subito allora.
I
quattro
passeggeri di Seconda Classe si alzarono, poggiando le carte sul
tavolino. La ragazza più grande rivolse qualche parola in
svedese ai giocatori rimasti; quello con i capelli scuri assunse
un’espressione dispiaciuta, ma la mutò
immediatamente in un sorriso quando lei lo salutò con un
bacio sulla guancia.
Mentre
quelli si allontanavano, una musica molto famigliare giunse alle
orecchie di Danielle, che si voltò immediatamente in
direzione del pianoforte: insolitamente alto, magro e spettinato, le
dita danzavano armoniose sui tasti. Sì, era lui.
Il cuore
della giovane irlandese saltò un battito quando ella si
accorse che il misterioso pianista teneva in grembo una bella rosa
rossa dal lungo gambo.
Fece
sfiorare tra loro le dita ferite, abbozzando un sorriso di gioia.
Ne era
valsa la pena.
ATTO
VII – POV Joelle
- Per
quando è fissato il duetto? – domandò
Emily, seduta scompostamente sul letto con aria annoiata –
Devo per forza assistervi?
-
Cominceranno a suonare tra mezz’ora circa – rispose
Joelle, sistemandosi i capelli davanti allo specchio – E
sì, tua madre è stata molto chiara a riguardo.
Pensa che potrebbe esserti d’aiuto ascoltare un po’
di musica.
- Aiuto
per
cosa? – piagnucolò l’altra,
affacciandosi alla culletta di Gabriel e Cerìse –
Vuole che diventi una cretinetta sempre allegra? Una di quelle perfette
signorine del cavolo, col sorriso perennemente stampato e capaci di
dire soltanto “sì”? Una di quelle che si
sposano anche se giocavano con le bambole soltanto il giorno prima, che
stanno zitte e obbedienti, piegate al volere del maledetto marito
tiranno molto più vecchio di loro che…
- Em!
Calmati, adesso stai esagerando!
La
quindicenne abbassò lo sguardo, mordendosi nervosamente la
lingua. Joelle le prese il volto tra le piccole mani, alzandole il
mento con delicatezza.
- I tuoi
genitori non vogliono trasformarti in una bambolina – la
rassicurò – Né farti sposare con un
uomo più vecchio. Te l’ho già detto un
sacco di volte, lo sai che non ti farebbero mai un torto simile.
- Anche
Sarah credeva che i suoi genitori le volessero bene e che non
l’avrebbero mai resa infelice – mormorò
l’altra con gli occhi lucidi, riferendosi alla propria
migliore amica – Invece l’hanno fatta sposare con
quel tizio, quel Mansfield, che ha il doppio della nostra
età. Chi mi assicura che i miei non mi pugnaleranno alle
spalle allo stesso modo?
Joelle
la
fece sedere sul letto, permettendole di poggiare la testa contro il
proprio petto. Le accarezzò i capelli, parlandole con voce
bassa e morbida: - Non prevedo il futuro e non leggo nel pensiero, Em.
Ma ormai credo di conoscere abbastanza bene i tuoi genitori per
ritenerli degni di fiducia. Secondo me non ti getteranno a tradimento
tra le braccia di un trentenne ricco.
-
Elle… quanta differenza avevate tu e tuo marito?
La
domestica si irrigidì, tentando in tutti i modi di
mascherare il disagio ed il senso di colpa: - Lui aveva quattro anni
più di me… a differenza di molte ragazze ho avuto
la possibilità di sceglierlo…
Involontariamente
si morse la lingua. Si trovò sul punto di cedere.
- Em,
ascolta… - la sua voce si fece titubante – Vedi, a
proposito del padre di Gabriel e Cerìse…
-
Splendori, siete pronte?
Le due
ragazze si staccarono all’istante, mentre Mrs Browning
entrava nella stanza con un gran sorriso: - E’ quasi ora!
-
Arriviamo
subito – rispose Joelle, afferrando il manico della
carrozzina dei gemelli – C’è molta gente
in sala?
-
Abbastanza – rispose la donna più vecchia
– Vado a prendervi i posti intanto.
Emily
alzò gli occhi al cielo mentre la madre correva via, poi
diede un’ultima rapida occhiata al proprio riflesso allo
specchio.
-
Elle… si vede che ho quindici anni, vero?
-
Sì, tesoro, si vede – la rassicurò la
domestica aprendo la porta – Se qualche lurido vecchiaccio
bavoso oserà anche solo sfiorarti con lo sguardo lo
sistemerò a dovere.
La
ragazzina sorrise, raggiungendo l’altra oltre la soglia della
cabina. Avevano ormai percorso metà corridoio quando una
delle porte si aprì lentamente, con un sinistro cigolio.
Istintivamente,
Emily posò la mano su quella di Joelle, serrata attorno al
manico della carrozzina. Una donna minuta ma dall’aria
minacciosa si fermò sull’uscio, squadrandole dalla
testa ai piedi.
- Quale
sorpresa! – sorrise amabilmente la giovane domestica
– Lady Mildred Scortese Newell! Anche Lei sta andando ad
assistere al duetto musicale?
- Non
che
ci sia molta alternativa, mia cara – sibilò
l’altra con un ghigno falso – Se mi trovassi un
passatempo stimolante in Prima Classe credo che potrei regalarti uno
dei miei gioielli.
-
Proverò ad informarmi – promise la diciannovenne,
senza mutare l’atteggiamento eccessivamente cortese.
-
Elle… andiamo, per favore… - sussurrò
Emily, guardandosi nervosamente attorno – Ci staranno
aspettando… oh… di bene in meglio…
Joelle
si
voltò, domandandosi cosa o chi rendesse la padroncina tanto
nervosa: a pochi passi da loro, immobile e statuaria, c’era
la domestica dei Volkov. Non aveva ancora avuto occasione di parlarle,
ma a prima vista le era sembrata piuttosto inquietante, quasi quando
Lady Newell. Così pallida, così silenziosa,
così fredda…
- Che
simpatica riunione! – ironizzò Mildred –
Quattro donne in corridoio, due aristocratiche e due sguattere.
- Elle
non
è una sguattera! – sbottò Emily con
rabbia, apparentemente dimentica del nervosismo che la ventiseienne le
provocava – Non si permetta mai più di dire una
cosa del genere!
- La
verità fa male? – replicò
l’altra con un ghigno.
La
ragazzina serrò i pugni, facendo un passo in avanti, ma
Joelle bloccò la sua traiettoria con il braccio: - Em, non
importa, non mi sono offesa. E credo che non si sia offesa nemmeno la
signorina… ehm…
- Larisa
– continuò la ragazza russa con voce atona
– Il mio nome è Larisa. No, non mi sono offesa. Se
non vi dispiace, ora vorrei passare. Il signor Lukas mi sta aspettando
in salone.
-
Sarà meglio anche per noi darsi una mossa –
sorrise Joelle – Altrimenti ci perderemo l'inizio del duetto.
- Se non
vi
dispiace, farò la strada con voi –
sogghignò melliflua Lady Mildred, ben conscia del fatto che
la primogenita dei Browning non avrebbe affatto gradito la sua
presenza.
Emily,
infatti, la fissò con odio durante tutto il tragitto.
ATTO
VIII – POV Lily
Le
balenò di sentirsi leggermente in colpa per il proprio
comportamento soltanto un paio di volte, mentre attraversava a falcate
il ponte principale di Terza Classe. Si fermò proprio nei
pressi della prima scalinata, esitando: forse non era necessaria quella
sceneggiata, però i topi la terrorizzavano (così
come altri animaletti sporchi e portatori di malattie) e, ad essere
sinceri, si sentiva ancora turbata per la discussione avuta con Rose.
- Se sta
aspettando che qualcuno srotoli per Lei un tappeto sulle scale
resterà delusa. Quaggiù lussi e premure da parte
del personale scarseggiano, Le basti pensare che i Suoi amici di Prima
Classe portano i cani a scacazzare proprio sul suolo che sta
calpestando in questo momento.
Lily
serrò le labbra e sbuffò dalle narici, voltandosi
lentamente verso Mr Dublino che la fissava con aria irrisoria.
Resistette con fatica all’impulso di urlargli contro gli
insulti coloriti che aveva udito più volte pronunciare dallo
zio Eric.
- Se non
la
smette di prendermi in giro giuro che le cavo quella schifosa sigaretta
dalla bocca e gliela spengo in fronte!
-
E’ sicura almeno di arrivarci alla mia fronte? –
replicò lui con un sorrisetto furbo.
La
ragazza
strinse i pugni, li puntò sui fianchi e gonfiò il
petto: - Sono alta un metro e sessantacinque, ci arrivo benissimo alla
Sua stupida fronte! Si sta dando delle arie perché
è molto più alto della maggior parte degli
uomini? Vuole un inchino per questo? E comunque, se non arrivassi alla
fronte gliela spegnerei sul naso o sul mento.
-
Così mi prenderebbe fuoco la barba! –
osservò lui, scoppiando a ridere – Io amo la mia
barba! Lei è davvero tremenda!
- Ha
cominciato Lei a provocarmi! – protestò stizzita
la sedicenne – Mi tratta da stupida soltanto
perché appartengo ad un ceto sociale più alto del
suo. E probabilmente anche perché sono inglese.
Mr
Dublino
riprese fiato: - Ammetto che questa combinazione non è una
delle mie preferite.
- Lei ha
pregiudizi.
- E Lei
no?
Non crede forse che noi di Terza Classe siamo tutti rozzi, sporchi e
pieni di pidocchi?
Lily si
zittì, mordendosi nervosamente la lingua. I pregiudizi di
quel ragazzo sulla gente ricca la infastidivano, ma mai prima
d’ora si era posta il problema che ad altri potessero dare
fastidio i suoi pregiudizi. Le era sempre
stato facile associare una persona di basso rango ad aggettivi come
“sporca”, “rozza”,
“ignorante”…
Quell’irlandese
era abbastanza irritante, ma, riflettendoci, non le dava affatto
l’idea di essere sporco, né tantomeno ignorante.
Aprì
la bocca per rispondere qualcosa, ma una voce famigliare la costrinse a
ricacciare le parole indietro e voltarsi. Zio Eric la stava
raggiungendo con passo salterino.
- Ehi,
Principessa! Quasi stentavo a credere alle parole di Rose, sei davvero
scesa nella bolgia infernale? – strizzò
l’occhio a Mr Dublino, che gli rispose con un sorriso
complice – Dov’è tua sorella? Jamie
Richardson sta per esibirsi col violino, accompagnato al pianoforte da
Sean Grimm!
C’era
un qualcosa di strano nella sua voce e nel suo atteggiamento:
l’entusiasmo era decisamente eccessivo, anche per uno come
lui.
- Credo
che
Violet preferisca restare qui per un po’ – rispose
dubbiosa la ragazzina – Però io
assisterò volentieri all’esibizione. Beh,
arrivederci, signor Dublino, grazie per avermi accompagnata fin qui.
- Si
figuri
– replicò l’irlandese, aspirando
l’ennesima boccata dalla propria sigaretta.
Lily
afferrò il braccio dello zio e salì rapidamente
le scale. Si insospettì leggermente quando udì
una specie di tonfo sordo, tipico di un oggetto che cade sul pavimento,
ma per un’astrusa ragione non ci fece caso, proseguendo a
falcate. Qualche istante dopo le parve anche di udire la voce di Mr
Dublino che la chiamava, ma ormai aveva raggiunto il ponte principale
di Seconda Classe.
Quando
lei
e zio Eric giunsero destinazione si sentì leggermente
stordita.
Suo
padre
aveva preso posto accanto ai Volkov, ben lontano da Ruth Dewitt
Bukater. Lily si guardò attorno rapidamente, constatando con
amarezza che Rose non si trovava lì.
- Ben
arrivata, tesoro – le disse il professor Sandler, facendola
accomodare accanto a sé – Tua sorella ha dato buca?
La
sedicenne annuì, gettando una rapida occhiata alla propria
sinistra: vicino a lei c’era la domestica dei Volkov, nel
posto successivo sedeva l’affascinante Lukas e, proseguendo
con ordine, Lily riuscì a scorgere i genitori di lui, le due
sorelle grandi ed il marito della prima.
La
piccola
Nika si trovava in braccio a Charles Fitzherbert, il quale aveva
occupato le sedie davanti a quelle dei Sandler insieme a due biondine,
una sui trent’anni col volto in parte celato da una veletta,
l’altra molto più giovane e vestita di bianco.
In mezzo
al
grande salone, proprio al centro del semicerchio creato dalle multiple
file delle sedie, Jamie Richardson stanziava in piedi e immobile, quasi
paralizzato. Stringeva nervosamente tra le mani l’impugnatura
del violino e l’archetto e, di tanto in tanto, gettava
occhiate nervose al pianista che l’avrebbe accompagnato.
- Il
ragazzino se la sta facendo sotto – sibilò una
voce fredda proveniente dalla fila posteriore – Potrei
scoppiare a ridere se sbagliasse qualche accordo.
Lily si
voltò in simultanea con Lukas Volkov e la sua cameriera: a
parlare era stata la tipa inquietante che aveva visto discutere il
giorno prima con la domestica dei Browning, Lady Mildred Qualcosa.
- Io
l’ho ascoltato proprio ieri – replicò il
Principe con flemma – Credo che quel ragazzo abbia talento.
- Il
talento non basta se ci si lascia sopraffare dal terrore. Sono certa
che anche Lei commetterebbe degli errori nelle attività che
preferisce se l’ansia avesse la meglio, mio caro zar. Ma
probabilmente nessuno glielo farebbe notare, Lei ha l’aria di
uno di quei bambocci viziati che vengono applauditi da parenti e
servitù anche quando scoreggiano.
Lukas e
la
giovane governante (che doveva chiamarsi Larisa o qualcosa del genere)
si scambiarono un’occhiata eloquente, volgendosi poi in
contemporanea verso l’interlocutrice. Pur non essendo certa di
comprenderne il motivo, Lily ebbe la sensazione di stare per assistere
ad uno scontro tra titani.
Scontro
che
però non ebbe luogo in quel momento, poiché Sean
Grimm cominciò a suonare la Quarantesima Sinfonia di Mozart.
Jamie ebbe un attimo di titubanza e volse lo sguardo verso Missy,
Shannon ed il Sergente Peters, seduti tutti e tre in prima fila. Chiuse quindi gli
occhi ed inspirò a fondo, poi si unì alla melodia
del pianoforte, accarezzando in modo dolce ma deciso le corde del
violino con l’archetto.
Non
sbagliò gli accordi, contrariamente alla previsione di Lady
Newell, e riuscì a trasmettere con facilità il
proprio amore per la musica, pur essendoci un velo di struggente
malinconia nelle sue note, anche durante i motivetti più
allegri.
Ad un
certo
punto, zio Eric si alzò in piedi, raggiunse il centro della
sala, afferrò la mano della cameriera maldestra che passava
di là per caso e cominciò a danzare con lei. In
poco tempo, buona parte dei passeggeri decise di seguire il suo
esempio: le due amiche di Sean Grimm, Charles Fitzherbert con la
piccola Nika, Missy con Duncan Peters, il professor Sandler con Molly
Brown (agguantata velocemente prima che Ruth potesse
avvicinarsi)… perfino Lukas Volkov, dopo aver gettato
un’occhiata trionfante a Lady Newell, prese la mano di Larisa
e cominciò a volteggiare con lei.
Lily si
ritirò in disparte, non se la sentiva in quel momento di
lasciarsi coinvolgere nelle danze. Istintivamente
portò una mano al collo, cercando il ciondolo della nonna,
ma un’orrenda sensazione di gelo la pervase non appena le sue
dita entrarono in contatto con la pelle nuda. Il ciondolo non
c’era!
“Maledizione!”
pensò, uscendo a falcate dalla sala “Ecco cosa mi
è caduto in Terza Classe! Perchè diamine non mi
sono fermata a controllare?”
Scese
fino
alla “bolgia infernale” per la terza volta da
quando aveva messo piede sulla nave, pregando ardentemente che qualche
sempliciotto non avesse deciso di intascare il suo prezioso
possedimento.
Un’improvvisa
ed inaspettata ondata di sollievo la colse quando vide Mr Dublino
appoggiato al parapetto, lo sguardo volto all’orizzonte. Si
era acceso un’altra stramaledettissima sigaretta.
Quando
si
accorse di lei, un sorriso divertito si dipinse sulle sue labbra.
-
Ehm… - cominciò Lily leggermente imbarazzata
– Io credo di aver perso qui…
-
… la collana col ciondolo – finì lui,
tirando fuori dalla tasca della giacca il gioiello perduto –
Mi domandavo quanto ci avrebbe messo ad accorgersene, Miss Londra.
Sarei venuto a portagliela di persona, ma sa, agli straccioni non
è permesso salire in Prima Classe, quindi l’ho
aspettata qui.
-
E’ stato gentile… - mormorò la
sedicenne, voltandosi e sollevando le ciocche di capelli che le
cadevano lungo la schiena – Dovrei chiederLe un altro favore,
visto che ci siamo… potrebbe aiutarmi ad allacciarla?
Il
ragazzo
afferrò con cautela le estremità della catenina,
cominciando ad armeggiare con fare un po’ indeciso: - Mi
perdoni se non sono molto rapido in questo, ho le mani da
operaio… dita grosse e poco delicate… in fabbrica
ho sempre svolto lavori pesanti… ok, fatto.
-La
ringrazio ancora.
Lily
volse
di nuovo lo sguardo verso di lui, abbozzando un sorrisetto: - Lavori
pesanti? E’ per questo che è così
robusto, immagino…
-
Immagino
anch’io.
-
Comunque,
seppur mi costi ammetterlo, mi ha già fatto tre favori da
quando ci siamo incontrati: ha salvato Theo, ha conservato la mia
collana e mi ha aiutata ad allacciarla…
-
Quattro
– la corresse l’irlandese –
L’ho accompagnata fino alle scale quando ha dato di matto per
via del topo… e se non sbaglio l’ho anche tenuta
sulle ginocchia per poco tempo…
- Ma
quello
non conta! – esclamò la ragazzina, senza
trattenere un sorriso.
- Conta
eccome! – replicò lui ridacchiando –
Avrebbe mai pensato di sentirsi in debito con un plebeo, Miss Londra?
- E Lei
avrebbe mai pensato di fare dei favori a una nobiliastra inglese?
-
Ammetto
che un'idea simile non è mai rientrata nei miei piani, prima
d'ora.
Si
osservarono per qualche secondo, sorridendo, poi la sedicenne diede una
piccola alzata di spalle: - Forse potremmo smettere di chiamarci Mr
Dublino e Miss Londra, suppongo. Solo che non ricordo il Suo
nome…
- Thomas
Ryan – rispose lui, tendendo la grossa mano –
Però tutti mi chiamano Tommy.
- Lily
Danielle Sandler – disse lei, facendo combaciare i palmi e
assumendo un’espressione furba –
Però tutti mi chiamano Vostra Altezza.
***
Angolo
delle Autrici:
Bene, ecco a voi il nuovo capitolo!
Ovviamente speriamo vi sia
piaciuto e che l’attesa sia valsa la pena. E’ stato
un po’ un parto scrivere perché tra una cosa e
l’altra c’erano sempre delle interruzioni.
Come al solito, avviso che per
la parlata in Svedese mi sono affidata a Google Translate, che non
è il massimo dell’affidabilità,
perciò non stupitevi se ci saranno degli errori.
Con questo capitolo abbiamo
finalmente letto tutti i POV dei personaggi prenotati. Anche stavolta
ho cercato di inserire ognuno di loro in almeno due atti ed ho cercato
di bilanciare le “presenze” rispetto al capitolo
precedente.
Nel prossimo naturalmentre ci
saranno di nuovo cinque POV oltre a quello di Lily.
Grazie mille per aver letto,
alla prossima!
Tinkerbell e Phoebe.
|