Nuovi misteri,
ma un lieto fine (per ora...)
Harry bussò alla porta e aspettò
finché da dentro una voce non gli diede il permesso di
entrare.
- Buongiorno professoressa - disse appena entrato, cercando la sua
vecchia insegnante nel grande studio. La trovo seduta su una poltrona
in un angolo, mentre sorseggiava un bicchiere di Whisky Incendiario.
- Ne vuoi un po', Potter? - chiese indicandogli il bicchiere.
- Ammazzerei per qualcosa di forte - disse lui. Si sentiva in imbarazzo
per vari motivi: aveva sospettato di lei per Dawlish, quando in
realtà lui era sempre stato dalla loro parte, la aveva
attaccata, ma sopratutto lei non glielo aveva detto. Perché
non gli aveva detto che aveva un infiltrato tra i Mangiamorte?
Un bicchiere di Whisky volò per tutta la stanza e si
poggiò tra le sue mani.
- Immagino che tu sia abbastanza confuso in questo momento.
- Confuso è un eufemismo, professoressa.
- Tradito?
Harry si immobilizzò - No.
- Deluso?
- Costernato credo sia il termine più adatto - disse lui -
Ho fatto qualcosa per deluderla, professoressa?
Lei si girò di scatto - Non ci pensare neanche, Potter.
Tante persone mi hanno deluso nella mia vita, ma tu non sei tra questi.
- E allora perché non mi ha detto di Dawlish?
Lei sorrise piano.
- Nessuno doveva sapere di lui. Qualcuno dentro il Ministero
è in combutta con il Maestro (così si chiama il
nostro nemico, ma non so altro) e sarebbe stato pericoloso spargere la
voce. La sua vita era in pericolo per causa mia, non avrei mai voluto
fargli fare una brutta fine per una disattenzione.
- Io sarei una disattenzione?
La McGranitt scosse la testa - Non abbiamo mai avuto a che fare con
qualcosa del genere, Harry, e volevo limitare le colpe di un errore. Se
Dawlish fosse morto sarebbe stata colpa mia e solo mia. Non volevo che
gravasse su di te, sulla signorina Granger o su chiunque altro.
Harry annuì e bevve un sorso, sentendo subito il calore
dell'alcolico scendere lungo tutto il corpo. Davanti alla preside non
si sentiva altro che lo studentello che diciannove anni prima aveva
iniziato a studiare lì.
- Ci troviamo davanti a qualcosa di diverso, Potter - disse la
professoressa, ritornando all'uso del cognome - il Maestro non
è forte come Voldemort, ma combatte in un modo
più scaltro. Un modo che nessuno di noi si è mai
trovato ad affrontare. Per questo l'attacco di stanotte non mi sembra
logico. Non è nel suo stile. Il suo scopo non era prendere
il signor Dolohov, ma fare qualcos'altro che non comprendo.
Chissà se loro sarebbero capaci di capirlo - disse guardando
i quadri di Piton e Silente, profondamente addormentati.
- Potter credi che sia all'altezza di questo ruolo? - chiese la
McGranitt, guardando fisso davanti a lei.
Harry sorrise - Senza alcun dubbio professoressa.
- Non sono come Silente o Piton.
- Neppure io sono come mio padre, professoressa, e forse è
meglio così. Lei non deve essere "la nuova Albus Silente" ma
la prima e unica Minerva McGranitt.
- Eppure il senso di colpa non se n'è andato ancora oggi -
commentò di nuovo la preside, guardando il quadro di Piton.
- Per questo ha assunto Dawlish? Per cercare di redimersi per Piton?
La preside annuì.
- Non credo che il senso di colpa passerà in fretta,
professoressa. Il mio per Sirius, per Remus e Tonks è ancora
forte. Ma credo professoressa che con Dawlish abbia fatto uno dei gesti
più belli che io abbia mai visto. Ha preso un uomo
distrutto, senza uno scopo, e gli ha dato un motivo per cui vivere.
Credo che Silente e Piton siano profondamente fieri di lei
dall'aldilà. Il suo Piton è Dawlish, lo aiuti a
essere accettato, cosa che Silente non è riuscito a fare con
Severus.
La McGranitt sorrise - Ti abbiamo proprio educato bene, Potter.
- Sì, credo di aver imparato un paio di cose - gli fece eco
lui, sorridendo di rimando.
*
Teddy aprì gli occhi e per un momento non riconobbe dove si
trovava. Poi capì. Era l'infermeria. Due volte in un anno,
George sarebbe stato fiero di lui.
Ma perché si trovava lì? Ah, è vero.
Aveva combattuto contro dei Mangiamorte, avevano colpito Bartemius
e aveva inseguito Lestrange per riprendersi il corpo del
Serpeverde, per poi scoprire che era vivo. Girò
faticosamente la testa alla sua sinistra e vide che l'amico stava
dormicchiando nel letto di fianco al suo.
- Uno Schiantesimo lo ha colpito sulla testa. Fortunatamente nulla di
grave, ma ha preso una bella botta - disse una voce da in fondo al suo
letto.
Harry lo osservava, la pelle pallida e gli occhi stanchi.
- Ciao Harry.
- Ciao campione. Giornata movimentata ieri, eh?
Teddy sorrise - Più tranquilla di quando Victoire va a fare
shopping. Tu come stai?
Harry si strinse nelle spalle - Ho perso una decina di uomini, ho visto
quasi morire il mio figlioccio e probabilmente il Wizengamot
aprirà un'inchiesta sul mio ufficio, ma per fortuna siamo
riusciti a respingerli.
- Mi dispiace.
- Non dispiacerti, Teddy, fin da piccolo mi sono trovato invischiato in
questi guai, ormai non saprei e non vorrei fare altro nella mia vita.
Ma tu sei ancora in tempo per scegliere qualcosa di diverso.
Teddy scosse la testa. Aveva davvero il diritto di poter scegliere la
sua strada? Teddy credeva di no. I tizi avevano cercato lui, Plenilunio
aveva cercato lui e, proprio mentre combatteva contro i Mangiamorte,
aveva capito di trovarsi al suo posto. Gli piaceva questo?
Assolutamente no, ma sapeva che non avrebbe mai avuto una vita normale
se prima non avesse risolto quel problema.
- Non credo di poter scegliere, Harry. Ci sono dentro fino al collo.
Harry parve accusare il colpo, ma non sembrava stupito. Si aspettava
che Teddy dicesse così.
- Purtroppo non posso né voglio tirarti fuori da questa
vicenda. So benissimo che tenendoti fuori andresti comunque avanti. Le
persone tendevano a tenermi fuori dai pericolo quando ero piccolo e io
ci finivo dentro sempre e comunque. Sarò al tuo fianco
Teddy, ma ti prego, fidati di me. Dimmi le cose subito, non aspettare
che ci siano dei casini. Non farò gli errori che gli adulti
hanno fatto quando ero giovane, ma tu non fare i miei.
Teddy annuì.
- Adesso ci occuperemo noi di loro. Se tu noti qualcosa di strano che
ti accade intorno devi dirmelo immediatamente. Non cercare il pericolo.
- Non lo farò, se non ci sarà nessuno in pericolo.
Harry sorrise - Tassorosso è la più forte delle
Case, Teddy. Non c'è nulla più forte dell'amore e
i Tassorosso hanno l'amore più genuino che io conosca. Amore
incodizionato per gli amici, per la vita e per il bene. Hai una grande
fortuna a provare tutti questi sentimenti, ricordatelo, ma usali con
saggezza. So che ce la farai.
*
Il Maestro sorrideva tranquillo. Erano passati una decina di giorni da
quando era avvenuto l'attacco a Hogwarts e lui non poteva che ritenersi
profondamente soddisfatto. L'attacco in sé stesso era
fallito, ma chi aveva mai detto che il suo obbiettivo fosse quello di
riuscire?
Potter si trovava in mezzo all'ennesimo processo (anche se il
suo amico, vicedirettore della Gazzetta del Profeta, Finnigan aveva
evitato che uscisse sul giornale), la McGranitt era passata come una
vecchia megera rimbambita, mentre i Mangiamorte erano passati come
invincibili mostri. E soprattutto aveva avuto ciò che
voleva. Rapire in questo modo Bartemius Dolohov? No, non era nel suo
stile, ma doveva ammettere che Rodolphus ce l'aveva quasi fatta (grazie
al suo aiuto segreto, che teneva gelosamente nascosto, ma che
il Maestro aveva già scoperto). Il suo stile era molto
più paziente e molto più complicato. Per questo
in quel momento stava caminando tranquillamente nel cortile sotto la
Torre dell'Orologio di Hogwarts.
- Buongiorno, professor Paciock - gli disse un Corvonero che
incrociò per strada.
- Buongiorno - rispose il Maestro, imitando in tutto e per tutto i modi
gioviali del professore.
- Sta meglio oggi? Ho sentito che era al San Mungo.
- Sì, un po' sto meglio, ma fino al prossimo anno scolastico
non potrò insegnare. Sono venuto qui per prendere un paio di
cose, poi dovrò tornare agli ordini di quei macellai del San
Mungo.
Il Corvonero scoppiò a ridere.
- Buona guarigione, professore.
- Grazie mille, non vedo l'ora di tartassarvi di nuovo in classe.
E quando il ragazzo si fu allontanato riprese a camminare, fingendo di
zoppicare finché lo studente non scomparve dalla sua vista.
Poi riprese a camminare normalmente, ridendo al pensiero del povero
Paciock che era ancora in ospedale, mentre lui si prendeva gioco di
tutti usando le sue sembianze. Grazie di nuovo a Roldophus, che aveva
rubato un po' di suoi capelli.
Curioso. Il metodo che stava usando per preparare il rapimento di
Bartemius Dolohov era stato usato in un modo simile proprio da colui
che aveva dato il nome al ragazzo: Bartemius Crouch Jr.
Ed ecco che, salite le scale, si trovò proprio nella stanza
dell'orologio, dove una persona stava ferma di spalle. Ecco, proprio
dove gli avevano detto che si sarebbe trovato. La chiave per arrivare
al ragazzo.
Sorrise, alzò la bacchetta e sussurrò - Imperio!
Angolo dell'autore
Eccoci di nuovo! Spero che questo penultimo capitolo via
sia piaciuto. Vi aspetto numerosi per l'epilogo!
Alla prossima,
Ramo97
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