Tango
- Be', allora io vado. Sei sicura di
riuscire a mandare avanti il locale da sola per due giorni? -
Ruby sollevò gli occhi al cielo. Era
più o meno la centesima volta che la nonna le rivolgeva quella
domanda, e per la centesima volta le diede la stessa risposta: - Ma
certo, nonnina. Tu va' pure. Ci penso io qui. -
Il sorriso che si aprì sulle labbra di
ciliegia della ragazza doveva risultare rassicurante, ma a Granny non
sfuggì il bagliore di furbizia che attraversò le iridi chiare di
sua nipote mentre pronunciava quelle ultime fatidiche parole che,
alle sue orecchie, suonavano più come la profezia di un'imminente
catastrofe.
Ci penso io qui.
La donna alzò un sopracciglio e
squadrò Ruby con uno sguardo penetrante e sospettoso. Avrebbe potuto
trafiggere ogni cosa con quegli occhi di ghiaccio, un po' come quando
imbracciava la sua inseparabile balestra e non falliva mai un colpo.
- Dì un po', signorina... Non è che
hai in mente qualcosa che io non approverei? -
Ruby esibì un'espressione ferita e
offesa. - Oh, nonna! Pensavo che ormai mi considerassi una persona
adulta,matura e responsabile. Non ti fidi di me? Dubiti della tua
nipotina? -
Granny sospirò: - E va bene. Mi auguro
solo di trovare tutto in ordine per il mio ritorno. -
La ragazza sorrise, baciò la nonna e
le augurò buon viaggio.
Mentre osservava l'auto farsi sempre
più lontana lungo Main Street, gli angoli della sua bocca presero
un'inclinazione diversa e il sorriso caldo e conciliante mutò
rapidamente in un sogghigno pieno di malizia e aspettativa.
Quella sera, da Granny's,
avrebbe avuto luogo la festa più spregiudicata che la sonnolenta
Storybrooke avesse mai visto. Tutti gli abitanti se la sarebbero
ricordata per anni! Be', tutti tranne sua nonna, ovviamente...
L'orologio della torre batté l'una di
notte.
Le strade della città erano deserte e
silenziose. Si sarebbe potuto pensare che, a quell'ora tarda, la
popolazione fosse rintanata nelle proprie case, a sognare al sicuro
nel proprio letto. Ma gli unici che, in quel momento, effettivamente
dormivano placidamente, erano i bambini.
Ruby era stata molto chiara: per una
sera, la famigliare e accogliente tavola calda della nonnina si
sarebbe trasformata in un locale notturno come si conveniva, dunque
apertura dalle 22.00 alle 6.00 del mattino seguente, alcolici a
fiumi, luci soffuse, sospensione del divieto di fumare, musica a
tutto volume e ingresso vietato ai minori di diciotto anni, ospiti e
avventori preferibilmente “in ghingheri”.
Mezza Storybrooke aveva risposto con
entusiasmo all'appello della giovane cameriera. Tutti erano curiosi
di scoprire cosa ella avesse architettato ora che si era finalmente
liberata, almeno per un paio di giorni, del controllo e della
severissima supervisione di sua nonna, inflessibile specialmente
quando si parlava della sua attività e della gestione del suo
adorato locale.
Alle 21.30 si era già formata una
lunga coda davanti all'ingresso e Ruby aveva addirittura dovuto
anticipare l'orario di apertura.
C'erano proprio tutti. Emma Swan si era
presentata fasciata in un abito rosso fuoco senza spalline, dalla
generosa scollatura a cuore, la cui gonna attillata le arrivava poco
sopra le ginocchia. I sandali di pelle color avorio dal sottile tacco
alto la slanciavano e la rendevano incredibilmente flessuosa, facendo
dondolare dolcemente i suoi fianchi ad ogni passo. I capelli erano
sciolti in morbide onde dorate che le accarezzavano le spalle,
stuzzicandole il décolleté, e le incorniciavano il viso finemente
truccato e, per una volta, disteso e sereno.
- Ehi! Quello è il mio colore! - aveva
scherzato Ruby quando la donna aveva varcato la soglia e le due si
erano abbracciate ridendo.
Anche Regina aveva preso sul serio
l'invito a “mettersi in ghingheri”. Sfoggiava un magnifico abito
di raso nero come una notte di luna nuova che le ricadeva di sbieco
poco sotto le ginocchia, offrendo ai presenti una dettagliata e
gradevole visuale della parte superiore della sua gamba sinistra. Una
profonda scollatura a V, che terminava a un pelo dall'incavo delle
natiche, metteva in mostra la schiena tonica e scolpita, adornata da
due file di perline che univano i due lembi di tessuto, come un
piccolo ponte luccicante di stelle tra fiumi di tenebre.
I piedi della donna erano calzati in
lucide scarpe di vernice blu scuro, spudoratamente alte.
Il Sindaco e la Salvatrice erano senza
dubbio il principale bersaglio degli sguardi altrui.
Al culmine della festa, quando ormai
molti bicchieri erano stati svuotati, riempiti e poi svuotati
nuovamente, le note inconfondibili, calde e sensuali di un tango
argentino iniziarono ad aleggiare nell'aria fumosa del locale.
Proprio in quel momento, Regina, che si sentiva leggera e spensierata
come non le capitava da molto tempo – forse anche per via
dell'alcoll che le scorreva in corpo – afferrò una bottiglia di
rum dal bancone e si diresse al tavolo dove Killian Jones e Robin
Hood, decisamente alticci, stavano ridendo di gusto per chissà quale
battuta.
Con un gesto deciso pose il recipiente
di vetro davanti ai due uomini, che ammutolirono all'istante e le
piantarono addosso uno sguardo interrogativo ma, allo stesso tempo,
molto interessato.
- Allora signori, vi propongo una
piccola sfida: chi di voi berrà la sorsata più lunga avrà l'onore
di ballare con me questo tango. -
I due si guardarono, poi Killian
sorrise con sensuale ferocia. - Attenta, tesoro. Sono un pirata,
ricordi? Questa roba, - e diede un colpetto alla bottiglia con
l'uncino, facendo tintinnare il metallo contro il vetro. - mi scorre
nelle vene al posto del sangue. -
A quel punto, Robin gli mollò una
bonaria pacca sulla spalla. - Qualcuno qui è molto sicuro di sé,
vedo. E va bene, pirata. Accetto la sfida. Vedrai cosa sa fare
un figlio di Nottingham, nonché Principe dei Ladri. -
Il primo a sottoporsi alla prova fu
proprio il famoso fuorilegge, che, bisogna riconoscerlo, ingollò una
considerevole quantità di liquore.
Nel frattempo, Emma, incuriosita da
quella strana riunione, aveva raggiunto il tavolo dove si stava
svolgendo la competizione. - Ehi, che succede qui? Si fa una gara di
bevute senza di me? -
Regina sorrise mentre la bottiglia
passava a Killian. - Più o meno. Questi due gentiluomini si stanno
sfidando a chi berrà il sorso più lungo. Chi vincerà, ballerà con
me. -
- Ma davvero? - Con un gesto fulmineo,
Emma strappò la bottiglia dalle labbra del capitano e se la portò
alla bocca senza la minima esitazione, iniziando a tracannare la
bruciante bevanda come se si trattasse di innocua acqua fresca dopo
una lunga corsa. Beveva con furore, reclinando la testa all'indietro,
incurante del fuoco liquido che le incendiava la gola e dei rivoletti
di liquore che sfuggivano dai lati della sua bocca e le scorrevano
lungo il collo affusolato.
Regina non poté fare a meno di seguire
con gli occhi il percorso di una gocciolina che andò ad insinuarsi
fin nella scollatura del vestito della donna.
Quando si ritenne soddisfatta e fu
ormai certa della vittoria, Emma posò la bottiglia, a quel punto
quasi vuota, riprese fiato e lanciò uno sguardo divertito e beffardo
ai due uomini, che la squadravano increduli e ammirati, dopodiché si
rivolse a Regina, anch'essa piacevolmente stupita dalla prestazione e
dall'esuberanza della Salvatrice, la prese per mano con decisione e
la condusse al centro del locale. - Balliamo. -
La melodia struggente e passionale di
quel tango le avvolse all'istante, dolce, calda e densa come miele
appena distillato.
La bionda prese l'iniziativa e si
posizionò alle spalle della compagna, cingendole la vita e facendo
in modo che i loro corpi aderissero perfettamente l'uno all'altro in
uno splendido incastro di pelle di porcellana e tessuto nero e rosso.
Il seno della Salvatrice premeva contro la schiena nuda di Regina.
Con un lieve movimento della testa Emma
le sfiorò la nuca con le labbra ardenti e inspirò il suo profumo in
un fugace istante che fece rabbrividire entrambe.
Una lenta giravolta e le ballerine si
ritrovarono una di fronte all'altra. Il desiderio e la passione che
trasparivano languidi dai loro occhi erano inequivocabili ed ebbero
l'effetto di alimentare ancora di più quel senso di eccitazione che
già le aveva pervase come un pizzicore diffuso sottopelle. Le loro
dita s'intrecciarono, le loro mani si posarono senza remore e senza
vergogna sulle forme sinuose dei fianchi.
Non seguivano una vera e propria coreografia e non
cercavano di ricordare dei passi; semplicemente si lasciavano guidare
dall'istinto e dai reciproci movimenti, assecondando una forza
misteriosa che sembrava agire su di loro e, talvolta, spingerle l'una
verso l'altra oppure allontanarle. Danzavano e si accarezzavano, si
sfioravano a vicenda dando vita a brevi, deliziosi istanti che le
torturavano di piacere.
Le dita di Emma lambirono il collo di
Regina e, con studiata lentezza, scivolarono giù, sempre più giù,
lungo la colonna vertebrale della donna, fino ad incontrare il raso
dell'abito a pochi centimetri dalle natiche.
Regina si morse le labbra, gustando la
sensazione delle mani di Emma che percorrevano sapienti e sicure il
suo corpo. Poteva avvertirne il calore anche attraverso il tessuto.
I loro movimenti si dispiegavano in un
continuo alternarsi tra gesti lenti e lascivi e mosse scattanti,
incalzati dal ritmo della musica; la chitarra produceva un suono duro
e ruvido come la pietra ma questo era mitigato e addolcito dalle note
del violino, fluide e armoniose, non prive di un lieve tocco
nostalgico.
Emma inarcò la schiena e gettò
indietro la testa. I suoi capelli d'oro sprigionarono un profumo di
shampoo alla frutta misto a un leggero sentore di sudore che inebriò
Regina, la quale tracciò con il dorso della mano un sentiero
immaginario dalla punta del mento di lei fino ad indugiare sul primo
accenno dell'incavo tra i seni. Poteva sentirle il cuore battere con
vigore nel petto, quasi seguisse anch'esso l'andamento del ballo.
Altre piroette, altri tocchi ambigui e
fuggevoli.
Quando Emma si allontanò
improvvisamente da lei volteggiando sui tacchi vertiginosi, Regina si
gettò a terra con grazia e protese le braccia verso la Salvatrice,
come se volesse invitarla, supplicarla, a riprendere il contatto. Se
fosse solo un gesto coreografico o un reale bisogno dell'anima e del
corpo, la donna non lo capì e non se lo domandò. La bionda la
esaudì e le si avvicinò nuovamente, e quando il sindaco sollevò la
gamba sinistra per avvolgerla intorno al corpo della partner, il raso
nero dell'abito si ritirò ulteriormente, quasi con reverenza, come a
voler lasciare quanto più possibile scoperta la pelle nuda e liscia
della coscia d'avorio di Regina, in modo che la mano di Emma potesse
scivolarci comodamente sopra e soffermarsi su di essa.
Il ritmo della musica si fece, a un
certo punto, più deciso e incalzante. Le due danzatrici si
lanciarono in una frenetica giravolta, le braccia agganciate ai
fianchi, le dita delle mani che stringevano forte quelle della
compagna.
La stanza prese a vorticare e,
all'improvviso, Regina sentì se stessa scoppiare a ridere,
immediatamente seguita da Emma. A un tratto, non esistevano più
quelle decine e decine di occhi che le scrutavano con invidia,
apprezzamento, ammirazione, eccitazione, perplessità... Non esisteva
più il locale di Granny, né Storybrooke, né null'altro al mondo.
In quel momento perfetto c'era spazio
solo per loro due. Per i loro corpi avvinghiati, tanto vicini che
quasi non distinguevano più dove terminasse la superficie dell'uno e
iniziasse quella dell'altro, per il suono argentino delle loro risate
che si sposava con le note passionali di quella melodia e per una
strana forma di euforica ebbrezza mista a un incontenibile desiderio
l'una dell'altra.
Quando la musica raggiunse il culmine,
una frazione di secondo prima di concludersi bruscamente, Regina si
lasciò cadere all'indietro, sorretta dal braccio di Emma, ma questa,
inaspettatamente, non si limitò a trattenerla, invece l'attirò a sé
con forza e la baciò, premendo con impeto le proprie labbra su
quelle del sindaco.
I loro respiri umidi recavano ancora le
tracce aromatiche, calde e leggermente acri del liquore. Ciascuna
sentì sulla propria lingua il sapore dell'altra e ne godette il più
possibile, prima di interrompere il contatto e lasciare che il
silenzio sbigottito del pubblico che aveva assistito ipnotizzato al
loro ballo si tramutasse in un tripudio di applausi e risate, perché,
in fondo, quella sera ogni cosa era un gioco; il tempo era come
sospeso e tutto era concesso, tutto scivolava addosso con spensierata
leggerezza tra un bicchiere e l'altro, e anche un bacio strappato
alle labbra della propria nemica-amica, rivale-alleata, non pesava
più di una piuma portata dal vento... o no?
Da Stria93 (che sì, è ancora
viva): Ok, il mio account di EFP è rimasto inattivo per quasi...
un anno! Non mi soffermo sulle molteplici cause di questo stop, ma mi
scuso con tutt* per essere sparita.
Come avrete notato, questa storia non
ha assolutamente niente di speciale, forse in certi punti sfiora
persino la banalità con la B maiuscola. Si è trattato di un parto
mentale dovuto alla visione di una scena del film Frida che
mi ha folgorata e alla
quale mi sono appunto ispirata per buttare giù questa shot. Non era
mia intenzione rispettare l'IC dei personaggi, né il contesto, ma
solo mettere in evidenza la scena del ballo saffico tra Emma e
Regina. Ho volutamente sospeso tutte le altre relazioni tra gli
abitanti quindi immaginatevi come più vi piace il rapporto che lega
Emma a Killian o Regina a Robin, il punto della storia di OUAT in cui
può essere ambientata questa OS o la motivazione dell'allontanamento
di Granny.
Ho voluto anche
lasciare aperta la conclusione proprio per questo motivo. Il ballo
doveva essere il vero protagonista e tutto il resto solo uno sfondo
per poterlo contestualizzare.
Un grazie infinite
a chi leggerà questo mio primo lavoro dopo il lunghissimo periodo di
astinenza dalla scrittura di fanfic e porgo le mie scuse se dovessi
essermi arrugginita.
Un bacio a tutt*!
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