Il regalo segreto

di LawrenceTwosomeTime
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Warren sedeva sul lettino di ferro del suo studio.
Si rigirava tra le mani l’orologio d’argento regalatogli da Neil, incapace di formulare pensieri razionali o anche solo cambiare posizione.

“Non è giusto”

La lampadina rossa che ciondolava alla sua destra stava già pulsando da sette minuti. Warren era pronto, imbragato e munito dei voucher necessari.
Il suo viso sottile dal colorito verdastro non mostrava segni di turbamento, ma qualcosa si agitava sotto la superficie trasparente di quella pelle diafana.

Warren era un Distruttore, e il suo compito era di rovinare vite.
Quel giorno, avrebbe distrutto definitivamente la vita di Colin Burgess.
Non sarebbe stata la prima volta, per lui, e di certo nemmeno l’ultima.

La società dei Manipula esisteva praticamente dai tempi del fuoco e della ruota, e si era evoluta di pari passo alla comparsa delle lance dalla punta ferrata e della locomotiva a vapore.
Il loro mondo esisteva in un interstizio appena percepibile tra la terra dei vivi e L’Altra Parte, quel posto su cui nessuno riusciva a cavar fuori notizie certe. Nessuno a parte i Manipula, ovviamente, che di quando in quando venivano convocati “dabbasso” in modo da confermare che le loro procedure si erano svolte secondo i programmi.
Dato che il contesto in cui si muovevano poteva definirsi a malapena reale, non avevano grossi problemi a spostarsi da un piano all’altro, e così pure la loro esistenza poteva procedere senza eccessivi scossoni: bastava che al termine del suo ciclo vitale, il Manipula ovodeponesse il suo successore, praticamente identico a colui che l’aveva preceduto, e gli lasciasse in eredità un oggetto che per lui aveva valore.
Nel caso di Warren, l’orologio di suo fratello Neil. Laggiù erano tutti fratelli, poco importava se fossero usciti l’uno dalla bocca dell’altro.

Ma c’era un compito fondamentale che i Manipula non potevano esimersi dal portare a termine: influenzare le vite degli esseri umani.
Se in senso buono o cattivo, bè, quello lo determinavano gli Anziani alla Cerimonia di Iniziazione. C’erano Manipula che avevano un talento innato per far sbocciare carriere e rinsaldare relazioni romantiche (I Costruttori), e altri che – come Neil – erano fatti per minare definitivamente amicizie ventennali e togliere al malcapitato di turno ogni speranza di trovare un alloggio quantomeno decente.

Warren considerava quel lavoro nient’altro che una formalità, un impiego rispettabile da portare avanti a testa alta. Era sempre meglio che diventare Scartoffie, ovvero Manipula senza talenti che venivano spediti a espletare le questioni burocratiche – e dato che vivevano le loro vite in uno stato di perenne depressione, cercavano di fartelo pesare il più possibile.

Fino a quel momento, aveva distrutto sogni e speranze di centinaia di persone, manipolato il corso della fortuna come si devierebbe un fiume, e sotterrato tonnellate di mine sociali nei posti più impensabili.
Ma Colin era diverso. Lui era uno che dalla vita aveva ricavato sempre e solo il peggio, e malgrado ciò si era sempre rialzato.
Warren sapeva come andavano di solito quelle cose: chi nasceva in condizioni difficili e poi veniva preso ripetutamente a calci nei denti, finiva per diventare il peggior criminale, un maniaco, oppure decideva di risparmiarsi ulteriori fastidi e tirava il calzino.
Colin non era fatto di quella pasta. Nonostante la povertà, le rogne derivanti dal suo essere di colore e pure musulmano, e i ripetuti fallimenti in amore, perseverava nel rimanere una persona corretta, fiduciosa, solare e ottimista. Aveva finito l’università pagandosi gli studi a scotto di turni di lavoro massacranti, e sembrava essersi ritagliato finalmente un suo spazio in una società di consulenze finanziarie. Non solo. Pareva anche aver trovato una donna disposta a capire il suo animo sensibile, ai limiti della remissione non fosse stato per la tenacia che lo animava, e ad accettare che questi tratti convivessero in lui assieme ad una generosa dose di pragmatico materialismo.

Warren si riferiva al suo “assistito” utilizzando i verbi sembrare e parere perché sapeva come sarebbero involute le cose. Era da lungo tempo che dedicava le sue ore di veglia a preparare accuratamente la trappola per Colin.
Non sapeva bene perché, ma ai Piani Bassi covavano dei progetti strutturati con chirurgica diligenza, dei prospetti che portavano scritto sopra il nome Colin Burgess.
L’idea era concedere al disgraziato un periodo di apparente ripresa, sufficiente se non altro ad ammorbidire il suo cuore reso quasi imperturbabile da anni di angherie, e poi spappolarlo definitivamente con un ultimo, cacofonico crack.
Niente più lavoro, niente più compagna, niente più cittadinanza britannica. Warren conosceva Colin abbastanza bene da sapere che da quella botta non si sarebbe più ripreso. Diavolo, nemmeno Tito Andronico si sarebbe tirato su dopo un collasso del genere.

E semplicemente, non lo accettava.
“Perché diavolo le cose devono per forza andargli male?”
Quasi gli pareva di sentire la sua amica Siohban che declamava con tono didascalico: “Perché in questo modo a qualcuno possano andare sempre bene”

Bè, non era giusto. Distruttore era solo una parola, in fondo.
Quel giorno avrebbe giocato la partita a modo suo.

E così avvenne che Warren si impegnò al massimo per salvare la vita di Colin dal tracollo, non piazzò le trappole dove si era ripromesso di fare, prese tutte le svolte contrarie negli appositi snodi del Destino.
Fu esattamente in questo modo che distrusse la vita di Colin.
Si, perché gli Anziani avevano previsto anche quello (probabilmente consigliati da Quelli di Sotto): la defezione di Warren, le deviazioni dal percorso, la rivolta silenziosa consumata nell’illusione del libero arbitrio.
Se Warren avesse semplicemente lasciato che la vita di Colin scorresse normalmente, l’avrebbe visto prevalere sulla sua sorte. Ma ogni volta che il Manipula si ostinava a far andare le cose “meglio” di come si sarebbero effettivamente svolte, accelerava il tracollo.

Colin giaceva nella pioggia guardando la sua immagine riflessa in una pozzanghera. Warren si disse: “È solo colpa mia. Espierò i miei peccati rimanendoti accanto, vecchio amico”
Si, perché a un Manipula non era concesso di rimanere nel mondo umano per più di quanto stabilito nel suo orario d’ufficio. Se lo faceva, scompariva. E così tutta la sua linea di discendenza.

Ma ecco risuonare una voce. La voce di Colin.
“Non preoccuparti, vecchio amico. Ce la faremo anche questa volta”
Warren sollevò il capo, sgomento. Poteva davvero vederlo?
Poi si accorse che Colin parlava con sé stesso.

“Abbiamo già visto in faccia la disperazione tante volte, ma il viso riflesso in quell’acqua sporca non appartiene alla disperazione. È il mio viso. Sarò anche brutto, e sfortunato, e bagnato dalla testa ai piedi. Ma sono vivo. E sarebbe infantile da parte mia imputare le mie disgrazie a qualche capriccio del fato. Solo le persone immature la prendono sul personale”

E si rialzò.

“Ah”, pensò Warren con le lacrime agli occhi, “Caro amico, se tu sapessi. In realtà è sempre stata una faccenda personale”

Sulla via di casa, Warren si interrogò ancora e ancora sul significato di quanto era successo, concludendo che non ne avrebbe mai cavato un ragno dal buco.

“Ma almeno una cosa la so”, si disse appendendo la divisa, “Talvolta fare del bene può essere controproducente. E non tutto il male viene per nuocere”





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