ReggaeFamily
Annabeth
Sorridere
in maniera sincera, nel teatro, è forse la cosa più
difficile.
Ma
io mi ero esercitato a dovere, perché nella vita di tutti i
giorni occorreva sorridere a tutti, ed era fondamentale essere
credibili: quando si stava sul palco, tutti sapevano che si fingeva,
ma nella realtà bisognava recitare impeccabilmente per
crearsi una reputazione, e una volta stabilita quella la si doveva
rispettare.
La
recitazione era la mia vita e mi importava solo di quello, aspiravo a
diventare un attore famoso e condurre una vita lussuosa. Avevo il
talento e la determinazione, quindi sapevo che ci sarei riuscito.
Per
il momento facevo parte di una compagnia conosciuta in tutto il
circondario, avevo molte date che mi davano la possibilità di
farmi conoscere, ma ormai questa situazione stava cominciando a farmi
sentire in gabbia: ero nettamente superiore agli altri attori della
compagnia, mi sentivo pronto a spiccare il volo e, per i miei gusti,
avevo poca fama.
Ero
immerso in questi pensieri mentre percorrevo il marciapiede ricoperto
da una leggera patina bianca. Era un anno molto freddo e, nonostante
novembre non fosse ancora arrivato, la neve aveva già
spruzzato di bianco la piccola cittadina in cui abitavo, all'estremo
nord della Germania.
Mi
apprestai a raggiungere la mia auto, parcheggiata nei pressi di una
fermata del bus. Notai un gruppo di persone che attendevano l'arrivo
del mezzo e in particolare mi colpì una ragazzina: aveva
all'incirca quattordici o quindici anni, era avvolta in un pesante
giubbotto nero, al collo portava una sciarpa rossa e in testa aveva
una cuffietta dello stesso colore. Portava i capelli neri raccolti in
una treccia disordinata e la sua pelle era insolitamente olivastra.
Parlava animatamente con una ragazza che le assomigliava,
probabilmente sua sorella. L'avevo già vista da qualche parte,
forse era venuta a vedere qualche mio spettacolo.
Sperai
che non si accorgesse di me, altrimenti mi avrebbe quasi sicuramente
raggiunto per farmi dei complimenti e avrebbe anche preteso di fare
una foto con me. Capitava spesso: avevo un grande seguito e qualche
volta venivo fermato in strada. Le ragazze, in particolar modo,
stravedevano per me, forse per il mio fisico scolpito e il mio viso,
o forse perché con loro mi mostravo la persona più
allegra, gentile e disponibile del mondo.
A
me non importava nulla dei fans, li trovavo perfino patetici certe
volte, ma non potevo darlo a vedere: avrei rischiato di perdere tutto
il loro supporto.
Ma
mentre cercavo le chiavi della macchina, mi accorsi che quella
ragazzina stava correndo verso di me e, prima che potessi decidere
che fare, mi fu di fronte con un sorriso spaventosamente allegro e
accattivante.
“Ciao
Daniel, finalmente! Tutte le volte che ho visto un tuo spettacolo non
ho mai avuto la possibilità di incontrarti, e ora invece ti
trovo qui! Scusa, ma sono emozionatissima! Piacere, mi chiamo
Annabeth e sono una tua grandissima fan! Amo il teatro, ma purtroppo
ho solo tredici anni e nessuno è disposto ad accompagnarmi
alle tue serate!” attaccò la ragazzina, stringendomi
forte una mano e osservandomi come se si aspettasse qualcosa da me.
Per
me fu come se in quel momento si fosse aperto il sipario.
Sorrisi
teneramente e le strinsi più forte la mano. “Ciao, che
bella sorpresa! Molto piacere! Io mi ricordo di te, ti ho vista
qualche volta tra il pubblico.”
“Davvero?
Wow, che memoria! Come fai a ricordarti? Conosci un sacco di gente!”
esclamò in uno stato di totale ammirazione. Mi infastidiva in
una maniera intollerabile, tra tutte era una delle più
irritanti.
“Ho
una buona memoria visiva, e comunque tu sei molto particolare, è
impossibile dimenticarsi!”
Il
mio tono di voce dolce e gentile sembrava far effetto, dato che
Annabeth sorrise come se avesse ricevuto un complimento da una stella
del cinema.
“Sai,
volevo un tuo autografo sul mio album di disegni, ma purtroppo ora
non ce l'ho con me...” disse, mentre cercava freneticamente nel
suo grande borsone colorato.
“Album
di disegni?” mi finsi interessato.
“Sì,
il disegno è l'altra mia grande passione, oltre la
recitazione. In realtà avrei voluto tanto regalarti un mio
disegno, ma non ero preparata a un nostro incontro... me l'ero
immaginato in tutti i modi, ma non in una fermata dei pullman!”
spiegò, chiudendo di scatto il borsone con aria delusa.
Le
regalai un sorriso rassicurante e le poggiai una mano sul braccio.
“Non ti preoccupare, la prossima volta me ne porterai uno, va
bene? Sono curioso di vedere come disegni, quindi non te ne
dimenticare!”
Mi
lanciò un'occhiata riconoscente e per la prima volta notai il
colore dei suoi occhi: erano blu, un azzurro acceso e profondo, che
sembrava apparentemente stonare con il colore della pelle e dei
capelli.
Mi
chiesi che origini avesse, dato che presentava alcuni tratti
tipicamente tedeschi e altri mediterranei.
“Grazie
mille Dan, sapevo che eri una persona speciale ancora prima di
conoscerti e non mi ero sbagliata. Ti mostri così interessato
a quello che dico! Mi hai regalato un bellissimo momento”
mormorò dolcemente, come se tutto il coraggio e la
spigliatezza di poco prima fossero di colpo spariti.
Le
accarezzai la schiena con una mano, mentre mi chiedevo a che ora
sarebbe passato il pullman. “Grazie a te della chiacchierata, a
me fa davvero piacere! Sei una ragazzina tanto dolce e allegra!”
Il
mio tono era talmente smielato che mi facevo schifo da solo.
Proprio
in quel momento un bus si fermò a qualche metro da noi e la
ragazza con cui prima stava parlando la mia fan gridò: “Beth,
il pullman! Muoviti!”
Lei
allora, profondamente commossa dalle mie parole, mi strinse in un
frettoloso abbraccio e poi corse via con un sorriso dipinto in
faccia, dopo avermi salutato.
Quando
il mezzo fu partito, presi finalmente posto in macchina e tirai un
sospiro di sollievo, passandomi una mano tra i capelli biondi.
Quella
bambinetta mi aveva stancato, eravamo stati insieme solo cinque
minuti eppure ero esausto. Sperai di non doverla più rivedere,
poi la accantonai in un angolo della mia mente e pensai a cosa mi
attendeva qualche minuto più tardi.
Mi
recai sotto casa di Ada, una bellissima donna con cui passavo dei
bellissimi momenti sotto le coperte.
Io
ero il suo amante, ma lei non era certo l'unica: potevo avere quante
donne volevo, tutte cadevano ai miei piedi con una sola occhiata, ma
ovviamente dovevano essere alla mia altezza.
C'era
un solo limite: non avrei mai fatto sesso con una fan, non avrei mai
dato una tale soddisfazione a una di loro, anche perché la
maggior parte mi si concedeva disperatamente e mi faceva soltanto
ribrezzo. Non volevo una donna che mi pregasse, dovevamo essere alla
pari.
Era
per questo che Ada mi piaceva: sapeva tenermi testa, ed era bella,
bella da impazzire.
Nei
giorni seguenti fui totalmente assorbito dalle prove di un imminente
spettacolo. Il copione era stato scritto dai membri della compagnia e
io, come al solito, avevo una delle parti più importanti.
Quel
sabato l'avremmo presentata per la prima volta in una manifestazione
d'arte.
La
cosa non mi convinceva: in queste occasioni il pubblico non era tanto
e l'atmosfera era piuttosto squallida, da festa paesana, ma ormai era
stato deciso così.
Quella
sera, quando entrai nel grande capannone in cui si stava svolgendo la
manifestazione, mi resi conto di aver ragione: ai lati vi erano vari
stand in cui diversi artisti esponevano i loro lavori, mentre
all'estremità opposta dell'ingresso era stato montato il
grande palco in cui ci saremmo esibiti. Non c'era tanta gente per il
momento, ma sperai che all'ora dell'esibizione ci fosse una maggiore
affluenza.
Subito
qualcuno mi riconobbe e mi salutò, così mi ritrovai a
intrattenere delle conversazioni con vecchi e nuovi amici.
Con
tutti quanti ovviamente fingevo modestia e mi mostravo entusiasta
all'idea di recitare in questa fantastica mostra.
Poco
dopo mi incamminai verso le quinte per prepararmi e vestirmi, poi
attesi là dietro con alcuni colleghi.
Lo
spettacolo andò abbastanza bene: tutti recitarono alla
perfezione la loro parte e il pubblico, anche se non molto numeroso,
ci apprezzò e ci sommerse di applausi.
Ci
fu un momento, quando mi voltai verso il pubblico, in cui mi accorsi
di avere due occhi blu pieni di ammirazione puntati addosso. Tra
tutti i fans che ormai conoscevo, infatti, c'era anche quella
ragazzina di cui mi ero completamente dimenticato.
Quando
scesi dal palco cercai di trattenermi il più possibile dietro
le quinte. Sapevo quel che mi attendeva là fuori e non ne
avevo nessuna voglia.
Ma
dopo qualche minuto fui costretto a indossare la mia solita maschera
e farmi vedere.
Un
sacco di ragazze si accalcarono attorno a me, desiderose di fare una
foto, mentre qualche ragazzo mi mollava amichevoli pacche sulle
spalle.
“Dan!
Dan! Eccomi qui, stavolta sono riuscita a venire! Come potevo
perdermi una mostra d'arte?” sentii gridare da Annabeth, quando
la folla fu un po' diminuita. Poco dopo la vidi sbucare da dietro un
gruppetto di persone e correre verso di me, con un sorriso smagliante
e gli occhi che brillavano.
“Ciao
piccola, come stai?” la salutai come se non aspettassi altro
che vederla.
“Sto
benissimo, e tu? Sei stato fantastico oggi!” si complimentò,
stringendomi in un abbraccio.
Ricambiai
calorosamente.
“Non
farmi tanti complimenti, faccio solo quel che riesco perché mi
piace, è la mia passione.”
Detto
da me, sembrava quasi una battuta.
“Invece
i complimenti li meriti tutti! Oggi ti ho portato quel disegno che ti
avevo promesso, e anche l'album dei disegni, così me lo puoi
autografare! E poi mia sorella Maggie ci fa una foto con la sua
macchina fotografica nuova!”
“Calma,
una cosa alla volta!”
Le
scrissi una dedica sull'album, facemmo una foto (l'ennesima della
serata) e mi consegnò un foglio arrotolato a formare un
cilindro, che però non aprii in quel momento.
Dopo
qualche minuto, in cui la resi estremamente contenta con due o tre
frasi buttate lì a caso, riuscii finalmente a liberarmene.
Era
pedante e assolutamente insopportabile!
Quando
tornai finalmente a casa, srotolai il foglio con il disegno di
Annabeth e dovetti ammettere che era veramente bello: raffigurava una
donna seduta accanto a un camino in una misera e spoglia casetta.
Fuori dalla finestra si scatenava un forte temporale in un paesaggio
di campagna e la donna, evidentemente stanca, aveva lo sguardo
catturato dal fuoco.
Il
disegno era curato in ogni minimo dettaglio, era preciso e colorato
in maniera impeccabile; erano state messe in evidenza luci e ombre e
le fiamme davano l'impressione di poter emanare davvero luce e
calore.
Rimasi
incantato a osservare quel meraviglioso disegno, poi voltai il foglio
e scoprii una scritta in un angolo:
Questo
è uno dei miei disegni migliori, fammi sapere che ne pensi!
Un
abbraccio, ti voglio tanto bene!!! ♥
Beth
Aggrottai
le sopracciglia, come se mi fossi appena risvegliato da uno stato
confusionale, e poggiai il foglio sul tavolo con un gesto sprezzante.
Non
avrei mai ammesso, nemmeno a me stesso, che ero rimasto colpito.
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