Smetti di piangere.
Smetti di piangere.
Le parole rimbombano nella tua testa, sovrastando il silenzioso frastuono che la anima e, neanche a farlo apposta, hanno lo stesso tono di voce dell’unica persona che si è sinceramente preoccupata per te sin dall’inizio.
Premi il volto contro il cuscino, ormai umido, e soffochi l’ennesimo singhiozzo, che scaturisce impetuoso, irritando maggiormente la tua gola infiammata.
Smetti di piangere.
Ripeti a te stessa, mentre ti sollevi dal cuscino, diventato il tuo rifugio.
Strofini con vigore le mani, strette a pugno, sugli occhi rossi e gonfi, per passarle poi sulle tue gote rigate da sottili linee di acqua salata, senza curarti di stare inumidendo totalmente le guance scavate.
Smetti di piangere.
Ti imponi, tirando su con il naso, mordendoti il labbro inferiore nel tentativo di reprimere il gemito che gratta contro la trachea, quasi fosse carta vetrata.
«Smetti di piangere», mormori sollevandoti dal letto, toccando dopo giorni il freddo pavimento della stanza. Ti avvicini alla finestra, ove poggi la fronte coperta da alcune ciocche spettinate, ed osservi l’immagine apatica che ti rimanda il vetro; è ora di reagire.
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