Death
Attenzione
Spoiler! Cap 84-86
Attraverso
i suoi occhi
‹‹Sapevo
che eri qui››
Non
c’era stato bisogno di cercarla in
posti troppo lontani; era bastato tornare là dove tutto era
iniziato, in quella
stanza tristemente vuota che odorava ancora della sua presenza.
Sul ciglio
della porta, aveva aspettato
invano un gesto che la invitasse ad entrare e a sedersi su quel letto
dove lei
non osava posare gli occhi. E in quell’attesa logorante, si
era guardata
attorno riconoscendo a stento, in quell’ordine, la camera del
Comandante.
‹‹Sapevo mi avresti
trovata›› aveva mormorato appena; rigida
come una statua stava seduta sul bordo del letto ad osservare dalla
finestra un
cielo terso ma senza sole.
L’altra era rimasta a fissarla con la schiena appoggiata
alla parete e le braccia incrociate sul petto. Non poteva vederla in
faccia, ma
sapeva che aveva appena smesso di piangere. Si era morsa il labbro
inferiore,
reprimendo il desiderio che aveva di fumare e l’aveva
raggiunta sul letto,
sedendosi al suo fianco.
Subito lei aveva nascosto il viso arrossato dietro le
ciocche castane, ma a nulla era servito nasconderle che aveva appena
smesso di piangere.
L’altra aveva sospirato, rammaricandosi di non poter fare
nient’altro che
starle accanto.
‹‹Ci hai parlato?››
‹‹No e tu?››
‹‹Non riesco nemmeno a guardalo in
faccia››
‹‹Nemmeno io››
Il gracchiare di un corvo aveva spezzato il gelido silenzio
piombato nella stanza, riportando entrambe a rivivere
l’assurdità di quella
giornata.
‹‹E dire che l’avevi anche
previsto›› aveva detto smorzando
i toni. Tra le mani reggeva l’ultima sigaretta che le era
rimasta. La voce di
lui era tornata prepotente nella sua testa a ricordarle quella promessa
che ora
voleva infrangere. Le sue parole e quella assurda richiesta di smettere
di
fumare non avevano più alcun valore per lei. Non
più. Non ora che Erwin non
c’era più e lei stava lì, sul bordo di
quel letto, ad osservare un’altra donna
che a quell’uomo doveva tutto.
‹‹Tu ci hai creduto fino alla fine
invece›› gli occhi
arrossati la fissavano da dietro al frangia scompigliata. Un accenno di
sorriso
su quel volto smunto le aveva riportato alla memoria i giorni passati
sulla
cima di quelle mura. Ad aspettarli. Ad aspettarlo. E in
quell’attesa logorante
si erano scambiate battute per alleggerire il peso di quella
consapevolezza che
non aveva ancora il coraggio di accettare. L’altra, invece,
era stata fin
troppo realistica, quasi fatalista: “Non
torneranno” aveva detto “Lui non
tornerà più”.
E per quanto si era sforzata di ammettere che avesse torto,
per quanto si era convinta che il Comandante sarebbe tornato, aveva
dovuto
ricredersi quando sulla cima di quelle mura, Levi era tornato insieme
ai brandelli
della Legione.
E fra quelli
lui non
c’era.
‹‹Non pensavo che sarebbe andata in questo
modo›› aveva
sussurrato mentre l’altra adagiava la testa sulle sue
ginocchia. Le dita
scorrevano tra i capelli sparsi sulla gonna e sul volto che con
dolcezza glieli
aveva cacciati indietro. Sapeva che a lei faceva più male
che a chiunque altro.
Sapeva che il dolore che lei provava non sarebbe mai stato possibile
paragonarlo al suo.
Per questo non aveva aggiunto altro e l’aveva cullata
dolcemente, ascoltando gli ultimi rintocchi dell’orologio che
annunciavano la
fine della veglia.
‹‹Fanculo!›› un poderoso
calcio aveva spalancato la porta
facendole sobbalzare. La figura si avvicinò a passo di
carica, masticando
insulti e sbraitando maledizioni verso colui che aveva combinato quel
disastro.
‹‹Che sia dannato lui e la sua
stirpe!›› aveva ringhiato tra
i denti marciando avanti e indietro davanti ai loro occhi.
‹‹Doveva fare una scelta! Una soltanto! Ed
è riuscito a fare
solo un casino!››
‹‹Calmati››
‹‹E se ne esce con quella stronzata del non avere
rimpianti!
Fanculo i rimpianti! Doveva salvare Erwin non quel moccioso coi
rubinetti al
posto degli occhi! Erwin, santo cielo! Era così
difficile?››
‹‹Ascolta...››
‹‹Cosa dovrei ascoltare? Cosa? Quel deficiente
aveva la
possibilità di salvarlo e non l’ha fatto! Come si
fa ad essere così…stupidi››
si era lasciata cadere mollemente sul letto e dopo lo sfogo si era
sentita più
stanca di prima.
‹‹Tu pensi a fumare e quell’altra non
ha smesso di piangere
un secondo. Come diavolo ci siamo ridotte›› aveva
sussurrato contro la sua
spalla.
‹‹E in tutto questo siamo dei fottuti
giganti.››
‹‹E siamo su una fottuta
isola››
‹‹E quel moccioso vuole andare a vedere
l’oceano››
C’era stato un lungo silenzio in cui tutte e tre erano
rimaste immobili in quella posizione un po’ patetica a
fissare il cielo farsi
sempre più scuro. Un altro giorno era trascorso e nessuna
delle tre sembrava
intenzionata a muoversi, sebbene i crampi della fame cominciavano a
farsi
sentire.
‹‹Zacklay vorrebbe
riceverci›› aveva detto sollevando la
testa dalla sua spalla. L’altra aveva abbassato lo sguardo
sulla compagna che
riposava sulle sue ginocchia.
‹‹Mi sembra un po’ tardi per ricorrere
ai ripari, no?››
‹‹Fanculo… meglio noi che lasciare
tutto nelle mani di quei
mocciosi e di quel coglione.››
Le aveva sorriso debolmente gettando lo sguardo sullo stemma
ricamato sul suo mantello.
Una colomba su uno scudo rosso.
‹‹Ogni tanto mi sveglio e penso sia stato solo un
brutto
sogno›› aveva esordito guardandosi attorno
‹‹Lo vedo ancora seduto alla sua
scrivania, circondato da pile di fogli e scartoffie in
disordine››
‹‹Come diavolo facesse a vivere in quel
casino…››
‹‹Ci pensava Levi›› aveva
detto l’altra sollevando la testa
dalle ginocchia.
‹‹Se solo si fosse fatto
una…››
‹‹Non interromperla››
l’aveva ammonita severa, addolcendo lo
sguardo solo dopo per invitare la compagna a proseguire il discorso.
‹‹Mi fa male pensare che fosse arrivato ad un
passo
dall’aprire quella dannata porta e che sia stato strappato
via in questa maniera
così…››
‹‹stupida…››
‹‹ingiusta…››
‹‹ignobile, piuttosto… Erwin era il
tipo d’uomo che si
sarebbe trascinato con i denti fino a quella cantina. Avrebbe lottato,
come
sempre d’altronde, e non si sarebbe arreso come non
l’aveva fatto quando si era
ritrovato senza un braccio. Era il tipo d’uomo che ti faceva
saltare i nervi
perché lui aveva uno scopo mentre io… mentre noi
… non riuscivamo a trovare una
ragione per alzarci la mattina. E cazzo… lui ce
l’aveva stampata negli occhi
quella voglia di uscire, di scoprire, di
fuggire
da qui. E come gli brillavano quegli occhi quando parlava di
suo padre,
delle sue teorie, quando aveva scoperto di aver sempre avuto ragione;
quando
sognava di aprire quella porta… Lui non sarebbe rimasto
deluso di sapere di
essere su un’isola… Lui era un uomo che non si
sarebbe arreso nemmeno di fronte
a questa scoperta scioccante, mentre noi abbiamo perso la voglia di
andare
avanti. Abbiamo perso l’interesse… ma siamo
giganti per l’amor del cielo! E invece
siamo qui a piangerci addosso perché lui non
c’è più e non ce ne frega
più
niente di essere parte di un gioco più grande di noi.
Perché lui non c’è più a
guardare tutto questo e noi guardavamo questo mondo di merda attraverso
i suoi
occhi. E questo mondo ha smesso di interessarci perché non
c’è più lui a
guardarlo per noi… ma così facendo…
non sarebbe come ucciderlo per la seconda
volta?›› si era voltata a guardare entrambe ed
entrambe avevano abbassato lo
sguardo vergognandosi. Lei aveva sospirato stringendo loro le mani.
‹‹Abbiamo amato ogni parte di
quest’uomo più di quanto
avremmo mai potuto amare qualcun altro e ora che non
c’è più abbiamo perso
anche lo scopo che ci guidava. Ma penso che Erwin – ovunque
egli sia - sia
sufficientemente incazzato per come sia andata, senza che anche noi ci
logoriamo il fegato. Non c’eravamo noi su quel tetto, non
è toccato a noi
scegliere tra lui e Armin, non sapremo mai come sarebbe andata se ci
fossimo
state noi al posto di Levi. Possiamo solo convivere con ciò
che ha fatto…
Accettarlo no… ma conviverci è tutto
ciò che ci rimane da fare››
‹‹Oh ti prego anche tu con queste
cazzate››
Entrambe rivolsero uno sguardo accusatorio verso la compagna
che aveva appena esordito con quell’espressione colorita.
‹‹Ad ogni modo›› aveva
ripreso ‹‹credo che portare avanti il
sogno di Erwin sia il nostro scopo d’ora in poi.
Perché è giunto il momento che
sia lui a guardare il mondo attraverso i nostri occhi. Questo almeno
glielo
dobbiamo››
C’era stato un alto lungo silenzio interrotto dal vociare
sommesso dei soldati che rientravano in caserma. La veglia per il
Comandante
era ormai finita e fuori dalla finestra una sottile scia di fumo
indicava che
il rogo funebre era stato spento. Le ceneri di Erwin erano state
raccolte dal
vento e portate oltre quel limite che gli aveva sempre impedito di
andare
avanti. Forse avrebbero visto l’oceano, forse si sarebbero
spinte in quella
terra lontana che un tempo li aveva generati. Ancora una volta, Erwin
avrebbe
tracciato loro la strada da seguire, prima di dissolversi nel vento e
godersi
lo spettacolo da un punto più alto.
‹‹Zacklay ci aspetta››
aveva detto tirandosi in piedi. Tra
le mani aveva ancora quel pacchetto vuoto in cui l’unica
sigaretta rimasta la
supplicava di essere consumata.
‹‹Speriamo che ci faccia massacrare la faccia di
Levi!››
‹‹Ne dubito, fortemente››
aveva detto la più piccola delle
tre, asciugandosi le lacrime prima di seguire l’altra fuori
dalla porta.
‹‹Non vieni?›› si era
voltata a guardare la compagna che si
rigirava tra le mani il pacchetto. Aveva sollevato lo sguardo
incrociando il
suo e debolmente le aveva sorriso.
‹‹Dammi un secondo››
L’altra aveva annuito dolcemente e si era richiusa la porta
alle spalle dandole non un secondo ma tutto il tempo di cui aveva
bisogno per
chiudere quella faccenda.
Si era avvicinata allo scrittoio perfettamente in ordine e
con un dito aveva percorso il bordo intagliato fino a raggiungere la
cassettiera e lì si era fermata.
L’orribile unicorno verde stava ancora lì, a
prestare
servizio come fermacarte invece di stare in soffitta insieme a tutta la
restante paccottiglia di cui si era liberato anni prima.
Aveva scosso la testa accarezzando il dorso dell’animale di
vetro. Ancora una volta il ricordo della sua voce l’aveva
pugnalata alle spalle
e la sua mano si era ritratta come scottata.
Perché mi dite tutti
che dovrei buttarlo via?
‹‹Perché è
l’oggetto più brutto che io abbia mai visto in
vita mia, stupida vecchia volpe. E ora che sei morto, nessuna mi vieta
di
prenderlo e buttarlo via o lanciarlo fuori dalla finestra. Eppure non
posso
farlo… perché questa schifezza mi ricorda te ed
è assurdo, non ti pare? Che con
tutto quello che hai fatto io ti voglia ricordare con questo vecchio
oggetto
che per giunta ha scelto Nile. Per uno come te sarebbe stato
più consono un
ritratto, una camicia, un qualcosa che mi ricordi il tuo volto, il tuo
profumo,
i tuoi occhi… Invece non c’è
più niente di te. Sei cenere al vento e fa male realizzare
solo adesso che tu non camminerai mai più su questa
terra.››
Aveva stretto il pugno, stritolando il pacchetto di
sigarette. Le lacrime premevano di uscire ma le aveva ricacciate
indietro
perché non era più il momento di piangere.
Non avrebbe versato lacrime per Erwin Smith, ma solo fiumi
sangue.
Decisa, la mano aveva afferrato la maniglia del cassetto e
l’aveva tirata verso di sé. Con un gesto secco
aveva cacciato dentro l’ultima
sigaretta, prima di richiuderlo di colpo.
‹‹Stupida vecchia
volpe…›› un sorriso prima di volgere
le
spalle allo scrittoio e a quella stanza ‹‹Ti
avevo persino detto che saresti
dovuto morire per farmi smettere di fumare. Non pensavo mi prendessi
alla
lettera››
Chiuse la porta dopo aver osservato per l’ultima volta la
stanza.
Angolino dell’autrice
Non ho scritto né King né Birthday ma ho in
programma di
farlo, anche se tecnicamente per Birthday ho postato una foto su
tumblr. Per
chi volesse (autospammaggio mode on) potete trovarmi qui
https://www.tumblr.com/blog/shige90
Comunque veniamo a noi a spiegarvi l’assurdità di
questa
One-Shot… Questa voleva essere un omaggio alle mie compagne
di avventura Auriga
e Ellery rappresentate rispettivamente da quella che piange e da quella
che
urla. Io sono quella che fuma… E lo so può
sembrare un po’ pretenzioso ma mi
piaceva l’idea di raccontare la morte di Erwin nel modo in
cui noi tre
l’abbiamo vissuta. Sarebbe stato troppo difficile per me
immedesimarmi in
questo momento nei panni di Hanji o di Levi o di chicchessia.
La storia dello stemma della colomba è una stronzata
concepita durante una delle solite chiacchierate notturne su Skype in
cui, in
preda al forte desiderio di strangolare Isayama, avevamo immaginato di
far
parte di una squadra d’élite chiamata
“Le tortorelle di Zacklay” perché,
sicuramente, se avessimo ricevuto noi l’ordine di
somministrare il siero, non
avremmo sbagliato braccio. Poco ma sicuro.
Il cavallino verde, ormai oggetto ricorrente che troverete
anche nella mia longfic, è un tributo ad Ellery e alla sua
storia. Attorno a
questa bomboniera è nata una storia che è
divenuta ben presto leggenda e vi
posso lasciare immaginare quali atrocità siano state
concepite dalle nostre
menti malate.
In tutto questo ci tenevo a ringraziare Auriga e Ellery con
questa One-shot per tutto ciò che ci siamo dette e per tutto
il supporto che
sappiamo darci l’un l’altra.
Grazie ragazze… per l’affetto, per le stronzate e
per il
tempo.
Soprattutto il tempo…
Un bacio
Shige